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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Dante Alighieri, Divina Commedia, 1321

concordanze di «Io»

nautoretestoannoconcordanza
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1321
molte alte torri; ¶ ond' io: «Maestro, dì, che terra
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1321
ancora quando tuona. ¶ E io scorgeva già d'alcun
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l maestro, ¶ non so io dir, ma el tenea
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mai non move». ¶ E io a lui: «S'esser
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1321
lui: «S'esser puote, io vorrei ¶ che de lo
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1321
fu presto. ¶ Allor temett' io più che mai la
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1321
che la dotta, ¶ s'io non avessi viste le
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Fatti qua, sì ch'io ti prenda»; ¶ poi fece
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fascio era elli e io. ¶ Qual pare a riguardar
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de l'inferno.] ¶ S'ïo avessi le rime aspre
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1321
tutte l'altre rocce, ¶ io premerei di mio concetto
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1321
più pienamente; ma perch' io non l'abbo, ¶ non
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assai più bassi, ¶ e io mirava ancora a l
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miseri lassi». ¶ Per ch'io mi volsi, e vidimi
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testimonianza si procaccia. ¶ Quand' io m'ebbi dintorno alquanto
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strignete i petti», ¶ diss' io, «chi siete?». E quei
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1321
mi scagioni». ¶ Poscia vid' io mille visi cagnazzi ¶ fatti
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1321
gravezza si rauna, ¶ e io tremava ne l'etterno
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perché mi moleste?». ¶ E io: «Maestro mio, or qui
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m'aspetta, ¶ sì ch'io esca d'un dubbio
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1321
Lo duca stette, e io dissi a colui ¶ che
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troppo fora?». ¶ «Vivo son io, e caro esser ti
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se dimandi fama, ¶ ch'io metta il nome tuo
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me: «Del contrario ho io brama. ¶ Lèvati quinci e
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né ti dirò ch'io sia, né mosterrolti ¶ se
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sul capo mi tomi». ¶ Io avea già i capelli
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1321
ti tocca?». ¶ «Omai», diss' io, «non vo' che più
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a la tua onta ¶ io porterò di te vere
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l'argento de' Franceschi: ¶ "Io vidi", potrai dir, "quel
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già da ello, ¶ ch'io vidi due ghiacciati in
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dimmi 'l perché», diss' io, «per tal convegno, ¶ che
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nel mondo suso ancora io te ne cangi, ¶ se
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se quella con ch'io parlo non si secca
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cominciò: «Tu vuo' ch'io rinovelli ¶ disperato dolor che
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1321
pur pensando, pria ch'io ne favelli. ¶ Ma se
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e lagrimar vedrai insieme. ¶ Io non so chi tu
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mi sembri veramente quand' io t'odo. ¶ Tu dei
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pensieri, ¶ fidandomi di lui, io fossi preso ¶ e poscia
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più lune già, quand' io feci 'l mal sonno
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sogno ciascun dubitava; ¶ e io senti' chiavar l'uscio
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1321
l'orribile torre; ond' io guardai ¶ nel viso a
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figliuoi sanza far motto. ¶ Io non piangëa, sì dentro
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non lagrimai né rispuos' io ¶ tutto quel giorno né
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nel doloroso carcere, e io scorsi ¶ per quattro visi
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1321
ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia
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1321
tu mi vedi, ¶ vid' io cascar li tre ad
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e 'l sesto; ond' io mi diedi, ¶ già cieco
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alquanto vento; ¶ per ch'io: «Maestro mio, questo chi
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voto né preco». ¶ E io a lui: «Dimostrami e
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la gente tosca». ¶ E io li aggiunsi: «E morte
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trista e matta. ¶ Ma io rimasi a riguardar lo
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e vidi cosa ch'io avrei paura, ¶ sanza più
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asbergo del sentirsi pura. ¶ Io vidi certo, e ancor
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1321
e ancor par ch'io 'l veggia, ¶ un busto
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giovane i ma' conforti. ¶ Io feci il padre e
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coi malvagi punzelli. ¶ Perch' io parti' così giunte persone
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Se tu avessi», rispuos' io appresso, ¶ «atteso a la
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la cagion per ch'io guardava, ¶ forse m'avresti
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Parte sen giva, e io retro li andava, ¶ lo
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a quella cava ¶ dov' io tenea or li occhi
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là si rimanga; ¶ ch'io vidi lui a piè
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è vendicata ancor», diss' io, ¶ «per alcun che de
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1321
sanza parlarmi, sì com' ïo estimo: ¶ e in ciò
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avean li strali; ¶ ond' io li orecchi con le
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levar le lor persone. ¶ Io vidi due sedere a
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che tu vuoli»; ¶ e io incominciai, poscia ch'ei
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me non vi spaventi». ¶ «Io fui d'Arezzo, e
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ma quel per ch'io mori' qui non mi
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arte; e solo ¶ perch' io nol feci Dedalo, mi
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1321
fallar non lece». ¶ E io dissi al poeta: «Or
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1321
risponda: ¶ sì vedrai ch'io son l'ombra di
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ben t'adocchio, ¶ com' io fui di natura buona
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1321
le reti, sì ch'io pigli ¶ la leonessa e
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1321
nonché membra umane, ¶ quant' io vidi in due ombre
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1321
così conciando». ¶ «Oh», diss' io lui, «se l'altro
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fuor passati ¶ sovra cu' io avea l'occhio tenuto
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1321
li altri mal nati. ¶ Io vidi un, fatto a
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1321
siete, ¶ e non so io perché, nel mondo gramo
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1321
miseria del maestro Adamo; ¶ io ebbi, vivo, assai di
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1321
che 'l male ond' io nel volto mi discarno
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1321
cagion del loco ov' io peccai ¶ a metter più
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1321
è Romena, là dov' io falsai ¶ la lega suggellata
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1321
del Batista; ¶ per ch'io il corpo sù arso
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1321
arso lasciai. ¶ Ma s'io vedessi qui l'anima
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le membra legate? ¶ S'io fossi pur di tanto
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1321
anni andare un'oncia, ¶ io sarei messo già per
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1321
traverso non ci ha. ¶ Io son per lor tra
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carati di mondiglia». ¶ E io a lui: «Chi son
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1321
che son gravi, ¶ ho io il braccio a tal
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1321
a Troia richesto». ¶ «S'io dissi falso, e tu
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1321
parole». ¶ Ad ascoltarli er' io del tutto fisso, ¶ quando
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1321
non mi risso!». ¶ Quand' io 'l senti' a me
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1321
agogna, ¶ tal mi fec' io, non possendo parlare, ¶ che
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1321
E fa ragion ch'io ti sia sempre allato
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1321
mi riporse; ¶ così od' io che solea far la
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andava innanzi poco; ¶ ma io senti' sonare un alto
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l'altra vita tolto. ¶ Io non posso negar quel
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son messo tanto perch' io fui ¶ ladro a la
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parlò più verbo; ¶ e io vidi un centauro pien
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acerbo?». ¶ Maremma non cred' io che tante n'abbia
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noi, ¶ de' quai né io né 'l duca mio
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pur ad essi poi. ¶ Io non li conoscea; ma
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fia rimaso?»; ¶ per ch'io, acciò che 'l duca
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creder lento ¶ ciò ch'io dirò, non sarà maraviglia
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non sarà maraviglia, ¶ ché io che 'l vidi, a
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il mi consento. ¶ Com' io tenea levate in lor
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in fonte ¶ converte poetando, io non lo 'nvidio; ¶ ché
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quella di là dura. ¶ Io vidi intrar le braccia
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corra, ¶ com' ho fatt' io, carpon per questo calle
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questo calle». ¶ Così vid' io la settima zavorra ¶ mutare
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mente a ciò ch'io vidi, ¶ e più lo
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dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi
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ottava bolgia, sì com' io m'accorsi ¶ tosto che
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fiamma un peccatore invola. ¶ Io stava sovra 'l ponte
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surto, ¶ sì che s'io non avessi un ronchion
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inceso». ¶ «Maestro mio», rispuos' io, «per udirti ¶ son io
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io, «per udirti ¶ son io più certo; ma già
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quelle faville ¶ parlar», diss' io, «maestro, assai ten priego
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di molta loda, e io però l'accetto; ¶ ma
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ad un foco, ¶ s'io meritai di voi mentre
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di voi mentre ch'io vissi, ¶ s'io meritai
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ch'io vissi, ¶ s'io meritai di voi assai
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quel mare intorno bagna. ¶ Io e ' compagni eravam vecchi
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Li miei compagni fec' io sì aguti, ¶ con questa
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O tu a cu' io drizzo ¶ la voce e
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non t'adizzo", ¶ perch' io sia giunto forse alquanto
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dolce terra ¶ latina ond' io mia colpa tutta reco
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pace o guerra; ¶ ch'io fui d'i monti
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che Tever si diserra». ¶ Io era in giuso ancora
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1321
questi è latino». ¶ E io, ch'avea già pronta
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d'infamia ti rispondo. ¶ Io fui uom d'arme
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m'intenda. ¶ Mentre ch'io forma fui d'ossa
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e le coperte vie ¶ io seppi tutte, e sì
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febbre; ¶ domandommi consiglio, e io tacetti ¶ perché le sue
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getti. ¶ Lo ciel poss' io serrare e diserrare, ¶ come
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di quel peccato ov' io mo cader deggio, ¶ lunga
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Francesco venne poi, com' io fu' morto, ¶ per me
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tu non pensavi ch'io löico fossi!". ¶ A Minòs
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foco furo"; ¶ per ch'io là dove vedi son
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Noi passamm' oltre, e io e 'l duca mio
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perdere o lulla, ¶ com' io vidi un, così non
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dicendo: «Or vedi com' io mi dilacco! ¶ vedi come
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è ver così com' io ti parlo». ¶ Più fuor
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non condanna ¶ e cu' io vidi su in terra
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ne la vita lieta, ¶ io userei parole ancor più
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ricco patre!». ¶ E mentr' io li cantava cotai note
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è d'i sommersi. ¶ Io era già disposto tutto
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alcun del tutto; ¶ ma io nol vidi, né credo
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per te stesso ¶ com' io potea tener lo viso
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per lo fesso. ¶ Certo io piangea, poggiato a un
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puose là dove nacqu' io; ¶ onde un poco mi
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nulla menzogna frodi». ¶ E io: «Maestro, i tuoi ragionamenti
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e riseder compressa. ¶ Mentr' io là giù fisamente mirava
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sé del loco dov' io stava. ¶ Allor mi volsi
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ti riedi». ¶ Per ch'io mi mossi e a
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1321
tutti avanti, ¶ sì ch'io temetti ch'ei tenesser
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tenesser patto; ¶ così vid' ïo già temer li fanti
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la via fu rotta. ¶ Io mando verso là di
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ch'i' veggio?», ¶ diss' io, «deh, sanza scorta andianci
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barattieri medesimi questo canta.] ¶ Io vidi già cavalier muover
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insieme i maladetti. ¶ E io: «Maestro mio, fa, se
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far baratteria, ¶ di ch'io rendo ragione in questo
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1321
State in là, mentr' io lo 'nforco». ¶ E al
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là vicino. ¶ Così foss' io ancor con lui coperto
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appresso, ¶ «Toschi o Lombardi, io ne farò venire; ¶ ma
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le lor vendette; ¶ e io, seggendo in questo loco
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1321
stesso, ¶ per un ch'io son, ne farò venir
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1321
farò venir sette ¶ quand' io suffolerò, com' è nostro
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1321
divizia, ¶ rispuose: «Malizioso son io troppo, ¶ quand' io procuro
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1321
son io troppo, ¶ quand' io procuro a' mia maggior
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1321
Se tu ti cali, ¶ io non ti verrò dietro
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paura mi fé doppia. ¶ Io pensava così: «Questi per
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in dietro intento, ¶ quand' io dissi: «Maestro, se non
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li avem già dietro; ¶ io li 'magino sì, che
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tal consiglio rendere, ¶ ch'io li vidi venir con
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d'anca. ¶ Per ch'io al duca mio: «Fa
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avere in dispregio». ¶ E io a loro: «I' fui
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godenti fummo, e bolognesi; ¶ io Catalano e questi Loderingo
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1321
pare intorno dal Gardingo». ¶ Io cominciai: «O frati, i
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mala sementa». ¶ Allor vid' io maravigliar Virgilio ¶ sovra colui
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uncina». ¶ E 'l frate: «Io udi' già dire a
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ira nel sembiante; ¶ ond' io da li 'ncarcati mi
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sbigottir lo mastro ¶ quand' io li vidi sì turbar
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quel piglio ¶ dolce ch'io vidi prima a piè
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pena, ei lieve e io sospinto, ¶ potavam sù montar
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so di lui, ma io sarei ben vinto. ¶ Ma
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polmon sì munta ¶ quand' io fui sù, ch'i
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ad ire parea mosso. ¶ Io era vòlto in giù
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lo scuro; ¶ per ch'io: «Maestro, fa che tu
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per ch'ei rispuose: «Io piovvi di Toscana, ¶ poco
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fu degna tana». ¶ E ïo al duca: «Dilli che
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giù 'l pinse; ¶ ch'io 'l vidi uomo di
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duca mio; ¶ per ch'io 'l pregai che mi
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non si conta». ¶ E io a lui: «Se 'l
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al tuo volto». ¶ E io ancor: «Maestro, ove si
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visto dov' era, ¶ perch' io in dietro rivolto mi
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gridò: «Qual maraviglia!». ¶ E io, quando 'l suo braccio
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1321
i suoi etterni danni». ¶ Io non osava scender de
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1321
la vita serena», ¶ rispuos' io lui, «mi smarri' in
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1321
questi m'apparve, tornand' ïo in quella, ¶ e reducemi
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vita bella; ¶ e s'io non fossi sì per
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1321
il mio dimando», ¶ rispuos' io lui, «voi non sareste
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s'etterna: ¶ e quant' io l'abbia in grado
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abbia in grado, mentr' io vivo ¶ convien che ne
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lei arrivo. ¶ Tanto vogl' io che vi sia manifesto
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mio Tesoro, ¶ nel qual io vivo ancora, e più
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dovria esser gradita. ¶ E io, che posto son con
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avria sofferto; ¶ ma perch' io mi sarei brusciato e
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maestro parve di partirsi. ¶ Io lo seguiva, e poco
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avria l'orecchia offesa. ¶ Io avea una corda intorno
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pelle dipinta. ¶ Poscia ch'io l'ebbi tutta da
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di sovra ¶ ciò ch'io attendo e che il
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ne conobbi alcun; ma io m'accorsi ¶ che dal
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si pasca. ¶ E com' io riguardando tra lor vegno
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l naso lecchi. ¶ E io, temendo no 'l più
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l rezzo, ¶ tal divenn' io a le parole porte
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voce non venne ¶ com' io credetti: 'Fa che tu
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di sotto mi venta. ¶ Io sentia già da la
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testa sporgo. ¶ Allor fu' io più timido a lo
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1321
e senti' pianti; ¶ ond' io tremando tutto mi raccoscio
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tenne a sinistra, e io dietro mi mossi. ¶ A
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né le terze. ¶ Mentr' io andava, li occhi miei
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1321
uno ¶ furo scontrati; e io sì tosto dissi: ¶ «Già
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son digiuno». ¶ Per ch'ïo a figurarlo i piedi
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1321
poco li valse, ¶ ch'io dissi: «O tu che
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1321
novella. ¶ E non pur io qui piango bolognese; ¶ anzi
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mosso. ¶ E mentre ch'io là giù con l
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li altri brutti?». ¶ E io a lui: «Perché, se
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sommerso le lusinghe ¶ ond' io non ebbi mai la
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suo quando disse "Ho io grazie ¶ grandi apo te
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giusto tua virtù comparte! ¶ Io vidi per le coste
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è molt' anni, ¶ rupp' io per un che dentro
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altri suoi consorti», ¶ diss' io, «e cui più roggia
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1321
de' suoi torti». ¶ E io: «Tanto m'è bel
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come pal commessa», ¶ comincia' io a dir, «se puoi
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1321
se puoi, fa motto». ¶ Io stava come 'l frate
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1321
strazio?». ¶ Tal mi fec' io, quai son color che
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1321
colui che credi"»; ¶ e io rispuosi come a me
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1321
piatti. ¶ Là giù cascherò io altresì quando ¶ verrà colui
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1321
lui chi Francia regge». ¶ Io non so s'i
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1321
adiri, ¶ non sbigottir, ch'io vincerò la prova, ¶ qual
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1321
suo dir dienne, ¶ perch' io traeva la parola tronca
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1321
cionca?». ¶ Questa question fec' io; e quei «Di rado
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1321
cammino alcun per qual io vado. ¶ Ver è ch
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ciascuna s'abbica, ¶ vid' io più di mille anime
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sanz' alcuna guerra; ¶ e io, ch'avea di riguardar
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1321
tal fortezza serra, ¶ com' io fui dentro, l'occhio
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1321
e d'offesi. ¶ E io: «Maestro, quai son quelle
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lo mio maestro, e io dopo le spalle. ¶ «O
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tu mi taci». ¶ E io: «Buon duca, non tegno
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1321
sù tutto 'l vedrai». ¶ Io avea già il mio
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1321
tue sien conte». ¶ Com' io al piè de la
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fuor li maggior tui?». ¶ Io ch'era d'ubidir
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1321
d'ogne parte», ¶ rispuos' io lui, «l'una e
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non è teco?». ¶ E io a lui: «Da me
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d'alcuna dimora ¶ ch'io facëa dinanzi a la
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ciascuna sua legge?». ¶ Ond' io a lui: «Lo strazio
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A ciò non fu' io sol», disse, «né certo
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sarei mosso. ¶ Ma fu' io solo, là dove sofferto
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mai vostra semenza», ¶ prega' io lui, «solvetemi quel nodo
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Indi s'ascose; e io inver' l'antico ¶ poeta
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tu sì smarrito?». ¶ E io li sodisfeci al suo
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un grand' avello, ov' io vidi una scritta ¶ che
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Così 'l maestro; e io «Alcun compenso», ¶ dissi lui
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etterno è consunto». ¶ E io: «Maestro, assai chiara procede
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1321
poco ti rivolvi», ¶ diss' io, «là dove di' ch
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e là saltella, ¶ vid' io lo Minotauro far cotale
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per lo novo carco. ¶ Io gia pensando; e quei
269
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sì mal c'immolle! ¶ Io vidi un'ampia fossa
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non è ladron, né io anima fuia. ¶ Ma per
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quella virtù per cu' io movo ¶ li passi miei
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bolliti facieno alte strida. ¶ Io vidi gente sotto infino
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sia or primo, e io secondo». ¶ Poco più oltre
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di costoro assai riconobb' io. ¶ Così a più a
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fede al mio sermone». ¶ Io sentia d'ogne parte
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l facesse; ¶ per ch'io tutto smarrito m'arrestai
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smarrito m'arrestai. ¶ Cred' ïo ch'ei credette ch
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ch'ei credette ch'io credesse ¶ che tante voci
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parole e sangue; ond' io lasciai la cima ¶ cadere
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voi non gravi ¶ perch' ïo un poco a ragionar
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a ragionar m'inveschi. ¶ Io son colui che tenni
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più ti piace». ¶ Ond' ïo a lui: «Domandal tu
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schermo? ¶ che colpa ho io de la tua vita
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avrebber fatto lavorare indarno. ¶ Io fei gibetto a me
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si fu accorto ¶ ch'io domandava il mio duca
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di lui, ¶ gridò: «Qual io fui vivo, tal son
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l pregi; ¶ ma, com' io dissi lui, li suoi
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da lato; ¶ per ch'io m'accorsi che 'l
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mio, dimmi, segnore», ¶ comincia' io per volere esser certo
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mio parlar coverto, ¶ rispuose: «Io era nuovo in questo
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qua dal sonno, quand' io vidi un foco ¶ ch
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ma non sì ch'io non discernessi in parte
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loro schiera, ¶ sì ch'io fui sesto tra cotanto
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li fanno: ¶ quivi vid' ïo Socrate e Platone, ¶ che
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l gran comento feo. ¶ Io non posso ritrar di
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molto pianto mi percuote. ¶ Io venni in loco d
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lunga riga, ¶ così vid' io venir, traendo guai, ¶ ombre
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vita dipartille. ¶ Poscia ch'io ebbi 'l mio dottore
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ci fuor porte. ¶ Quand' io intesi quell' anime offense
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a loro e parla' io, ¶ e cominciai: «Francesca, i
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sì che di pietade ¶ io venni men così com
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venni men così com' io morisse. ¶ E caddi come
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veggio intorno, come ch'io mi mova ¶ e ch
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mi mova ¶ e ch'io mi volga, e come
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volga, e come che io guati. ¶ Io sono al
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come che io guati. ¶ Io sono al terzo cerchio
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tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto». ¶ E io
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io disfatto, fatto». ¶ E io a lui: «L'angoscia
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pioggia mi fiacco. ¶ E io anima trista non son
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più non fé parola. ¶ Io li rispuosi: «Ciacco, il
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al lagrimabil suono. ¶ E io a lui: «Ancor vo
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sono e fa ch'io li conosca; ¶ ché gran
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vita futura; ¶ per ch'io dissi: «Maestro, esti tormenti
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travaglie e pene quant' io viddi? ¶ e perché nostra
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l'altra giostra. ¶ E io, ch'avea lo cor
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il suo soperchio». ¶ E io: «Maestro, tra questi cotali
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tra questi cotali ¶ dovre' io ben riconoscere alcuni ¶ che
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una». ¶ «Maestro mio», diss' io, «or mi dì anche
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cade che saliva ¶ quand' io mi mossi, e 'l
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maligne piagge grige. ¶ E io, che di mirare stava
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d'inferno detta Dite.] ¶ Io dico, seguitando, ch'assai
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l'occhio tòrre. ¶ E io mi volsi al mar
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l'aere snella, ¶ com' io vidi una nave piccioletta
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lui; ¶ e sol quand' io fui dentro parve carca
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che 'l duca e io nel legno fui, ¶ segando
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vieni anzi ora?». ¶ E io a lui: «S'i
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un che piango». ¶ E io a lui: «Con piangere
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lasciando orribili dispregi!». ¶ E io: «Maestro, molto sarei vago
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Dopo ciò poco vid' io quello strazio ¶ far di
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un duolo, ¶ per ch'io avante l'occhio intento
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col grande stuolo». ¶ E io: «Maestro, già le sue
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qui è l'intrata». ¶ Io vidi più di mille
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contrada». ¶ Pensa, lettor, se io mi sconfortai ¶ nel suon
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non mi lasciar», diss' io, «così disfatto; ¶ e se
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lo dolce padre, e io rimagno in forse, ¶ che
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me disse: «Tu, perch' io m'adiri, ¶ non sbigottir
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i' v'ho scorte. ¶ Io non so ben ridir
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di sua vista, ¶ ch'io perdei la speranza de
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sì largo fiume?», ¶ rispuos' io lui con vergognosa fronte
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solo colui da cu' io tolsi ¶ lo bello stilo
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la bestia per cu' io mi volsi; ¶ aiutami da
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nvidia prima dipartilla. ¶ Ond' io per lo tuo me
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tu mi segui, e io sarò tua guida, ¶ e
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cu' ivi elegge!». ¶ E io a lui: «Poeta, io
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io a lui: «Poeta, io ti richeggio ¶ per quello
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conoscesti, ¶ a ciò ch'io fugga questo male e
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or dicesti, ¶ sì ch'io veggia la porta di
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Allor si mosse, e io li tenni dietro. ¶ CANTO
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le fatiche loro; e io sol uno ¶ m'apparecchiava
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che scrivesti ciò ch'io vidi, ¶ qui si parrà
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parrà la tua nobilitate. ¶ Io cominciai: «Poeta che mi
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via di salvazione. ¶ Ma io, perché venirvi? o chi
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o chi 'l concede? ¶ Io non Enëa, io non
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concede? ¶ Io non Enëa, io non Paulo sono; ¶ me
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degno a ciò né io né altri 'l crede
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che, se del venire io m'abbandono, ¶ temo che
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tolle, ¶ tal mi fec' ïo 'n quella oscura costa
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ti solve, ¶ dirotti perch' io venni e quel ch
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venni e quel ch'io 'ntesi ¶ nel primo punto
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di te mi dolve. ¶ Io era tra color che
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tal che di comandare io la richiesi. ¶ Lucevan li
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già sì smarrito, ¶ ch'io mi sia tardi al
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allora, e poi comincia' io: ¶ "O donna di virtù
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di questo 'mpedimento ov' io ti mando, ¶ sì che
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fedele ¶ di te, e io a te lo raccomando
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fuggir lor danno, ¶ com' io, dopo cotai parole fatte
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stelo, ¶ tal mi fec' io di mia virtude stanca
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se non etterne, e io etterno duro. ¶ Lasciate ogne
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di colore oscuro ¶ vid' ïo scritte al sommo d
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una porta; ¶ per ch'io: «Maestro, il senso lor
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con lieto volto, ond' io mi confortai, ¶ mi mise
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sanza stelle, ¶ per ch'io al cominciar ne lagrimai
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quando turbo spira. ¶ E io ch'avea d'error
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avrebber d'elli». ¶ E io: «Maestro, che è tanto
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guarda e passa». ¶ E io, che riguardai, vidi una
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avesse disfatta. ¶ Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto
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gran fiume; ¶ per ch'io dissi: «Maestro, or mi
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poi che vide ch'io non mi partiva, ¶ disse
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greve truono, sì ch'io mi riscossi ¶ come persona
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conoscer lo loco dov' io fossi. ¶ Vero è che
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lo viso a fondo, ¶ io non vi discernea alcuna
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il poeta tutto smorto. ¶ «Io sarò primo, e tu
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tu sarai secondo». ¶ E io, che del color mi
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di questi cotai son io medesmo. ¶ Per tai difetti
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la cala; ¶ tal era io con voglia accesa e
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ecco qui Stazio; e io lui chiamo e prego
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discolpi me non potert' io far nego». ¶ Poi cominciò
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uno ad uno; e io temëa 'l foco ¶ quinci
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fiamma andando; ¶ per ch'io guardava a loro e
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diceami: «Guarda: giovi ch'io ti scaltro»; ¶ feriami il
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aspetto di cilestro; ¶ e io facea con l'ombra
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un d'essi; e io mi fora ¶ già manifesto
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fora ¶ già manifesto, s'io non fossi atteso ¶ ad
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ascoltar ne' lor sembianti. ¶ Io, che due volte avea
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madre, ¶ tal mi fec' io, ma non a tanto
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a tanto insurgo, ¶ quand' io odo nomar sé stesso
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d'avermi caro». ¶ E io a lui: «Li dolci
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frate», disse, «questi ch'io ti cerno ¶ col dito
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pesce andando al fondo. ¶ Io mi fei al mostrato
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fummo presso; ¶ per ch'io divenni tal, quando lo
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Ricorditi, ricorditi! E se io ¶ sovresso Gerïon ti guidai
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tu forse credi ch'io t'inganni, ¶ fatti ver
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vieni: entra sicuro!». ¶ E io pur fermo e contra
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verso tal parte ch'io toglieva i raggi ¶ dinanzi
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spense, ¶ sentimmo dietro e io e li miei saggi
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tutti e tre allotta, ¶ io come capra, ed ei
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per quel poco, vedea io le stelle ¶ di lor
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occhi veder vaga ¶ com' io de l'addornarmi con
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mio con esse; ond' io leva'mi, ¶ veggendo i
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venuto in parte ¶ dov' io per me più oltre
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suo senno: ¶ per ch'io te sovra te corono
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selva antica tanto, ch'io ¶ non potea rivedere ond
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non potea rivedere ond' io mi 'ntrassi; ¶ ed ecco
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di trarreti avanti», ¶ diss' io a lei, «verso questa
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questa rivera, ¶ tanto ch'io possa intender che tu
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nuovi, e forse perch' io rido», ¶ cominciò ella, «in
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basti». ¶ «L'acqua», diss' io, «e 'l suon de
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fede ¶ di cosa ch'io udi' contraria a questa
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a questa». ¶ Ond' ella: «Io dicerò come procede ¶ per
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la sete tua perch' io più non ti scuopra
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di che ciascun dice». ¶ Io mi rivolsi 'n dietro
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per la riva; e io pari di lei, ¶ picciol
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più lunga fïata. ¶ Mentr' io m'andava tra tante
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cagion mi sprona ch'io mercé vi chiami. ¶ Or
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nel suo mezzo mese. ¶ Io mi rivolsi d'ammirazion
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non guardi?». ¶ Genti vid' io allor, come a lor
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mia sinistra costa, ¶ s'io riguardava in lei, come
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come specchio anco. ¶ Quand' io da la mia riva
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così bel ciel com' io diviso, ¶ ventiquattro seniori, a
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oh, date lilïa plenis!'. ¶ Io vidi già nel cominciar
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avea trafitto ¶ prima ch'io fuor di püerizia fosse
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cresciuta m'era, ¶ fu' io a lui men cara
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veggi mei ciò ch'io disegno, ¶ a colorare stenderò
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a' nuovi predicanti; ¶ ond' io a visitarli presi usata
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per me si stette, ¶ io li sovvenni, e i
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sette. ¶ E pria ch'io conducessi i Greci a
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di Tebe poetando, ebb' io battesmo; ¶ ma per paura
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m'ascondeva quanto bene io dico, ¶ mentre che del
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Costoro e Persio e io e altri assai», ¶ rispuose
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quando il mio duca: «Io credo ch'a lo
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Elli givan dinanzi, e io soletto ¶ di retro, e
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quello in giuso, ¶ cred' io, perché persona sù non
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la fronda verde ¶ ficcava ïo sì come far suole
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utilmente compartir si vuole». ¶ Io volsi 'l viso, e
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ch'i' odo?», ¶ comincia' io; ed elli: «Ombre che
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più n'ebbe tema. ¶ Io dicea fra me stesso
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difetto di carne ch'io abbia; ¶ ma dimmi il
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La faccia tua, ch'io lagrimai già morta, ¶ mi
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non minor doglia», ¶ rispuos' io lui, «veggendola sì torta
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mi far dir mentr' io mi maraviglio, ¶ ché mal
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pianta ¶ rimasa dietro, ond' io sì m'assottiglio. ¶ Tutta
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si rinfresca nostra pena: ¶ io dico pena, e dovria
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la sua vena». ¶ E io a lui: «Forese, da
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qua sù venuto ancora? ¶ Io ti credea trovar là
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che la Barbagia dov' io la lasciai. ¶ O dolce
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che vuo' tu ch'io dica? ¶ Tempo futuro m
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vedi che non pur io, ma questa gente ¶ tutta
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sol veli». ¶ Per ch'io a lui: «Se tu
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fosti meco, e qual io teco fui, ¶ ancor fia
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farmi sua compagna ¶ che io sarò là dove fia
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mio vivere accorte. ¶ E io, continüando al mio sermone
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è Piccarda; ¶ dimmi s'io veggio da notar persona
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tutti contenti, ¶ sì ch'io però non vidi un
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so che «Gentucca» ¶ sentiv' io là, ov' el sentia
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pilucca. ¶ «O anima», diss' io, «che par sì vaga
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meco, fa sì ch'io t'intenda, ¶ e te
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intelletto d'amore'». ¶ E io a lui: «I' mi
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O frate, issa vegg' io», diss' elli, «il nodo
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novo ch'i' odo! ¶ Io veggio ben come le
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dicendo: «Quando fia ch'io ti riveggia?». ¶ «Non so
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riveggia?». ¶ «Non so», rispuos' io lui, «quant' io mi
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rispuos' io lui, «quant' io mi viva; ¶ ma già
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tornar mio tantosto, ¶ ch'io non sia col voler
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n'ha colpa, ¶ vegg' ïo a coda d'una
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questo regno, sì ch'io perdo troppo ¶ venendo teco
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con maggior valchi; ¶ e io rimasi in via con
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Virgilio e Stazio e io, ristretti, ¶ oltre andavam dal
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sùbita voce disse; ond' io mi scossi ¶ come fan
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lucenti e rossi, ¶ com' io vidi un che dicea
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vista tolta; ¶ per ch'io mi volsi dietro a
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puzzo che n'uscia. ¶ Io mossi li occhi, e
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arco di ponte; ¶ quand' io udi' «Venite; qui si
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l'angel sormontati. ¶ E io: «Con tanta sospeccion fa
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mi piega, ¶ sì ch'io non posso dal pensar
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tira, ¶ tal mi fec' io; e tal, quanto si
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cerchiar si prende. ¶ Com' io nel quinto giro fui
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ne fu; per ch'io ¶ nel parlare avvisai l
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del disio. ¶ Poi ch'io potei di me fare
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e se vuo' ch'io t'impetri ¶ cosa di
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cosa di là ond' io vivendo mossi». ¶ Ed elli
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e poco più prova' io come ¶ pesa il gran
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staremo immobili e distesi». ¶ Io m'era inginocchiato e
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volea dire; ¶ ma com' io cominciai ed el s
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così ti torse?». ¶ E io a lui: «Per vostra
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ben puoi veder perch' io così ragiono. ¶ Vattene omai
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tu dicesti. ¶ Nepote ho io di là c'ha
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lenti e scarsi, ¶ e io attento a l'ombre
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eran sì piaciute, ¶ ch'io mi trassi oltre per
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la tua parola, ¶ s'io ritorno a compiér lo
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termine vola». ¶ Ed elli: «Io ti dirò, non per