parolescritte
interroga:  scripta  ·  bsu  ·  civita

il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Egisto Roggero, I racconti della quiete, 1896

concordanze di «E»

nautoretestoannoconcordanza
1
1896
col mio ragazzo.... che è divenuto più selvatico ancora
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1896
a prendere le chiavi, e quegli solo, nel grande
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1896
testa come per raccogliersi e vivere intensamente il momento
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1896
tornò con le chiavi e si provò a introdurne
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1896
arruginita resisteva alla debole e tremante mano del vecchio
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1896
tremante mano del vecchio e il visitatore dovette afferrar
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1896
della grossa chiave ribelle. E il congegno scricchiolò sotto
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1896
la sua agile mano e ferma, e la porta
9
1896
agile mano e ferma, e la porta si aprì
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1896
che però inoltrò subito e prese a salire la
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1896
un barlume di luce e parvero salutare il nuovo
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1896
visitatore li guardò tutti; e li riconobbe; ebbe per
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1896
saluto in cor suo e proseguì oltre. Le tre
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1896
stesso tanfo di chiuso e la stessa rigidezza di
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1896
al passaggio del visitatore e gli mandavano il loro
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1896
lo guardavano dalle pareti e dalle porte, i dipinti
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1896
tra le nebbie lontane, e riconosceva. ¶ In una di
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1896
lo attraversavano, si mosse e cominciò la sua pulsazione
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1896
la sua pulsazione regolare e misurata; egli si arrestò
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1896
una donnina civettuola, scollata e dalla bianca pettinatura, parve
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1896
pieno ancora di vasetti e di scatoline. Ma sopra
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1896
suo velo di oblìo e tutto dormiva. ¶ Furon così
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1896
me la chiave, Max, e tu rimani ad attendermi
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1896
su di lui, comprese e gli dette il mazzo
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1896
veduto il dramma crudele e miserando. Lì, questo vecchio
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1896
era fatto suggello severo e triste di tutte quelle
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1896
mormorò una breve preghiera, e andò ad aprire le
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1896
era fatta violentemente padrona. E la luce, adesso, penetrò
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1896
Guardò tutto, tutto, minutamente e intensamente; e tutto rivide
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1896
tutto, minutamente e intensamente; e tutto rivide, tutto ricordò
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1896
tutto rivide, tutto ricordò; e ove non ricordò, con
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1896
con misteriosa penetrazione, rievocò e ricostruì.... ¶ Ecco il primo
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1896
mani di sua madre. E il panierino di avorio
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1896
Oh! la sua paura e le lacrime quando la
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1896
Eisen dagli occhietti vivi e dai gran capelli biondi
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1896
que’ giorni di dolore e di confusione, da due
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1896
su quel mobile bruno e severo, accanto a sua
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1896
accanto a sua madre. E la rivide. Bianca, alta
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1896
sopra la sua testa, e gli diceva di pregare
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1896
a lui, bambinetto ignaro. E rivedeva la sua fronte
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1896
la breve mano imperiosa.... E poi, dopo la preghiera
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1896
preghiera, ella cadeva stanca e disfatta sulla poltroncina, le
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1896
prese da un brivido e piangeva, talvolta, piangeva a
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1896
sottile sensazione di sollievo, e di conforto; un lieve
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1896
del nonno, dalla nota e cara aria buona, lo
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1896
buona, lo guardava triste e pensoso. Il giovane fisse
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1896
su lui gli occhi. E vide il volto buono
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1896
amore, animarsi, colorirsi, avvivarsi. E la dolce nota voce
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1896
maravigliata curiosità dell’uomo, e rispose: ¶ — So, so bene
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1896
recava dall’altra parte e poi che fu fuori
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1896
una oretta di cammino. ¶ E salutò e fece mostra
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1896
di cammino. ¶ E salutò e fece mostra di ritirarsi
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1896
vetri della stazioncina bianca e silenziosa egli osservò ancora
54
1896
ancora curiosamente lo scarno e pallido viaggiatore. ¶ Questi sostò
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1896
cittadina dormiva tutta ancora e la piccola piazza era
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1896
di fruscii d’ali e di garriti squillanti. ¶ Veniva
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1896
profumata, la brezza alpestre e mattutina che il viaggiatore
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1896
la croce, il sereno e la brezza alpestre doveano
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1896
deserta piazzetta, la mente e lo sguardo perduto dietro
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1896
diresse alla viuzza indicata e a passo lesto vi
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1896
ultime povere casuccie grigie e rugose, eccolo sulla via
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1896
dei campi. A sinistra e a destra le siepi
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1896
inerpicava sulla collina arida e scogliosa. Sotto, la valle
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1896
andava illuminando, s’apriva e si slargava. La cittadina
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1896
fondo. Venivan più spessi e puri i soffi della
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1896
soffi della brezza alpestre: e il viaggiatore si fermava
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1896
tenebre, delle tenebre folte e paurose e del folle
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1896
tenebre folte e paurose e del folle, misterioso terrore
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1896
aveva che cinque anni.... E venticinque ne erano trascorsi
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1896
tremante tutto di terrore e di raccapriccio. Quella valle
71
1896
que’ rari alberi scarni e macilenti.... erano gli stessi
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1896
sua fuga nel buio. ¶ E il viaggiatore, pallido e
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1896
E il viaggiatore, pallido e polveroso, fermo in mezzo
74
1896
sua ruvida cima, quieto e silente, come tutto lo
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1896
velo di nubi, qua e là più cupo e
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1896
e là più cupo e profondo: rotto da squarci
77
1896
disegnando nella verde conca e sulla piccola città raccolta
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1896
Si tolse il cappello e parve per un momento
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1896
col grigiore del castello e de’ sentimenti del viaggiatore
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1896
vide la immensa solitudine e la quiete del fitto
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1896
porta del silenzioso fabbricato e che non un alito
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1896
di brezza più scoteva, e tirò la catena rugginosa
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1896
folte erbe del viale e una vecchissima figura contadinesca
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1896
le vecchie ciglie malferme e tra le aste ferrate
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1896
cigolò lamentosamente su cardini. ¶ E il visitatore fu dentro
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1896
poichè siete lui, non è vero? Nessun altri sa
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1896
figura dell’ottuagenario servitore e mormorò: ¶ — Sono proprio io
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1896
membra, gli si accostò e cercò di scorgerne il
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1896
Sono mutato molto, non è vero mio povero e
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1896
è vero mio povero e vecchio Max? – chiese sorridendo
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1896
chiese sorridendo il visitatore. ¶ E soggiunse a voce più
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1896
neppur per diporto. Tutto è pieno ancora del ricordo
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1896
Nessuno, dunque tu dici, è mai salito quassù? ¶ — Una
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1896
l’avevo mai veduta. ¶ — E che fece? ¶ — Voleva visitare
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1896
sola, com’era venuta e non la vidi mai
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1896
la vidi mai più. ¶ — E tu, Max, sei sempre
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1896
cedere alte preghiere mie e della figliuola. E così
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1896
mie e della figliuola. E così essa fu mia
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1896
azzurro della sua Toscana e il cielo di cenere
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1896
una cappa di piombo. E poi qua essa aveva
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1896
alle quali era nata e cresciuta e si sentiva
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1896
era nata e cresciuta e si sentiva spostata. Io
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1896
scontenta di sè stessa e di me, irrigidirsi tra
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1896
di freddo, di tristezza e non poteva far nulla
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1896
dire tutto». Sembrò decidersi e proseguì: ¶ — Un giorno la
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1896
scoprire. Vissi sei lunghi e terribili mesi così. Alfine
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1896
buono, un volgare avventuriere.... e finì male.... Ed essa
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1896
ho potuta dimenticare ancora.... ¶ E il professore Ense von
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1896
Ense von Nörten tacque. E in quel silenzio io
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1896
scorrevano sul volto austero e buono. ¶ — Ed ora dimmi
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1896
che i miei numeri e quella bambina lì, te
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1896
Tu sei ricco, giovane e sarai felice, al tuo
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1896
già senti che questo è impossibile e non sarà
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1896
che questo è impossibile e non sarà mai. A
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1896
mi vuol bene davvero, è buona e giudiziosa, comprenderà
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1896
bene davvero, è buona e giudiziosa, comprenderà tutto. E
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1896
e giudiziosa, comprenderà tutto. E tu, quando sarai lontano
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1896
ricorderai quanto ha sofferto.... e sarai contento di avergli
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1896
le sue braccia poderose e mi baciò in volto
120
1896
io con Delfina, Franz e il Professore ci dirigemmo
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1896
ora il cielo sereno e mite della Bassa Franconia
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1896
mettendo sui tetti grigi e nelle vie della piccola
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1896
insolita gaiezza di luce e di colori. Però l
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1896
cuori. Franz, il Professore e persino la buona Agnese
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1896
innanzi ci eravamo salutati e ci eravamo detti un
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1896
mondo di cose belle e care, che portavo nel
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1896
preso la mia mano e aveva mormorato: ¶ — Man so
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1896
mormorato: ¶ — Man so duhn! ¶ E i suoi occhi amorosi
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1896
una avversità mi addolora e la forza del dovere
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1896
di voi, piccola bionda e bianca figuretta rassegnata, e
131
1896
e bianca figuretta rassegnata, e ripeto in mio cuore
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1896
visino pallido di Delfina e il buon Franz che
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1896
Ancora poche parole rotte e commosse, un fragore violento
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1896
o due fischi acutissimi, e il treno si mosse
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1896
i fazzoletti: Delfina pallida e lagrimosa, non furon più
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1896
cara visione nella memoria.... ¶ E sono passati trent’anni
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1896
sfilare a sè dinanzi e poi sparire nelle grigie
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1896
terra sì poco nota e pur da tanti anni
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1896
egli udì ancora, soffocato e lontano, un ultimo fischio
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1896
i trent’anni; pallido e scarno, dai neri occhi
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1896
l’abito del pensiero e le rughe minute che
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1896
fronte parlavano di lotte e fors’anche di dolori
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1896
Così il vestito bruno, e, all’apparenza, negletto non
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1896
si diresse il viaggiatore e gli domandò la via
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1896
col professore. ¶ Io, Delfina e Franz – i ragazzi della
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1896
eran sembrate sì verdi e mai sì placide e
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1896
e mai sì placide e chiare le acque scorrenti
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1896
scorrenti del libero fiume. E mai Delfina era stata
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1896
era stata più bianca e gaia, mai io m
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1896
che tenevamo in mezzo, e il cielo di Franconia
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1896
tutta la Baviera, ricca e felice, ci versava addosso
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certamente due fidanzati felici. È vero che in cuore
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in cuore lo eravamo, e come! da un pezzo
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i loro marmocchi biondi e con grandi mazzi di
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la mia bella compagna e certo la invidiavano come
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babbo professore von Nörten e il mio caro condiscepolo
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non accorgersi di nulla!... ¶ * ¶ * * ¶ E l’indomani mattina mentre
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di ascoltarmi un momento: e giù, a dirotto, gli
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gli parlai di me e del mio paese, e
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1896
e del mio paese, e gli domandai infine se
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1896
mano le tavole trigonometriche e i quesiti già apprestati
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1896
quanto mi hai detto. ¶ E, riprese le formidabili tavole
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1896
riprese le formidabili tavole e i quesiti, mi fece
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sedessi ai mio posto.... e ritornò l’inesorabile professore
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buio del piccolo corridoio, e la visioncina bianca e
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1896
e la visioncina bianca e fuggevole, intravveduta nell’ombra
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1896
luce discreta le carte e i grossi libri, già
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1896
sul terrazzino era aperta e sul terrazzino, nell’ombra
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1896
si volse a me e mi fece osservare anzitutto
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1896
mi condusse sul terrazzino e m’invitò a mettere
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1896
mentre guardava la nebulosa e intanto pensava che se
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1896
i miei calcoli sbagliati e le sue nebulose... Delfina
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1896
il suo benedetto telescopio e la sua dannata matematica
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1896
parlarmi della mia felicità.... E la mia fantasia che
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1896
sui marciapiedi di Milano e di Roma, in quella
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1896
quel momento, da me, e pur così strettamente unita
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1896
l’ardore del dotto e dello studioso, mi andava
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celeste.... ¶ Mi feci coraggio e gli ricordai il mio
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mio discorso del mattino e lo scopo per cui
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1896
mi prese per mano, e mi condusse a sedere
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1896
cittadina dormiva, già quieta e raccolta, tagliata dal nastro
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fiume, che aveva qua e là guizzi fugaci alla
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1896
nero pieno di stelle, e nel suo grosso occhio
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1896
milioni di fiammelle brillanti. ¶ E il Professore, presa con
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1896
ventidue anni, ora, non è vero? Bene, sappi che
186
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era stato in Italia! E non me ne aveva
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1896
il silenzioso mio stupore e continuò: ¶ — Sì, ragazzo mio
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1896
sono i più dolci e i più tristi della
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una bella figuretta snella e bionda che vedeva tutte
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1896
entusiasmo pel vostro paese e per le vostre belle
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1896
subito il mio sentimento e non tardò a corrispondermi
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1896
era ricca ma buona e tanto bella; il padre
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1896
ditemi un po’, Agnese, e la signorina Delfina? ¶ — Oh
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1896
Delfina? ¶ — Oh, povera signorina! È in pena come me
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1896
Delfina una ben cara e dolce amicizia, dai primi
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i miei progressi trigonometrici e il mio amore per
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1896
i calcoli più elevati. ¶ E Delfina venne, bianca, tranquilla
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1896
mattino: quindi più bella e soave, per me, in
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1896
padre, Delfina? ¶ — Non so. È molto inquieto da due
200
1896
da due giorni.... Ed è tutto agitato. Non è
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1896
è tutto agitato. Non è mai in casa. Ha
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1896
la sicurezza del metodo e la maravigliosa intuizione di
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1896
tutte le più ascose e misteriose profondità delle matematiche
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1896
doveva agitare il cuore e la mente del professore
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1896
loro astucci, alla polvere e all’aria: le tavole
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1896
un grosso globo siderale e un enorme trepiedi da
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1896
manina fra le mie e le dissi: ¶ — Mi amate
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1896
Certo – rispose ella, sicura e tranquilla, accarezzandomi il volto
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1896
cantuccio del mio cuore, e non ne usciranno per
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1896
quanta acqua del Meno è passata sotto il gran
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1896
sì?... – mormorò la biricchina – e qual era questo altro
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1896
attese il seguito, serena e tranquilla. ¶ — Voi sapete ch
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1896
credete, Delfina? ¶ — Sì, non è il momento questo. Voi
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1896
Voi lo comprendete, non è vero, Heinrich? ¶ — Come volete
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1896
nello studio. ¶ — Cosa c’è, Agnese? chiese dolcemente Delfina
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1896
chiese dolcemente Delfina. ¶ — C’è il professore, in fondo
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1896
attende il suo professore, e riordinai le mie carte
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1896
che andava a cambiarsi e che sarebbe ritornato subito
219
1896
che sarebbe ritornato subito, e andò di là. ¶ Delfina
220
1896
si sedette a lato e.... c’immergemmo nei coseni
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1896
c’immergemmo nei coseni e nelle tangenti. ¶ Come un
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1896
nero di nubi livide e minacciose, fremente di lampi
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1896
minacciose, fremente di lampi e di scrosci d’acqua
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1896
prende tosto il largo e pian piano svanisce al
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1896
che la minaccia buia e paurosa del temporale s
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1896
paurosa del temporale s’è dileguata, il cielo ritorna
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1896
a risplendere più limpido e sereno di prima: invece
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1896
dopo la bufera, grigio e nubiloso e nessun raggio
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1896
bufera, grigio e nubiloso e nessun raggio di sole
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1896
nuvolaglia color della cenere. E di questo me ne
231
1896
le veci dell’allegria e dava qualche sincero momento
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1896
occhi sotto agli occhiali e gli suggeriva qualche tratto
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1896
altro che un matematico, e, pur troppo, un professore
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1896
più complicati ed astrusi! E come i suoi freddi
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1896
un mio lungo, faticoso e penosissimo dipanare d’un
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1896
che tra un polinomio e l’altro, tra un
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1896
persino tra un logaritmo e l’altro delle tavole
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1896
della sua bella figliuola?... ¶ E la ragione poi di
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1896
sapeva meno di me e di Delfina. ¶ E Franz
240
1896
me e di Delfina. ¶ E Franz? oh Franz! Egli
241
1896
silenziosa alle sue miniature. E ripigliò calma e monotona
242
1896
miniature. E ripigliò calma e monotona la quotidiana vita
243
1896
io, tra una lezione e l’altra, ripigliai le
244
1896
solitarie passeggiate nel parco e i miei sonni nella
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1896
silenziosa cugina, più bianca e più diafana che mai
246
1896
pranzo, per pochi minuti e la sera, talvolta, nel
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1896
mi apparì un istante e mi parve molto preoccupato
248
1896
che si era aggravata e non mi permisero di
249
1896
maestro prete, più timido e spaurito che mai, ebbe
250
1896
leggìo. Un silenzio tedioso e una calma paurosa pesava
251
1896
Villa dell’Ospite tremendo e l’animo mi gelava
252
1896
mi gelava nel terrore e nel singulto. Una sola
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1896
peso curvate le spalle, e non mi scorse. ¶ Chiedeva
254
1896
si rispondeva: «lo stesso» e null’altro. ¶ E i
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1896
stesso» e null’altro. ¶ E i giorni passavano così
256
1896
ne’ suoi trenta anni e ne’ suoi abiti alla
257
1896
opporsi ancora. ¶ — Andiamo – dissi. ¶ E mi mossi sicuro. ¶ Ella
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1896
Ella non disse altro e con gli occhi lacrimosi
259
1896
chiesa, piena di fiori e di ceri accesi, ed
260
1896
l’odore dei fiori e dell’incenso si diffondeva
261
1896
costellazione di fiamme gialle. ¶ E in mezzo ai fiori
262
1896
vapore misterioso della luce e della sottil nebbia d
263
1896
una delle Sante vergini e bionde, di cui era
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1896
bianco: bianchi i fiori e bianchissima la povera morta
265
1896
dalla tela sorrideva bionda e sfolgorante, crudele incoscente, alla
266
1896
Meno tutta l’ambizione e l’entusiasmo dei buoni
267
1896
tranquillo, il più sereno e il più inalterabile di
268
1896
buon re di Baviera e l’orgoglio de’ suoi
269
1896
siffattamente l’animo buono e semplice del mio collega
270
1896
mi strinse la mano e mi disse: ¶ — Va dal
271
1896
dal professore? ¶ — Sì – dissi e notai, guardando l’oriolo
272
1896
caro Franz, che questo è semplicemente impossibile! ¶ Il buon
273
1896
Franz sospirò di nuovo e il suo onesto faccione
274
1896
Nörten? Lo conosce bene. E così, come le dico
275
1896
collega Franz!... Cosa gli è mai dunque avvenuto? ¶ – Che
276
1896
vedrà. ¶ Lo guardai stupito e inquieto davvero, questa volta
277
1896
forse riuscirò a vederlo. E cercherò anche di sapere
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1896
cercherò anche di sapere. ¶ E sebbene inquieto e perplesso
279
1896
sapere. ¶ E sebbene inquieto e perplesso per quanto mi
280
1896
faccione del mio amico e collega universitario Franz, il
281
1896
profonda sua scienza matematica e i privilegiati e rari
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1896
matematica e i privilegiati e rari discepoli ai quali
283
1896
al tetto, tutto angoli e rughe. Sui due balconcini
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1896
allegra fioritura dei garofani e dei gerani, tra le
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mi aprì. ¶ — Il professore?... – e aspettai con aria interrogativa
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giorni! da due giorni è che pare impazzito. Povero
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professore von Nörten! Non è più in casa, non
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del nostro buon professore è troppo solidamente piantato, per
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miniate iniziali delle pergamene. ¶ E le lunghe ore passavan
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passavan in quella quieta e paziente occupazione. ¶ Nella sala
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ne proteggeva il riposo, e il parco mandava dal
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di tutte quelle cose e del luogo. Ed ella
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Ed ella lavorava tranquilla e composta, il volto calmo
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un fruscìo le vesti; e ben di rado ella
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ogni cosa – per addormentarmi, e sognava una fantastica creatura
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bianca, dagli azzurri occhi e dalle grandi bionde ali
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di oro, di azzurro e di verde smeraldino che
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nessun cenno tra padre e figliuola, mai.... Eppur io
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giovinezza, la vitalità elegante e mondana ch’era stato
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infanzia: l’avea veduta, è vero, ben poche volte
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tratto l’opera minuta e gli occhi cilestri le
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osato avvicinarmi ad esso e scoprirne audacemente il mistero
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nella troppo vasta sala e sempre oscura. Il balcone
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del tramonto.... mia madre e un’altra figura bionda
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altra figura bionda, pallida e alta.... Ne la memoria
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rividi come un lampo e ricordai. La bella signora
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La bella signora bionda e pallida, a lato di
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grande dolore; ella piangeva e mia madre costernata le
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Ah sì! Ricordava bene, e tutto, ora. ¶ Dissi forte
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volgendomi verso lo zio e la cugina: ¶ — La zia
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mare.... Era tanto pallida e piangeva!... Io era molto
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mi apparì orribilmente contratto e mi parve vedere ne
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cera, negli occhi smarriti e nella bocca contratta, mi
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zio. Era molto pallido e il suo sguardo avea
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spaurì. Mi si avvicinò e mi disse risoluto: ¶ — Mai
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oggi hai parlato! Comprendi? ¶ E siccome io, spaventato e
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E siccome io, spaventato e smarrito, lo guardava senza
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a piangere pel dolore e per la paura. ¶ Allora
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lo zio mi lasciò e vidi il suo volto
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di me, mi baciò e mi asciugò le lagrime
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risposi: ¶ — Lo prometto, zio. ¶ E rimasi solo, turbato e
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E rimasi solo, turbato e sgomento della luce che
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mi prese per mano e mi condusse nell’angolo
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occhi neri parevan lampeggiare e dalla picciola bocca, aperta
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figliuola.... ¶ Agata mi guardò e mormorò: ¶ — La riconosci, tu
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Come eri bella, mamma!... ¶ E la guardò rapita. ¶ Nella
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di luce, di profumo e di eleganza. Noi, pallidi
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di eleganza. Noi, pallidi e agitati, ignari ancora, sentivamo
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di dama, giovane, fresca e affascinante, come un fremito
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come un fremito vago e misterioso di ebbrezza, di
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di ebbrezza, di passione e di squisitezza.... ¶ Agata mormorò
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Era proprio così, non è vero? tu la ricordi
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sulla porta della Biblioteca e ci guardava in silenzio
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Il suo volto pallidissimo e severo non esprimeva collera
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su la mia imprudenza e su quel fatto, Agata
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Agata ritornò tranquilla, grave e più silenziosa alle sue
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«Davanti a me è il grande deserto delle
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grande deserto delle acque.... e sopra la mia testa
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le nuvole, queste grigie e informi figlie dell’aria
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a fatica la innalzano e la lascian poi ricadere
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mare: lavoro triste, fastidioso e inutile, come la mia
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il grido dei gabbiani, e i vecchi ricordi mi
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tornano alla mente, dolcemente e tristamente....» ¶ Heine. ¶ Agata. ¶ Io
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mia prima giovinezza severa e malinconica, trascorsa presso mio
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madre! Troppo presto ella è morta, per la mia
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gelato il mio cuore e la tristezza ha abbattuto
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un brivido di passione e di sconforto, d’averle
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mia madre, morte tragica e improvvisa, che empiè il
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cuore giovanetto di terrore e di tenebre. Era una
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irosa giornata di vento e di tempesta: la pioggia
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che mi portava, smarrito e tremante, lontano dalla casa
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madre, cerea ne’ fiori e nella candida ultima vesta
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carrozza sbattuta dal vento e dalla pioggia, chiudeva gli
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al cancello della Villa e la grande massa della
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aveva larghi squarci sinistri e il vento s’inabissava
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ombra. ¶ Mio zio, silenzioso e severo, mi baciò in
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avanti, presso mia madre. E ricordava sempre la bizzarra
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i tappeti, i fiori e i ninnoli dell’elegante
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ben differente da’ cugini e dagli eleganti amici che
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le ombre che fosche e paurose scendevano dalle pareti
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coperte dai grandi quadri e dai cortinaggi, ben altrimenti
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come ho detto, magro e severo, egli mi considerava
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scranna, mi fece sedere e mi disse: ¶ — Ora chiamerò
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Agata, la tua cugina. ¶ E la mia cugina, che
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Sedette accanto a me e con le sue lunghe
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sue lunghe mani magre e nervose mi accarezzò i
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mi considerava sempre, pensoso. E anche Agata, strano, come
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mi guardava, in silenzio. E dovetti accorgermi di un
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seguito il più fresco e luminoso mattino, che recava
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non era ancor sorto e spalancai il balcone. Nella
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gibboso tappeto di velluto, e si accavallavano, si sprofondavano
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si accavallavano, si sprofondavano e quindi risalivano in elevazioni
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più chiare: avean qua e là degli antri misteriosi
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profilavan sull’orizzonte chiaro. ¶ E un grande alito di
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fascino della campagna vera e tranquilla, della campagna verde
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tranquilla, della campagna verde e misteriosa, dalla quiete intensa
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misteriosa, dalla quiete intensa e susurrante, piena di profumi
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piena di profumi agresti e di misteriosità di luci
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la vita così, silenzioso e solitario, appartandosi per lunghe
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solo, la vita fastosa e spensierata che il padre
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spensierata che il padre e la sorella sdegnavano e
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e la sorella sdegnavano e ch’era pur dovere
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profilava sulle oscure pareti e sul fondo grigio degli
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vetuste civetterie di porpora e d’oro, Agata parea
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gli occhi al sole e alla vita, che riempion
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di sussurrii le fronde, e del lavorìo degl’insetti
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che avea corso, agitato e fremente, tutta la notte
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una grande valle verde e tutta luminosa pei primi
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amica. ¶ — Deve essere qua. ¶ E la mia mente corse
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ora, nella valle verde e luminosa pei primi raggi
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povero bimbo biondo, pallido e smorto, dalla bocuccia contratta
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smorto, dalla bocuccia contratta e l’occhio vitreo, abbandonato
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ginocchia della madre disperata e smarrita; i pochi viaggiatori
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intorno alla povera madre e al bambino morente: sgomenti
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il bambino che muore e delicatamente lo portano nella
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treno, che freme sordamente, è un affollarsi di visi
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della notte recente. – Che è? perchè si è fermato
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Che è? perchè si è fermato il treno? che
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il treno? che cosa è stato? – Un bambino che
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male in treno; forse è già morto. – Povera signora
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lagrima.... Ma non c’è tempo da perdere. Un
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parte. – Facciano presto, si è in ritardo! – I viaggiatori
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la fuga.... Addio! tutto è finito: i viaggiatori tornano
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Hanno portato dei cuscini, è discesa la moglie del
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moglie del capo stazione, è accorso un medico. Tutti
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convulso. Il povero piccino è là, sul lettuccio improvvisato
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senza luce. – Che cos’è mai stato, mio Dio
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risponde come in sogno: – è partito bello, sereno, ridente
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in sogno. Ora muore!... E intanto fuori della lugubre
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al suo caro morticino e iniziare intanto con il
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saletta d’aspetto, vuota e silenziosa, e mi tolsi
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aspetto, vuota e silenziosa, e mi tolsi il cappello
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che quiete, quanto verde e quanta luce! Il paesello
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per due anime innamorate e desiose di quiete e
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e desiose di quiete e di luce. ¶ Mi feci
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la casa del curato e andai a bussare alla
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strinse le mani forte e mi disse: – Andremo insieme
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di foglie di popone e di zucche intrecciate per
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intrecciate per aver ombra e mi fece venire il
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in campagna, il forte e sano pane dei contadini
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tanta pace sì mite e serena, sotto quel bizzarro
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bizzarro pergolato di vite e di zucche, in quell
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orticello popolato di conigli e di galline, zeppo di
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stradella selvatica, fra bosco e campo, che va salendo
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serpeggiando tra i macchiuoli e i castagni, il bianco
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bianco muricciuolo del camposanto e distingueva la grande croce
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di ferro che v’è piantata nel mezzo. Il
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arrivo, era tutto sereno e ridente. Ci passavano vicino
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che salutavano il curato e mi guardavano curiosamente. Capivo
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beati paesi tutto sole e verde!... ¶ Poi mi disse
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molto tempo il cuore e la pietà di que
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la cui vita semplice e monotona era ben di
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una dopo l’altra, e metton fuori le bianche
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dall’acqua. Lo stagno è ora tutto in fiore
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con le corolle aperte e stillanti le ninfèe invitano
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dell’acqua. Ma essa è distratta dal bel canto
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ha deposto il flauto e canta sulla sampogna, sempre
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sale nella luce lunare e la dea rapita sorride
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ciglia fremon di piacere e le belle membra rivivono
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dolce onda di luce e di suono che tutta
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liberi amori del bosco e delle dolci ebbrezze del
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lor Signore, quando libera e ardente, la giovinetta dea
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di mirteti, di rose e di miele. E la
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rose e di miele. E la dea tenta col
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neve l’acqua luminosa; e dolcemente, strisciando il bel
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un gorgo di perle e di diamanti. Alta nell
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diamanti. Alta nell’acqua e scintillante, la bianchissima dea
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le braccia gocciolanti diamanti e scherza e giuoca e
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gocciolanti diamanti e scherza e giuoca e folleggia tra
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e scherza e giuoca e folleggia tra le corolle
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divine. ¶ Il piccol Pane è uscito dal suo riparo
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uscito dal suo riparo e si mostra alla dea
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guarda sdegnata la bella e fa schermo al bel
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si serran d’intorno e ne veston delle loro
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membra luminose di candore. E il Pane riprende la
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Pane riprende la sampogna e geme, prega ed implora
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implora. La dea sorride e, sicura tra le ninfee
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or ricompare più bianca e più luminosa. Scherza ella
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più luminosa. Scherza ella e folleggia, protetta dalle fedeli
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protetta dalle fedeli ninfèe: e sembra a volta un
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una femmina.... ¶ Geme sempre e implora il picciol Pane
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picciol Pane di bronzo e supplica la bella.... Talvolta
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non resta che gemere e lamentarsi sulla sampogna.... ¶ * ¶ * * ¶ Ma
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cielo, il primo bagliore: è il primo roseo barlume
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in mezzo allo stagno e risale sul suo letto
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suo letto di musco e vi si adagia novellamente
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intreccio sotto la testa, e mentre l’ultimo sorriso
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che ripiegan le corolle e distendon le foglie e
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e distendon le foglie e al Pane che non
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cadere il suo flauto e la sampogna sull’erba
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sull’erba che non è più d’argento, e
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è più d’argento, e ritorna al suo posto
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bella che si riaddormenta e che null’altri potrà
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Passa sul piccolo prato e sullo stagno come un
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soffio misterioso: il Pane e la dea s’irrigidiscono
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la dea s’irrigidiscono e ritornan di sasso. È
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e ritornan di sasso. È la Vita destata che
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la Vita destata che è passata sulle cose e
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è passata sulle cose e che ha gelato il
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ha gelato il Sogno. ¶ E il Poeta padrone della
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sono un povero scudiero: è grave colpa per me
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un cavaliere! forse, non è vero, madamigella? forse allora
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nobile padrone era arrivato e che l’avrebbe quando
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Fatevi coraggio, damigella, egli è buono: affidatevi al suo
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affidatevi al suo onore. ¶ E per il resto del
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tutto il suo coraggio e seguì l’ancella.... ¶ Traversò
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sontuosi appartamenti del castello e nell’ultima sala, prima
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era che il giovine e malinconico scudiero, ora commosso
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malinconico scudiero, ora commosso e ridente, scintillante nella più
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testa sulla sua spalla, e tacque ancora. ¶ Un mese
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tozzo maniero di Oldrado e il cavaliere spagnuolo partiva
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Stagno delle ninfèe che è proprio nel mezzo della
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brezza notturna fa ondeggiare, è la densa muraglia degli
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densa muraglia degli arbusti e de’ grandi alberi della
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villa, neri nella notte, e tanto fitto ne è
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e tanto fitto ne è l’intrico dei rami
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argento. Però il praticello e lo stagno ricevon così
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latte. Lo Stagno, si è detto, è proprio nel
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Stagno, si è detto, è proprio nel mezzo del
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mezzo del praticello ed è, tutto all’intorno, circondato