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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Egisto Roggero, L'eredità del genio, 1898

concordanze di «Io»

nautoretestoannoconcordanza
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malinconie di pensiero, dedico io ora questo mio novo
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dalla fatal debolezza ch'io per triste legge ti
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non essere vinto com'io fui vinto, dalla fatal
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dalla fatal debolezza ch'io ti lascio in eredità
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amare la donna come io la ho amata, ma
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di seguire ciò che io ti ho prescritto? ¶ - Sì
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tempo. Chè, se ritardi.... io non rispondo più di
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non veniste sono venuta io. ¶ - Grazie - disse ancora Marino
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prometteva la pioggia, ed io aveva gettato il cappello
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dirmi, qualcosa per ferirmi! Io lo sentiva e la
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E alzò la testa. Io preparai la parola triste
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sulle sue labbra tremanti io non iscorsi, in quell
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empiron di lacrime ed io chinai la testa. Il
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gocciole cominciarono a cadere. ¶ Io cercai di parlare, di
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parole di collera ch'io attendevo? Il vento intorno
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avvicinava vorticosa dal mare, io la vidi scomparire tra
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e disfatta e sfinita!.... Io vedevo il suo misero
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rosea, innamorata e colpevole. Io le baciavo le piccole
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Ella mi avea tradito. Io lo avea saputo, di
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altri era ella stata? Io non sapeva. Io non
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stata? Io non sapeva. Io non ricordava che lo
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era stata colpevole. Ed io non l'avea più
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mi perdonate una preghiera? ¶ Io mi sedetti accanto a
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mia figlia, dal collegio. ¶ Io la guardai meravigliato: ¶ - Avete
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Alberto.... ¶ - Dite, cara,.... - mormorai. ¶ - Io la affido a voi
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ha altri sulla terra. Io morirò presto, voi lo
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e continuò: ¶ - No, Alberto, io so bene. E anche
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bene. E anche voi, Io morirò presto.... Alberto, io
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Io morirò presto.... Alberto, io vorrei che mia figlia
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sola!.... A voi, Alberto, io la affido.... E morirò
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affido.... E morirò felice. ¶ Io le chiusi la bocca
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la fanciulla venne. Fui io che andai ad attenderla
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piccola ombra porporina, ch'io tanto avea baciata.... Ella
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svelta, nel sole; ed io, che subito la riconobbi
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le dissi inchinandomi - sono io che debbo condurla dalla
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bello qui! - mormorò rapita. ¶ Io la osservavo e mi
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il luogo: ma pure io avea rivissuto quel momento
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bionda, così rosea. Ed io ero così felice, ma
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così trepidante, come ora. Io non parlavo ed anch
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anni erano passati! Ma io ero sempre lo stesso
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stesso e quella ch'io ora avea ai miei
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sole e il verde, io rivivevo i miei venti
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la malata in mezzo, io e la giovinetta ai
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ella, la madre, ch'io seguitava, nella figlia, l
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presi dal nostro sogno. Io l'amavo con tutta
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miei venti anni ch'io riviveva; ella con la
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la prima volta. Era io il primo uomo che
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aperta alla luce: ed io ora amavo in lei
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davanti a lei, morta, io baciai sulla fronte la
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qualche mese dopo ch'io ero fuggito da lei
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cuore! Ella vedeva, come io vedeva: ella sentiva, come
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vedeva: ella sentiva, come io sentiva! Eravamo dunque della
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dal primo giorno che io avea veduto quella fanciulla
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possibile questo?.... Non aveva io rivissuto il suo amore
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nell'illusione? Ma poteva io farlo? ne aveva il
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cancello della villa ov'io ben sapeva ch'ella
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foschi cipressi della villa. ¶ Io avea il cuore serrato
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suo miserabile giaciglio... ¶ Ed io ero lì, adesso, per
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il triste quadro ch'io portavo ancor sì recente
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avevan dato di Venere!.... ¶ Io proseguii: ¶ - Egli muore.... nel
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carrozza si mosse ed io la guardai allontanarsi. ¶ Sfolgorante
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colla sua bellezza: ¶ - Ed io accetto il brindisi di
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calice ¶ Poi continuò: ¶ - Ma io non dimentico chi muore