Alberto Moravia, Il canto del cuculo, 1941

carcere a diciott’anni. In quel tempo della sua

con i superiori mortificarono in lui non già l

carcere. Il prigioniero portava in questi approcci tutto il

il mondo non era in realtà che l’incontro

non voleva perire, rivaleggiare in brutalità, in crudeltà, in

perire, rivaleggiare in brutalità, in crudeltà, in indifferenza. Primeggiare

in brutalità, in crudeltà, in indifferenza. Primeggiare in quel

crudeltà, in indifferenza. Primeggiare in quel luogo funesto, in

in quel luogo funesto, in quella compagnia. Le galere

emulazione. Il prigioniero conobbe in quel tempo a fondo

di un tempo cambiarsi in compiaciuta crudeltà, la sincerità

compiaciuta crudeltà, la sincerità in consapevole menzogna, l’abbandono

consapevole menzogna, l’abbandono in definitiva diffidenza. Del resto

e la durezza erano in quell’aria densa di

spaziosi e bene illuminati in cui i carcerati lavoravano

solidi? Nulla mancava veramente in quella prigione; nulla aveva

per passare qualche anno in un posto tanto bello

trasformazione da adolescente tenero in protervo forzato, nonostante l

dei reclusi di mettere in cima a tutte le

Altri gusti erano nati in lui, per adattamento a

intravedeva alle belle giornate in cima alla finestra, né

delle fronde sugli alberi in fondo ai cortili della

fisso e incomprensibile sole in fondo a questa sua

sapeva. L’evasione covava in lui come un istinto

primi passi, tutta addormentata in una nebbia bianca e

nebbia bianca e opaca. In cima ai poggi il

cosa era ferma laggiù in fondo a quella valle

valle; e pareva sognarvi in una gelida ombra ancora

ancora notturna; soltanto lui, in fuga, vi si muoveva