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Lorenzo Magalotti, Canzonette anacreontiche sui buccheri, 1723

concordanze di «La»

nautoretestoannoconcordanza
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Dell’impalpabile, ¶ Ond’or la Betica ¶ Sì ne preval
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profumalo ¶ Di qua, di ! ¶ Oh di che amabili
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genio ¶ Non ti solleciti ¶ La bella man? ¶ Niside, credimi
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a stilla ¶ Ne distilla ¶ La vestale cordovese. ¶ Or che
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sta. ¶ Né sì tosto la mano si stende ¶ A
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saetta si rende ¶ Vêr la meta del vivo rubin
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alte prore tonanti ¶ Mai la furia onde s’urtano
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crete gelose ed amanti ¶ La battaglia nell’aria si
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BUCCHERI ¶ «I’ son pur la gentil cosa: ¶ L’aria
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Vita e spavento». ¶ Qui la terra, sorridendo: ¶ «Godo assai
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Ma che pro se la terra è infiammatissima? ¶ Rugiade
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e vostra mercè, di dall’etere. ¶ BUCCHERO NERO
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corvo ¶ (Mirabile stupor!) ¶ Disfida la colomba ¶ Col suo lattato
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che sì in chiocca ¶ sul Decembre fiocca ¶ Candidissima
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Bucchero, ¶ Fa’ che cada ¶ La rugiada ¶ Senz’odore e
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Ottavia, a voi consacro ¶ La boccia, il giel, la
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La boccia, il giel, la cantimplora, il Bucchero. ¶ Or
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attrezzi mai del bevere ¶ La cantina ritrovò, ¶ E quanti
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erba thè. ¶ E voi fuori ¶ Andate in volta
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A mano a mano la bassarea pioggia ¶ Un gentil
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antichi e venerandi, ¶ Cui la sete offra suoi voti
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vinosi ampi torrenti ¶ Per la posta, o a piene
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sono i vetri ¶ Per la mistica sangrìa, ¶ Celebriamo in
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Celebriamo in nuovi metri ¶ La real flebotomìa. ¶ Venga Bacco
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troppo commodi, ¶ Di più vo’ ch’e’ si
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e’ si scomodi: ¶ Di da’ monti, di là
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là da’ monti, di dal mare ¶ Vo ch
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rarità ¶ Degna non ne la fa. ¶ Vengane per le
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ed elefanti. ¶ O di donde sorge a noi
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donde sorge a noi la sera ¶ Sarpi per dritto
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più questo briaco, ¶ E la pompa innocente ¶ Del trionfo
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simile ¶ Unqua non vide la dardania gente, ¶ Chiuda in
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profumati argenti, ¶ Mentre affogo la sete e spengo il
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verde colorì. ¶ Fia contenta la mia brama, ¶ Se volar
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e tra Panama. ¶ Ma la spinga così forte, ¶ Che
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il sembiante ¶ Annerì delirante ¶ La Reina del Mondo. ¶ Non
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al Clivo, ¶ Da cui la figlia del superbo Atlante
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nella sua regia, ¶ Ottavia la sua regia abbia ne
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balzo d’Occidente ¶ Già la Notte s’appressava, ¶ Quando
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di quel mare, ¶ Che la spiaggia ha più vermiglia
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allora ¶ Sorridendo in sé la Diva) ¶ E più vani
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stretto ¶ Poco dianzi avea la Dea, ¶ Che di sete
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rugiada fine fine. ¶ Già la spiaggia, che fu arena
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e felice. ¶ Lieta allor la Notte e altera ¶ Grida
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erge e più combatte: ¶ La mia terra sarà pregio
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cortina, ¶ Me ne fe’ la confidenza ¶ Quando Pluto imbizzarrito
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accette in fuoco ardenti ¶ pe’ boschi di Sorìa
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cedro, il calambucco, ¶ E la pianta che profumo ¶ Fa
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al Tago in riva ¶ La Vestale in Santa Chiara
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polviglio, in più cantara ¶ La gran concia qui ravviva
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Di scurissime vainiglie. ¶ Per la dose de’ garofani ¶ Da
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garofani ¶ Da una parte, la gran libra ¶ Leva il
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vien passato. ¶ E perché la sciolta mole ¶ Coll’umor
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si cerca del mestiero. ¶ La fortuna de’ regnanti ¶ Sempre
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lega strana ¶ D’alterar la porcellana ¶ Dilettavasi in paese
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pompa immensa ¶ Dell’anel la funzione, ¶ In magnifico salone
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antremè già tolti via, ¶ La novella piatteria, ¶ L’atro
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vi pute, ¶ E talor la mia salute ¶ In ambrosia
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s’addorme sul tormento. ¶ La sua ruota Issioncello ¶ Quasi
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ognuno dolcemente ¶ Succia su la sua tortura ¶ Qual se
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orribil guerra, ¶ Che squarciatane la terra ¶ Qual se fosse
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annida, ¶ Nella sua marchia la sorprende, e infida ¶ Tutte
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appressarti a i labbri ¶ La mistica ricchissima bevanda ¶ Oh
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incatrama di sua mano ¶ La gran barba e ’l
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verno è beato. ¶ E la secca verdetta intorta fronde
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confonde ¶ Nel suo color la mammoletta oscura; ¶ Né il
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ha del sapore. ¶ E la vital misteriosa Nisi ¶ Pur
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ch’altri segua, ¶ Lungo la traccia di schiantati rami
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sul mezzo giorno ¶ Ebra la gente alla sua cuna
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favello. ¶ Nise, non più: la testa ¶ Più non mi