parolescritte
interroga:  scripta  ·  bsu  ·  civita

il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Giuseppe Marotta, L'oro di Napoli, 1947

concordanze di «Il»

nautoretestoannoconcordanza
1
1947
mi dette coraggio per il piacere e contro il
2
1947
il piacere e contro il piacere che potevo ricevere
3
1947
ricevere dalle donne; confortò il mio antico dolore di
4
1947
avevano, finalmente lo avevano il loro diploma le mia
5
1947
sue braccia nude e il silenzio era senza porte
6
1947
finestre, totale, vecchio come il tanfo d’argilla che
7
1947
sorprese, molte sere dopo, il più torvo dei due
8
1947
Non servì che trattenessimo il respiro quando lo sentimmo
9
1947
gettava su di noi il fiammifero ci scorse. Lo
10
1947
un panettiere dell’Anticaglia, il quale sempre, se desiderava
11
1947
da mia moglie? E il cocchiere della carrozza nella
12
1947
del mio ufficio e il fattorino dice: ¶ «Un vostro
13
1947
le braccia tese verso il visitatore, o impossessarmi di
14
1947
un semplice antico sguardo, il quale affettuosamente lo guidi
15
1947
già seduto, profondamente, senza il minimo impaccio, e mi
16
1947
che io ricordi benissimo il suo volto e il
17
1947
il suo volto e il suo nome. ¶ È calvo
18
1947
da qualche scrivania parastatale; il taschino della sua giacca
19
1947
attenzione. Ma ci siamo; il visitatore sorride, si impettisce
20
1947
che dolcemente si spieghi; il nome Ember non mi
21
1947
bisbigliano al mio orecchio il Caffè Uccello e via
22
1947
Uccello di via Duomo. Il cameriere chiudeva un occhio
23
1947
sul marmo dei tavolini; il resto del locale era
24
1947
rassegnati alla musica, dopo il primo giro di piattello
25
1947
facevo la fila per il pane, fra donnette sudate
26
1947
ogni passo, negandomi clamorosamente il diritto di riprendere il
27
1947
il diritto di riprendere il mio posto; vedevo i
28
1947
stentorea voce dichiarava che il pane era finito, e
29
1947
le pubblicazioni. Avemmo anche il coraggio di andare a
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1947
andare a chiedere, per il primo numero, una novella
31
1947
atroce lentezza. ¶ Io ero il più vicino all’uscio
32
1947
all’uscio. Ferrante era il più agile; nella strada
33
1947
pace che sappiamo, ma il nostro giornale non sarebbe
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1947
abiti confezionati. “Barraccari” chiamava il popolino questi commercianti: suppongo
35
1947
questi commercianti: suppongo che il termine derivi da “baracca
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1947
sembra che renda sufficientemente il senso di effimero, di
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1947
richiesto, e cioè almeno il quadruplo dell’effettivo valore
38
1947
simile cliente preferiva cimentarsi il nostro Ubaldo: dieci volte
39
1947
buttava a sedere dietro il banco e sospirando cominciava
40
1947
che fondò e diresse il nostro periodico letterario. Non
41
1947
nascente pubblicazione fu battezzata Il Roseto. Nella testata, che
42
1947
Una mattina di sabato il bel quindicinale vide la
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1947
ne curammo la esposizione. ¶ Il Caffè Uccello visse la
44
1947
del fenomeno; qualcuno formulò il sospetto che circolassero copie
45
1947
circolassero copie false de Il Roseto. Ma era in
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1947
in corso di stampa il secondo numero. Ubaldo G
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1947
bisbigliava: ¶ «Per carità spegni il lume, lo sai quanto
48
1947
lo sai quanto costa il petrolio». ¶ «Non capisci niente
49
1947
che avrebbe potuto correrci il treno, la chiesa per
50
1947
i veri santi e il vero Dio e il
51
1947
il vero Dio e il vero Papa e ogni
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1947
o tardi, non troverete il mio corpo in un
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1947
ha scavato, direte, ricostruendo il mio sotterraneo cammino verso
54
1947
potevamo andare a romperci il collo sulla sottostante Salita
55
1947
la folla preme e il muretto deve essere elastico
56
1947
finii per conoscerlo come il mio berretto; l’abitai
57
1947
del convento. Era nostro il convento, mio e degli
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1947
era un po’ scemo. Il saio gli sbatteva sulle
59
1947
Rita da Cascia, agostiniana, il cuoco ha inventato questo
60
1947
per impartire al cuoco il giusto castigo. Se rimetto
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1947
la punizione manca e il cuoco non impara. Se
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1947
ogni cosa al Priore, il cuoco viene licenziato e
63
1947
riempì di arcano terrore il vecchio cuoco e lo
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1947
cara. ¶ Andiamo, non fu il mio solo peccato fra
65
1947
sento un profumo: è il grande armadio che custodisce
66
1947
lunga. A me e il piccolo Gargiulo veniva spesso
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1947
Gargiulo veniva spesso inflitto il compito di azionare i
68
1947
per dimenticare che bevemmo il vino di messa, ce
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1947
trambusto in chiesa per il Te Deum interrotto, sentimmo
70
1947
tu?» mi disse semplicemente il Priore, quando osai ricomparirgli
71
1947
ginocchia; infine mi sollevò il capo, l’immensa mano
72
1947
arrivava, Padre Raffaele sospendeva il catechismo e diceva al
73
1947
Le montagne delle cupole, il picco del campanile, le
74
1947
piste diritte su cui il vento si è rifugiato
75
1947
guerra. Fra’ Gennaro era il nemico, per armi avevamo
76
1947
le risorse del terreno il nolano ci opponeva una
77
1947
cupola: io strisciavo verso il fortilizio e ho nel
78
1947
di Fra’ Gennaro oscurano il cielo, provo una così
79
1947
Ci parlerà in dialetto. ¶ Il primo amore ¶ Che direbbe
80
1947
una radura, questo è il suo nome, vastissima e
81
1947
mezzo. Avanti, diagonalmente, verso il riquadro nero di una
82
1947
pietre matte da legare il sole giallo e le
83
1947
e di esperienze, che il mio normale stato d
84
1947
ore di piena solitudine (il mio lavoro cominciava all
85
1947
e mia sorella terminassero il loro); avevo una ragazza
86
1947
e s’apre mostrando il rosso della polpa e
87
1947
rosso della polpa e il nero dei semi, io
88
1947
stava tuttora lavorandola ma il più era fatto, non
89
1947
solo scopo di rassicurare il seno e i fianchi
90
1947
entrammo in casa, o il suo alito o il
91
1947
il suo alito o il mio chiuse la porta
92
1947
forte di me. Racconto il mio primo amore esclusivamente
93
1947
che servirebbe specificare che il giovane baciava la ragazza
94
1947
la ragazza per continuare il bacio precedente e per
95
1947
che io lo scriva. Il bisogno d’amore è
96
1947
è niente. Carmela fu il mio primo amore perché
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1947
quello straccio grigio mentre il sonno della mattina mi
98
1947
di quegli anni, puntuale, il ritratto delle ansie amorose
99
1947
sempre, io e Maria; il tempo in cui essa
100
1947
Angelo: stavano seduti presso il balconcino e mia nonna
101
1947
nonna li sorvegliava dicendo il rosario, adesso mi rammento
102
1947
Sala Roma» salutai toccandomi il cappello e proseguii senza
103
1947
spegnersi di colpo e il violino di un mendicante
104
1947
vengono spesso a trovarmi; il terzo, Renato, è iscritto
105
1947
polsi, i suoi capelli, il suo passo, la sua
106
1947
e te abbiamo ciascuno il proprio cielo sul capo
107
1947
dita e gridando che il portinaio zoppo non poteva
108
1947
Ti senti mai, dormendo, il vecchio scialle pendere dalle
109
1947
perché, non saprei rispondere, il pane con sale e
110
1947
l’altro ereditario come il colore dei capelli o
111
1947
tisi. Da noi, laggiù, il pane con sale e
112
1947
sale e olio è il penultimo dei cibi, viene
113
1947
cibi, viene subito dopo il brodo di trippa e
114
1947
soltanto i lupini o il puro niente. Questo pane
115
1947
tutto è perduto: finito il denaro, finito il credito
116
1947
finito il denaro, finito il credito, finite le avemarie
117
1947
laggiù, non neghiamo che il pane con sale e
118
1947
su una mensa, mai il pane con sale e
119
1947
anch’io di preparare il pane con sale e
120
1947
poi spargere con cura il sale e l’olio
121
1947
vigeva l’uso, se il pranzo o la cena
122
1947
la tavola, più che il nostro appetito, e rispettavamo
123
1947
nostro appetito, e rispettavamo il suo dolore. Mia madre
124
1947
vedesse», nient’altro; aveva il pianto facile ma si
125
1947
era stato un signore, il pane con sale e
126
1947
dire, da piccolo, che il mio bisavolo Antonio Fiorentino
127
1947
addentò alla sua salute. Il nome di mia nonna
128
1947
con una lettera anonima il vescovo e, vedrete se
129
1947
nonna, vuol dire che il cielo non si può
130
1947
terra; mia nonna assordò il Signore coi suoi Tantum
131
1947
perdono di non conoscere il significato delle parole latine
132
1947
scimmietta di nome Asmara, il cui esclusivo alimento consisteva
133
1947
al confessore della sposa, il quale intervenne come meglio
134
1947
e buono, elementare come il pane con sale e
135
1947
nell’arte di preparare il pane con sale e
136
1947
con sale e olio; il cassetto lo avevamo aperto
137
1947
olio senza fargli toccare il fondo del piatto, in
138
1947
sapere che aveva venduto il suo consumatissimo anelluccio matrimoniale
139
1947
parola, o che esprimessi il minimo dubbio sulla bontà
140
1947
Aggiungo che vestendoti per il seppellimento mia madre ti
141
1947
trasmetterò ai miei figli il pane con sale e
142
1947
soltanto ne ritrovo subito il gusto, ma mi sento
143
1947
Una di voi spezza il pane raffermo che si
144
1947
prima di nascere. Mangiamo: il fresco e malinconico sapore
145
1947
Avevo, rammento, diciotto anni; il tempo in cui ero
146
1947
mia madre serviva ancora il conte di M., che
147
1947
al telefono «Sì, eccellenza, il signor conte è fuori
148
1947
presto; no, eccellenza, anche il maggiordomo ha dovuto uscire
149
1947
questo guardava dalle finestre il giardino del Calascione che
150
1947
là una folle scorciatoia il Calascione, un groviglio di
151
1947
le si inchinavano togliendosi il cappello duro, e di
152
1947
la prendevano a calci. Il meno irreale di questi
153
1947
svezzare al tavolo verde il suo enorme patrimonio) o
154
1947
dei campanacci che annunziavano il ritorno di qualche sentenziosa
155
1947
odore di culla che il mio sangue non aveva
156
1947
avevano in una mano il libretto dei conti e
157
1947
ricorrere a loro, estraevano il denaro da qualche logora
158
1947
lavoro. Ma adesso... ma il conte...». Bisbigliammo interminabilmente, avevo
159
1947
non farti mai mancare il necessario... è possibile?» ¶ «Certo
160
1947
del letto d’ottone, il minimo tintinnìo mi avrebbe
161
1947
Io sono sempre stato il mio padrigno. In poche
162
1947
e le “pizzerie” con il loro aroma sincero antico
163
1947
casa famiglia paese. Cessato il lavoro, per non patire
164
1947
sale in un piatto, il poco olio trovato in
165
1947
davo ragione di tutto il mio corpo: grazie per
166
1947
che non la riconoscono, il conte di M. con
167
1947
tavolo di Montecarlo mentre il vico Neve (Gesù, salvateci
168
1947
nel suo cuore come il ferro sulla candida biancheria
169
1947
nel mezzo che evita il suo sguardo e si
170
1947
pane, di mangiare io il tuo pane che ora
171
1947
sai che io sono il mio padrigno, come hai
172
1947
quasi giorno per giorno, il tuo salario e le
173
1947
sorrise (dovevo quasi raggiungere il muro di cinta, oltre
174
1947
muro di cinta, oltre il quale si vedono correre
175
1947
treni) abolendo per sempre il folle giardino del Calascione
176
1947
completi e felici. Ecco il campo 71. Scorsi la fossa
177
1947
l’ultima volta) ma il frate mi spiegò che
178
1947
nella quale avevo steso il panno di lino tuttora
179
1947
caldo delle mie dita. Il frate pregò su quel
180
1947
ad occuparti di me. Il tempo precipita. Dio non
181
1947
non è certo come il tuo definitivo ritorno. ¶ Cara
182
1947
scalini esterni e che il portinaio è zoppo; ciascuno
183
1947
stringevo fra le dita, il ricordo di quell’angoscia
184
1947
presumendo di accrescerla), quando il pane è tagliato e
185
1947
me... ci stai?» è il pensiero che viene. Le
186
1947
impercettibili gesti fanno sparire il cibo, i loro dentini
187
1947
o di speranza ma il migliore pezzetto di carne
188
1947
che non esaurisce mai il suo vago sapore di
189
1947
si urtano e dolgono, il sole è rosso nelle
190
1947
Maria, io credo che il nostro reciproco affetto sia
191
1947
ciascuno doveva farsi perdonare il furto di esistere danneggiando
192
1947
una crocetta dove era il tuo cucchiaio; ma prima
193
1947
due cameriere, l’autista, il cuoco e il maggiordomo
194
1947
autista, il cuoco e il maggiordomo – erano strani. Di
195
1947
egli usufruiva di tutto il loro rispetto e li
196
1947
taciuta singolare dimestichezza aveva il sopravvento sulle convenienze. ¶ «Eccellenza
197
1947
accadeva che gli dicesse il maggiordomo mentre gli radeva
198
1947
vita o alle spalle il conte di colpo si
199
1947
diventando un macigno; ricordo il colore delle sue gengive
200
1947
sapone sulle sue guance, il riflesso del rasoio deposto
201
1947
nelle sue linee naturali: il padrone si riadagiava nella
202
1947
riadagiava nella poltrona dorata, il servo deferente ricominciava ad
203
1947
ricominciava ad affaccendarglisi intorno. ¶ Il conte di M. poteva
204
1947
che aveva a cena il canonico D., nel vassoio
205
1947
la cameriera aveva recato il caffè situò bene in
206
1947
sapeva se tendere egualmente il vassoio all’ecclesiastico in
207
1947
ritirarsi in fretta, deliziò il conte di M. fino
208
1947
vidi mia madre deporre il ferro da stiro e
209
1947
ad aprire la porta. Il conte di M. trotterellava
210
1947
fascio di giornali sotto il braccio e, contraffacendo la
211
1947
urlava: ¶ «Poscia più che il dolor poté il digiuno
212
1947
che il dolor poté il digiuno! La vedova Marotta
213
1947
signor conte, c’è il ragazzo» balbettò mia madre
214
1947
pensato a spegnerli benché il cadavere fosse stato portato
215
1947
per ciò che riguarda il conte». ¶ Mia madre rimase
216
1947
immobile sulla soglia, mentre il conte di M. continuava
217
1947
e a ridere, agitando il fascio di giornali; io
218
1947
io mi ero rimesso il soprabito per andarmene, la
219
1947
sul mio berretto. Perché il pane di una giovane
220
1947
avevo più messo piede. Il mio quindicesimo genetliaco fu
221
1947
già cominciassero a sognare il matrimonio, in quel tempo
222
1947
che come alcova. Insomma il salario di mia madre
223
1947
miei quaderni di scuola. Il conte di M., richiesto
224
1947
verso una laurea. Manifestò il desiderio di rivedermi; fissò
225
1947
desiderio di rivedermi; fissò il giorno e l’ora
226
1947
città bagnata e ardente il cielo pesava come un
227
1947
alla camera in cui il conte a quell’ora
228
1947
dietro l’uscio chiuso, il Cavaliere di Malta e
229
1947
Cavaliere di Malta e il cameriere pontificio che in
230
1947
uno strillone di giornali? ¶ Il conte di M. giaceva
231
1947
Si era tolta, per il caldo, la giacca del
232
1947
Mi disse di accostargli il portacenere, volle che gli
233
1947
volle che gli servissi il caffè freddo dal secchiello
234
1947
attirò a sé, accostò il mio volto al suo
235
1947
la mia scrittura acerba. Il conte di M. non
236
1947
volumi che sostituirono sotto il mio braccio Virgilio e
237
1947
dorati della mia divisa. Il conte di M. soggiacque
238
1947
quasi contemporaneamente. Egli lasciò il suo incalcolabile patrimonio per
239
1947
degli strilloni, dovrà gridare il titolo delle sue colpe
240
1947
sua vita fu lieta. Il mondo è gremito di
241
1947
Arrivò prima don Aurelio, il cugino prete, che doveva
242
1947
mia madre gli serviva il caffè, entrò in una
243
1947
sedette e si mise il cappello sulle ginocchia. La
244
1947
Servo vostro, eminenza» disse il cameriere grasso. ¶ «Non sono
245
1947
Non sono eminenza» dichiarò il cugino prete. ¶ «Monsignore, bacio
246
1947
cento anni» concluse rassegnato il visitatore. ¶ Silenzio. Mia madre
247
1947
era seduta. Ritta sotto il ritratto del suo morto
248
1947
maschi. ¶ «Parliamo, Concetta» disse il cugino prete. ¶ «Mi vuole
249
1947
semplicemente mia madre, indicando il cameriere grasso. ¶ Don Aurelio
250
1947
stammi a sentire» disse il cugino prete. «Don Salvatore
251
1947
Non lo so» rispose il cameriere grasso. «Il matrimonio
252
1947
rispose il cameriere grasso. «Il matrimonio è come la
253
1947
a questo dovevo arrivare. » ¶ Il cameriere grasso aggiunse che
254
1947
po’ di denaro: tutto il rione di Chiaia poteva
255
1947
poteva testimoniare su questo. ¶ Il cugino prete approvò celestialmente
256
1947
Salvatore, non fatemi parlare!». ¶ Il cameriere grasso impallidì. Nella
257
1947
c’è?» disse comunque il cameriere grasso. ¶ Mamma, ti
258
1947
Addossata al muro sotto il ritratto del defunto avvocato
259
1947
una pietosa fierezza induriva il tuo volto bianco e
260
1947
don Salvatore.» ¶ «Certo» disse il cugino prete. «Avranno in
261
1947
Così è» disse, sogguardandoci, il cameriere grasso. ¶ «Figuriamoci!» esclamò
262
1947
schiaffo!» ¶ «Uno schiaffo?» balbettò il cameriere grasso. «Ma io
263
1947
voi se questo è il modo...» disse sbalordito il
264
1947
il modo...» disse sbalordito il cameriere grasso, rivolgendosi al
265
1947
fanno gola! Mi levo il pane di bocca per
266
1947
Peppino, Ada, eccolo qua il vostro secondo padre... vi
267
1947
vi romperà le ossa!». ¶ Il cameriere grasso si alzò
268
1947
fra sintomi di asfissia, il cameriere grasso. ¶ Ma mia
269
1947
un matrimonio da uomo!». ¶ Il cugino prete e il
270
1947
Il cugino prete e il cameriere grasso si alzarono
271
1947
madre, rincorrendolo e infilandogli il pacchetto nella tasca del
272
1947
domani non manderò più il pentolino.» ¶ Il cugino prete
273
1947
manderò più il pentolino.» ¶ Il cugino prete uscì frusciando
274
1947
nuvole si erano diradate; il sole irruppe dalla porta
275
1947
Aurelio gli avesse ceduto il passo sulla soglia, o
276
1947
stirati con tanta cura. ¶ Il Conte di M., presso
277
1947
Conte di M., presso il quale mia madre fu
278
1947
miei studi; poteva diventare il mio mecenate o peggio
279
1947
narratori oggi debbono ritrovare il coraggio dei fatti o
280
1947
e quasi pulite per il loculo, nonché la miseria
281
1947
non tornarono a salutare il cadavere e allora, immediatamente
282
1947
monaca, di quelle che il popolo chiamava francesi e
283
1947
chiese ed ottenne che il conte di M. assumesse
284
1947
A poco a poco il conte arrivò a permettere
285
1947
tanto le nuvolette che il ferro da stiro sollevava
286
1947
qualcuno, e del resto il conte si limitò, una
287
1947
aveva riconosciuto? Inseguiva, se il termine può adattarsi a
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1947
Caro... piccolo» gemette dolcemente il conte. ¶ I rapporti del
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curva delle rotaie, o il tintinnio dei bicchieri nel
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puntiglioso esordiente. ¶ Per arrotondare il suo meschino salario, don
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rientravano dopo mezzanotte, trovando il portone chiuso. Nell’imminenza
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inverno, se non erro il penultimo che io trascorsi
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all’Arenella, s’intende. Il sottoscala in cui don
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diguazzò per quindici ore. Il popolo decretò che Ziviello
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quale io emigro verso il nord, perdendo di vista
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allievi di chitarra scuotono il terriccio dalle scarpe, prima
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uscire. Questo è soltanto il tuo ufficio; che ti
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suoi allievi di chitarra. ¶ Il mare è a due
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un’acquasantiera. Non appena il cielo sarà sgombro di
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acqua benigna, e fattisi il segno della Croce ricominceranno
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ricchi ¶ Mio padre morì il 3 febbraio 1911; allora io dicevo
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soltanto la rarità e il decoro. ¶ Ma un bambino
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addosso come minuziose cicatrici. Il 3 febbraio ritorna puntualmente ogni
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altro con assoluta fiducia. ¶ Il 3 febbraio 1911 mio padre soggiacque
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col quale aveva frequentato il ginnasio, egli pensò ai
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di religiosi bisbigli, finché il sonno non arrivava a
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cui ginocchia avevano levigato il marmo di tutte le
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pregare con lei, ma il Signore era dalla mia
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beneficati. Cedetti a Luisa il meglio dell’eredità paterna
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casa mia per tutto il periodo dei suoi studi
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studi. Ma non è il caso di parlarne; si
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addosso come una cicatrice. ¶ Il cugino Aurelio esordì dicendo
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causa. Egli aveva ormai il diritto di morire: non
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morire: non era più il miscuglio di guaiacolo e
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proposito. A questo punto il cugino Aurelio trasalì. ¶ «Una
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enorme silenzio essa fa il nome di un preziosissimo
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Gli potete promettere tutto.» ¶ Il cugino Aurelio si rassettava
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Ma l’abito che il cugino Aurelio portava non
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un rispettabile semicerchio presso il letto dell’avvocato. ¶ Erano
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ma sovrattutto gli mancava il senso critico. Vedeva le
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bambine saranno degnamente educate; il ragazzo avrà la sua
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fra quei confortatori laici il cugino Aurelio; ma come
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sangue. ¶ L’indomani fu il 3 febbraio 1911. ¶ Mia madre tinse
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ragioni di supporre che il preziosissimo signorotto irpino di
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di terreno sassoso come il letto di un torrente
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nuovo stato, dichiarò che il collocamento di suo fratello
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la vedova pregavano per il defunto avvocato; quanto ai
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ci ripenso, mi sento il tepore e la forma
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vedova che ha suddiviso il locale mediante coperte sostenute
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per separare di notte il figlio maschio dalle femmine
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mattina io non ebbi il coraggio di guardare mia
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lucidò con l’alito il grande ritratto di mio
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i più fragili, forse il lume a petrolio o
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lievi gesti mi rassettava il vestito. Prendevo la sua
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con la fiducia e il tepore di quella cara
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pesanti, tornavo a vedere il suo volto bianco dietro
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portate con me. ¶ E il mio mare? ¶ Eccolo che
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per dire ondulante come il moto stesso della barca
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gridare e bisbigliare, dietro il vaporino di Capri si
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avere una casa e il resto, volli mia madre
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di cinta; d’estate il corretto dolore dei cipressi
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volo d’uccelli: poi il ramo smosso si ricompone
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pensavo voltandomi a guardare il campo 71; il sole di
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a guardare il campo 71; il sole di maggio mi
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sculture raffiguranti angeli, o il Salvatore, o lo stesso
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lumini; poi si varca il cancello e si noleggia
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so che sollevava improvvisamente il capo dai suoi eterni
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sbagliarsi. ¶ Debbo percorrere tutto il cimitero prima di trovare
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bisogna rompere col temperino il ghiaccio nei portafiori, versarvi
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che gelerà poi. Guardo il terreno che la ricopre
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alla madre per mostrarle il vestitino inzuppato delle lacrime
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e asciutto. Ora faccio il possibile qui: ho spazzato
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resto, che è tuo. ¶ Il tempo passa, mi attardo
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mentre mia madre stirava il suo vecchio scialle nella
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e dai vicoli saliva il richiamo del venditore di
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che apparentemente, in superficie, il cimitero di Poggioreale e
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schegge di legno sotto il banco del falegname, silenzio
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della vedova Marotta riempiono il cielo prima di tutto
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non c’è che il suo nome di ragazza
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lei perché ha segnato il ritorno del figlio alla
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preghiera alle lacrime.” ¶ Presso il cancello è d’obbligo
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Insomma, due giorni dopo il disastro, era già a
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che quello è soltanto il suo ufficio, perché di
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prima di licenziarlo come il più normale e solido
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femmine, e dichiarava: «Contiene il mio angelo custode, chiuso
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palazzetti, entrò, come dice il poeta «una carta in
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siepi di stupefatto popolino il vicolo in cui era
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Ignazio dei gioielli materni. Il vincitore, gonfio di ambiziosi
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progetti, si allontanò lasciandogli il catino di legno in
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Don Ignazio le indicò il catino. ¶ «Casa e bottega
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don Ignazio questuava tenendo il piattello sulla gobba; mani
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se stesso egli percepiva il fremito delle dita superstiziose
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dei calzolai; che intorbidiva il vino nelle botti delle
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stabilire chi abbia dato il colore – Agli occhi di
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occhi di questa ragazza», il pianino automatico svoltò da
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e rossa sul marciapiede; il bambino si svegliò in
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fingere di esaminare attentamente il corpicino, e proclamarlo normalissimo
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dalla fissità con cui il vedovo veniva osservato, se
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più ancora gli giovò il nuovo mestiere a cui
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loro tuniche d’oro, il pirotecnico dà fuoco alla
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Ma questo è solo il principio della sua bravura
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la miccia si spezzi. ¶ Il rasserenato don Ignazio era
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invocò la moglie e il figlio che sembrava aver
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la chitarra. In primavera, il muro a cui si
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la mezzana nel descrivere il suo patrocinato, quanto cupa
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di cui si caricava il suo prensile sguardo, la
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come un sipario dietro il quale urlasse o ridesse
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battito di ciglia, poi il dramma sarebbe cominciato con
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pensarci più. Questo se il diavolo non interveniva sul
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i vecchi muri e il basalto, sassate che il
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il basalto, sassate che il vento sembra all’ultimo
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arrischiato l’ospedale o il carcere. Questo è un
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e sarà tarda sera — il giovane le fa un
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o un portichetto, o il cancello di un giardino
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bacia, fatidico e compassionevole il giovane se ne impadronisce
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preludevano le lacrime e il riso che lei soffocò
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soffocò una mattina contro il guanciale? Si sposeranno, naturalmente
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locali convalideranno in chiesa il fatto compiuto; la gente
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onore della ragazza, che il seduttore chiedeva soltanto di
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la tavola per rifocillare il messaggero; «Come sta Graziella
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mascelle di rilassarsi. Ricordo il ratto di Assunta Salerno
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rivolgersi trattò col parroco, il quale non gli offrì
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sono soltanto dolore. Qui il castissimo cielo non è
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piange eternamente nel cortiletto. Il loro uomo si addormenta
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lacrime allora; questo fu il suo intenso e fuggitivo
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modo di essere preziosa. Il più conciso romanzo è
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effimeri amori, ne fa il romanzo che può, li
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frattanto, piove o torna il sereno. ¶ La morte a
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cui stavano per spiccare il tragico salto; poi li
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piccola folla che assorda il cadavere, e della quale
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ricordo d’aver mangiato il giorno della morte di
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la moglie di parto. Il neonato, un maschio, sopravvisse
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maschio, sopravvisse. Per fronteggiare il dolore di don Peppino
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una specie di corrida. Il vedovo agiva con la
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suoi antagonisti e afferrare il bambino nella culla. ¶ «Assassino
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delle vivande. Suo cugino, il fornaio don Vincenzo Miletto
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questo. Come era stato il più solerte nell’impedire
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solerte nell’impedire che il vedovo si massacrasse, così
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si massacrasse, così fu il più generoso nel rifocillarlo
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si elevavano dai piatti il suo sguardo non abbandonava
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sguardo non abbandonava però il cugino Miletto. Ripeto, fra
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alla rovescia; e siccome il vedovo ne era uscito
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se ne poté considerare il vincitore. Ma doveva pur
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Peppino attirò a sé il decimo vassoio, aggredendone il
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il decimo vassoio, aggredendone il contenuto con una voracità
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troppo tardi per intervenire. Il vedovo emise un trionfante
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regali vivande per effettuare il suo tragico proponimento; fu
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don Vincenzo, rivelatosi definitivamente il più meritevole di vincere
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al giorno in cui il vedovo poté riaffacciarsi dal
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solennizzare in qualche modo il più comune e previsto
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locali. Le donne vestono il defunto con attenti e
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familiare nenia per addormentare il morto. ¶ Il due novembre
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di staccarsi dalla cannuccia. ¶ Il bambino, fedele alle istruzioni
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nella dorata Campania, che il conte Prospero non si
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insulti. In tal caso il bambino rimaneva lungamente seduto
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di triste idoletto. Poi il gatto bianco saltava dal
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davanzale nella stanza e il suo grato colore asciugava
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che dall’androne chiamava il figlio, saliva senza affrettarsi
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Ve lo lascio così il piccolo Antonio, cosparso di
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da gioco e mentre il solerte colore di un
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sporca e sonora come il cavo di un vecchio
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ci si lascia prendere. ¶ Il “professore” ¶ Don Ersilio Miccio
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vi si determinasse fulminerebbe il cuore di Napoli e
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soglia; dietro di lui il suo “basso” era questo
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Numerosi quadretti sacri smentivano il vago aspetto di studio
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non si disperdevano per il mondo: il sotterraneo, ricco
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disperdevano per il mondo: il sotterraneo, ricco di una
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tromba di scale, conteneva il fornello i piatti i
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ginocchia egli senza sollevare il capo domandava: «Per che
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con l’indice e il medio alzati una specie
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sentirvi» replicava di regola il cliente; don Ersilio diceva
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solo dopo aver intascato il denaro, le sue ferme
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dimostrassi che non è il caso?». Don Mimì: «Sono
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uomo è uomo. Basta il pensiero, mi spiego? Immaginate
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so niente, è stato il diavolo... ma se pure
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ha mai visto... Napoli, il Regno, l’estero e
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estero e tutto: sissignore, il codice!». Don Mimì: «E
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Don Ersilio: «Questo è il punto. Ci vuole l
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che arriva, state portando il rasoio ad affilare con
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paura... ho parlato chiaro?». ¶ Il consulto ora languiva ora
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languiva ora bruciava, mentre il sole percorreva guardingo la
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dignità e selvaggio amore. Il male e il bene
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amore. Il male e il bene dei napoletani e
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che io ne viva. ¶ Il gran saggio del rione
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Ersilio aveva appena fornito il preventivo (come rischi e
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beghine sopraggiungevano per udire il suo consiglio su una
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ma sempre don Ersilio, il “professore”, inventò certi sferzanti
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certi sferzanti nomignoli per il riformato che piacquero alle
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volontari; sa Iddio se il sistema di svalutare un
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avuto un colloquio con il diabolico Miccio; la folla
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in pochi giorni. ¶ Rividi il “professore” dopo molto tempo
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dopo ore di confessionale, il paziente orecchio di un
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Gli sportivi uscirono con il loro sottile piacere, io
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nel migliore ordine che il disordine abbia mai conseguito
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botola, egli si mise il dito sulle labbra e
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ride e singhiozza contro il cuscino. Sua madre le
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un sospiro le solleva il petto sfiorito: non palpita
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la stessa misera gloria, il ciuffo d’erba sotto
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uomini si accorgono che il ramo da cui dondola
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avvolgente, retrattile, ondosa come il panno di un torero
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ricomparve ogni giorno, soffiava il fumo delle sue sigarette
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credette innamorato, scoprì che il desiderio degli uomini può
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degli uomini può intraprendere il giro del mondo per
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come un febbricitante guarda il termometro tuttora caldo della
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affettuosa di Santa Lucia, il piacere del rispetto che
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piacere del rispetto che il popolino tributava al suo
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a rendersi conto che il marito non l’amava
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della bilancia. Teresa gualciva il bracciuolo di una poltrona
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risata, disse: ¶ «Se sono il tuo carcere, so come
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un parziale condono. Invece il mondo non fa indulgente
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compagnia del vecchio Cammarano, il quale gli cammina accanto
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abitudine di scuotere sistematicamente il capo, come un plantigrado
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e per quanti anni, il destino allontanò da lui
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a carte, si chiamano il conte Prospero B. e
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conte Prospero B. e il piccolo Antonio Criscuolo di
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una volta tanto immaginarselo. ¶ Il piccolo Antonio Criscuolo fiorì
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tre quarti del giorno il vedovo Criscuolo andava e
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abitazione del vedovo Criscuolo, il piccolo Antonio si divertiva
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padrone di casa. ¶ Costui, il conte Prospero B., non
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delle quali era indubbiamente il gioco. Il suo immenso