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Lorenzo de' Medici, Simposio, 1469

concordanze di «Il»

nautoretestoannoconcordanza
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rozzi, & brutti, ¶ Ch' aspetta il guiderdon del lungo affanno
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i frutti; ¶ Et guarda il conto suo se'l
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Voglio à questa opra il suo principio sia; ¶ Havendo
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era venuto: ¶ Per far'il cammin mio più destro
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pel dritto andar, fuggire il torto: ¶ Me ne ritornav
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la quantitade. ¶ Di molti il nome harei saputo dire
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tenersi, ¶ Che li pareva il fermarsi fatica, ¶ Che e
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Tutti n'andian verso il Pont'à Rifredi ¶ Che
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Se vuoi veder com'il vin gli fa puzzo
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Ti mostran quanto questi il vin percuote ¶ Ch'appena
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luoco; ¶ Et lui fermò il suo passo, & se ritardo
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Sì dolce cosa? Dunque il bere è male, ¶ Ma
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Non me ne pento, il dico un'altro tratto
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colui lo bee, quello il divora. ¶ Litigginoso, & i capei
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in giostra, ¶ Egli è il tuo Pandolfin milite degno
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labbra asciutte, e 'ncotte, ¶ Il suo naso spugnoso, & pagonazzo
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Questo è di banco il nostro Simoncino, ¶ Che cominciò
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dì è Sarto, & detto il Zuta, ¶ Che beve sol
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è con lui Candiotto il teghia, ¶ Tanto questo ama
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Fin ch'io conosca il resto della setta. ¶ Chi
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berrettin'in testa? ¶ Et il cappuccio porta in su
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un mulin macinerebbe; ¶ Vè il suo figliuol', che con
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bevitore, & goditor sarebbe. ¶ Dice il padre, ch'a bere
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ha un mento sotto il mento? ¶ E' non mi
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de' tener in molle il becco, ¶ Et lui, presto
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non balena a secco. ¶ Il vin l'ha tutto
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apparecchio. ¶ Conosco innanzi dica il tuo disio. ¶ Et di
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trar la mattina. ¶ Par' il ber' a costui si
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piu grasso gl'incresce il cammino, ¶ Egli è maestro
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Steccato l'occhio, ¶ Quand'il mio Duca disse, se
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ò Bartolin, de dimmi il vero, ¶ Ch'è la
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tu un', che seguita il viaggio, ¶ Unto, bisunto com
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resta mai in capitale. ¶ Il Fico, il Buco, & le
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in capitale. ¶ Il Fico, il Buco, & le Bertucce il
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il Buco, & le Bertucce il fanno, ¶ Et perche Malvagìa
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che gli riesce ¶ Meglio il diventar zuppa in due
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altrimenti se si scuopre il Sole ¶ Nell'Oriente, illuminar
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botto ¶ Ogni animàl, & tutto il mondo suole. ¶ Cosi al
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pruova che'n palese. ¶ Il vidi già uscir per
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che resterebbe in secco il mondo. ¶ Il terzo, che
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in secco il mondo. ¶ Il terzo, che tu vedi
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se li scoppi proprio il core, ¶ Se predicando vien
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allegherebbe, ò chi'nsanguinò il sasso. ¶ Egli ha studiato
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grasso di vitella, ¶ Allarga il petto; & belo com'il
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il petto; & belo com'il vino; ¶ Benche e' sudino
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far con una metadella, ¶ Il cammin gli ha soffregati
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Et disse a me il tempo fugge, & vola, ¶ Et
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t' ho à mostrar il resto dello stuolo, ¶ Staremo
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Et lui che'ntese il tratto guarda, & ride, ¶ Et
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ò huomin' sieno. ¶ Disse il mio Duca à me
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fu più vicino ¶ Disse il mio Duca; ò caro
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Che'ntender nol potemo il Sore & io: ¶ E mentre
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ancor l'odo ¶ Disse il mio Duca, vè quel
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io ne debb'haver il corpo pieno, ¶ Che gorgogliar
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in un baleno. ¶ Mostrommi il Duca mio, un che
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io come gli vidi il calamaio, ¶ Dissi, e'convien
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del testamento, ¶ Che fece il Rosso à Ciprian di
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al topo non è il cacio. ¶ Temer non vi
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lor parla sempre, & cheti il resto. ¶ Come tornando, da
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disse Dio vi aiuti , ¶ Il Ser gli fece una
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noi, primi saluti. ¶ Ond' il mio Ser per le
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Quando gli fussi ben il capo mozzo, ¶ Parlerebbe quel
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Parlerebbe quel capo senza il busto, ¶ Ciascuno stracca, ond
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e' non gli manca il gusto, ¶ Ma bene spesso
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Per soprannom' è detto il Bellandino, ¶ E'l Citto
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non è nulla passato il calore. ¶ Io non mi
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Dio a Dio, ¶ Dicev'il parlatore, ch'è la
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guida. ¶ Lui parlando partissi. Il Duca, & io ¶ Restammo come
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rio, ¶ Là dove cade il gran fiume del Nilo
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si sente ¶ Un pezzo il rimbombar quand'ell'è
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tre ebri tordi, ¶ Diss'il mio Duca, non fu
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Al pio Enea, come il Pecoraccia, ¶ A Anton Vettori
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sua etate. ¶ Sì volentier il Can lepre non caccia
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acqua alla bocca, ¶ Tanto il mangiar li giova e
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Bartol che cheto stato, il Belfradello, ¶ Quando li dottorammo
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Agnol Bandin dolciato, & bello ¶ Il qual per esser grasso
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Com'al pan insalato il pecorino, ¶ Cos'il mio
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insalato il pecorino, ¶ Cos'il mio Arrigo al bere
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Arrigo al bere, & come il volto, ¶ Gia è divino
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di crollo, ¶ Stu vedessi il suo corpo onnipotente ¶ Quanto
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presto per trist'occhio ¶ Il Comparone, il mio Ridolfo
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trist'occhio ¶ Il Comparone, il mio Ridolfo Lotti. ¶ Il
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il mio Ridolfo Lotti. ¶ Il nostro Comparon, ch'è
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non che la goccia il cogno: ¶ Se son nimici
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nimici capital del vino ¶ Il vin è poi lor
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Ch'al capo drizza il suo furor divino. ¶ Sbandito
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presso à sedere. ¶ Disse il mio Duca la gente
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zio. ¶ Costui a libbre il vin che bee misura
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la zucca poi svapora il colpo; ¶ Et però sempre
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SETTIMO. ¶ Giunti ove noi; il Sere un di lor
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hor basti. ¶ Et volendo il mio Duca abbracciar poi
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ma l'onda altrove il mena, ¶ Et uno abbraccia
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corrente piena. ¶ O Ser il nome di costor sia
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à questi caldi; ¶ Quand' il mondo arde al suon
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suti un vaglio. ¶ Rizzossi il Lupicin pronto, & leggieri, ¶ Et
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noi siam pur figliuoli. ¶ Il babbo nostro e'l
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era al bere ¶ Hercole, il Lupicino, & evvi Antheo. ¶ Se
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costoro. ¶ Diss'a me il Sere, & à loro a
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di freccia ¶ Et giunti, il Ser hebbe di lui
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l Chiassolino. ¶ Ben venga il dolce mio Piovan di
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Lui diss'in parte il ver cantato havete , ¶ Ma
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la vita: ¶ Hor seguite il cammino il mio ser
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Hor seguite il cammino il mio ser disse; ¶ Che
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rappreso latte, ¶ Quando ch'il porta non misura i
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ha fatto uncino. ¶ Cosi il Piovan'onde si sfibbia
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i'tel dipinga. ¶ Cosi il Piovan passò a grand
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fuso in bocca ¶ Vedresti il viso proprio d'una
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una acceggia. ¶ Quest'è il Piovan Arlotto, & non gli
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Arlotto, & non gli tocca ¶ Il nome indarno; ne fu
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notte seguente, odi sciagura. ¶ Il dì seguente un certo
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della casa, & mostrò loro il giorno, ¶ Che cosi ben
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dì tornorno. ¶ Cosi passò il Piovan, mentre che questi
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CAPITOLO NONO. ¶ Era già il Sol salito à mezzo