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Vittoria Colonna, [Rime], 1538

concordanze di «Ma»

nautoretestoannoconcordanza
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1538
serena, ¶ Di stil no, ma di duol mi danno
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intorno a divorarmi pronte; ¶ Ma l'alma ancor la
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tanto ardor si dolse, ¶ Ma ognor più lieta a
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a quell'ardente spera. ¶ Ma or che il lume
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suo giorno ¶ Ultimo chiuse; ma lei tanto offese, ¶ Che
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spiega l'ali ben, ma poggia all'ombra. ¶ SONETTO
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dall'altro mi scompagna: ¶ Ma nè questi nè quel
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ombra spessa e folta? ¶ Ma tanto bene appena il
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l'ardente ¶ Celeste carro, ma col proprio aurato ¶ Venir
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spinta ¶ Fatto l'avria, ma quell'ardente zelo ¶ Di
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il cibo al core, ¶ Ma strinse l'alme in
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puro argento ed oro. ¶ Ma i chiari spirti e
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speme i giorni amari. ¶ Ma or che vede come
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effetti poi questa produce; ¶ Ma la mia fa beata
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col lungo tempo spero, ¶ Ma più s'avanza col
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altero, ¶ Cresce l'ardor, ma fa mancar gli affanni
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colpo amaro, ¶ Nol diè; ma col morir vivendo imparo
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nè più mal teme. ¶ Ma se l'alma fedel
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trove ¶ Nel suo voler, ma che l'ardente face
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amor nel cor dipinge, ¶ Ma assai più bello, più
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l'altro al martire: ¶ Ma vincerà l'alto pensier
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più altero ¶ L'altro; ma sempre stabile e beato
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Parran nell'altra età, ma prime e antiche. ¶ Così
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da lor tenebre assente. ¶ Ma se giova sperar in
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amico vostro pensier vuole; ¶ Ma s'ei scacciar l
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o il dì ritorna; ¶ Ma in questo e in
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ardenti ¶ Copre o raffredda; ma d'invidia e affanni
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eterno sì dolce soggiorno! ¶ Ma fu la speme al
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speri, al ciel salita; ¶ Ma miracol non è, da
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in terra i dei. ¶ Ma se d'alto desir
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inonda, ¶ Trema di voi, ma quanto apre e circonda
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in ogni estremo lido. ¶ Ma il mio bel sol
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in ciel mi ricongiunge; ¶ Ma viene ognor più lieto
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Mi porgon ben ardir; ma a farmi forte, ¶ Porgi
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un chiaro ingegno eletto, ¶ Ma se trovar doveva egual
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opre sue nobile istoria; ¶ Ma condur questi al ciel
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più lucenti in cielo. ¶ Ma 'l primo obbietto segue
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affondar nelle commosse arene, ¶ Ma solo il navigare ancor
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speme il frutto coglie; ¶ Ma che tardi a venir
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viaggio, il fin pavento: ¶ Ma dolce sì nella memoria
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per strani alti sentieri. ¶ Ma tra falsi desiri e
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il nostro miser stato! ¶ Ma per cangiar di tempo
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a maggior mal riserba: ¶ Ma non trovando alfin ragion
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che non la finga, ¶ Ma sempre intorno ne dimostri
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noi miriamo in vano: ¶ Ma questa è colpa ugual
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già il tuo ben, ma l'empia e fella
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l'altro amore intero, ¶ Ma l'un tacer, l
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al cor più care. ¶ Ma quanto mai di buon
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beata, e qua felice. ¶ Ma 'l ciel sì largamente
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scettro, o regal manto. ¶ Ma a voi fu 'l
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cagion lo stile accorto: ¶ Ma dell'error palese ascosa
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ricca delle belle spoglie. ¶ Ma per colmarmi il cor
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pregiar troppo sè stesso; ¶ Ma sente 'l lume suo
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mio col corpo insieme, ¶ Ma acciò che innanzi a
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fu solo un giorno, ¶ Ma gli anni tuoi sì
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Ne diede al mondo; ma son chiare e intere
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sì brev'ora spento! ¶ Ma timor dell'eterne fe
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corse! ¶ Non cadde già, ma dal mondo disparve. ¶ SONETTO
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l'appaga l'ombra? ¶ Ma se timor del crudo
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di casti fuochi eterni. ¶ Ma chi potria narrar l
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grave mal piume leggiere! ¶ Ma io, che maggior danno
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ognora. ¶ Occaso non vedrà, ma sempre in orto ¶ Sarà
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i divin raggi ardenti, ¶ Ma con lume maggior là
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santa il bel desio; ¶ Ma, a te convien di
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lunge i miei sospiri. ¶ Ma perchè 'l mal s
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Mille luci vid'io, ma non mi spetro ¶ Da
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di mal nodrirsi sempre. ¶ Ma par la speme a
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sperar, nè toglie oblio, ¶ Ma col tempo il mio
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biasmando il proprio errore ¶ Ma se il volubil ciel
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acerbo martir nostro uguale. ¶ Ma se breve ora forse
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timor d'eterna pena, ¶ Ma d'ir lunge al
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lor fuggì la spene. ¶ Ma basti vincer questi alti
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e gloria saran vuoti; ¶ Ma or in questo periglioso
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Ettor, d'un Achille. Ma che fia ¶ Questo per
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offendesse assenza e gelosia. ¶ Ma io, misera me! sempre
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tentar le dubbie imprese; ¶ Ma a noi, dogliose afflitte
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la madre il figlio. ¶ Ma io, misera, cerco e
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io t'era appresso, ¶ Ma tu lasciando me, lasciasti
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del tuo amor digiuna. ¶ Ma io con volto disdegnoso
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mio sol mi tolse; ¶ Ma lui d'affanno e
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Le chiare lodi sue, ma in quest'inganni ¶ Sì
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accende, ¶ Tirar si sente; ma nel quarto poi ¶ Vede
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lunga ogni mondan diletto. ¶ Ma se potesse l'alta
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rubella! ¶ Grave era ben, ma degno un tanto peso
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si risolve in danno; ¶ Ma quanti io formo liberi
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ti godi, spirto eletto, ¶ Ma io qui resto in
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valor non si comprende. ¶ Ma poi che 'l lume
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mostri almo e sincero; ¶ Ma non iscorgo ancor con
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in più onorata stima. ¶ Ma dal fuoco divin (che
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immortal lieto m'offerse; ¶ Ma perchè la man santa
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la sua parte interna; ¶ Ma sol l'infiamma quella
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son nudi e frali. ¶ Ma se non puote gli
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non labrusca e fronde. ¶ Ma pria che l'ombra
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croce al sentier erto, ¶ Ma col giogo soave e
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veggia, non col mio, ma col suo lume, ¶ E
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allor di van desire, ¶ Ma lieve armata di celesti
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guerrier fregia e corona! ¶ Ma poi che per mia
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a poco a poco; ¶ Ma riscaldasse il cor col
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bel lume il desio; ¶ Ma non ho da me
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vita ¶ Non solo eternamente, ma in quel punto ¶ Ch
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e 'l verde alloro. ¶ Ma non si corre a
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fine ¶ Del nostro corso, ma non volo ancora ¶ Per
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sol, scorgo l'aurora, ¶ Ma per li sacri giri
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ancor l'antico errore; ¶ Ma l'alma sacra vite
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fior, nera la fronde. ¶ Ma spero ormai che 'l
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destro ed erto calle. ¶ Ma questo laberinto obliquo ed
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Non vide nè vedrà, ma sempre vede, ¶ Toglie dal
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nostro error biasmare altrui; ¶ Ma con la speme accesa
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suo bel lume ardente. ¶ Ma la nebbia dei sensi
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alta caligine t'ascondi; ¶ Ma viva grazia e chiari
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non già per purgarsi, ¶ Ma lavar seco tutto 'l
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umano. ¶ Quanto pur fe! ma il nostro folle insano
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esilio un breve errore. ¶ Ma per grazia di Dio
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bel grembo gli offerse; ¶ Ma pria che fosse il
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di morire ¶ Mostrâr desio; ma carità maggiore ¶ Fu giusto
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croce il braccio irato. ¶ Ma perchè sempre intero il
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suo, chiaro e beato, ¶ Ma nell'aspro morir largo
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la tua infinita ¶ Bontà, ma scopro il giusto desir
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S'onorasse di lei, ma nè la mente ¶ Pur
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sangue assecurar la mente. ¶ Ma nel Signor, quand'ei
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valor suo nostro intelletto. ¶ Ma se del bel misterio
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legge non si scrisse; ¶ Ma con la stampa sua
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La lasciò di cader; ma caro in mano ¶ Sempre
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incontro pallidetta e smorta. ¶ Ma la fede la tenne
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nudrir l'alto Signore? ¶ Ma non convien con gli
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L'uom mortal vive; ma debili e vani ¶ Sono
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altero: ¶ Non l'adombrasti, ma quel denso e nero
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Sgravar del nostro error, ma non s'offerse ¶ L
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v'eran più cari: ma brevi ore ¶ Furon concesse
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tormento acerbo e fero; ¶ Ma la vittoria dell'eterno
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ritornarlo glorïoso e vivo. ¶ Ma perchè vera madre il
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a men pregiata cura; ¶ Ma chiusa internamente dentro all
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i gran secreti suoi. ¶ Ma che fra tanto numero
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intrica ¶ Il vostro piè, ma sta securo e franco
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sì ben s'impresse. ¶ Ma vorrei mi mostrasti il
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al ciel s'erge, ma con l'imperfetto ¶ Fosco
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era in potere altrui; ¶ Ma l'alma invitta, già
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o d'ira armati, ¶ Ma di concetti in Dio
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false arditi e fieri. ¶ Ma se ben per la
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prega te per noi, ma, o pio ¶ Signor, prega
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morta ¶ Ogni mia luce; ma con lampa ardente, ¶ Chiamata
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deve o quanto vuole ¶ Ma quanto può s'accende
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scorge, lieto l'accompagna. ¶ Ma se dolente poi discerne
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Con l'alta ubbidïenza; ma l'ingrato ¶ Spirto d
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Già caldo e molle; ma il freddo, indurato, ¶ Ch
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qui dell'alta eterna. ¶ Ma non quanto in sè
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compiace ¶ Di grazia acquista, ma quanto consente ¶ Al raggio
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col senso infermo sana: ¶ Ma con lo spirto eterno
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terra, ¶ Signoreggiando il senso, ma non mira ¶ Il superbo
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Trova pace di fuor ma dentro guerra, ¶ Onde del
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ei risguarda al fine. ¶ Ma il proprio amore, e
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re saggio e possente; ¶ Ma legare i contrari miei
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il chiaro e scuro, ¶ Ma pur vivo splendor del
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buon cibo per noi, ma quel che suole ¶ Essere
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alla sua patria vera. ¶ Ma la sempre rubella voglia
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penètra, ov'egli annida; ¶ Ma cangiar lor convien vita
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mar corre a seconda, ¶ Ma in poppa e 'n
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per condurla a porto. ¶ Ma contra il voler suo
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Signor, nei nostri danni; ¶ Ma se l'offese avanzano
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gli accende il petto. ¶ Ma non per nostra tema
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unqua volgersi a tergo, ¶ Ma andar innanzi ov'è
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indegno ¶ Non ergo allor, ma a te, che sovra
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cagion varia l'effetto; ¶ Ma se lume del ciel
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dominar sete o vaghezza, ¶ Ma d'amare e di
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1538
suo chiusa e raccolta; ¶ Ma non sì nuda ancor
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Poco vive là su; ma son quei lumi ¶ Sì
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di luce in luce. ¶ Ma poi che, sua mercè
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tempo in labirinto vano; ¶ Ma sempre fido al sol
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con la lingua più, ma sol col core; ¶ Abba
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di sè non cura ¶ Ma a' piedi del Signor
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non armata d'opre, ¶ Ma d'un scudo di
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amato ¶ Per nome mio, ma tuo per opre figlio
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il cuore ¶ Sempre mostrasti, ma più assai possente ¶ Apparve
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uno il vide mortal, ma l'altro il vede
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insieme a fargli onore; ¶ Ma tanto ha di poter
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L'alta sua elezïon, ma insino al segno ¶ Ch
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attende ¶ Altra luce minor, ma lieta e pura ¶ Fissa
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me morta e dipinta? ¶ Ma s'ella è viva
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ancor legato e vinto; ¶ Ma s'a mirar sarà
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la sua fragil tela! ¶ Ma solo il voler nostro
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dolcezze conte ¶ A noi, ma nostre voglie e forti
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lungo e dubbioso sentiero. ¶ Ma con questa, sovente da
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lo spirto vostro ombreggia, ¶ Ma quel vivo color, se
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o sproni l'alma, ma disciolta ¶ Miri il gran
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spesi. ¶ Di giovar poca, ma di nocer molta ¶ Ragion
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imprese ¶ Non di saper, ma sol di fede il
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non mai frutto raccoglie; ¶ Ma formando con lagrime e
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l'altro al timore. ¶ Ma la fede fra i
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fatte con soavi odori; ¶ Ma ci sei tu che
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qui, nè invidio altrui; ma ben pietade ¶ Ho sol
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è il tempo infelice, ma son io, ¶ Misera, che
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l'ombre in terra, ma col chiaro stuolo ¶ Delle
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un ricco ornato fonte. ¶ Ma 'l vostro vago stil
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sua sì largo rivo; ¶ Ma sol perchè, signor, qua
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da terra alta levarmi. ¶ Ma più che nèttar dolce
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dritto voler cieco consente: ¶ Ma colui ch'in un
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tuo non sono uguali. ¶ Ma pria convien che tutta
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rispose ¶ Ai detti miei; ma allor seco mi strinse
199
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agli occhi miei dipinse. ¶ Ma pria sentii com'un
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nè strinse 'l pianto ¶ Ma con cor fermo e
201
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che amore eterno accese, ¶ Ma con divino strale e
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il merto in noi, ma il cor misura! ¶ SONETTO
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suo fallir vermiglio volto. ¶ Ma ben che 'l rallentato
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in più secura vita; ¶ Ma di quel vero ben
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promesse dell'etade acerba. ¶ Ma se a mirare il
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1538
Fabrizio nostro ¶ Nome simíl, ma le parole e l
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1538
che chiamar non vale! ¶ Ma quanto fece allor pungente
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prima ¶ Fermar sempre vorrei, ma questa ardente, ¶ Benchè sia