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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Carlo Goldoni, Gl'innamorati, 1759

concordanze di «Eugenia»

nautoretestoannoconcordanza
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voglia essere così caparbia?) ¶ Eugenia. Se conoscete dunque il
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testimonianza dell’amor mio. ¶ Eugenia. Sarebbe tempo che il
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pace, sappiateci stare. ¶ Fulgenzio. Eugenia carissima, voi mi avete
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da accordare una grazia. ¶ Eugenia. Non siete voi padrone
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far con buon animo. ¶ Eugenia. Se non desidero che
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cognata alla propria casa. ¶ Eugenia. Se qui l’ha
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in casa degli sconcerti. ¶ Eugenia. Sì, sì, avete ragione
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lo dite di cuore? ¶ Eugenia. Anzi. ¶ Fulgenzio. Ho paura
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tornate qui. (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. No, no, che non
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SCENA VI. ¶ Fulgenzio ed Eugenia. ¶ Fulgenzio. Questa è la
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che avete promesso accordarmi. ¶ Eugenia. Io non v’impedisco
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Fulgenzio. Ma con malanimo. ¶ Eugenia. Non dovete badare all
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adempimento del mio dovere. ¶ Eugenia. Adempitelo. ¶ Fulgenzio. Sì, in
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decoro la sua passione. ¶ Eugenia. Fatemi almeno un piacere
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Fulgenzio. Oh cielo! comandatemi. ¶ Eugenia. Andate, finitela, e non
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qui in questo stato? ¶ Eugenia. Un uomo d’onore
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e di voi medesima. ¶ Eugenia. Avvertite, che insolenze io
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Ridolfo, soccorretemi per carità. ¶ Eugenia. Soccorretelo quel povero sfortunato
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la riconduce il cognato. ¶ Eugenia. E perchè non va
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vostro dovere. (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. Più che restate qui
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a Ridolfo, sdegnoso contro Eugenia) ¶ Ridolfo. Ogni onestà lo
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stessa. (a Fulgenzio, accennando Eugenia) ¶ Fulgenzio. Sì, vi dico
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sopra) ¶ Ridolfo. Compatitelo, signora Eugenia. ¶ Fulgenzio. Barbara! (ad Eugenia
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Eugenia. ¶ Fulgenzio. Barbara! (ad Eugenia, fremendo) ¶ Eugenia. Sono stanca
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Barbara! (ad Eugenia, fremendo) ¶ Eugenia. Sono stanca. ¶ Fulgenzio. Ingrata
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Fulgenzio. Ingrata! (come sopra) ¶ Eugenia. O andate voi, o
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correndo) ¶ Ridolfo. Compatitelo. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Andate, andate con
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Ridolfo. Compatitelo. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Andate, andate con lui
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Ridolfo. Siete sdegnata meco? ¶ Eugenia. Andate, signor protettore. (come
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Ridolfo. Protettore di chi? ¶ Eugenia. Della parentela, ¶ Ridolfo. Vi
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donna. (parte) ¶ SCENA VIII. ¶ Eugenia sola. ¶ Sia ringraziato il
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o sono qualche stivale? ¶ Eugenia. Con chi l’avete
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ho con voi, sciocca. ¶ Eugenia. Con me? ¶ Fabrizio. Sì
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parlare di maritarsi. Insolente. ¶ Eugenia. (Or ora mi sente
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e parla di maritarsi. ¶ Eugenia. (Non vorrei che mi
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frasca, è un’impertinente. ¶ Eugenia. Signor Conte, siccome non
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delle pazzie; per altro Eugenia è un portento: fa
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casa, spiantato, vagabondo, plebeo? ¶ Eugenia. Signore, non vi ricordate
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voi ardirete di amarlo... ¶ Eugenia. Acchetatevi, che già è
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con prudenza. ¶ Roberto. Signora Eugenia, sarebbe per avventura venuto
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avventura venuto il caso? ¶ Eugenia. (Ah, una vendetta sarebbe
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non vi mancherà. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. (Quand’è fatta
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vi mancherà. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. (Quand’è fatta, è
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Cuor mio, risolvete. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Signore, disponete di
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mio, risolvete. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Signore, disponete di me
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fare con degli spiantati). ¶ Eugenia. Signore, la mia dote
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Conte la può assicurare. ¶ Eugenia. Un cavalier così ricco
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SCENA X. ¶ Fabrizio ed Eugenia. ¶ Fabrizio. Orsù, io non
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via. ’ ¶ Lisetta. Perdoni. (ad Eugenia) ¶ Tognino. Compatisca. (ad Eugenia
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Eugenia) ¶ Tognino. Compatisca. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Levatevi di qui
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Tognino. Compatisca. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Levatevi di qui, vi
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nulla). (parte) ¶ SCENA III. ¶ Eugenia sola. ¶ (Ponendosi a sedere
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qui da voi sola? ¶ Eugenia. Niente. (nascondendo le lagrime
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Flamminia. Eh via, finiamola. ¶ Eugenia. Lasciatemi stare. (come sopra
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vi perda l’amore. ¶ Eugenia. Che importa a me
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sa che vi preme. ¶ Eugenia. No davvero, non ci
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vi fa parlare così. ¶ Eugenia. Aspettate domani, e vedrete
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cosa volete fare domani? ¶ Eugenia. Voglio ritirarmi dal mondo
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e non sarà altro. ¶ Eugenia. Sorella, voi ancora non
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troppo. (un poco alterata) ¶ Eugenia. Sono irragionevole, è vero
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delle ore molto cattive. ¶ Eugenia. Ora sono nelle ore
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è fuori di sè. ¶ Eugenia. Che gli ho fatto
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fatto alla signora Clorinda? ¶ Eugenia. Già tutti proteggono quella
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che l’ha invitata. ¶ Eugenia. Ma che cosa le
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colle lagrime agli occhi. ¶ Eugenia. Oh! sapete perchè è
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ha perduto il rispetto. ¶ Eugenia. Sì, ha ragione; pretende
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che dee durar poco. ¶ Eugenia. Come poco? ¶ Flamminia. Se
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signor Fulgenzio ha finito. ¶ Eugenia. E quando verrà questo
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che l’aspettano oggi. ¶ Eugenia. Oggi? (un poco placata
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disse la signora Clorinda. ¶ Eugenia. Eh sì! se tornerà
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metter casa da sè. ¶ Eugenia. La metterebbe poi? (placata
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sa negar cosa alcuna. ¶ Eugenia. Guardate la bella premura
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eccolo, ch’egli viene. ¶ Eugenia. Non gli dite niente
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so di queste pazzie. ¶ Eugenia. Vien molto adagio. Sarà
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Flamminia. Parlategli con umiltà. ¶ Eugenia. Ho da pregarlo? Oh
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tante volte con noi. ¶ Eugenia. Basta. Se sperassi che
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amasse, non verrebbe qui... ¶ Eugenia. Zitto, zitto. Sentiamo che
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e dette. ¶ Fulgenzio. Signora Eugenia, mi permetterete di’io
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così burbero, come ora). ¶ Eugenia. (Che sì, che vuol
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uomo d’onore. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. lo non so
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d’onore. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. lo non so nessuna
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arrabbiare. ¶ Fulgenzio. La signora Eugenia può dir quel che
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può intaccar nell’onore. ¶ Eugenia. Se fossi un uomo
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alla di lui moglie? ¶ Eugenia. Oh oh, ecco qui
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al signore zio. (ad Eugenia) Per l’amor del
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una cosa seria. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Io voglio ridere
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cosa seria. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Io voglio ridere quanto
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compatitemi, da poca ragione. ¶ Eugenia. Sì, sono una pazza
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esser saggia, quando volete. ¶ Eugenia. Ma questa volta son
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egli, lo dirò io. ¶ Eugenia. Voi non e’entrate
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che tutti vi abbandonassero. ¶ Eugenia. Basta che non mi
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massime come le vostre. ¶ Eugenia. Che? sono una bestia
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cuore di vederla mortificata. Eugenia è assai ragionevole per
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il malaccorto, il furente. Eugenia mi ama, ed è
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è per amore gelosa. ¶ Eugenia. Io non sono gelosa
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essere preferita; ma, cara Eugenia, disingannatevi; vi amo e
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in atto di partire) ¶ Eugenia. Fermatevi. ¶ Fulgenzio. Ha qualche
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qualche cosa da comandarmi? ¶ Eugenia. Che c’è in
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mostra la mano vuota) ¶ Eugenia. In quell’altra. ¶ Fulgenzio
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quell’altra. ¶ Fulgenzio. Niente. ¶ Eugenia. Non facciamo scene, vi
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Io non faccio scene. ¶ Eugenia. Mettete giù quel coltello
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sognate voi di coltello? ¶ Eugenia. Che serve? Non mi
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fare di questo coltello? ¶ Eugenia. Che lo so io
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Voglio mondare una mela. ¶ Eugenia. Fulgenzio. (intenerendosi) ¶ Fulgenzio. Lasciatemi
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stare. (con più caldo) ¶ Eugenia. Fulgenzio. (come sopra) ¶ Fulgenzio
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stare. (crescendo il caldo) ¶ Eugenia. Per carità. ¶ Fulgenzio. Per
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nè compassione. (come sopra) ¶ Eugenia. Ascoltate una parola almeno
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volete dirmi? (con isdegno) ¶ Eugenia. Una parola sola. ¶ Fulgenzio
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Via, ditela. (come sopra) ¶ Eugenia. Placatevi, se volete ch
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Ah! (sospira con isdegno) ¶ Eugenia. Datemi quel coltello. ¶ Fulgenzio
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coltello. ¶ Fulgenzio. Signora no. ¶ Eugenia. Ve lo domando, se
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il coltello di mano) ¶ Eugenia. (Maladetto coltello!) (lo prende
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sento morire). (da sè) ¶ Eugenia. Vi sono io così
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braccio ad un altro. ¶ Eugenia. Ma come è possibile
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Fulgenzio. Lo posso credere? ¶ Eugenia. Se non lo dico
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darmi occasione di sospettare? ¶ Eugenia. Ah Fulgenzio, non sono
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inginocchia a’ piedi di Eugenia, e restano tutti e
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un poco indietro ammirati) ¶ Eugenia. (Ah, trema della cognata
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meco lo stesso). ¶ Fabrizio. Eugenia, che cos’è stato
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male al signor Fulgenzio? ¶ Eugenia. Mi par di sì
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ai piedi della nipote). ¶ Eugenia. (Si scusa per cagione
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Cosmopolita. (parte) ¶ SCENA XV. ¶ Eugenia, Clorinda e Fulgenzio. ¶ Clorinda
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Fulgenzio. ¶ Clorinda. Scusate, signora Eugenia, se son venuta a
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ha, posso dir, violentata. ¶ Eugenia. In fatti, senza una
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sono uscita di casa. ¶ Eugenia. Nè anche la sera
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l’ha egli detto? ¶ Eugenia. Oh, non mi ha
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ama, si dice tutto. ¶ Eugenia. Che ha il signor
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Niente, signora. (Cielo, aiutami). ¶ Eugenia. Fa così in casa
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dirla; è piuttosto gioviale. ¶ Eugenia. Sì, non è accigliato
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sia stato sempre così. ¶ Eugenia. È vero, è da
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un amore grandissimo. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Gioca in casa
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amore grandissimo. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Gioca in casa il
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Clorinda. Sì, qualche volta. ¶ Eugenia. E da me grida
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posso parlare. (guardandosi da Eugenia) ¶ Eugenia. Che cosa sono
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parlare. (guardandosi da Eugenia) ¶ Eugenia. Che cosa sono questi
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qui. (corre dietro ad Eugenia) ¶ Clorinda. Che modo è
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perde il rispetto? Che Eugenia sia gelosa di me
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fa delirar la signora Eugenia. ¶ Tognino. Me ne sono
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nel cuore della signora Eugenia è la dominante? ¶ Lisetta
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delle stravaganze della signora Eugenia ne risento anch’io
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sto). ¶ Tognino. La signora Eugenia è balzata in piedi
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parla. (osserva) ¶ SCENA li. ¶ Eugenia e detti. ¶ Eugenia. Che
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li. ¶ Eugenia e detti. ¶ Eugenia. Che fate lì a
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e Tognino si spaventano) ¶ Eugenia. Andate via. ’ ¶ Lisetta. Perdoni
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grazie. ¶ Fabrizio. Oh bravo! ¶ Eugenia. (Ora sono contenta). (da
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ben fatte. Signor Fulgenzio, Eugenia mia nipote vi supplica
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supplica di una grazia. ¶ Eugenia. (Che diavolo vorrà dire
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dei comandi della signora Eugenia. ¶ Fabrizio. Via, che occorre
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che occorre? Ci conosciamo. Eugenia mia nipote vi prega
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noi. ¶ Fulgenzio. La signora Eugenia mi prega di questo
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mi prega di questo? ¶ Eugenia. Io non mi sono
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Fabrizio. Bestialità la chiamate? ¶ Eugenia. Sì, vi par cosa
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diavolo a bella posta). ¶ Eugenia. Basta, io lascio fare
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Fulgenzio. ¶ Fabrizio. Pregatelo. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Oh, questo poi
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Fabrizio. Pregatelo. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Oh, questo poi no
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cognata non ci verrà. ¶ Eugenia. (È certo che non
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resterò nè men io. ¶ Eugenia. Sì, piuttosto andrà con
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parte) ¶ SCENA XI. ¶ Flamminia, Eugenia, Fulgenzio e Roberto. ¶ Roberto
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bel divertimento del mondo). ¶ Eugenia. Mi dispiace del sagrifizio
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a Fulgenzio e ad Eugenia) ¶ Flamminia. Bravo, dite lor
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Se parlate per me... ¶ Eugenia. Se parlate per lui
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Io ho parlato così... ¶ Eugenia. Eh, lasciatelo dire. Non
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non importa di Roma. ¶ Eugenia. Lasciatelo dire; lasciate che
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poi, compatitemi... (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. A Roma, signore, degli
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a Roma pur volentieri. ¶ Eugenia. Andate, che sarete la
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libertà). (a Flamminia) Signora Eugenia, si ricordi dei casi
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parte) ¶ SCENA Xll. ¶ Flamminia, Eugenia e Fulgenzio. ¶ Fulgenzio. E
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ci pensiamo nè meno. Eugenia non lo può vedere
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Fulgenzio, siete assai sospettoso. ¶ Eugenia. Non parlate, sorella, che
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l’ho veduta piangere... ¶ Eugenia. Non è vero. Non
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abbiate giudizio), (piano ad Eugenia) (Abbiate carità, signor Fulgenzio
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SCENA XIII. ¶ Fulgenzio ed Eugenia. ¶ Fulgenzio. (Per me ho
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d’essere innamorato). (passeggia) ¶ Eugenia. (Voglio piuttosto mettermi un
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di me). (come sopra) ¶ Eugenia. (Ha il cuore con
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le piace). (come sopra) ¶ Eugenia. (Finto! doppio come le
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per lei). (come sopra) ¶ Eugenia. (Lo vedrebbe un cieco
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indegnissimo amore). (come sopra) ¶ Eugenia. (Se ora mi tratta
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ne scorderò). (come sopra) ¶ Eugenia. (Ha una faccia, che
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dice niente). (come sopra) ¶ Eugenia. (Che ho da fare
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Fulgenzio. Buon viaggio. (forte) ¶ Eugenia. Felice ritorno. (si volta
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signor Conte l’aspetta. ¶ Eugenia. Perchè non va a
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a poco a poco) ¶ Eugenia. Perchè non le va
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le labbra). (come sopra) ¶ Eugenia. Ma ora che ci
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ultima volta). (come sopra) ¶ Eugenia. Mi spiacerebbe che avesse
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cognata. (acceso di collera) ¶ Eugenia. Oh oh, quel bravo
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tira fuori il fazzoletto) ¶ Eugenia. Non dubiti, che avrà
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il fazzoletto coi denti.) ¶ Eugenia. Mi duole del tempo
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a stracciare il fazzoletto.) ¶ Eugenia. Ma si consoli, che
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fuori nascostamente un coltello.) ¶ Eugenia. (Povera me!) Eh dico
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Che vuol da me? ¶ Eugenia. Cos’avete in mano
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in mano? ¶ Fulgenzio. Niente. ¶ Eugenia. Voglio vedere. ¶ Fulgenzio. Non
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ho niente, vi dico. ¶ Eugenia. Non facciam ragazzate. ¶ Fulgenzio
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Fulgenzio. Non chiamate. (arrabbiato) ¶ Eugenia. Pazzo. ¶ Fulgenzio. Anderò via
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Pazzo. ¶ Fulgenzio. Anderò via. ¶ Eugenia. Andate. ¶ Fulgenzio. Non ci
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Non ci tornerò più. ¶ Eugenia. Non m’importa. ¶ Fulgenzio
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Portami, diavolo. (parte correndo) ¶ Eugenia. Che vita è questa
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saranno pacificati colla signora Eugenia. ¶ Flamminia. Oh caro signor
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è tempo. Dov’è Eugenia? ¶ Flamminia. Nella sua camera
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solo. ¶ Fabrizio. Dov’è Eugenia? Presto, chiamatela. (a Flamminia
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Fabrizio. Di’ subito ad Eugenia, che venga qui. ¶ Lisetta
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dei servitori. ¶ SCENA V. ¶ Eugenia e detti. ¶ Eugenia. Che
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V. ¶ Eugenia e detti. ¶ Eugenia. Che mi comanda il
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compagnia a questo cavaliere. ¶ Eugenia. Non c’è il
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parte) ¶ SCENA VI. ¶ Flamminia, Eugenia, Roberto, tutti a sedere
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dovevate dire così caricato. ¶ Eugenia. È di buon core
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Che ha la signora Eugenia, che mi par melanconica
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avrà i suoi motivi. ¶ Eugenia. Diteglielo liberamente, se ha
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sempre più la signora Eugenia mi obbliga a riverirla
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riverirla e ad amarla. ¶ Eugenia. Sono tenuta alla vostra
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questo cesserò di sperare. ¶ Eugenia. E in che volete
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nessuno scontento), (da sè) ¶ Eugenia. Per me non vi
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casi ne potriano succedere. ¶ Eugenia. Non vorrei che foste
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il signor Conte, (ad Eugenia) Convien compatirla. Parla così
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di cose liete. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. È impossibile, signore
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cose liete. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. È impossibile, signore; ho
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il signor Fulgenzio). (ad Eugenia) ¶ Eugenia. (Come l’hai
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signor Fulgenzio). (ad Eugenia) ¶ Eugenia. (Come l’hai veduto
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veduto?) ¶ Lisetta. (Dalla finestra). ¶ Eugenia. (Era solo?) ¶ Lisetta. (Parlava
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Parlava col signor Ridolfo). ¶ Eugenia. (Parveti che fosse sdegnato
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saltellando verso la casa). ¶ Eugenia. (Sia ringraziato il cielo
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degl’interessi la signora Eugenia). (piano a Flamminia) ¶ Flamminia
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amico). (piano a Roberto) ¶ Eugenia. (Flamminia). (con bocca ridente
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Flamminia. È venuto? (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Sì. (come sopra
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È venuto? (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Sì. (come sopra) ¶ Roberto
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colla bocca ridente. (ad Eugenia) ¶ Flamminia. Chi sa, se
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il signor Ridolfo. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Sì, l’ha
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signor Ridolfo. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Sì, l’ha veduto
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vero, Lisetta? ¶ Lisetta. Verissimo. ¶ Eugenia. Eccolo, eccolo. (ridente) ¶ Roberto
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signore ancora. (con serietà) ¶ Eugenia. Si fa sempre desiderare
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porta presso a Flamminia) ¶ Eugenia. Poni qui una sedia
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Sto ben dove sono. ¶ Eugenia. Venite qui, con licenza
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mancherà tempo. (fingendo allegria) ¶ Eugenia. Chi ha tempo, non
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molto allegra la signora Eugenia. (Questa è la pena
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già informato dalla signora Eugenia? ¶ Eugenia. Vi dispiace che
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informato dalla signora Eugenia? ¶ Eugenia. Vi dispiace che si
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si dicesse la verità. ¶ Eugenia. Per parte mia non
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per discoprire il disegno). ¶ Eugenia. (Stupisco, che non abbia
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Mi fa specie, che Eugenia non mi dice niente
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recar disturbo alla compagnia. ¶ Eugenia. Che ragioni fiacche! dite
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rimproverar lei). (da sè) ¶ Eugenia. (Ora mangia il veleno
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di tutto. La povera Eugenia è gelosa, e l
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dov’è la signora Eugenia? ¶ Lisetta. E di là
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SCENA XI. ¶ Fulgenzio, poi Eugenia. ¶ Fulgenzio. Dice bene l
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non principiamo a sofisticare. ¶ Eugenia. Serva umilissima, signor Fulgenzio
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poteva lasciar nella penna. ¶ Eugenia. Mi scappò, non volendo
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sta? (intorbidandosi un poco) ¶ Eugenia. Benissimo. Ottimamente. ¶ Fulgenzio. Me
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molto allegra questa mattina. ¶ Eugenia. Quando sono in grazia
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paura non potermi tenere). ¶ Eugenia. Che dice ella di
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pochino sturbato, signora mia. ¶ Eugenia. Questa mattina sono stata
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In complimenti con chi? ¶ Eugenia. Con certe amiche, che
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che cosa avete risposto? ¶ Eugenia. Che ci anderò volentieri
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Fulgenzio. Senza di me? ¶ Eugenia. Sicuro. ¶ Fulgenzio. Mi piace
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Mi piace. S’accomodi. ¶ Eugenia. Oh bella! mi avete
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avete comandato di farlo. ¶ Eugenia. Eh, dite perchè avete
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Fulgenzio. Io? che impegni? ¶ Eugenia. Eh via, che serve
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a questo vostro ragionamento? ¶ Eugenia. Niente, signore. Faccio per
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amiche. ¶ Fulgenzio. Eh signora Eugenia, ci conosciamo. ¶ Eugenia. Prenderete
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signora Eugenia, ci conosciamo. ¶ Eugenia. Prenderete anche ciò in
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vi dico, ci conosciamo. ¶ Eugenia. Sì, ci conosciamo, e
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non ci verrà più. ¶ Eugenia. Che importa a me
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solite sue buone grazie. ¶ Eugenia. Ha tabacco? ¶ Fulgenzio. Se
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passi con mia cognata... ¶ Eugenia. Che cosa c’entra
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balordo del mio servitore. ¶ Eugenia. Mi maraviglio di voi
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in giro con isdegno) ¶ Eugenia. Fermatevi, che mi fate
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un pugno nella testa) ¶ Eugenia. Facciamo scene? ¶ Fulgenzio. Nè
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capo a due mani) ¶ Eugenia. Animo; finiamo queste sguaiaterie
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abbandona sopra una sedia) ¶ Eugenia. Avvertite che siete pazzo
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pazzo? (seguita a battersi) ¶ Eugenia. Non la volete finire
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tenerezza) ¶ Fulgenzio. Cagna! crudele! ¶ Eugenia. Bell’amore! a ogni
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Sì, avete ragione. (placato) ¶ Eugenia. Ogni giorno siamo alle
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Compatitemi, non farò più. ¶ Eugenia. Non mi fate di
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questa sera? (ridente amoroso) ¶ Eugenia. Se mi parerà. (scherzando
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Fulgenzio. Con chi anderete? ¶ Eugenia. Eh! (come sopra) ¶ Fulgenzio
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Fulgenzio. Con me anderete. ¶ Eugenia. Sicuro! (ironico) ¶ Fulgenzio. Non
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me? (un poco sdegnato) ¶ Eugenia. Se ci veniste volentieri
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volentieri. ¶ Fulgenzio. Ma cara Eugenia, possibile che ancora non
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l’amor del cielo. Eugenia mia, non mi tormentate
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mia, non mi tormentate. ¶ Eugenia. Via, avete ragione. Non
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core per la tenerezza. ¶ Eugenia. Mi vorrete sempre bene
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cosa, voi mi offendete. ¶ Eugenia. Ve la domando, perchè
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tempo, che sarete mia. ¶ Eugenia. E che cosa aspettate
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ritorno di mio fratello. ¶ Eugenia. Non potete maritarvi senza
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ch’io l’aspetti. ¶ Eugenia. Io lo so, perchè
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differite. ¶ Fulgenzio. E perchè? ¶ Eugenia. Perchè avete paura di
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maladetto sia quando parlo. ¶ Eugenia. Eccolo qui, non si
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se sempre mi provocate. ¶ Eugenia. Mi voglio mettere a
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senza dire delle schiocchezze? ¶ Eugenia. Le schiocchezze le dite
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vedere un qualche spettacolo. ¶ Eugenia. Ehi, chi è di
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Lo sa di certo? ¶ Eugenia. Fate conto ch’io
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perchè me lo domanda? ¶ Eugenia. (Come ci casca bene
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tre ore in circa. ¶ Eugenia. Hanno cenato subito? ¶ Tognino
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cenato subito? ¶ Tognino. Subito. ¶ Eugenia. E poi avranno giocato
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Hanno giocato una partitina. ¶ Eugenia. (Venga da me, che
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fatta. La volete sentire? ¶ Eugenia. Date qui, non preme
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far sentire. Mio bene... ¶ Eugenia. Ma bene bene... (con
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Flamminia. Cosa vorreste significare? ¶ Eugenia. Niente; dico che dite
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giubbilo del mio cuore. ¶ Eugenia. E che giubbilo! (con
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ironia) ¶ Flamminia. No forse? ¶ Eugenia. Sì. (con ironia caricata
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Caro il mio bene... ¶ Eugenia. Ma bene. ¶ Flamminia. Io
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Io non vi capisco. ¶ Eugenia. Mi capisco da me
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la vostra cara gioiella. ¶ Eugenia. Con quella bella grazietta
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Che modo è questo? ¶ Eugenia. Ci fo la rima
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vostra fedele, sincera amante. Eugenia Pandolfi. Vi pare che
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abbia scritto a dovere? ¶ Eugenia. Ottimamente. Date qui, che
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so sigillare da me. ¶ Eugenia. La voglio consegnar io
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dà la lettera ad Eugenia) ¶ Eugenia. Venite qui, Tognino
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la lettera ad Eugenia) ¶ Eugenia. Venite qui, Tognino. ¶ Tognino
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qui, Tognino. ¶ Tognino. Eccomi. ¶ Eugenia. Dite al vostro padrone
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fate di queste scene? ¶ Eugenia. E ditegli che venga
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ha stracciata la lettera. ¶ Eugenia. Anzi, glielo deve dire
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SCENA V. ¶ Flamminia ed Eugenia. ¶ Flamminia. E perchè avete
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avete fatto questa baggianata? ¶ Eugenia. L’avete mai letto
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sono stucca e ristucca. ¶ Eugenia. Gran premura aveva ieri
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via per la rabbia. ¶ Eugenia. Eh pensate! è andato
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Flamminia. E con chi? ¶ Eugenia. Col diavolo che se
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se lo porti. ¶ Flamminia. Eugenia, voi vi volete precipitare
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voi vi volete precipitare. ¶ Eugenia. Quando si tratta di
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qualche cosa il servitore? ¶ Eugenia. Niente. ¶ Flamminia. Non istate
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a credere sì facilmente... ¶ Eugenia. Oh, io già non
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A Fulgenzio potete credere. ¶ Eugenia. Peggio. ¶ Flamminia. E a
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Flamminia. E a me? ¶ Eugenia. Peggio. ¶ Flamminia. Già chi
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Ecco qui nostro zio. ¶ Eugenia. Chi diavolo c’è
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Un forastiere, mi pare. ¶ Eugenia. Ha sempre seco delle
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meriti. ¶ Fabrizio. Via, signora Eugenia, ditegli qualche cosa; fate
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il merito della bellezza. ¶ Eugenia. Vi prego non secondare
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ancor zitella la signora Eugenia? (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Sì
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primi conoscitori del mondo. ¶ Eugenia. (Poveri danari gettati! Ha
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che voi venghiate). (ad Eugenia) ¶ Eugenia. (Anzi ci voglio
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voi venghiate). (ad Eugenia) ¶ Eugenia. (Anzi ci voglio venire
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arriva il signor Fulgenzio...) ¶ Eugenia. (Che importa a me
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affare appartiene alla signora Eugenia, ma io parlerei più
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si licenzia dalla signora Eugenia. Desidera farlo con civiltà
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Fulgenzio e la signora Eugenia sapranno eglino la cagione
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di ciò alla signora Eugenia, la fate cascar morta
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Ridolfo. E la signora Eugenia dov’è? ¶ Lisetta. Ella
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sa niente la signora Eugenia di quello che vi
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un pezzo a vederlo. ¶ Eugenia. Ed io scommetto che
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vi chiederà il perdono? ¶ Eugenia. Eh! non sarebbe la
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troppo della sua bontà. ¶ Eugenia. E anch’egli si
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lo trattate sì male? ¶ Eugenia. E che cosa finalmente
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lo abbiate fatto inquietare? ¶ Eugenia. Sono sempre io quella
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Flamminia. Non è vero. ¶ Eugenia. Oh, voi sapete assai
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proposito di sua cognata. ¶ Eugenia. Sua cognata io non
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fatto quella povera donna? ¶ Eugenia. Non mi ha fatto
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Il cielo vi castigherà. ¶ Eugenia. Io non le porto
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ha fatto delle finezze. ¶ Eugenia. Si tenga le sue
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raccomandata da suo fratello. ¶ Eugenia. Sì, va bene, ma
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a non ne parlare. ¶ Eugenia. Oh sì, vi prometto
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non si lasci vedere. ¶ Eugenia. Possibile? non è mai
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ora forse sarebbe venuto. ¶ Eugenia. Anzi l’aveva detto
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Oh, non viene assolutamente. ¶ Eugenia. Quasi, quasi, gli manderei
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eh, che non venga? ¶ Eugenia. Sicuro che me ne
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E sempre lo disgustate. ¶ Eugenia. Ho questo temperamento. Per
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più d’umiltà, sorella. ¶ Eugenia. E voi tenete sempre
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una vipera). (da sè) ¶ Eugenia. Chi viene? ¶ Flamminia. E
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servitore del signor Fulgenzio. ¶ Eugenia. Non ve l’ho
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ambasciata che vi dispiaccia! ¶ Eugenia. Ha della roba il
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Servo di lor signore. ¶ Eugenia. Addio, Tognino. Che fa
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di frutta. ¶ Flamminia. Poverino! ¶ Eugenia. Sentite, come mi scrive
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Flamminia) ¶ Flamminia. È sdegnato? ¶ Eugenia. Vorrebbe far lo sdegnato
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è parola d’amore. ¶ Eugenia. Mi prendo la libertà
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È amore, è amore. ¶ Eugenia. Sarei venuto in persona
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sdegni. ¶ Flamminia. Sentite? (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Ma ci verrà
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Flamminia. Sentite? (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Ma ci verrà. (a
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Sentite? (con più forza) ¶ Eugenia. Ma ci verrà. Bramerei
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un poco di carità. ¶ Eugenia. Siete molto compassionevole. ¶ Flamminia
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vedere a penar nessuno. ¶ Eugenia. Con questi uomini non
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non la saprei usare. ¶ Eugenia. Scrivetegli voi per me
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che lo faccia davvero? ¶ Eugenia. Sì, fatelo, che mi
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scrivere a modo mio. ¶ Eugenia. Sì, scrivete come vi
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per irritarlo di più. ¶ Eugenia. Credete ch’io abbia
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Flamminia. In nome vostro. ¶ Eugenia. In nome mio: ci
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qui, date qui. Guardate, Eugenia, che belle frutta! Sa
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coi frutti) ¶ SCENA III. ¶ Eugenia e Tognino. ¶ Eugenia. A
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III. ¶ Eugenia e Tognino. ¶ Eugenia. A che ora è
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ancor sonate le due. ¶ Eugenia. Che ha detto sua
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mostrato d’aver piacere. ¶ Eugenia. Aveva compagnia la signora
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tratta con nessun altro. ¶ Eugenia. Le fa buona compagnia
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casa, procura di divertirla. ¶ Eugenia. La diverte bene? (con
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intendo così, mangiano insieme. ¶ Eugenia. Ridono a tavola? (placidamente
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placidamente) ¶ Tognino. Qualche volta. ¶ Eugenia. È grazioso veramente il
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signora, giocano qualche volta. ¶ Eugenia. E vanno a spasso
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non lo so veramente. ¶ Eugenia. Perchè me lo volete
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sera. ¶ Tognino. Può essere. ¶ Eugenia. Mi fareste venir la
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PERSONAGGI. ¶ FABRIZIO vecchio, cittadino. ¶ EUGENIA, nipote di Fabrizio. ¶ FLAMMINIA
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FULGENZIO, cittadino, amante di Eugenia. ¶ CLORINDA, cognata di Fulgenzio
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ATTO PRIMO. ¶ SCENA PRIMA. ¶ Eugenia e Flamminia. ¶ Eugenia. Che
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PRIMA. ¶ Eugenia e Flamminia. ¶ Eugenia. Che cosa avete, signora
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di mal occhio? ¶ Flamminia. Eugenia mia, compatitemi; mi fate
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più guardar con amore. ¶ Eugenia. Bella davvero! che cosa
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corrispondergli con mala grazia. ¶ Eugenia. In verità mi fareste
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parola, converrà mantenerla. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Ma signore... ¶ Fabrizio
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converrà mantenerla. (ad Eugenia) ¶ Eugenia. Ma signore... ¶ Fabrizio. Non
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sposare. (parte) ¶ SCENA X!. ¶ Eugenia sola. ¶ Povera me! cosa
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detta. ¶ Fulgenzio. Fermatevi, signora Eugenia. ¶ Eugenia. Che pretendete da
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Fulgenzio. Fermatevi, signora Eugenia. ¶ Eugenia. Che pretendete da me
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Fulgenzio. Ascoltatemi per carità. ¶ Eugenia. L’avete servita la
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non è ancora partita. ¶ Eugenia. E che fa in
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l’incarico d’accompagnarla. ¶ Eugenia. E perchè? (sostenuta) ¶ Fulgenzio
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il di lei consorte. ¶ Eugenia. È arrivato il signor
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accompagnata dal caro sposo. ¶ Eugenia. E voi? (patetica) ¶ Fulgenzio
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qui, se mel concedete. ¶ Eugenia. Non volete essere col
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affare che mi premesse. ¶ Eugenia. Cioè gli avrete reso
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stima e meno rispetto. ¶ Eugenia. (Ah incauta! ah ingrata
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non vederla mai più. ¶ Eugenia. Povera me! son morta
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sopra una sedia) ¶ Fulgenzio. Eugenia, che cosa è questa
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che cosa è questa? ¶ Eugenia. Ah si, Fulgenzio, maltrattatemi
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cara, voglio amarvi teneramente. ¶ Eugenia. Non merito l’amor
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la mia cara sposa. ¶ Eugenia. No, non deggio esserlo
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Anima mia, perchè mai? ¶ Eugenia. Perchè ad altri ho
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E a chi? (tremante) ¶ Eugenia. Al conte Roberto. ¶ Fulgenzio
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conte Roberto. ¶ Fulgenzio. Quando? ¶ Eugenia. Poc’anzi. ¶ Fulgenzio. E
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anzi. ¶ Fulgenzio. E perchè? ¶ Eugenia. Per vendetta. ¶ Fulgenzio. Contro
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Contro di chi vendetta? ¶ Eugenia. Contro di me medesima
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in atto di partire) ¶ Eugenia. (Svenuta cade sopra una
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Oimè; che è questo? Eugenia, Eugenia, aiuto, soccorso. ¶ SCENA
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che è questo? Eugenia, Eugenia, aiuto, soccorso. ¶ SCENA XIII
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nemica di voi medesima. ¶ Eugenia. Deh lasciate ch’io
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me in aiuto; fortunata Eugenia, che ha una sorella
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in libertà la fanciulla. ¶ Eugenia. Oimè, dite il vero
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sorella, Fulgenzio è vostro. ¶ Eugenia. No, che non sarà
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Fulgenzio. Perchè no, crudele? ¶ Eugenia. Perchè non lo merito
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parlate altro. (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. Lasciatelo dir, che ha
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per così poco! (ad Eugenia) ¶ Flamminia. Ma via, dico
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via, dico. (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. Sì, insultatemi, che mi
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non più, idolo mio. ¶ Eugenia. Sì, perdonatemi. ¶ Flamminia. O
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gloria del nostro secolo. ¶ Eugenia. Caro sposo, finalmente siete