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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «La»

nautoretestoannoconcordanza
1
1950
che da ragazzo quando la Virgilia ci portava a
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1950
a messa, credevo che la voce del prete fosse
3
1950
sovversivi, di non leggere la stampa anticristiana e oscena
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1950
degli assi, sempre imbronciato. La moglie in casa dava
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1950
mai guadagnato niente con la politica. Io per tutto
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1950
non sapevo come dirgli la mia. Adesso Nuto mi
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1950
Nuto mi guardò, sbatté la riga e mi chiese
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1950
Allora lui gridò dentro la finestra: – Comina, vado via
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1950
Comina, vado via –. Raccolse la giacca e mi disse
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1950
qualcosa ai garzoni sotto la tettoia; poi si volta
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1950
è bella». Passammo tra la riva e la vigna
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1950
tra la riva e la vigna di Nuto. Lasciammo
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1950
vigna di Nuto. Lasciammo la stradetta e prendemmo il
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1950
no, non ti credono… La stampa oscena e anticristiana
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1950
Si comincia. Canelli è la strada del mondo. Dopo
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1950
In America fanno cosí. La forza dei partiti è
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1950
di qua tu di , tu per sfruttare il
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1950
signori che non basta la voglia per mettersi in
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1950
prima che adesso – passata la grandine – sbucavano fuori dalle
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1950
gliele hanno salvate, fa la difesa della repubblica e
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1950
toccava a lui fare la forca ai partigiani che
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1950
disse. – Gli hanno dato la caccia come alle bestie
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1950
giorno dopo erano di da Bormida. E mai
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1950
Nuto trangugiò e scosse la testa. – Si è fatto
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1950
spia mandasse a bruciarti la casa… ¶ Studiavo di lassú
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1950
casa… ¶ Studiavo di lassú la piana di Belbo, e
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1950
giorno sono passato sotto la Mora, – dissi. – Non c
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1950
si è mangiata mezza la casa. Non vuole nemmeno
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1950
diavolo? Gente che aveva la carrozza. Col vecchio non
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1950
hanno sempre aggiustata… Almeno la matrigna non doveva morire
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1950
non doveva morire… E la piccola, Santina, che fine
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1950
alle spie, perché storse la bocca un’altra volta
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1950
non volevano uscire con la matrigna per non sfigurare
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1950
Nuto disse: – Si sa. La cagnetta. ¶ – Che cosa c
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1950
è di cosí brutto? ¶ – La cagnetta e la spia
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1950
brutto? ¶ – La cagnetta e la spia. ¶ – L’hanno ammazzata
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1950
e Nuto, proprio noi. La voglia che un tempo
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1950
tra il pino e la volta dei tigli, ascoltare
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1950
questa voglia non me la sarei cavata piú. Ero
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1950
fiera, una vigna dopo la vendemmia, il tornar solo
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1950
se anche avessi ritrovato la Mora come l’avevo
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1950
prezzo dell’uva, manovrare la trebbiatrice. Non sapevo che
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1950
invecchiare, veder morire, ritrovare la Mora com’era adesso
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1950
Canelli. Se non vinco la bandiera. Se non mi
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1950
qualche soldo. Traversavo Belbo la mattina – una volta venne
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1950
a far le noci, la meliga, a vendemmiare, a
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1950
Salto. Tante facce nuove, la carrozza, il cavallo, le
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1950
con le tendine. Fu la prima volta che vidi
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1950
di civiltà lo davano la ferrata e i fili
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1950
Mi rimisi a studiare la carta. ¶ I cani continuavano
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1950
mare grigio ch’era la pianura – una voce che
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1950
che m’ero portata la bottiglia del whisky. E
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1950
nient’altro. I banditi, la sete, l’insolazione, i
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1950
un’epoca in cui la gente si ammazzava, in
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1950
ci avevano messo. Lasciare la strada, inoltrarsi nelle conche
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1950
quasi subito. Per passare la paura, mi ricordai che
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1950
che andava a fare la stagione a San Bernardino
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1950
Bernardino o su di . Avevo visto i piedi
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1950
cercare le stagioni dove la terra ne dava, e
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1950
stanarli da casa con la fame, con la ferrata
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1950
con la fame, con la ferrata, con le loro
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1950
partivano scalzi, senza nemmeno la donna. ¶ Scesi dalla cabina
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1950
sulla strada per scaldarmeli. La pianura era smorta, macchiata
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1950
vaghe, e nella notte la strada si vedeva appena
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1950
messicani. Poi riempí tutta la pianura di baccano e
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1950
il buio ricadde e la sabbia tornò a scricchiolare
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1950
mi sentivo già addosso la mano del poliziotto come
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1950
soprassalto. Sembrava che tutta la pianura fosse un campo
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1950
di coltello e insanguinava la pianura. Rimasi a guardarla
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1950
senza processo. Poi passò la maestra – una donnetta con
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1950
morti, a dissotterrare con la zappa tanti poveri ragazzi
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1950
il dottore guardandoci adagio, – la colpa non è stata
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1950
due hanno fatto davvero la spia… Ma, – riprese, scandendo
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1950
spia… Ma, – riprese, scandendo la voce sulla discussione che
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1950
bande? chi ha voluta la guerra civile? chi provocava
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1950
Italiani gli lasciamo volentieri… ¶ La conclusione piacque a tutti
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1950
alla macchia, di fare la guerriglia, di aggredire i
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1950
Me ne andai che la maestra gridava: – Sono tutti
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1950
nostri soldi che vogliono. La terra e i soldi
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1950
impiegato… Chi ha rischiato la pelle davvero, non ha
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1950
vederli e uscivano storcendo la bocca. – Mah, – dicevano le
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1950
tolta senza neanche dirglielo la placca d’ottone dal
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1950
sono trovati a far la guerra… Quando penso che
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1950
almeno battaglia politica che la sentissero da Alba, di
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1950
tempi, – disse il Cavaliere. – La guerra, dicono i francesi
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1950
come un matto, ce la mette tutta. Mentre canta
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1950
il prete ha fatto la predica in chiesa… Di
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1950
suo comizio. ¶ E cosí la domenica si fece il
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1950
da tutte le parti. La maestra, padrona di vigne
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1950
troppi giovani ascoltavano ancora la parola dell’odio. Che
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1950
parola dell’odio. Che la patria, la famiglia, la
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1950
odio. Che la patria, la famiglia, la religione erano
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1950
la patria, la famiglia, la religione erano tuttora minacciate
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1950
d’Italia ostentava ancora la sua rossa bandiera… ¶ A
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1950
tempo non sentivo piú la voce di un prete
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1950
di un prete dir la sua. E pensare che
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1950
luna e dei falò la sapevo. Soltanto, m’ero
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1950
a queste cose non la finivo piú, perché mi
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1950
sposo una donna e la spedisco col figlio in
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1950
figlio non l’avevo, la moglie non parliamone – che
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1950
come il vino e la polenta, allora la conosci
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1950
e la polenta, allora la conosci senza bisogno di
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1950
mondo di fuori, dir la mia. O meglio ancora
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1950
l’Angelo, se compravo la corriera. In piazza mi
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1950
municipio doveva esserci ancora la mia pratica, se volevamo
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1950
vita bestiale, inumana, che la guerra non fosse servita
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1950
Valino adesso dormisse con la cognata era il meno
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1950
il Valino si toglieva la cinghia e le frustava
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1950
ne avevano tanto, era la miseria, la rabbia di
110
1950
tanto, era la miseria, la rabbia di quella vita
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1950
sfogo. ¶ Avevo saputo anche la fine di Padrino e
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1950
Me l’aveva raccontata la nuora del Cola, quel
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1950
tale che voleva vendermi la casa. A Cossano, dov
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1950
figlie l’avevano buttato. La minore s’era sposata
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1950
facevano l’uva e la polenta, nient’altro; il
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1950
buoi e le donne; la piú giovane era morta
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1950
mattino a Canelli, lungo la ferrata, per la strada
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1950
lungo la ferrata, per la strada che ai tempi
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1950
sotto il Nido, vidi la Mora coi tigli che
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1950
il terrazzo delle ragazze, la vetrata, e l’ala
121
1950
il grosso platano era . Si capiva che i
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1950
soldi correvano sempre. ¶ Passai la mattinata in banca e
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1950
ponte di Belbo guardai la valle, le colline basse
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1950
Cinto Canelli sarebbe stata la porta del mondo. ¶ M
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1950
per se stessa, come la valle e le colline
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1950
io – di qui partiva la strada che passava per
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1950
il mondo – Canelli e la valle del Belbo – e
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1950
sera sullo stradone lungo la ferrata. Passai il viale
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1950
sotto il Nido, passai la Mora. Alla casa del
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1950
noi c’era già la guerra – avevo passato una
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1950
volta che cammino lungo la ferrata mi torna in
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1950
quello che poi successe – la guerra, l’internamento, il
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1950
e cercavo di vendere la baracca e trasferirmi nel
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1950
che farsene, e venne la guerra. Mi lasciai sorprendere
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1950
non sarebbe durata, e la voglia di fare, di
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1950
grasse. M’aveva preso la smania di vedere qualcos
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1950
altro che non fossero la valle di San Joaquin
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1950
Sapevo già che finita la guerra avrei passato il
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1950
mare per forza, e la vita che facevo era
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1950
quel giovanotto che con la squadra ferrovieri in otto
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1950
secco e polveroso, e la campagna era vuota. Campagna
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1950
statale, avevo voluto attraversare la contea. Mi dissi: «Aspetto
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1950
cacti nella conca sotto la strada. I sassi della
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1950
sole era già sotto, la pianura spariva. ¶ Nelle tane
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1950
che non quadravano con la vita che faceva adesso
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1950
parenti l’avevano abbandonato, la moglie (una contessa di
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1950
Dalla piazza si vedeva la collinetta dove aveva i
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1950
in casa soltanto per la comodità di esser vicino
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1950
si ricordavano di zappargli la vigna. Ma lui, convinto
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1950
improvvisi, e gli tremò la voce. Cosí civile com
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1950
e ci allontanammo per la piazza sotto gli occhi
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1950
l’accoglienza, e per la stradetta sopra i tetti
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1950
ragioni non poteva vendere la vigna – perch’era l
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1950
conto, – disse piano. – È la vita. ¶ Lui purtroppo aveva
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1950
in cima alla collina la terra fosse sua, come
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1950
sotto, rigogliosa, mi ricordavano la conca in cima alla
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1950
di bello ch’era la punta della collina e
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1950
cosí, lasciato incolto… Ma la vigna lavorarla, – dissi. ¶ Ai
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1950
una bottiglia e poi la bottiglia pagarla ai mezzadri
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1950
volte che passavo per la strada di Gaminella, al
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1950
Noi li facevamo sempre. La notte di San Giovanni
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1950
di San Giovanni tutta la collina era accesa. ¶ – Poca
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1950
si può mica bruciare la vigna, – disse lui ridendo
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1950
fanno i carichi e la voce delle sirene delle
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1950
Questo ragazzo, pensavo, con la sua gamba sarà sempre
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1950
e cosí non vedrà la città. Se almeno gli
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1950
Se almeno gli mettessi la voglia. ¶ – Questa sirena dei
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1950
ne parlavo, – è come la sirena che suonavano a
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1950
Canelli quando c’era la guerra? ¶ – Si sentiva? ¶ – Altroché
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1950
del fischio del treno. La sentivano tutti. Di notte
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1950
che vada in piazza la domenica, sugli scalini della
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1950
voluta una cascina come la Mora era stata per
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1950
era stata per noi. – La Mora era come il
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1950
falò nelle stoppie, alzò la testa. – Fanno bene sicuro
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1950
bene sicuro, – saltò. – Svegliano la terra. ¶ – Ma, Nuto, – dissi
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1950
se il calore o la vampa o che gli
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1950
credi anche nella luna? ¶ – La luna, – disse Nuto, – bisogna
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1950
i vermi. Una tina la devi lavare quando la
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1950
la devi lavare quando la luna è giovane. Perfino
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1950
e se uno adoperasse la luna e i falò
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1950
saprà nient’altro ma la terra la conosceva. ¶ Discutemmo
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1950
altro ma la terra la conosceva. ¶ Discutemmo come cani
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1950
in un’occhiata sola la piana del Belbo, Gaminella
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1950
Salto di fianco, e la palazzina del Nido, rossa
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1950
vigna della Mora, sotto la vendemmia, e veder arrivare
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1950
sor Matteo col cestino. La Mora era dietro quegli
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1950
alberi verso Canelli, sotto la costa del Nido. ¶ Invece
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1950
paesi e di siti intorno – che sono inutili
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1950
loro bello – ogni vigna la sua macchia – e fa
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1950
mi aspettano. Mi ricordai la delusione ch’era stata
191
1950
ch’era stata camminare la prima volta per le
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1950
vigna, dov’erano? Anche la storia della luna e
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1950
fresca della capra, e la collina continuava sul nostro
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1950
Belbo a pescare con la cesta. ¶ Era strano come
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1950
e le stoppie filari, la gente era passata, cresciuta
196
1950
c’era gente che la girava in carrozza e
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1950
e gli uomini avevano la catena d’oro al
198
1950
alla trottola sul ghiaccio. La settimana si faceva saltando
199
1950
sassolini. I cacciatori dopo la vendemmia giravano le colline
200
1950
a bocca aperta, con la sua crosta sotto l
201
1950
l’occhio, seduto contro la sponda. ¶ – Ero un ragazzo
202
1950
avevamo una capra. Io la portavo in pastura. D
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1950
piú da mangiare, e la mattina vedevamo i loro
204
1950
Io dormivo nella stanza dietro con le ragazze
205
1950
grasse, i rovi e la menta del fondo, il
206
1950
il Valino alzò appena la testa. Stava troncando con
207
1950
testa. Stava troncando con la roncola sul capitozzo i
208
1950
freddo, quasi scuro. Qui la riva una volta portava
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1950
attaccandosi dietro i calzoni la roncola. Aveva quei calzoni
210
1950
e avevo voluto rivedere la campagna. Non la conoscevo
211
1950
rivedere la campagna. Non la conoscevo piú, tant’era
212
1950
tant’era stata lavorata. La vigna era nuova di
213
1950
pensare. Guardò su per la riva in mezzo alle
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1950
delle albere. Disse che la campagna era come tutte
215
1950
e aveva visto bruciare la casa del Ciora. Per
216
1950
Valino mi guardò con la faccia scura – gli occhi
217
1950
un passo e con la mano libera menò un
218
1950
vecchio s’incamminò per la costa, coi salici in
219
1950
ridendo, senza parlare. ¶ Scendemmo la riva sotto la volta
220
1950
Scendemmo la riva sotto la volta fredda degli alberi
221
1950
il sudore. Io studiavo la parete di tufo, quella
222
1950
nostro prato, che sosteneva la vigna del Morone. Si
223
1950
gola ancora adesso, perché la foglia sembra un frutto
224
1950
dove si giocava con la pila dei marenghi d
225
1950
oro sul tavolo e la pistola nel gilè. E
226
1950
marenghi e giocavano tutta la notte, giocavano i marenghi
227
1950
poi i prati, poi la cascina, e il mattino
228
1950
Qualcuno si giocava anche la moglie, e cosí i
229
1950
gli dissi, – è sempre la povera gente che raccoglie
230
1950
a giocare, dopo che la capra ci aveva portati
231
1950
appoggiava al muretto con la gamba divaricata e mi
232
1950
quei primi giorni, finita la festa e il torneo
233
1950
caffè alla finestra guardando la piazza vuota, mi trovai
234
1950
che cosa succede di dalla Bormida, senza uscire
235
1950
anche quando facevo correre la capra, quando d’inverno
236
1950
per provare se riaprendoli la collina era scomparsa – anche
237
1950
a sperare che di dalle colline ci fosse
238
1950
città, andava lontano, e la leggevano dei cacciatori, dei
239
1950
ecco che adesso succedeva. La mattina prendevo il caffè
240
1950
da scapolo in città; la gran famiglia del Castello
241
1950
e allegro. Lasciò che la banda si sfogasse, poi
242
1950
non basta per rivoltarsi. La gente ha bisogno di
243
1950
una spinta. Allora avevate la spinta e la forza
244
1950
avevate la spinta e la forza… C’eri anche
245
1950
ci andavo, mi bruciavano la casa. ¶ Nella riva del
246
1950
lucertola gli aveva preso la lucertola. Vent’anni passano
247
1950
le bestie. Soffrono già la loro parte in inverno
248
1950
vorrei non aver fatto la mia vita, poterla cambiare
249
1950
mondo, che guadagna, se la gode, va lontano sul
250
1950
con le mani dietro la schiena, non tutti sanno
251
1950
noccioli e se sopra la stalla c’era sempre
252
1950
scura, disse soltanto che la terra della riva era
253
1950
e tutti gli anni la pioggia ne portava via
254
1950
una volta su di . Voglio farti vedere quella
255
1950
casotto l’ha comprato la madama della Villa e
256
1950
spartire i raccolti con la bilancia… Una che ha
257
1950
vedovo, gli era morta la moglie nella cascina prima
258
1950
di ferro. ¶ Quando sporsi la testa dagli scalini, il
259
1950
rastrello appoggiato all’uscio – la stessa corda col nodo
260
1950
dal foro dell’uscio. La stessa macchia di verderame
261
1950
alla spalliera sul muro. La stessa pianta di rosmarino
262
1950
ossute e non muoveva la gamba. D’improvviso mi
263
1950
inverno. Mi ricordai come la mamma Virgilia strappava la
264
1950
la mamma Virgilia strappava la pelle ai conigli dopo
265
1950
dopo averli sventrati. Mossi la mano e feci un
266
1950
era andato su per la riva. ¶ La meno vecchia
267
1950
su per la riva. ¶ La meno vecchia gridò al
268
1950
alzò a fatica, puntando la gamba per traverso, fu
269
1950
circospetti del Valino. Era la cognata, quella che adesso
270
1950
il pozzo era sempre dietro. La vecchia, seduta
271
1950
era sempre là dietro. La vecchia, seduta adesso sulla
272
1950
n’era bisogno, passavo sotto e mi era
273
1950
venuta voglia di rivedere la casa dov’ero cresciuto
274
1950
conoscevo tutti i beni, la riva fino al noce
275
1950
ti chiami? ¶ Mi rispose la magra cognata. Disse che
276
1950
il medico aveva guardato la gamba di Cinto quell
277
1950
il prato e costeggiai la vigna, che tra i
278
1950
sole. Per quanto dietro la vigna, invece dell’ombra
279
1950
ombra nera dei noccioli, la costa fosse una meliga
280
1950
passato pomeriggi intieri con la capra e con le
281
1950
Cossano, ancor adesso farei la vita del Valino, o
282
1950
delle zucche, dei ceci. La Virgilia riusciva a sfamarci
283
1950
sfamarci. Ma adesso capivo la faccia scura del Valino
284
1950
visto sopra le viti la donna nera che ci
285
1950
aspettassero le ragazze e la capra e che a
286
1950
importanza mi disse che la madama della Villa era
287
1950
disse. ¶ Dov’eravamo, dietro la vigna, c’era ancora
288
1950
era ancora dell’erba, la conca fresca della capra
289
1950
il lattaio a Oakland. La sera, traverso il mare
290
1950
mi chiedevo se valeva la pena di traversare il
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1950
lardo e riempivo bicchieri. La sera uscivo fuori e
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mi guardò. Parlammo tutta la sera, fin che da
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gli dissi, – è come la luna. ¶ Nora, irritata, si
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sulla sedia e aprí la radio sui ballabili. Il
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cenno all’indietro con la mano: – A te queste
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Lui stette zitto ascoltando la radio. Io sentivo sotto
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radio. Io sentivo sotto la musica, uguale, la voce
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sotto la musica, uguale, la voce dei rospi. Nora
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Nora, impettita, gli guardava la schiena con disprezzo. ¶ – È
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e avevano suonato suonato, la gente non si muoveva
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s’era dovuta rimandare la corsa dei cavalli, anche
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aveva vinto il Tiberio, la banda di Neive. Ma
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seguiti in bicicletta, sotto la luna, e suonavano cosí
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le mani e allora la banda si fermava e
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automobili di buttarsi per la discesa accelerando, né l
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quelle città illuminate sotto la costa. Capii nel buio
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a quei rospi. Valeva la pena esser venuto? Dove
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uno potesse rassegnarsi, posare la testa e dire agli
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E avevano non soltanto la sbornia, ma anche la
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la sbornia, ma anche la donna cattiva. Veniva il
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nel sonno, le rompeva la testa con una chiave
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montagne. ¶ IV. ¶ Nemmeno per la Madonna d’agosto Nuto
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dà sulla piazza e la piazza era un finimondo
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ma noi guardavamo di dai tetti le vigne
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le vigne bianche sotto la luna. ¶ Nuto che di
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ti rassegni a far la vita di prima. Andando
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sotto, – dissi, – vorrebbero prendere la strada di Canelli… ¶ – Ma
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di Canelli… ¶ – Ma non la prendono, – disse Nuto. – Tu
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non sapevo suonare neanche la chitarra? ¶ Dissi: – Alla Mora
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il mondo fosse come la Mora. ¶ – No, – disse Nuto
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bisogno di andare fin . ¶ – Magari è qualcosa di
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Parlava a testa bassa, la voce usciva storta contro
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voce usciva storta contro la ringhiera. Fece scorrere i
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A un tratto alzò la testa. – Un giorno o
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che faceva fatica. Trangugiò la saliva. Da quando ci
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e sapeva sempre dir la sua. Mai che mi
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raggiunto e che avevamo la stessa esperienza. Nemmeno mi
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Ho sempre visto che la gente, a lasciarle tempo
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farli venire a pregar la madonna il parroco bisogna
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No no, – disse Nuto, – la vince il parroco. Chi
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mortaretti, il priorato e la musica? E chi se
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musica? E chi se la ride l’indomani della
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festa? Dannati, si rompono la schiena per quattro palmi
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mangiare. ¶ – Non dici che la spesa piú grossa tocca
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Fan lavorare il servitore, la donnetta, il contadino. E
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donnetta, il contadino. E la terra, dove l’han
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una casa di balconi. La ragazza che mi ha
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dalla campagna, magari era la figlia dei padroni di
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canneto. Vidi sul ciglione la parete del casotto di
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annerite, il fico storto, la finestretta vuota, e pensavo
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intorno gli alberi e la terra erano cambiati; la
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la terra erano cambiati; la macchia dei noccioli sparita
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quei pochi sentieri, pascolando la capra e cercando le
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finisse alla svolta dove la strada strapiombava sul Belbo
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ch’era tutto finito. La novità mi scoraggiò al
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Gaminella avevo di fronte la collina del Salto, oltre
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picchiavano, portavano a casa la bandiera e i pugni
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fa l’uva e la si vende a Canelli
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e di torchi tutta la valle fino a Camo
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collinette di Canelli sono la porta del mondo. Nuto
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e càpito che è la Madonna d’agosto. Tanto
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vieni della gente forestiera, la confusione e il baccano
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hanno bevuto, sghignazzato, fatto la processione; tutta la notte
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fatto la processione; tutta la notte per tre notti
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le volte che faccio la scappata passo a trovarlo
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scappata passo a trovarlo. La sua casa è a
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lavora e dà lavoro, la sua casa è sempre
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pentola d’oro sotto la pila del ponte. Scherzammo
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colline. Quando giravo con la musica, dappertutto davanti alle
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dire, gli altri ce la facciano, bisogna aiutarli. ¶ A
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già fischiare e suonare la chitarra, era cercato e
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rispettato alla Mora; poi la sera veniva in cortile
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giorni non chiudevano piú la bocca né gli occhi
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bicchiere, via il bicchiere la forchetta, poi di nuovo
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di nuovo il clarino, la cornetta, la tromba, poi
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il clarino, la cornetta, la tromba, poi un’altra
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e l’assolo, poi la merenda, il cenone, la
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la merenda, il cenone, la veglia fino al mattino
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con le bande rivali. La mattina del secondo, del
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era un piacere cacciare la faccia in un secchio
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rotti. ¶ – Tu ci avevi la passione, – gli dicevo. – Perché
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Poi c’è stata la guerra, – diceva. – Magari alle
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le faceva piú ballare? La gente si è divertita
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anni di guerra. ¶ – Però la musica mi piace, – continuò
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che, delle due, preferiva la musica. Mettersi in gruppo
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e suonare, suonare, lui, la cornetta, e il mandolino
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è bella, non è la musica che cerca. Cerca
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musica che cerca. Cerca la sua soddisfazione davanti alle
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bicchiere, e sotto avevamo la piana del Belbo, le
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d’acqua, e davanti la grossa collina di Gaminella
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Cola vuol vendere? ¶ – Soltanto la terra? – disse lui. – Stai
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tornare, quando avevo mollato la squadra ferrovieri e di
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le vigne. «A vedermi la zappa in mano, – dicevo
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mi seccai: non valeva la pena aver traversato tanto
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che la canzonava e la chiamava «madama contessa», e
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nipote dei tanti che la vecchia teneva apposta spiantati
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perché non le mangiassero la casa sulla testa. Questo
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e Silvia sedute sotto la magnolia parlarne. ¶ Irene diceva
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Irene diceva: – Cosa vuoi? la contessa ci tiene molto
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sicura che ti dica la verità? ¶ – Nessuno la dice
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dica la verità? ¶ – Nessuno la dice, la verità. Se
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verità? ¶ – Nessuno la dice, la verità. Se ci pensi
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sentito, non credi? ¶ – Va’ , è il garzone, – diceva
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Silvia. ¶ Ma ci fu la volta che Silvia piangeva
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partivano per quegli stradoni. La sera sentivamo il fracasso
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canne e nelle rive, la gente li incontrava a
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A vederla, era sempre la stessa – quegli occhi scuri
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avrebbe fatto lo stesso. La matrigna non diceva niente
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giusta. ¶ XXV. ¶ Irene non la vidi mai disperata come
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vidi mai disperata come la sorella, ma quando da
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da due giorni non la chiamavano al Nido, se
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ne stava nervosa dietro la griglia del giardino oppure
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a Santina, e di guardava la strada. Quando
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e di là guardava la strada. Quando partiva col
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proda davanti a lei la guardava. ¶ Alla Mora un
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s’era fermato sotto la terrazza, aveva parlato con
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che di lassú scrutava la strada, ma Silvia non
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aveva detto solamente che la giornata era pesante e
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ci fossero pianoforti, che la vecchia non volesse saperne
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dalla vecchia, si prendeva la borsa col ricamo dentro
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libro del Nido che la vecchia le dava da
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Canelli, tutte le settimane. ¶ La Serafina e l’Emilia
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parenti avesse a Genova la contessa – si diceva perfino
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sentito raccontare che ormai la vecchia non teneva piú
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si accontentasse di far la serva nel Nido. Ma
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intorno nei nostri beni – la stalla, i fienili, il
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con qualcuno che valeva la pena. Se non fosse
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presente chi era lui, la sua salute, i suoi
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suo padre come avesse la febbre. Soltanto la signora
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avesse la febbre. Soltanto la signora Elvira discorreva asciutta
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sapeva mai niente. ¶ Intanto la storia di Silvia andava
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Buon Consiglio dove facevano la corsa dei cavalli – e
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di anelli e fumava la sigaretta. Sta’ a vedere
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pagando il biglietto, piantare la mano in un certo
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modo sul banco e la rossa ti diceva subito
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di una riva dove la motocicletta non poteva arrivare
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e s’erano portata la coperta e i cuscini
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e cosí si salvava la faccia. ¶ Io cercavo di
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vigna bianca, e io la guardavo accovacciata sotto le
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i grappoli, le guardavo la piega dei fianchi, la
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la piega dei fianchi, la vita, i capelli negli
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lo scatto della testa – la conoscevo tutta quanta, dai
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Noialtri andavamo per funghi intorno; Irene e Silvia
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prati c’era ancora la nebbia; gli attaccai io
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piazza di Canelli. Prese la frusta il figlio del
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d’agosto. Cirino e la Serafina dicevano ch’era
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dicevano ch’era meglio la grandine adesso sui funghi
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venne a svegliarci con la lanterna e il mantello
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a fare il caffè, la piccola strillava perché non
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del medico che menava la frusta e gridando «Viva
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vergine – e saliva svelto la scala dietro i vetri
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sciocchezze. Poi s’apriva la porta, la signora Elvira
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s’apriva la porta, la signora Elvira cacciava dentro
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signora Elvira cacciava dentro la piccola Santina di corsa
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in piedi, salutava seccato, la signora diceva: – Abbiamo ancora
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su con lui, ma la signora Elvira invece gliele
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un uomo falso – che la musica non l’ascoltava
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Santina soltanto per ingraziarsi la madre. Silvia invece lo
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diventava rossa, e alzavano la voce; un bel momento
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è un uomo. ¶ Verso la fine dell’inverno quest
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Io sapevo com’era la stanza, i due mazzi
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ricamate da Irene, e la lampada di marmo trasparente
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faceva una luce come la luna riflessa nell’acqua
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e allora, stando sotto la vite vergine secca, si
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nella neve, e allora sopra si sentiva susurrare
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non si vedeva che la vite secca e tante
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Nuto diceva: – Vagabondi, – con la voce tra i denti
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altro voleva dirgliene quattro. La signora faceva l’offesa
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scemo era il toscano. La signora Elvira si offendeva
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l’altra. Bastava aspettare la bella stagione e andargli
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di petto quell’Arturo – la storia si seppe da
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sporcaccione. ¶ Cosí sembrò finita la storia di Arturo, e
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anche del toscano. Ma la matrigna non ebbe il
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mai che arrivassero di – loro tagliavano da Belbo
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su perché gli pestavano la medica e perché si
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a rompicollo a spaccarsi la faccia. Il bello sarebbe
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piú nei prati. ¶ Con la buona stagione, specialmente Silvia
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specialmente Silvia piú nessuno la teneva. Adesso s’erano
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fortissimo dei tigli. ¶ XXIV. ¶ La piccola Santa, che aveva
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le dita insieme con la mela e per dispetto
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tutti i costi che la mettessimo sul cavallo e
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alla festa mi mettevo la cravatta, ma capivo ch
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clarino dappertutto e aveva la ragazza a Canelli. Di
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una cena a cui la signora e le figlie
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e quel giorno venne la sarta da Canelli per
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dissero anche di drizzarmi la cravatta per non sfigurare
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cortile – vista da sotto la palazzina era enorme e
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disegni di pietra, lucidi. La ragazza tornò e mi
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strambi, pensando com’è la terra, che porta qualunque
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volte sentivo Silvia che la canzonava e la chiamava
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padre e madre e la loro terra. Vivevano sole
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sempre arrivati allora, lavoravano la terra allo stesso modo
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mesi che Rosanne fu la mia ragazza, capii ch
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sul letto erano tutta la sua forza, che poteva
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l’occasione che qualcuno la vedesse e le facesse
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lei che, quando abolirono la legge, mi consigliò di
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so; i suoi ragazzi la salutavano gettando in aria
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le mani e coprivo la voce. Mi chiese subito
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sciarpe a colori, sorbiva la bibita in calzoncini nelle
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certe mattine, come toccare la frutta fresca sui banchi
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guardandosi le ginocchia, corrugando la fronte. ¶ – Ci ho pensato
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ho veduta grande – avevano la bellezza della dalia, della
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e vedere il terrazzo, la vetrata, i coppi, per
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eran loro, loro e la matrigna e la piccola
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e la matrigna e la piccola, e che perfino
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in scarpette, parlavano con la Serafina, col massaro, avevano
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i covoni del grano – la sera di San Giovanni
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che in chiesa avevano la placca sul banco. Ebbene
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e bigonce e pulivamo la cantina e anche il
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dall’Emilia che tutta la casa era in rivoluzione