Giuseppe Parini, Il mezzogiorno, 1765

E quante volte è d'uopo a sè ragione

cor ministra; ¶ Alfin velata d'un leggier zendado ¶ È

degli oziosi sughi ¶ Avidi d'esca: o s'a

a un marito alcuna ¶ D'anima generosa orma rimane

il piè rivolga; e d'altra ¶ Dama al fianco

marito ¶ Pranzi altrove lontan d'un'altra a lato

il Circasso ¶ Per delizia d'un solo, a bear

Siedi tu poscia; e d'una man trascina ¶ Più

improviso adombrerà la fronte ¶ D'un nuvoletto di verace

avi! Un tempo ¶ Uscìa d'Averno con viperei crini

menti. ¶ Ma già rimbomba d'una in altra sala

la mensa. In piè d'un salto ¶ Alzati e

al bere, ¶ All'accoppiarsi d'ambo i sessi, al

niun consiglio ¶ Niuna scelta d'obbietti o lochi o

Quale già i numi ¶ D'Ilio sui campi, tal

gentile. ¶ Gli s'aggiran d'intorno i Vezzi e

in prima era soltanto, ¶ D'amabile, e di bello

le belle lontane, ora d'amante ¶ O di marito

Queta e sicura; e d'improviso vede ¶ Un serpe

alma gli asperse; ¶ E d'invincibil noja, e di

Sul difficil lavoro, e d'oggi in poi ¶ Ti

cui la Greca ¶ Làmsaco d'asinelli offrir solea ¶ Vittima

il volto ¶ Fu spruzzato d'essenze a la tua

lui non valse ¶ Zelo d'arcani uficj: in van

e pronto ¶ Scoprir qual d'essi a la tua

Uso, e natura. Più d'ognaltra cosa ¶ Però ti

l'altro concedi ¶ Come d'uopo ti par. Serbala

Non la rivider più: d'ignobil petto ¶ Esaurirono i

leggi. ¶ Per te sgravato d'odioso incarco ¶ Ti fia

colui che dritto vanta ¶ D'impor novo cognome a

mischiar. Già scote un d'essi ¶ Le architettate del

narici manda ¶ Vezzoso nembo d'arabi profumi. ¶ Allo spirto

l'Arte suda ¶ Sollecita d'intorno all'opra illustre

ornollo. ¶ Forse altera così d'Egitto in faccia ¶ Vaga

lavoro industre, ¶ Felice invenzion d'uom nobil degna: ¶ Chi

drappo ¶ Soffribil tanto, che d'ornar presuma ¶ Le membra

e tra 'l fragore ¶ D'un peregrino d'eloquenza

fragore ¶ D'un peregrino d'eloquenza fiume, ¶ Di bella

Del verno rusticale; e d'infinita ¶ Serie ne cinge

e l'oro; e d'ogn'intorno: ¶ Commercio risonar

di commercio novellava, e d'arti. ¶ Nè senza i

onda che goccia. ¶ Or d'avi or di cavalli

che onorar non voglia ¶ D'un ospite sì degno

ingegno ¶ T'ergi sopra d'ognaltro. Il campo è

alcun di Zoroastro, e d'Archimede ¶ Discepol sederà teco

tetre corna, decima fatica ¶ D'Ercole invitto. Ora i

Muse ¶ A dispetto e d'Apollo, al sacro coro

naso ¶ L'elegante scoccar d'illustri dita ¶ Fora dato

versi ¶ Del dilicato cortigian d'Augusto, ¶ O di quel

infelici, e andò macchiato ¶ D'infame nota: e quale

Chi por freno oserà d'almo Signore ¶ A la

scender vilmente. ¶ Folli sogni d'infermo! Intatti lascia ¶ Così

ara de' numi; e d'ogn'intorno ¶ Ribocca la

ampie colma ¶ Tazze che d'oro e di color

è tempo? In piè d'un salto ¶ Balza prima

pace ed aita? Ogni d'Amore ¶ Stratagemma finissimo vinceva

capo e le calcagna ¶ D'ali fornisce. A lui

Maja, o tu che d'Argo ¶ Deludesti i cent

giovenca, i preghi accetta ¶ D'un amante infelice; e

ingannar, gli orecchi almeno ¶ D'un marito importuno”. Ecco

le sponde. ¶ Quindici nere d'ebano girelle ¶ E d

d'ebano girelle ¶ E d'avorio bianchissimo altrettante ¶ Stan

lor voce ¶ Acuta scorre d'uno in altro cocchio

di picciol fonte o d'umil selva ¶ Che agli

o un giovin padre ¶ D'altri futuri eroi, che

la moribonda luce. ¶ Già d'untuosa polvere novella ¶ Di