Giuseppe Parini, Il giorno, 1801

sposa o a mense. ¶ Ma che? Tu inorridisci e

de le guance enfiate. ¶ Ma il damigel ben pettinato

avvolto ha il crine: ¶ Ma se noiosa ipocondria ti

nascente si vedean dintorno: ¶ Ma tu gran prole in

berà le tue sentenze. ¶ Ma già vegg'io che

di gigli e rose. ¶ Ma che non puote anco

preghi e pianti ¶ Sparge ma in van; tal ch

salì del maritale albergo: ¶ Ma ciò non basti ad

schiere entra nel folto. ¶ Ma già velocemente il mio

a gli avi nostri. ¶ Ma se la sposa altrui

breve a te parlai; ma il tuo lavoro ¶ Breve

cure a te serbate. ¶ Ma che non puote quel

punisca ¶ Di sua temerità. Ma tu non pensa ¶ Ch

materia la stagion diverse, ¶ Ma qual più si conviene

case andò il rimbombo: ¶ Ma non in van poi

esca a far pompa. ¶ Ma qual di tanti e

a tempo unico spillo! ¶ Ma dove ahi dove inonorato

tutti o qual vuoi; ma l'aureo cerchio ¶ Che

Molce con soavissimo tintinno! ¶ Ma v'hai tu il

incarco i bruti ancora. ¶ Ma a possente signor scender

gola. E il crin... Ma il crin signore ¶ Forma

gli omeri a cader; ma o che natura ¶ A

D'esser mortal dubiterai; ma innalza ¶ Tu allor la

spire impeto e forza: ¶ Ma il primo sol le

e lieve non già, ma qual richiede ¶ La stagion

la seggioletta. Ognaltro ¶ Tacciasi; ma tu sol curvato alquanto

il somigli al meno. ¶ Ma rimembra o signor che

incauti al talamo bramato: ¶ Ma la prudenza co i

Di lui non già ma de le nozze amante

età volger le menti. ¶ Ma già rimbomba d'una

animanti ¶ Crescon qua giù: ma voi con rosee labbra

Vero forse non è; ma un giorno è fama

rose al crine avvolti; ¶ Ma stupido papavero grondante ¶ Di

gli ricinse il core. ¶ Ma se a la dama

è la civil salute! ¶ Ma no; più grave a

De le fatiche sue: ma a le grand'alme

novellava e d'arti. ¶ Ma chi è quell'eroe

ei parla o signor: ma sorge in tanto ¶ A

de gli dei minori. ¶ Ma negletto non già da

Non col soave odor, ma con le nove ¶ Leggiadre

move ¶ Non la materia, ma il divin lavoro. ¶ Nè

man proprie misero strapposse. ¶ Ma già volge al suo

che lo avvolge intorno. ¶ Ma tu come sublime aquila

accarezza le cadenti barbe. ¶ Ma guardati o signor guardati

a chi ti chiede; ¶ Ma deporli non osa. In

aura a voi conduce: ¶ Ma non osate i limitari

geloso: a fuggir pensa, ¶ Ma rattienlo il sospetto. Il

chiamava allarme ¶ Giocato fu. Ma poi che l'aureo

strepito dinota. ¶ Il Vespro ¶ Ma de gli augelli e

del partir dà cenno: ¶ Ma non senza sospetti e

morir gli agresti eroi; ¶ Ma placata e innocente al

uficio, itene or dunque: ¶ Ma lungo consigliar duri tra

volenti ella non voglia. ¶ Ma, se vaghezza poi ambo

a gli elsi enormi. ¶ Ma di lontan per l

Musa unir sue voci: ¶ Ma del parto divino al

cittadi e i regni. ¶ Ma ecco Amore, ecco la

infranto cristal mandar carpone. ¶ Ma l'avverso cocchier d

non vegno ¶ Invido esplorator, ma fido amico ¶ De la

per te teneri orgogli. ¶ Ma il bel carro s

per entro al foco. ¶ Ma no; chè l'amorosa

virtudi ascose ¶ Tacito apprenderò. Ma tu sorridi ¶ Invisibil Camena

e cambia o merca. ¶ Ma lei beata poi quand

d'ambo gli Atridi. ¶ Ma chi l'opre diverse

vernacolo accento anco risponde. ¶ Ma le giovani madri, al

ancor serba del monte? ¶ Ma che non può sagace

Altrove ¶ Le occulte altrui, ma non fuggite all'occhio