Giuseppe Parini, Il mezzogiorno, 1765

iva beendo ¶ L'oblivion del misero Sichèo. ¶ E tale

in uno ¶ La consapevol del suo cor ministra; ¶ Alfin

ei si cruccia alquanto, ¶ Del tuo lungo tardar solo

s'egli a par del vulgo ¶ Prostrò l'anima

chiamarsi marito, a par del vulgo ¶ Senta la fame

avventurosi e quattro ¶ Voi del nostro buon secolo mariti

Già volge i riti del Bel Mondo; e lieta

detta ¶ Una gran mente del paese uscita ¶ Ove Colbert

insieme i primi padri ¶ Del tuo sangue, o Signore

E l'aura estiva del cadente rivo, ¶ E dei

scorrongli ¶ Da le fraghe del labbro: e da le

la foresta intorno ¶ Mugon del fragoroso alto rimbombo, ¶ Finchè

l'ignoto solletico sentiste ¶ Del celeste motore. In voi

ancora ¶ Dinanzi al pungol del bisogno andàro; ¶ E tra

tesori in te raccolse, ¶ Del tuo senso gioisci, a

chino raccogli a lei del lembo ¶ Il diffuso volume

lor sedi ¶ Per riverenza del Tonante uscìro. ¶ Indistinto ad

varj ingegni ¶ La libertà del genial convito ¶ Desta ed

mente acutissima dotate ¶ Mamme del suo palato! oh da

e quindi ¶ L'ultimo del piacer deliquio sugge! ¶ Chi

degna, al giovine seguace ¶ Del sapiente di Samo i

ribrezzo ¶ Dèstino in lui del suo simìle i danni

vezzeggiando, il piede ¶ Villan del servo con l'eburneo

pietose dame ¶ Inorridìro, e del misfatto atroce ¶ Odiàr l

d'essi ¶ Le architettate del bel crine anella ¶ Su

giocondi rubini alto levando ¶ Del grappolo primiero: e tal

il lin soave cura ¶ Del verno rusticale; e d

Dei ¶ Sopra le nubi del brillante Olimpo: ¶ E le

ubbidir sarai ¶ I cenni del bel guardo allor che

loro. ¶ Tu ai cenni del bel guardo, e de

spettacolo ristè ¶ Quando vicina del nefando letto ¶ Vide in

madre ¶ Pender strozzata; e del fatale uncino ¶ Le mani

Signore, ¶ Col volo ardito del felice ingegno ¶ T'ergi

tesor. Se nova forma ¶ Del parlare apprendesti, allor ti

lucidissimo si cambj. ¶ Nè del Poeta temerai, che beffi

su le dolenti membra ¶ Del suo infermo Signor chiedere

di Febo intonso: ¶ Più del giorno natale i chiari

lui declama i versi ¶ Del dilicato cortigian d'Augusto

Filosofia al morbido Aristippo ¶ Del secol nostro; e qual

la man garrendo indotta ¶ Del parrucchier; poichè t'avran

profano, e fuor caccia del cibo ¶ Le volanti reliquie

per le aperte nari ¶ Del divin pranzo il nèttare

finissimo vinceva ¶ La gelosìa del rustico marito. ¶ Che più

Al tempio ei corre ¶ Del nume accorto che le

diresti, ¶ Che l'ali del suo piè concesse ancora

di novo, e che del prisco errore ¶ Si spogliàro

varj, ¶ Degli alberi, e del vulgo al suo fin

innanzi ai carri ¶ Gravi del tuo ricolto, e sui

nel seno ¶ La conoscenza del suo merto abbonda; ¶ E

balena ¶ Su la vetta del labbro; o da le

le tornite braccia, ¶ E del sorgente petto i rugiadosi

tuoi, canta gli Augusti ¶ Del secol tuo. Sol tu

tu manchi, o Pupilla ¶ Del più nobile mondo: ora

ora ne vieni, ¶ E del rallegratore de le cose

scorrer v'aggrada. Uscir del cocchio ¶ Ti fia lecito

e i fatti egregi ¶ Del mio Giovin Signor splender