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Egisto Roggero, L'eredità del genio, 1898

concordanze di «Il»

nautoretestoannoconcordanza
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1898
lampade elettriche, Marino guardò il gruppo degli amici che
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una forte emicrania e il vivo bisogno di ritirarsi
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ora, nella quietissima notte. ¶ * ¶ * * ¶ Il mare era là in
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lui, Marino respirò largamente. Il mare, il suo amico
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respirò largamente. Il mare, il suo amico mare, grande
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infinito, gli mandava, con il suo sommesso alenare pieno
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voci ch'ei conosceva, il suo saluto, gli diceva
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a lui per chiedergli il conforto, e la pace
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si era scagliato contro il vero od apparente cinico
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padre. ¶ * ¶ * * ¶ E Marino rivide il padre negli ultimi suoi
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stanco, affranto, vinto. ¶ Egli - il grande artista, ch'era
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che è destino che il figlio prosegua quello che
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figlio prosegua quello che il padre ha cominciato. E
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tanto ha fatto dolorare il mio cuore, come la
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s'era lasciato trascinare. Il passionale errore dell'amico
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attratto per un momento il suo animo.... Ed egli
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morente. Egli sentiva tutto il pericolo, egli scorgeva il
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il pericolo, egli scorgeva il lato ove l'errore
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avea còlto e vinto il padre.... ¶ Doveva guardarsi. ¶ * ¶ * * ¶ Marino
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e s'avviò verso il centro della città. ¶ Nelle
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vie oscure e silenziose il suo passo echeggiava sonoro
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discreta che lo proteggeva. Il breve giardino mettea fuori
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ella dormiva, come dormiva il villino, come tutto ora
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grigio quel mattino era il cielo, di fuori: e
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le tende, parea mettesse il suo velo di tedio
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rotondo di noce bruna, il venerando color del vecchio
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molto tempo, dacchè Moriz, il ragazzo dello studio, l
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involucro che tenea celato il foglio profumato.... ¶ Ma Marino
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lasciando tranquillo e solo il padrone nel grande studio
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disordine. ¶ Marino, alfine, prese il pacco di giornali da
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di giornali da sopra il piccolo mobile e posò
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una breve fiamma colorì il suo pallido volto. Poi
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pose a passeggiare ¶ Oh, il grande studio ben conosceva
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di lavoro: ed allora il volto si rasserenava e
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parea ridesse di luce il grande studio. ¶ Esso tutto
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che mai. ¶ Di fuori il cielo si anneriva vieppiù
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combattuto per l'Italia. ¶ Il quadro avea come titolo
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soldato, incappottato, in sentinella. Il cielo era plumbeo: ma
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viva fascia ardente tagliava il cielo cupo. E il
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il cielo cupo. E il soldato intirizzito teneva fissi
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Era in quella luce il sogno di redenzione della
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sguardo sul cavalletto, ove il suo quadro, incominciato e
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da tanti mesi attendente il tardo suo svogliato pennello
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passare e rifulgere tutto il suo modernissimo sogno di
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anni di vita. ¶ Egli, il vecchio celebre pittore, dopo
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la colpa della sorella, il vecchio rimasto solo, avea
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affetto sopra di lui, il suo figliuolo. ¶ E lo
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modo, per la quale il padre sembrava avere una
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così in compagnia con il padre che gli parlava
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aveva preso in mano il pennello e dopo, quasi
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senz'averne formato decisamente il proposito - avea continuata l
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lui mancava l'entusiasmo, il sacro fuoco che spinge
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che spinge innanzi, ardentemente, il giovine artista. In lui
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lo stesso scoramento che il vecchio artista padre stemperava
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ancora fatto nulla. ¶ Morto il padre egli, unico erede
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spezzata. ¶ Avrebbe egli dunque, il figliuolo, rinnovato il miserando
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dunque, il figliuolo, rinnovato il miserando caso del padre
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padre? ¶ Non aveva egli, il figliuolo, promesso al padre
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lo avea chiamato con il picciol foglio profumato, ed
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intelligente e disse forte: ¶ - Il dottor Fausti. ¶ E prima
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che Marino avesse avuto il tempo di alzarsi, il
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il tempo di alzarsi, il giovane dottore, più del
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poi disse: ¶ - Va bene. Il male progredisce.... ma siamo
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con i suoi guizzi il grigiore ed il tedio
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guizzi il grigiore ed il tedio che sin'allora
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dentro, le cose. ¶ Poi il giovane dottore, veduta la
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capigliatura di giovine fauno, il dottor Fausti disse ancora
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un giovane iddio, luminoso, il sereno dottore dalla florida
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proseguì ancora, protendendo verso il pallido nervoso amico affidato
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le mani: ¶ - E goditi il sole, l'aria pura
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poltrona, lo guardava dubbioso, il dottor Fausti, prendendogli le
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dirigendosi verso la porta il giovine dottore concluse: ¶ - Ti
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partenza del dottore anche il raggio di sole che
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balcone si era dileguato. Il cielo era tornato color
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color di piombo e il grigio tedioso s'era
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era stato punito! ¶ Guardò il proprio quadro. ¶ Gli parve
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triste resultato avea avuto il folle momento di vita
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generato! ¶ Marino si coprì il volto con le mani
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così, quasi di nascosto.... il vostro ragazzo non era
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lievemente, e sorrise. ¶ - Fatemi il ritratto - disse, scherzosamente. ¶ - Non
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si avvicinò, gli cinse il collo con le braccia
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strada sul mare - che il mare bacia con tenerezza
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spuma e di minaccie! Il cielo corso dalle nubi
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ed io aveva gettato il cappello per sentirne sulla
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per sentirne sulla fronte il refrigerio.... Sorridevo al mare
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dal cuore mi saliva il singhiozzo. Sarebbe ella venuta
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in quei giorni che il cuore ora piangeva - così
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così titubante? Perchè? E il rimbrotto imminente mi faceva
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tremare i polsi, mentre il vento mi sibillava all
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sibillava all'orecchio e il mare vieppiù furioso mi
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nero delle nubi, brontolava il tuono e il mare
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brontolava il tuono e il mare con il suo
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e il mare con il suo urlo incessante gli
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raccolta, la testa bassa, il passo incerto, forse sospettosa
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ed ebbe più incerto il passo. Timorosa, timorosa.... perchè
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testa bassa, senza vederle il volto: constretta dal vento
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era mutata! Come scarno il dolce viso già amico
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quell'istante, che errare il sorriso, il suo sorriso
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che errare il sorriso, il suo sorriso amico e
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pietà mi presero... E il singhiozzo mi salì dal
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io chinai la testa. Il vento ci sibilava intorno
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vento ci sibilava intorno, il mare urlava e rombava
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Che cosa disse? Fra il sibilo del vento e
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collera ch'io attendevo? Il vento intorno a noi
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sempre più rabbioso e il mare squassava le rupi
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smorte labbra ebbero ancora il sorriso triste e amico
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la vidi scomparire tra il velo della pioggia, sbattuta
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sorrise. Sempre così dolce il suo sorriso degli occhi
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e sfinita!.... Io vedevo il suo misero corpicino, arso
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e sul mare azzurro il sole sfolgorava! E una
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Era stato sì bello il mio sogno! Avea venti
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le notti insonni sognando il profumo de' suoi capelli
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le pelliccie e sotto il sole, per lei vanamente
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veduta così? Non precisava il giorno, nè l'ora
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nè l'ora, nè il luogo: ma pure io
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alberi verdi, in alto il cielo e il sole
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alto il cielo e il sole. E lei era
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moriva lentamente sorridendo, tra il sole e il verde
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tra il sole e il verde, io rivivevo i
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cittadina e di sfolgorii il mare intensamente azzurro. E
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prima volta. Era io il primo uomo che avea
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lei la prima donna, il primo amore, quello d
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mare! Come rideva profondo il cielo sulla bianca cittadina
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indolente! Ella morì serena: il sole empieva la camera
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giovinetta ed ella accettò il mio bacio e bagnò
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mio bacio e bagnò il mio volto di lacrime
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sera - appena morta - che il pensiero orrendo mi assalse
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ella nata dunque?.... Rifeci il terribile calcolo e mi
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mia! Ripensando, calcolando, sentii il dubbio atroce radicarsi nella
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Ella vibrava, quasi, con il mio cuore! Ella vedeva
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dunque della stessa creta?.... Il suo cuore era dunque
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suo cuore era dunque il mio?.... Il sangue ardente
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era dunque il mio?.... Il sangue ardente che le
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cuore; perchè ella è il proseguimento del tuo sogno
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madre?.... A questo pensiero il cuore mi si agghiacciò
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Non aveva io rivissuto il suo amore - quello che
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mio sangue, in tutto il mio essere - e che
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ancora nelle vene, ardente, il desiderio de' suoi baci
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io farlo? ne aveva il diritto? Ahimè, tutto il
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il diritto? Ahimè, tutto il mio essere non si
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finì per sempre, ineluttabilmente, il dolce sogno rinovellato de
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nostra amica, dovea passare, il cielo era molto grigio
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della villa. ¶ Io avea il cuore serrato. ¶ Era ancor
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de' mezzi materiali.... ¶ Dalgas, il pittore, se ne moriva
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E l'avea còlto il male, il terribile male
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avea còlto il male, il terribile male che lo
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acconciatura che ne modellava il corpo formoso. ¶ - Ebbene? - domandò
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poche parole le rievocai il triste quadro ch'io
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bella! ¶ Come era meritato il superbo nome che le
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è superbo, ancora, malgrado il suo male! ¶ - Oh, lo
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braccia perfette, ch'avean il nitore del giglio e
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della quale ella recava il nome. ¶ E da lei
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dei baci, della giovinezza, il fascino del fiore che
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dell'attimo desiato, sognato, il trionfo supremo del senso
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gioie de l'anima. ¶ Il nero corpetto la serrava
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di spuma - le cingeva il collo, e la bruna
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almeno - implorò supplicante Darvia, il ricchissimo banchiere, innamorato della
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sorrise con mistero. ¶ Fulvio, il giovanissimo celebre poeta, ebbro
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di amore.... come Dalgas, il pittore! ¶ Come un gelido
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suo pallore. ¶ Sollevando alto il calice colmo ella esclamò
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bellezza: ¶ - Ed io accetto il brindisi di Fulvio.... e
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giovani vite!... ¶ E vuotò il calice ¶ Poi continuò: ¶ - Ma
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neve che lasciò nudo il collo perfetto della dea
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della dea. ¶ - Altre mille il corsetto! - gridò D'Alvi
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corsetto! - gridò D'Alvi, il calvissimo, ne' suoi trent
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marchesino. ¶ Venere sorridendo slacciò il busto. ¶ Un bacile d
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trine che ne celavano il corpo peccaminoso e perfetto
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tutti quegli uomini ebri. Il sangue batteva veloce alle