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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Carlo Goldoni, Gl'innamorati, 1759

concordanze di «Mi»

nautoretestoannoconcordanza
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ANTONIO ANCAJANI ¶ NOBILE SPOLETINO. ¶ MI è sempre restata impressa
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riveder la Toscana non mi avesse preventivamente determinato a
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miei di Firenze, ma mi è costato il discapito
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il saggio suo ragionare mi fanno maggiormente pentire di
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una spia onorata, che mi riporta i sentimenti di
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Fulgenzio è qui, e mi prega; e se voglio
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prega; e se voglio, mi domanda ancora perdono. ¶ Flamminia
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povera donna? ¶ Eugenia. Non mi ha fatto niente, ma
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Poverino! ¶ Eugenia. Sentite, come mi scrive. (a Flamminia) ¶ Flamminia
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parola d’amore. ¶ Eugenia. Mi prendo la libertà di
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Eugenia. Sì, fatelo, che mi farete piacere, lo ci
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veramente il vostro padrone. Mi ha detto, che gioca
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lo volete negare? Persone mi hanno detto per certo
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Tognino. Può essere. ¶ Eugenia. Mi fareste venir la rabbia
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dite bene. ¶ Flamminia. Sentite. Mi hanno tanto consolato le
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Flamminia. Siete pur sguaiata. Mi pare un secolo, ch
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non vi capisco. ¶ Eugenia. Mi capisco da me. ¶ Flamminia
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fo la rima. ¶ Flamminia. Mi fareste dir delle brutte
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Che! siete impazzita davvero? Mi fate di queste scene
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lui? ¶ Flamminia. Un forastiere, mi pare. ¶ Eugenia. Ha sempre
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una ricchezza immensa. ¶ Roberto. Mi fa troppo onore il
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donna come Flamminia. ¶ Roberto. Mi rallegro infinitamente colla signora
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limitate. Quello di che mi pregio, si è la
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del Tiziani, di cui mi hanno offerto due mila
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affare per ora, che mi trattiene. Servitelo intanto, che
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avrà mai vedute. ¶ Roberto. Mi sarà carissima la vostra
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importa a me, che mi trovi col forastiere?) O
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io trattare con chi mi aggrada. (da sè, e
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Cavaliere, s’accomodi. ¶ Roberto. Mi prevalerò delle vostre grazie
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Eh favorisca. ¶ Roberto. Che mi comandate? ¶ Fabrizio. Oggi avrà
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Roberto. Ne parleremo. ¶ Fabrizio. Mi dà parola? ¶ Roberto. Contentatevi
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parola? ¶ Roberto. Contentatevi... ¶ Fabrizio. Mi dà parola? ¶ Roberto. Non
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io per il mondo, mi verranno incontro colle carrozze
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a sei, colle trombette. Mi dispiace che non ci
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è legna. ¶ Fabrizio. Non mi star a fare lo
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Eccellenza. ¶ Fabrizio. Qualche volta mi faresti arrabbiare con questa
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ci sono? ¶ Succianespole. Sei, mi pare. ¶ Fabrizio. Sì, erano
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sì. ¶ Fabrizio. E non mi fare aspettare due ore
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cavalieri ch’io servo, mi faranno cavalcar colle staffe
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grano della mia testa mi ha da rendere il
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e Ridolfo. ¶ Lisetta. Che mi comanda il signor Ridolfo
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dicesse prima di me, mi farebbe piacere). ¶ Lisetta. Ma
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faranno la pace. ¶ Ridolfo. Mi par difficile. ¶ Lisetta. L
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natura, ha battuto sodo, mi ha risposto come un
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colle lagrime agli occhi mi ha pregato per carità
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in ogni modo io mi vo’ disimpegnare dalla mia
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ho anche detto che mi lagnerei, se dopo di
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per questo? ¶ Ridolfo. Oibò; mi ha detto di certa
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che da me partiste, mi sono sentito gelare il
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se il servitore non mi sosteneva. Ah, quell’indegno
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tenero sincero abbraccio. ¶ Lisetta. (Mi pareva impossibile, che non
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vi compatisco, ma non mi mettete più in tali
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in collera? ¶ Lisetta. Non mi pare. ¶ Fulgenzio. Via, chiamatela
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moderarmi. Già so che mi vuol bene. Se vuol
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sia di buon umore. Mi pare ilare in volto
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lasciar nella penna. ¶ Eugenia. Mi scappò, non volendo. La
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è del torbido: non mi vorrei inquietare, ma ho
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ella, con questo ella mi ha un pochino sturbato
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stata in complimenti, e mi è restato il lei
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venute a favorirmi. Anzi mi hanno detto, che vogliono
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me? ¶ Eugenia. Sicuro. ¶ Fulgenzio. Mi piace. S’accomodi. ¶ Eugenia
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accomodi. ¶ Eugenia. Oh bella! mi avete mai condotta voi
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ho condotta, perchè non mi avete comandato di farlo
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avanzi, favorite portarmelo, che mi divertirò un poco dopo
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del mio servitore. ¶ Eugenia. Mi maraviglio di voi, che
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isdegno) ¶ Eugenia. Fermatevi, che mi fate girar il capo
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farò più. ¶ Eugenia. Non mi fate di queste ragazzate
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ridente amoroso) ¶ Eugenia. Se mi parerà. (scherzando con amore
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prove d’amore? Ancora mi volete fare il torto
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sapete il debito che mi corre. Mio fratello, che
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cielo. Eugenia mia, non mi tormentate. ¶ Eugenia. Via, avete
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Fulgenzio. Basta così, che mi si spezza il core
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per la tenerezza. ¶ Eugenia. Mi vorrete sempre bene? ¶ Fulgenzio
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domandandomi questa cosa, voi mi offendete. ¶ Eugenia. Ve la
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Fulgenzio. Ma se sempre mi provocate. ¶ Eugenia. Mi voglio
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sempre mi provocate. ¶ Eugenia. Mi voglio mettere a non
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Ridolfo, la libertà che mi sono presa. Perdonatemi, se
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sono ancora due ore. Mi figuro che si saranno
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ragazza di questo mondo. Mi dispiace vederla afflitta. Dopo
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ho tanto faticato, che mi gira la testa. Ma
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supplico dispensarmi... ¶ Fabrizio. Non mi fate andar in collera
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venga qui. ¶ Lisetta. Se mi domanda il perchè? ¶ Fabrizio
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Come? Andate via? Non mi avete dato parola di
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basta, signor Fabrizio. Non mi mettete in ridicolo. ¶ Fabrizio
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vi siete mutato? ¶ Fabrizio. Mi muterò. Voglio andare in
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verde? ¶ Roberto. Sì signore, mi piace. ¶ Fabrizio. Bene, si
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e detti. ¶ Eugenia. Che mi comanda il signore zio
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la signora Eugenia, che mi par melanconica? (a Flamminia
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di saperlo. Io non mi vergogno di manifestare una
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una verità, che non mi fa disonore. Sono innamorata
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vedo pacificato. (Cosi non mi seccherà più costui colle
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che la paghi. ¶ Roberto. Mi piace tanto la verità
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più la signora Eugenia mi obbliga a riverirla e
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alla vostra bontà, e mi rincresce che inutilmente impiegate
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Così dovete dire, e mi compiaccio che lo diciate
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Roberto. No, signora, non mi prendete in cattiva parte
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fosse sdegnato?) ¶ Lisetta. (Anzi mi parve allegro, e l
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con serietà) ¶ Roberto. Sì, mi consolo con voi, che
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Fulgenzio. Non signora; non mi dispiacerebbe, se si dicesse
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Fulgenzio. (E queste signore mi hanno dato ad intendere
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per tempo. ¶ Fulgenzio. (E mi dissero ch’era venuto
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un’azione eroica. ¶ Fulgenzio. (Mi fa specie, che Eugenia
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specie, che Eugenia non mi dice niente ch’io
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preme). (Ja sè) ¶ Flamminia. Mi maraviglio di voi, signor
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fate tanto pregare. ¶ Fulgenzio. Mi farei pregar meno, se
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Fabrizio. Via, signor Fulgenzio, mi lasci andare in cucina
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lasci andare in cucina, mi consoli con un bel
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Fulgenzio. La signora Eugenia mi prega di questo? ¶ Eugenia
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questo? ¶ Eugenia. Io non mi sono mai sognata questa
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sa che colei non mi può vedere). ¶ Fabrizio. Proviamo
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divertimento del mondo). ¶ Eugenia. Mi dispiace del sagrifizio che
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come questa gentil signora, mi chiamerei fortunato. ¶ Fulgenzio. E
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Se parlate per lui, mi rinunzia solennemente. (a Roberto
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che si diverta. ¶ Fulgenzio. Mi dicono che a Roma
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Fulgenzio. Fa caldo oggi, mi pare. (sì alza affettando
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vi è pericolo che mi vediate infuriare. Ho preso
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son diventato pacifico. Non mi riscaldo più. ¶ Flamminia. Via
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sopra) ¶ Eugenia. (Se ora mi tratta così, guai a
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E stimo che non mi dice niente). (come sopra
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volta). (come sopra) ¶ Eugenia. Mi spiacerebbe che avesse da
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fazzoletto coi denti.) ¶ Eugenia. Mi duole del tempo che
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Eugenia. Che serve? Non mi fate arrabbiar d’avvantaggio
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per l’amore che mi portate, per quello almeno
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per quello almeno che mi avete portato. ¶ Fulgenzio. Ah
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lo getta via) ¶ Fulgenzio. (Mi sento morire). (da sè
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di core, il cielo mi fulmini. ¶ Fulgenzio. Ma perchè
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vi tormenterò più. Voi mi abbandonerete, ed io vi
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il signor Fabrizio, se mi ha veduto in quest
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Clorinda. (Povero signor Fulgenzio! mi dispiace che rimasto sia
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Compatisco l’amore, e mi sovviene che il mio
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al signor Fulgenzio? ¶ Eugenia. Mi par di sì, domandatelo
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Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Sì, certo, mi è venuto un giramento
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Non sappia, ch’io mi gettava ai piedi della
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forza di buone grazie, mi ha, posso dir, violentata
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nuovo disastro). ¶ Clorinda. Voi mi mortificate, signora. Sapete che
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detto? ¶ Eugenia. Oh, non mi ha detto niente. Egli
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detto niente. Egli non mi usa simili confidenze. ¶ Clorinda
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diventata noiosa. ¶ Clorinda. Eppure mi parla sempre di voi
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è questo? Mio cognato mi perde il rispetto? Che
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questa mattina, quando ella mi ha tirato giù per
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lettera venuta questa mattina, mi pare lo faccia poco
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curiosità di sentire. Sempre mi trema il cuore per
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essere al suo servizio. Mi fa compassione). (guarda) ¶ Lisetta
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di giorno in giorno mi vo dimagrando, e per
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ciò che di Lei mi ha detto, e quanto
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ne ha prodotta, e mi aspetto vedere compita la
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ed ecco perchè indotto mi sono a dedicargliene una
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essere amata, e chi mi ama ha da scordarsi
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affetto. Ma è impossibile, mi dirà taluno, trovar un
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volte; si è umiliato; mi ha domandato perdono, non
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ritiro. Sarà contento; non mi vedrà più. Avrà finito
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Sorella, voi ancora non mi conoscete. ¶ Flamminia. Vi conosco
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voi; e se veramente mi volesse bene... ¶ Flamminia. Se
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dette. ¶ Fulgenzio. Signora Eugenia, mi permetterete di’io vi
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può insultarmi, ma non mi può intaccar nell’onore
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Se fossi un uomo, mi sfiderebbe alla spada. ¶ Fulgenzio
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Nello stato in cui mi trovo, non fo poco
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sarebbe poco, se non mi facesse essere indiscretto, incivile
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Io voglio ridere quanto mi pare. ¶ Fulgenzio. Ridete pure
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Eugenia. Basta che non mi abbandoni il cielo. ¶ Flamminia
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e dissimulare. La collera mi ha trasportato. Ella non
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ha trasportato. Ella non mi ha sforzato a insultar
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malaccorto, il furente. Eugenia mi ama, ed è per
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Fulgenzio. Eugenia carissima, voi mi avete da accordare una
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desidero che compiacervi. ¶ Fulgenzio. Mi avete a permettere, ch
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atto del mio dovere mi ha da costare la
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Andate, finitela, e non mi tormentate di più. ¶ Fulgenzio
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passione? Andate, andate, che mi sono abbastanza disingannata. ¶ Fulgenzio
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s’io vi dispiaccio. Mi preme l’onor dell
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restate qui, e più mi recate noia. (a Fulgenzio
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vede chiaro, che non mi ama. Ed io sarei
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di cuore, che ora mi sento, non è amore
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già perchè il perfido mi abbandoni, ma ira contro
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Ma quale costanza, se mi sento morire? ¶ SCENA IX
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Insolente. ¶ Eugenia. (Or ora mi sente, con queste sue
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Eugenia. (Non vorrei che mi tirasse a cimento). ¶ Roberto
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giovane come lei. ¶ Fabrizio. Mi disdico di quel che
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Roberto. Sì, certo, e mi chiamerei felice, se avessi
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i pregi dei quali mi caricate: ma vanto quello
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e si penta, quando mi avrà perduta). ¶ Fabrizio. Via
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ai cavalieri onorati. Voi mi avete promesso vostra nipote
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ho fatto bene. Fulgenzio mi veda sposa, e crepi
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già a quest’ora mi principia a rodere il
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quell’amore ch’io mi credeva, di che ha
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se crederà ch’io mi sia legata altrui per
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cercherò che il Conte mi piaccia; imiterò l’indifferenza
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Sarà meglio ch’io mi allontani. (in atto di
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il maggior affare che mi premesse. ¶ Eugenia. Cioè gli
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me l’accorda placidamente; mi esibisce poter condurre la
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abitazione e le facoltà. Mi ama tanto, che nulla
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accogliete una nuova, che mi lusingai dovesse rendervi consolata
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mia colpevole debolezza. Oimè, mi sento morire, (si copre
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alla cortesia, con cui mi soffre e mi onora
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cui mi soffre e mi onora, ed ossequiosamente mi
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mi onora, ed ossequiosamente mi dico ¶ Di V. S
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miei, e se non mi vergognassi, direi da chi
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avete, signora sorella, che mi guardate così di mal
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Flamminia. Eugenia mia, compatitemi; mi fate tanto venir la
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ho fatto, che non mi potete vedere? ¶ Flamminia. Non
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grazia. ¶ Eugenia. In verità mi fareste ridere. Avete tanta
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la casa; che io mi son maritata come il
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Fulgenzio. (Ah! se non mi amasse... Ma oh cieli
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perchè fingere, se non mi amasse?) ¶ Lisetta. Via, via
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no, vivete; il cielo mi vuol infelice. Pazienza. Vi
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conoscete il torto che mi faceste? ¶ Flamminia. Via, non
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Eugenia. Sì, insultatemi, che mi si conviene. Conosco l
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comporta; in ogni guisa mi duole d’avervi offeso
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che sian benedetti. ¶ Lisetta. Mi fanno piangere. ¶ SCENA XIV