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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Egisto Roggero, I racconti della quiete, 1896

concordanze di «La»

nautoretestoannoconcordanza
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1896
del Conte giù per la via maestra. ¶ La contessina
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per la via maestra. ¶ La contessina Nenè, rincantucciata in
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poggiata sul mio core....» ¶ La contessina non ebbe il
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guardò un’ultima volta la valle luminosa, il paesello
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1896
alto della collina e la nera macchia di velluto
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di velluto che facevano la Villa e il parco
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e di quiete, ebbi la fortuna di possedere un
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e così, cheta cheta, la stradella, tra le siepi
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altra abitazione divideva, con la mia, la completa signoria
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divideva, con la mia, la completa signoria di quel
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una piccolissima casa, dietro la mia, del tutto sepolta
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vista di fuori. Sembrava la figlietta più piccola della
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quieta e tranquilla sotto la sua protezione, nascosta tra
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1896
zucca in fiore che la incorniciava, con un macinino
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aveva tre grandi passioni: la sua quieta casetta, il
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il suo caffè e la sua spinetta. Oh! di
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nel «suo caffè» tutta la sua ghiottoneria, la sua
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tutta la sua ghiottoneria, la sua voluttà, starei per
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1896
voluttà, starei per dire la sua sensualità.... Egli se
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tutto da per sè. La sua buona vecchia serva
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mattino, occorreva spesso lungo la giornata – il maestro Piero
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sue mani industriose trasformavano la polvere in liquido profumato
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piacere, quando avvicinava finalmente la tazzina calda e fumigante
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per godere con lui la voluttà con la quale
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lui la voluttà con la quale mi offriva di
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egli se ne viveva , tranquillo e felice, col
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il suo orticello e la spinetta.... Oh, la spinetta
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e la spinetta.... Oh, la spinetta! Era l’altro
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e che si chiama la signora Gloria. Oh, maestro
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1896
stato applaudito, aveva conosciuto la luce dei saloni pieni
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1896
passato, come fa sempre; la gioventù che tante cose
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ne era volata per la vita migliore senza aspettarlo
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fortuna, aveva fatto come la formica della favola, s
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rimasta fedele ed amica: la spinetta. Oh! la sua
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amica: la spinetta. Oh! la sua spinetta!... Era di
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Piero, che aveva destinato la vecchia reliquia a dividere
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1896
a dividere con lui la pace de’ suoi ultimi
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1896
suoi ultimi giorni. E la spinetta, insieme con l
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insalate, cavoli.... Qua e s’innalzavano, sorrette da
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Tutto all’intorno correva la pergola, ricca, verdissima, piena
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maestro Piero, quando se la passeggiava da padrone nel
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verdi parassiti degli orti!... ¶ * ¶ * * ¶ La prima volta che, invitato
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di gloria – che se la rideva bonariamente, con la
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la rideva bonariamente, con la sua aria di allegro
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1896
seppelliti da un pezzo.... ¶ La famosa spinetta, quella di
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1896
di vecchiumi, su cui la polvere si depositava da
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1896
il commerciante – mi disse, la prima volta che vi
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l’onore di visitare la sua casa. Se ne
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il cespo delle rose.... la passione di mia madre
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1896
di mia madre. Ecco la vasca bianca, e il
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1896
di argento eran morti, ove tante cose eran
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1896
un momento a guardare la valle luminosa, tutta vivida
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1896
calessino. In quel momento la valle era tutta luminosa
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1896
si affrettò a rinchiudere la finestra, perchè si vergognava
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1896
della frusta riempì tutta la viuzza, il calessino si
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1896
Sior Tonino, sior Tonino! la dorme ancora?... ¶ La finestrella
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1896
Tonino! la dorme ancora?... ¶ La finestrella si riaprì, e
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sior Tonino rimise fuori la testa. ¶ — Eccomi, Rico, vengo
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E un momento dopo, la povera personcina di sior
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1896
ma non di freddo: la sua misera personcina appariva
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1896
e Rico fece schioccare la frusta. Quale schioccata! In
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1896
inoltrato. E dalla valle la brezza piena di odori
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il cavallo, facendo schioccare la frusta nuova; e sior
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di corsa. Passata però la prima furia, il calessino
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1896
ragionevole. ¶ Allora Rico sciolse la parlantina: ¶ — Il Conte parte
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1896
Il Conte parte stasera. La contessina vuol vedere sior
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il povero sior Tonino: la natura, dandogli quel corpicciuolo
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a chiamare perchè aiutasse la contessina Nenè a non
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uscito gli era per la sua infinita, straordinaria, incredibile
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1896
povero sior Tonino!... ¶ Ma la sua confusione era cresciuta
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1896
partiva, ritornava in città; la contessina Nenè se ne
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1896
dalla turba giovanile, e la contessina Nenè, più vispa
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1896
sbigottendolo col suo cicaleggio. La cosa stava in questi
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1896
spedizione da Milano, veduta la permanenza inoltrata nell’autunno
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era venuta a prendersi la contessina Nenè e a
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intanto s’era radunata la turba allegra dei visetti
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1896
Virgilio quando questi ebbe la buona idea di andare
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essere, quella, non altra, la «bella sorpresa» che gli
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1896
autunnale e in fondo la linea delle montagne azzurre
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1896
contessina. Avvenne però che la buona signora dovette finire
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1896
a sior Tonino, vista la enorme confusione che lo
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a un certo punto la contessina Nenè lo chiamasse
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marchesino Magni gli rivolgesse la parola.... ma non seppe
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1896
mai seppe precisamente come la cosa fosse andata. ¶ Terminato
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1896
andata. ¶ Terminato il pranzo, la brigata si sparse nel
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1896
di quel momento, che la visione dei grandi alberi
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1896
artificiali davanti al castello. La brigata s’era sparpagliata
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1896
era sparpagliata qua e , al buio, tra gli
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1896
turbato, il cuore vuoto, la mente senza pensieri, incosciente
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si voltò sorpreso. ¶ Era la contessina Nenè che, sorridendo
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1896
il crepitio dei razzi. ¶ La contessina Nenè ruppe subito
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1896
Tonino guardò in volto la contessina; ella gli apparve
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1896
Come volete, cara Nenè.... ¶ La contessina, sempre seria, prese
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1896
Grazie. Ed ora datemi la mano e ricordatevi qualche
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1896
parco. ¶ Ella era ritornata la pazzarella del mattino. ¶ * ¶ * * ¶ Il
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1896
buona volontà facevano volare la carrozza da posta del
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1896
tanti anni; ma sotto la polvere i noti oggetti
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1896
vecchia pendola, forse per la oscillazione del pavimento sotto
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1896
si mosse e cominciò la sua pulsazione regolare e
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1896
piccolo gabinetto elegante ove la luce filtrava discreta dall
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1896
scatoline. Ma sopra tutto la polvere aveva pietosamente steso
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pallidissimo. ¶ — Dà a me la chiave, Max, e tu
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volte, avida ed inquieta la sua anima. Ed ora
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passato, nel quale tutta la sua giovinezza s’era
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1896
doveva vibrare ancora. Lì, la tempesta d’allora non
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Qualcosa doveva piangere ancora, dentro, l’anima offesa
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alla vita. Giacchè nulla, era stato portato via
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1896
quel luogo di cui la morte s’era fatta
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1896
fatta violentemente padrona. E la luce, adesso, penetrò opaca
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ai suoi piedi! Ecco la borsetta di seta trapunta
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1896
dopo tanti anni. Egli la rivide nelle mani di
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stecca, un giorno. Oh! la sua paura e le
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e le lacrime quando la madre avea scoperto il
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alto sopra il tavolino, la pastorella dell’Eisen dagli
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sua seggiolina scorrevole! Ecco la poltroncina di lavoro di
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madre. ¶ Aprì le imposte. ¶ La luce rivelò il grande
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di noce, severo, intatto. La coltre bianca s’era
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una lieve patina giallastra. La Vergine purissima pregava dall
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sopra l’origliere, per la povera Morta senza confessione
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a sua madre. E la rivide. Bianca, alta, dallo
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1896
il Crocifisso nero, sopra la sua testa, e gli
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1896
bambinetto ignaro. E rivedeva la sua fronte disdegnosa, i
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i suoi occhi fulgidi, la breve mano imperiosa.... E
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imperiosa.... E poi, dopo la preghiera, ella cadeva stanca
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rimaneva lunghe ore assorta, la mente lontana, gli occhi
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occhi sul Cristo nero. ¶ La rivedeva tutta, così. Sola
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essa era morta: uccisa. La parola terribile fiammeggiava nel
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1896
occhi, vi passò sopra la mano; tremava di rivedere
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animarsi, colorirsi, avvivarsi. E la dolce nota voce giunse
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sapete, nonno? ha disseccato la mia giovinezza, ha amareggiato
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mia giovinezza, ha amareggiato la fonte vivida della mia
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qui nel silenzio ove la grande colpa fu commessa
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Vi ubbidirò, nonno. Addio. ¶ La dolce faccia del nonno
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sua madre aveva posato la fronte ardente. ¶ Si rialzò
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inginocchiato a pregare per la povera anima che ancor
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nonno. ¶ Nel ripassare per la grande sala la vecchia
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per la grande sala la vecchia pendola risvegliata poc
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salutò anche quella, con la mano. ¶ La grossa porta
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quella, con la mano. ¶ La grossa porta fu ancora
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ritornato chiuso e silenzioso. ¶ La casetta del vecchio custode
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Ma il visitatore, con la mano, accennò che non
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In quei venticinque anni la natura non aveva interrotto
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fatti alti e vigorosi; la selvaggia vitalità del verde
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e confusamente ricordò. ¶ — Ecco la robinia del nonno.... ed
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un istante sulla piazzetta. La cittadina dormiva tutta ancora
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dormiva tutta ancora e la piccola piazza era deserta
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piccola piazza era deserta. La sola croce di ferro
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momento il sereno, sopra la piazza, di fruscii d
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squillanti. ¶ Veniva dai monti la brezza alpestre profumata, la
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la brezza alpestre profumata, la brezza alpestre e mattutina
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piccola piazza, quel silenzio, la croce, il sereno e
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croce, il sereno e la brezza alpestre doveano parlare
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mezzo alla deserta piazzetta, la mente e lo sguardo
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lo sguardo perduto dietro la visione della vita di
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appassite dell’autunno avanzato. La strada, come aveva detto
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arida e scogliosa. Sotto, la valle che s’andava
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apriva e si slargava. La cittadina, povero mucchio grigio
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grigio, dormiva ancora, quieta, in fondo. Venivan più
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trarre dalla mente che la sola rimembranza delle tenebre
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Ed era precisamente quella la strada. Que’ macigni, venticinque
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quella notte, avevan guardato la sua fuga nel buio
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suoi piedi, ridente contrasto, la chioma vivida del piccol
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di nubi, qua e più cupo e profondo
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intorno. ¶ Sotto di lui la piccola città appariva, ora
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ormai piena di luce. La via, la terribile via
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di luce. La via, la terribile via, tutta bianca
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i bastoni ferrati: vide la immensa solitudine e la
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la immensa solitudine e la quiete del fitto viluppo
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di verde che nascondeva la porta del silenzioso fabbricato
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più scoteva, e tirò la catena rugginosa della campanella
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al pilastro a dritta. La campanella risuonò stridula nel
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il viaggiatore fece echeggiare la stridula voce del richiamo
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ora veniva a rompere la pace del Castello solitario
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Ma non dicendogli nulla la decrepita vista, chiese: ¶ — Chi
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vecchio sobbalzò, addossò tutta la sua vecchissima persona alla
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il visitatore. ¶ Poi con la rugosa mano tremante aprì
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nome.... ¶ Il viaggiatore guardò la cadente figura dell’ottuagenario
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vecchio servo a cui la improvvisa emozione faceva vacillare
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per.... rivedere. Forse per la prima ed ultima volta
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era venuta e non la vidi mai più. ¶ — E
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invisibili, aveva nuovamente chinata la testa come per raccogliersi
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provò a introdurne una, la più grossa, nella robusta
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sprangata di ferro. Ma la vecchia toppa arruginita resisteva
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visitatore dovette afferrar lui la testa della grossa chiave
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il congegno scricchiolò sotto la sua agile mano e
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mano e ferma, e la porta si aprì. ¶ Nel
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e prese a salire la breve rampa di scala
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di scala. Ed ecco la nuova porta, più in
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cedette, questa, quietamente sotto la mano del vecchio custode
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il cappello. ¶ Ed ecco la vasta sala di entrata
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i vetri patinosi per la densa polvere. Il visitatore
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tanfo di chiuso e la stessa rigidezza di cose
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precise di quella sera la buona Agnese m’introduceva
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del piccolo corridoio, e la visioncina bianca e fuggevole
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intravveduta nell’ombra, mentre la vecchia Agnese apriva la
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la vecchia Agnese apriva la porta, mi avevan dato
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leggeva. ¶ Davanti a lui la grossa lampada accarezzava con
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grossa lampada accarezzava con la sua luce discreta le
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libri, già mio tormento. La finestra che dava sul
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mi batteva mentre guardava la nebulosa e intanto pensava
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corridoio, mi aveva stretto la mano con tanta dolcezza
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faceva già mia fidanzata la vezzosa fraülein dell’inesorabile
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suo benedetto telescopio e la sua dannata matematica per
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della mia felicità.... E la mia fantasia che andava
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bianca luce della nebulosa la figuretta snella di Delfina
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me. ¶ Sotto di noi la cittadina dormiva, già quieta
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che aveva qua e guizzi fugaci alla luce
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quello nel quale io la rapiva al vostro bel
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da me, che me la rapiva.... Essa capiva di
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anni: ed io che la vedeva infelice, scontenta di
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nulla, nulla, per guarirla!... La mia vita, la mia
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guarirla!... La mia vita, la mia posizione, la mia
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vita, la mia posizione, la mia casa eran qua
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e proseguì: ¶ — Un giorno la vidi a un tratto
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suo paese. Ebbi allora la terribile intuizione ch’ella
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l’ultimo filo che la teneva ancora avvinta a
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dopo, lasciandomi unico conforto la mia povera bambina, la
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la mia povera bambina, la mia piccola Delfina, che
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quella bambina lì, te la lasciassi portar via, lontana
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Perchè vuoi portarmi via la mia piccola bambina?... Tu
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Professore ci dirigemmo verso la stazione di Würzburg. Gli
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il Professore e persino la buona Agnese, che ci
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mi apparivano molto commossi. ¶ La povera Delfina era tanto
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eran mesti ed abbattuti. La sera innanzi ci eravamo
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vicino, ella avea preso la mia mano e aveva
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non dimenticarla mai più, la rassegnata frase del vostro
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del vostro paese – che la vostra dolce vocetta afflitta
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avversità mi addolora e la forza del dovere mi
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in mio cuore con la vostra dolce voce accorata
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Professore mi strinse forte la mano ed io montai
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nero convoglio che tutta la notte lo aveva trascinato
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scintillanti, vestito a bruno: la fronte spaziosa rivelava l
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minute che gli solcavano la fronte parlavano di lotte
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non bastava a nascondere la squisita eleganza di tutto
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colui che lo indossava. ¶ La stazioncina in quella primissima
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solo sonnacchioso ferroviere fumava la lunga pipa seduto sur
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viaggiatore e gli domandò la via per andare a
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nome il ferroviere alzò la testa molto maravigliato, guardò
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giunga in fondo.... troverà la via dei campi, la
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la via dei campi, la segua tutta, tutta, tutta
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Delfina. ¶ Uscendo dalla Università – la famosa Università che divide
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contrarietà? ¶ Egli mi strinse la mano e mi disse
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silenzio, poi gli strinsi la mano forte. ¶ — Addio, Franz
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meno di sorridere per la buffa aria di costernazione
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era molto sfarzosa, no, la casa ove l’illustre
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Ense von Nörten accoglieva la profonda sua scienza matematica
247
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delicata di fraülein Delfina, la signorina del professore, faceva
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sembrare più grigia ancora la tinta delle sue vecchie
249
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Franz, feci di volo la piccola rampa che dalla
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targhetta di ottone, che la buona Agnese ogni mattina
251
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von Nörten dell’Università.» ¶ La vecchia Agnese mi aprì
252
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volto della vecchia Agnese – la più devota serva di
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devota serva di tutta la Baviera – lessi subito la
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la Baviera – lessi subito la stessa ingenua ed accorata
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un po’, Agnese, e la signorina Delfina? ¶ — Oh, povera
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1896
po’ alla signorina Delfina? ¶ La buona Agnese mi guardò
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1896
mi guardò. Ella sapeva, la furba, che la fraülein
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1896
sapeva, la furba, che la fraülein era la cosa
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che la fraülein era la cosa che m’interessava
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avea preso a frequentare la casa del professore Ense
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1896
momento. ¶ — Buon giorno – susurrò la sua vocina dolcissima. ¶ Le
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vocina dolcissima. ¶ Le presi la piccola mano. ¶ — Che ha
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sospeso al signor Franz la solita lezione per una
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sintomo molto grave. Sospendere la lezione a Franz, il
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professore von Nörten per la sicurezza del metodo e
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sicurezza del metodo e la maravigliosa intuizione di tutte
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agitare il cuore e la mente del professore Ense
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Heinrich, venite a vedere. ¶ La ringraziai grato con lo
269
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lo sguardo. Ella sapeva, la biricchina, quanto era felice
270
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sua lingua materna, con la sua boccuccia di fragola
271
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non dava a nessuno la pena di occuparsene, lasciati
272
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le presi di nuovo la manina fra le mie
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io, tutto turbato sotto la luce di quegli occhi
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lezione... ¶ — Ah sì?... – mormorò la biricchina – e qual era
275
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mie. ¶ In quel momento la vigile Agnese fece discretamente
276
1896
tranquillo, ora. Mi stese la mano in silenzio, mi
277
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subito, e andò di . ¶ Delfina ne approffittò per
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piano svanisce al di dei monti, così passò
279
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dei monti, così passò la misteriosa bufera che aveva
280
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quasi sempre, dopo che la minaccia buia e paurosa
281
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Il cielo rimase, dopo la bufera, grigio e nubiloso
282
1896
vedeva brillare all’improvviso la dolcissima luce de’ due
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sua bella figliuola?... ¶ E la ragione poi di tutta
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ragione poi di tutta la passata tempesta? ¶ Non se
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Franconia, anzi di tutta la Baviera, ricca e felice
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chiaro guardavano di sfuggita la mia bella compagna e
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bella compagna e certo la invidiavano come i buoni
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paese del sole con la mia piccola amica.... ¶ Il
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udii una parola che la ricordasse. ¶ Perchè? ¶ Feci un
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come nessuno mai rimuoveva la tenda, nè sollevava il
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profilavan sul cielo roseo.... La visione mi rievocò, come
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pallida e alta.... Ne la memoria riaccesa io tutto
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un lampo e ricordai. La bella signora bionda e
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verso lo zio e la cugina: ¶ — La zia! Oh
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zio e la cugina: ¶ — La zia! Oh, la ricordo
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cugina: ¶ — La zia! Oh, la ricordo! la ricordo, adesso
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zia! Oh, la ricordo! la ricordo, adesso, bene!... mi
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sbadatamente continuai: ¶ — Oh se la ricordo! a Nizza; arrivò
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di cera. ¶ Allora sentii la voce dello zio, cupa
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volto diafano, bianco come la cera, negli occhi smarriti
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corruccio, lo stesso rancore!... ¶ La sera di quel giorno
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pel dolore e per la paura. ¶ Allora lo zio
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il ritratto velato. Io la guardai spaventato. Ella pallida
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scoperse lo zendalo azzurro... La bionda figura di mia
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figura di mia zia – la madre di Agata – ci
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me parve sentire sgorgare la nota voce sorella a
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mia madre, per salutare la sua figliuola.... ¶ Agata mi
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mi guardò e mormorò: ¶ — La riconosci, tu? ¶ — Oh!... – feci
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eri bella, mamma!... ¶ E la guardò rapita. ¶ Nella grigia
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grigia tristezza della Biblioteca la radiosa bellezza della giovane
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non è vero? tu la ricordi bene?... ¶ Ma non
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ci fece volgere repente la testa. ¶ Lo zio era
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sguardo col quale copriva la figliuola mi parve leggere
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più venne a turbare la grande quiete della Villa
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mi rivolse motto su la mia imprudenza e su
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ripigliò calma e monotona la quotidiana vita a Santa
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per pochi minuti e la sera, talvolta, nel saloncino
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non si sentiva bene. La sera, al pranzo, lo
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preoccupato. Domandai di vedere la cugina ma mi dissero
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vedere. Il dì seguente la giornata passò molto penosa
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più presto del solito la sua lezione. Passai molte
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il cuore. Sul telaino la bella iniziale del trecento
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paurosa pesava in tutta la Villa. Le ore passavano
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dolorosa che avvolgeva tutta la villa gelava il mio
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affannosa, tutta sogni disordinati, la vecchia fantesca che piangeva
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Rimasi immobile, senza piangere. ¶ La vecchia donna spaventata da
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alla triste porta ove la morte stava per apparirmi
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stava per apparirmi per la seconda volta, sostai un
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volta, sostai un istante. La porta era aperta, ma
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calata sino a terra. La donna facendosi il segno
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segno della croce sollevò la tenda: ebbi la visione
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sollevò la tenda: ebbi la visione rapida di una
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di cui era piena la mia mente da fanciulletto
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i fiori e bianchissima la povera morta, una visione
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di disperazione – mi serrava la gola. ¶ Vicino a me
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gola. ¶ Vicino a me la vecchia fantesca pregava sommessamente
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delle acque.... e sopra la mia testa vagolano le
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l’acqua, a fatica la innalzano e la lascian
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fatica la innalzano e la lascian poi ricadere nel
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fastidioso e inutile, come la mia vita.... ¶ «Le onde
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villa di Santa Galatea, la vecchia villa piena di
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ella è morta, per la mia giovinezza fantastica. Quando
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il mio cuore e la tristezza ha abbattuto la
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la tristezza ha abbattuto la mia fronte, ho sognato
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vento e di tempesta: la pioggia diaccia sferzava i
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sentire più nulla. Quando la carrozza si fermò dinanzi
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cancello della Villa e la grande massa della porta
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colossale arco di pietra, la vecchia statua corrosa di
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corrosa di Santa Galatea, la protettrice della Villa, dalla
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nel mio cuore fanciullo la soggezione di un convento
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madre. E ricordava sempre la bizzarra impressione che lo
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eleganti amici che frequentavano la nostra casa! Mi ricordo
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della Villa, dal quale la grande lampada di argento
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disse: ¶ — Ora chiamerò Agata, la tua cugina. ¶ E la
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la tua cugina. ¶ E la mia cugina, che non
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ricercare ne’ miei lineamenti la traccia famigliare di altro
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non volle lasciarmi sotto la prima fosca impressione. Ben
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recava in sè giocondamente la prima promessa della ormai
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chiare: avean qua e degli antri misteriosi di
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il cielo sereno pioveva la sua luce azzurra.... Era
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sua luce azzurra.... Era la prima volta che io
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Così cominciai molto quietamente la mia nuova vita alla
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a Santa Galatea, con la figliuola, ci trascorreva la
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la figliuola, ci trascorreva la vita così, silenzioso e
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il condurre, da solo, la vita fastosa e spensierata
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che il padre e la sorella sdegnavano e ch
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preferito dalla bizzarra fanciulla. , in quella grande sala
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suo sfondo naturale. Era dentro che la sua
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Era là dentro che la sua strana magrezza di
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grigio degli scaffali con la purezza di un cameo
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di un cameo antico. dentro, gli occhi le
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loro sonno secolare sotto la polvere che ne proteggeva
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vicino a mia cugina, la guardava in silenzio lavorare
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a me, o schiudeva la bocca per rivolgermi la
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la bocca per rivolgermi la parola. ¶ Così, penso io
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Della madre di Agata – la sorella di mia madre
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figliuola, mai.... Eppur io la sentiva, misteriosamente, aleggiare invisibile
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essa avea dovuto portar dentro la sua calda
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dovuto portar là dentro la sua calda giovinezza, la
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la sua calda giovinezza, la vitalità elegante e mondana
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di mia madre. Io la ricordava, come in sogno
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vero, ben poche volte, la zia, ma pur qualcosa
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ancora a Santa Galatea; la vedeva ben apparire tra
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volto di mio zio; la sentivo passare sulla pallida
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tempo maestro Piero, dividendo la sua vita tra una
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vecchie cartaccie, a pestare la sua spinetta e a
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spinetta e a respirare la polvere in cui si
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inaudita ed inaspettata trasformazione. ¶ La casetta di un solo
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e gardenie; per terra la sabbia uguale e minuta
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a Milano: aveva sposato la figlia di un ricco
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far conoscere al padre la sposa, questa s’era
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idea di stabilire lì la sua villeggiatura estiva. Invano
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perchè un mese dopo la visita maestro Piero si
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gli avevano buttata giù la cara casetta ad un
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nel suo volto tutta la tristezza della sua nuova
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della sua nuova vita, la malinconia delle lunghe giornate
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lunghe giornate di noia, , su quei sedili di
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verniciate da poco, sotto la luce viva del sole
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colà scese in giardino la sposa. Era una bella
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Quando ero per congedarmi la signora mi domandò se
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Piero voleva dire. ¶ Rividi la buona tazzina di caffè
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per non fargli scorgere la commozione che mi si
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dolce inganno. ¶ Poi che la pioggia la quale, dal
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Poi che la pioggia la quale, dal mattino, cadeva
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messo il gelo e la tristezza nel nostro bel
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del conte Oldrado ergeva la sua vecchia massa bruna
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de’ pacifici uliveti: e la sua ombra gigantesca veniva
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a ricordare, lungo tutta la giornata, il dominio delle
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nobile conte Della Torre. La bellissima fanciulla, seguita da
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altri non era che la bionda Giselda, la unica
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che la bionda Giselda, la unica figliuola del conte
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fidato. ¶ Ma, questa volta, la ingenua baldanza e i
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spiare terreno, gli dava la triste novella che la
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la triste novella che la bella fanciulla era già
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il suo amore per la bella e nobile fanciulla
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suoi bravi. ¶ Ed ecco la povera Giselda, più morta
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ora era trascorsa dopo la rapida scena del bosco
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un tratto udì cigolare la chiave della porta, e
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chiave della porta, e la povera fanciulla chiuse gli
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occhi per non vedere.... La porta si riaprì ed
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averne chiesto rispettosamente licenza. La fanciulla si coprì il
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e così le rivolse la parola: ¶ — Nobile damigella, mi
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giovane tacque, attendendo rispettoso. ¶ La sua voce era sì
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nobile e leale che la contessina non potè a
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il ginocchio, si allontanò. ¶ La contessina, rassicurata alquanto dalle
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conosceva: e tremava raffigurandosi la sua figura arcigna e
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conquistare al più presto la perduta libertà. ¶ Si avvicinò
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occhio giù nella valle; la distesa immensa era tutta
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collina, e aguzzando bene la vista ella scorse come
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come piccola macchia bruna la villa di suo padre
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Conte suo padre piangevano la sua scomparsa. Gli occhi
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terra pregando Iddio che la salvasse dal fiero periglio
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da fargli sapere come la sua figliuola non corresse
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cose tranquillizzarono un poco la nobile fanciulla, la quale
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poco la nobile fanciulla, la quale si dispose ad
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ogni mezzo di fuga – la venuta del Conte per
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lo dipingeva l’ancella, la sua liberazione. ¶ Intanto i
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il Conte non compariva. – La contessina per distrarsi ascoltava
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stranamente malinconiche, sì che la fanciulla, dopo, le ripensava
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morente nel torneo, cinta la sciarpa da esse donata
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tempeste delle armi e la vittoria.... gli occhi lampeggiavano
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al giovane scudiero, e la fanciulla, suo malgrado, abbassava
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Oldrado! ¶ Così nacque tra la nobile fanciulla e il
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amicizia. Egli indugiava presso la sua nobile padroncina ed
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l’ardente suo amore. ¶ La fanciulla, pallidissima e turbata
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che poteva pur costare la vita all’imprudente scudiero
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momento d’errore, perdonatemi. ¶ La fanciulla taceva sempre. ¶ Egli
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allora voi mi amereste.... ¶ La fanciulla lo guardò in
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Conte Oldrado, suo padrone, la pregava di lasciarsi accompagnare
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lasciarsi accompagnare da lui. La fanciulla raccolse tutto il
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un momento. Poi, vinta la momentanea debolezza, entrò risoluta
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Oldrado le venne incontro. La fanciulla dette un grido
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voluto non rapirti con la forza, ma farti mia
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mia. Ci sono riuscito?.... ¶ La contessina anche questa volta
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ma, come rialzandosi Oldrado la strinse al cuore, ella
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al cuore, ella poggiò la bionda testa sulla sua
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vecchio marchese della Torre – la bella Giselda diveniva la
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la bella Giselda diveniva la castellana del tozzo maniero
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cavaliere spagnuolo partiva per la Spagna per curarsi d
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il nobile conte Oldrado.» ¶ * ¶ * * ¶ La storiella di altri tempi
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altri tempi era finita; la fiamma allegra scoppiettava ancora
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reclinato, così, un pochino la testa – chè moriva dal
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novella, che, ora, sotto la diafana nebbia della luce
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de’ fili argentei, che la lievissima brezza notturna fa
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notturna fa ondeggiare, è la densa muraglia degli arbusti
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intrico dei rami che la luce lunare non vi
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così, da soli, tutta la bianca luce che piove
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isola vestita di musco, la bianca Nimphea nelle sue
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e bianca e fresca la bellissima dea! Le braccia
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ella mollemente vi posa la stanca testa reclinata, mentre
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ellenica patria da cui la trasse dopo tanti anni
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dello stagno. Ed ora la luna bacia castamente il
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lui sull’erba è la sampogna e il suo
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picciol volto beffardo; ha la testa recinta dalla folta
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raccoglie il flauto e la zampogna e si nasconde
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e si nasconde dietro la roccia. E all’improvviso
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e silente. Ecco che la bianca dea sul suo
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intrecciate si snodano pianissimamente. La testa reclinata si solleva
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apron al sorriso e la dea, poggiandosi sulle mani
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stillanti le ninfèe invitano la loro dea al fresco
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nella luce lunare e la dea rapita sorride al
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di suono che tutta la iradiano. Il bel canto
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quando libera e ardente, la giovinetta dea folleggiava ne
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e di miele. E la dea tenta col picciol
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nell’acqua e scintillante, la bianchissima dea solleva in
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dea. Lo guarda sdegnata la bella e fa schermo
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E il Pane riprende la sampogna e geme, prega
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geme, prega ed implora. La dea sorride e, sicura
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di bronzo e supplica la bella.... Talvolta egli fa
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di Aurora. A malincuore la dea si accosta alla
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lo stanco intreccio sotto la testa, e mentre l
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il suo flauto e la sampogna sull’erba che
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dello stagno, a guardare la bella che si riaddormenta
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misterioso: il Pane e la dea s’irrigidiscono e
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ritornan di sasso. È la Vita destata che è
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agitato e fremente, tutta la notte, entrava ora in
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Deve essere qua. ¶ E la mia mente corse ancora
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straziante che tante volte la mia buona amica mi
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dopo aver fremuto tutta la lunga notte nel buio
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ai raggi del sole: la povera madre tremante vien