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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «Mi»

nautoretestoannoconcordanza
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1950
chiese subito perché non mi facevo americano. Perché non
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1950
e lei rideva e mi disse ch’erano i
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1950
mio nonno, e cosí mi vedessi davanti finalmente chi
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1950
sulla costa. Ma io mi tenni, non volli – con
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1950
bene di chi. Eppure mi piaceva quella donna, mi
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1950
mi piaceva quella donna, mi piaceva come il sapore
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1950
strade. ¶ Poi una sera mi disse che tornava dai
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1950
a me nella macchina – mi disse che non dovevo
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1950
che potevamo aggiustarla, sposarci. Mi lasciò parlare con un
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1950
sui giornali a colori. Mi scrisse mesi dopo una
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1950
Glieli mandai e non mi rispose. Non ne seppi
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1950
non sono piú giovane mi cercano loro, ma non
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1950
lire e alla festa mi mettevo la cravatta, ma
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1950
dei palazzi di Genova. Mi dissero di tornare a
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1950
del biroccio erano scrostati. Mi dissero anche di drizzarmi
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1950
si fece vivo e mi lasciarono in mezzo ai
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1950
scesi dal biroccio e mi feci alla porta. Nella
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1950
col grembialino bianco, che mi guardò e tirò via
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1950
ch’ero arrivato. Lei mi chiese che cosa volevo
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1950
La ragazza tornò e mi disse che potevo andar
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1950
un ferro e non mi lasciava sentire. Irene le
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1950
ferro di Cirino non mi lasciava sentire. ¶ – Vieni su
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1950
nel Nido. Ma quando mi guardavo intorno nei nostri
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1950
idea, pur facendomi rabbia, mi piacque di piú – mi
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1950
mi piacque di piú – mi pareva impossibile che Irene
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1950
resta? Per tanti anni mi era bastata una ventata
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1950
tiglio la sera, e mi sentivo un altro, mi
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1950
mi sentivo un altro, mi sentivo davvero io, non
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1950
volentieri della Mora, ma mi chiese diverse volte se
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1950
e due. Discorrevamo. Qualcuno mi dava del voi. – Sono
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1950
avevo dimenticato. – E Bianchetta? – mi disse uno, – te la
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1950
è sposata ai Robini, – mi dissero, – sta bene. ¶ Quasi
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1950
a prendermi all’Angelo, mi cavava dal crocchio di
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1950
maresciallo e geometri, e mi faceva parlare. Andavamo come
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1950
nere Nuto una sera mi domandò com’era stato
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1950
giorno dopo che tutti mi avessero dato per morto
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1950
tecniche serali. Teresa adesso mi ascoltava paziente e mi
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1950
mi ascoltava paziente e mi diceva che facevo bene
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1950
volermi portare avanti, e mi dava da mangiare in
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1950
e in due giorni mi aveva trovato un posto
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1950
Cinto, fu tra noi, mi si buttò tra le
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1950
fuoco alla paglia e mi cercava ancora, ma io
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1950
polvere sui miei piedi, mi stringeva una gamba e
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1950
che prendeva alla gola. Mi scappò un coniglio tra
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1950
gli occhi gonfi e mi guardò – mi parve mezzo
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1950
gonfi e mi guardò – mi parve mezzo insonnolito. ¶ Il
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1950
del tifo quell’inverno. Mi ricordo che nella stalla
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1950
giornata di Silvia non mi riuscí di sapere gran
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1950
col fermaglio, quello che mi serví a far paura
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1950
Canelli la sera che mi aspettavano sulla strada di
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1950
che aizzano i cani. Mi ricordo sovente di questa
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1950
avevo i primi soldi, mi venne voglia di sapere
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1950
dirmi una volta che mi aspettavano, la Giulia mi
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1950
mi aspettavano, la Giulia mi aspettava, si ricordavano di
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1950
le ragazze. – Che ragazze, – mi disse quel tale. – Sono
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1950
che gli avevo promesso. Mi dissero che un ragazzotto
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1950
dissero che un ragazzotto mi aspettava fuori e trovai
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1950
a carte. Suo padre, mi disse, era in piazza
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1950
di scegliere lui. Non mi credeva. – Avanti, sbrígati –. Scelse
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1950
lame contro il palmo. Mi rispose di no. Gli
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1950
che io una volta mi ero comprato un coltello
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1950
mercato di Canelli, e mi era servito in campagna
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1950
Piú che sul treno, mi rispose, gli sarebbe piaciuto
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1950
giocavano a tarocchi. ¶ Poi mi disse: – Quest’oggi c
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1950
certi momenti lo invidiavo. Mi pareva di sapere anche
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1950
visti sulle colline lontane, mi facevano gridare e rotolarmi
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1950
e gli storpi. Poi mi misi a tirar sassi
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1950
dei passanti e questo mi dava ancor piú rabbia
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1950
avevo voglia di piangere. Mi misi in caccia di
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1950
e di Silvia e mi dicevo che anche loro
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1950
dietro le dalie. Adesso mi girava la testa e
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1950
tanto con me. Adesso mi sembrava di essere un
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1950
di essere un altro, mi dispiaceva addirittura di non
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1950
e il cavallo sbuffare. Mi girai sul saccone e
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1950
sembrava fosse sempre domenica. Mi ricordo l’ultimo lavoro
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1950
entrava al mattino e mi trovava nell’aia al
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1950
la collina del Salto, mi sembrava la finestra di
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1950
pianoforte, io a volte mi guardavo le mani, e
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1950
avrei mai creduto, se mi guardo le mani capisco
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1950
vigna bianca sulla strada. Mi piaceva, accidenti. Nuto ascoltava
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1950
villetta sul mare e mi aveva messo a tenergli
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1950
era la cameriera e mi canzonava per le parole
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1950
intorno i sergenti che mi pigliassero in giro quando
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1950
qualcosa. ¶ Teresa rideva e mi chiedeva se non avevo
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1950
avevo una ragazza che mi lavasse le camicie. – Non
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1950
in licenza al paese mi portavo il fagotto. ¶ – Io
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1950
facevamo l’amore, lei mi chiedeva sempre che cosa
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1950
lei si sarebbe arrabbiata, mi avrebbe prese le mani
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1950
che il mio mestiere mi renda. Ma che sia
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1950
ero figlio bastardo e mi chiedeva sempre perché non
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1950
mia madre. – Magari, – lei mi diceva, – è il tuo
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1950
ricci… ¶ (L’Emilia, che mi aveva messo il nome
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1950
E Nuto, già allora, mi aveva chiesto: – Perché dici
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1950
stavo già in America – mi accorsi che per me
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1950
quando abolirono la legge, mi consigliò di fabbricare il
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1950
e coprivo la voce. Mi chiese subito perché non
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1950
mastice. ¶ Scendendo il sentiero mi borbottò che c’era
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1950
incontro arrancando e Nuto mi disse che avevo un
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1950
qualche lira, ma poi mi trattenevo. Non l’avrebbe
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1950
morde, – disse Nuto. ¶ Allora mi ricordai dei miei tempi
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1950
la prima volta che mi vide alla Mora – ammazzavano
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1950
andavamo d’accordo e mi trattava come un amico
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1950
di Nuto, conoscerlo cosí, mi faceva l’effetto di
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1950
sentir suonare la musica. Mi vergognavo di essere soltanto
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1950
chiacchierare come lui, e mi pareva che da solo
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1950
far niente. Ma lui mi dava confidenza, mi diceva
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1950
lui mi dava confidenza, mi diceva che voleva insegnarmi
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1950
dieci colpi nel bersaglio. Mi diceva che l’ignorante
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1950
tavolino. – Cos’hai paura, – mi diceva, – una cosa s
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1950
Ma fu lui che mi spiegò perché Nicoletto era
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1950
carogna. – È un ignorante, – mi disse, – crede perché sta
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1950
capisce –. Fu Nuto che mi disse che col treno
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1950
e chi è tapino. Mi disse anche i nomi
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1950
Canelli, in quei momenti mi fermavo sulla zappa, guardavo
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1950
Calamandrana, verso Calosso, e mi pareva di aver bevuto
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1950
volte in bicicletta, e mi fermavo sul ponte di
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1950
per suo padre e mi vide davanti alla censa
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1950
dàn già queste sigarette? – mi disse sulla spalla, all
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1950
stanno in due soldi, mi vergognai, e da quel
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1950
ne parlammo e lui mi disse che uno dei
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1950
La cosa che non mi capacitava a quei tempi
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1950
piacesse una cosa simile mi stupiva. Allora ero già
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1950
e a quello. Però mi stupiva. E Nuto a
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1950
di un fondo e mi dava ragione. Fu lui
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1950
prugne. Il sor Matteo mi chiamò un giorno sul
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1950
e la signora, e mi chiese che fine aveva
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1950
perché m’aveva chiamato. Mi seccava di avere i
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1950
spruzzi sulla faccia: non mi ero aspettato di trovarci
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1950
la camicia». ¶ – Lavori tanto, – mi disse quel giorno il
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1950
Invece il sor Matteo mi guardò un momento e
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1950
massaro. ¶ Il sor Matteo mi guardò di nuovo e
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1950
guardò di nuovo e mi disse che io ero
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1950
Il cavallo s’accontenta, – mi disse, – e lavora piú
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1950
Se non stai attento, – mi disse, – a Natale ti
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1950
riva di casa mia. Mi ricordai le cinque lire
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1950
un giovanotto della Stazione. – Mi portate a Canelli? – gridò
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1950
cavallo: il sor Matteo mi aveva promesso cinquanta lire
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1950
per me. La Serafina mi chiese se volevo far
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1950
adesso che ero aggiustato mi toccava lavorare come un
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1950
stesse braccia, stessa schiena, mi dicevano sempre Anguilla, non
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1950
capivo la differenza. Nuto mi consigliò di non prendermela
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1950
consigliò di non prendermela; mi disse che probabilmente, se
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1950
cento, e perché non mi compravo l’ocarina. – Non
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1950
sciocchezze. Fu allora che mi comprai un coltello col
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1950
la bandiera. Se non mi compro una cascina. Se
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1950
varie volte nell’estate mi aveva mandato a giornata
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1950
sempre col sopraffiato che mi chiamassero, che venisse qualcuno
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1950
le scarpe infangate – e mi guardò di traverso. Padrino
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1950
tirava i baffi. – Tu, – mi disse il prete, – non
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1950
che passai Belbo non mi voltai indietro. Lo passai
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1950
Giulia in Gaminella. ¶ Chi mi accolse alla Mora fu
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1950
massaro e di Serafina. Mi fece subito vedere la
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1950
ancora sul fienile; poi mi avrebbe messo un saccone
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1950
lucida, che l’Emilia mi disse guai al mondo
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1950
guardò la mia roba, mi chiese se facevo conto
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1950
disse all’Emilia che mi trovasse una giacca per
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1950
macinare il caffè. ¶ Chi mi disse che sembravo un
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1950
Cirino, e massaro Lanzone mi disse che la vergogna
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1950
andava fatto con franchezza. Mi chiesero della Virgilia, dell
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1950
formaggio, di vino. Allora mi feci coraggio e Cirino
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1950
feci coraggio e Cirino mi disse che alla Mora
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1950
pezzo di terra, se mi metterò a parlare alla
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1950
anche prima che tornassi mi succedeva tante volte uscendo
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1950
mestiere. Qui piú nessuno mi parlò delle cinque lire
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1950
Cossano – ero Anguilla e mi guadagnavo la pagnotta. Sulle
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1950
Gaminella dove bastava Padrino, mi confondevo, con tante bestie
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1950
i manzi come spose, – mi disse. M’insegnò a
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1950
avevo una giacca che mi toccava le ginocchia e
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1950
dei braccianti, il massaro mi mandava a tenerli d
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1950
attento come si fa, – mi diceva Cirino sputandosi sulle
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1950
ancora veramente; le donne mi chiamavano nel cortile, mi
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1950
mi chiamavano nel cortile, mi mandavano a far questo
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1950
far questo e quello, mi tenevano in cucina mentre
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1950
soltanto un ragazzo e mi dava delle commissioni che
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1950
dava delle commissioni che mi tenevano sotto gli occhi
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1950
domenica accendendo il toscano mi raccontava che nemmeno in
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1950
commissione da fare, e mi bevevo quei discorsi mentre
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1950
pezzo non ci salii, mi faceva troppa paura. L
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1950
andava e veniva e mi poteva comandare perché era
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1950
l’Emilia a volte mi chiamava dalle finestre, dal
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1950
pianerottolo e scappai. E mi ricordo la mattina, che
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1950
grondaia sul terrazzo, e mi chiamarono a tenere la
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1950
un lenzuolo sul braccio, mi guardò i piedi. ¶ Dal
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1950
Anguilla, vieni Anguilla. ¶ – Milia mi chiama, – balbettai. ¶ – Va’ va
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1950
teneva lei la scala, mi gridò: – Vieni su, muoviti
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1950
quelle canicole, quando Cirino mi mandava per roncare o
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1950
rovente. Era qui che mi vantavo del mio soprannome
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1950
staffilate con la cinghia. ¶ Mi bastò quel poco che
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1950
che costano soldi… ¶ Lui mi rispose che ecco, sono
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1950
tono, non disse niente. ¶ Mi sentii la Rosina dietro
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1950
cos’aveva la vecchia. Mi rispose ch’era vecchia
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1950
uno dica, è lamentarsi. Mi guardò per traverso. – Ci
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1950
prima del mondo – piú mi facevano piacere. E cosí
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1950
succedevano cose nere: Nuto mi disse che dalla piana
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1950
ricordavano ancora di me. Mi restò in mente l
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1950
colline. Da ragazzo non mi ero sbagliato, nel mondo
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1950
tutto era cambiato. Canelli mi piaceva per se stessa
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1950
rive che ci sbucavano. Mi piaceva perché qui tutto
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1950
cominciando da Gaminella. Se mi fossi ritrovato ragazzo, l
200
1950
cammino lungo la ferrata mi torna in mente. Fiutavo
201
1950
andavo. Poi l’idea mi passò perché delle mie
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1950
e venne la guerra. Mi lasciai sorprendere – ero stufo
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1950
e ricominciare l’indomani. Mi toccò poi ricominciare a
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1950
di lavorare, di espormi, mi moriva tra le mani
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1950
dire nessuno. ¶ Quella sera mi s’impannò il camioncino
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1950
voluto attraversare la contea. Mi dissi: «Aspetto. Passerà qualcuno
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1950
venticello scricchiolava sulla strada, mi portava un odore di
208
1950
loro il pericolo, ma mi fecero pensare che mi
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1950
mi fecero pensare che mi trovavo in fondo all
210
1950
treno. Già varie volte mi ero addossato a un
211
1950
e andava alla costa. Mi rimisi a studiare la
212
1950
Almeno passasse un treno. ¶ Mi venivano in mente tante
213
1950
un rotolío di pietre mi fece saltare. Spensi il
214
1950
Per passare la paura, mi ricordai che verso sera
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1950
e gli scorpioni, pensavo. Mi piombò addosso sulla strada
216
1950
sabbia tornò a scricchiolare, mi dicevo che nemmeno in
217
1950
per non farmi internare, mi sentivo già addosso la
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1950
America. ¶ Ritornai nella cabina, mi feci su in una
219
1950
notte una grossa cagnara mi svegliò di soprassalto. Sembrava
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1950
a guardarla un pezzo. Mi fece davvero spavento. ¶ XII
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1950
non ero d’accordo. Mi chiesero come. In quell
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1950
famiglia e le priore. Mi tenne al corrente il
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1950
s’inginocchiava mia madre, – mi disse. – Mia madre che
224
1950
gli zingari… ¶ – Che zingari? ¶ Mi raccontò che nei giorni
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1950
È capace di accettare, – mi disse, – e di farci
226
1950
e dei morti. Adesso mi accorsi che i morti
227
1950
la mia. Adesso Nuto mi guardò, sbatté la riga
228
1950
sbatté la riga e mi chiese brusco se non
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1950
Raccolse la giacca e mi disse: – Vuoi bere? – Mentre
230
1950
poi si volta e mi fa: – Sono stufo. Andiamocene
231
1950
usciva piú dai beni. Mi soffermai per dir qualcosa
232
1950
Salutiamo –. Il Berta non mi conobbe di certo. ¶ Fin
233
1950
sospiro e si fermò. Mi soffermai anch’io e
234
1950
erba dura, e Nuto mi spiegò perché il deputato
235
1950
paese? ¶ Mentre parlava, io mi vedevo Gaminella in faccia
236
1950
ragazze? Quando ci penso, mi gira il sangue. Va
237
1950
un destino. Certe volte mi chiedevo perché, di tanta
238
1950
occhi neri delle figlie mi avrebbero riconosciuto dal terrazzo
239
1950
come Cinto, il mondo mi aveva cambiato. ¶ Le sere
240
1950
A quei tempi non mi capacitavo che cosa fosse
241
1950
foglie rosse o gialle, mi mettono gola ancora adesso
242
1950
banco in piazza, e mi disse che aveva a
243
1950
i conigli? – dissi. ¶ Cinto mi disse che ci andava
244
1950
e fino alla svolta mi sentii quegli occhi addosso
245
1950
Nuto, perché il Valino mi lasciasse entrare in casa
246
1950
e capitava che Cinto mi aspettava sul sentiero o
247
1950
la gamba divaricata e mi lasciava discorrere. ¶ Ma dopo
248
1950
guardando la piazza vuota, mi trovai come un sindaco
249
1950
era scomparsa – anche allora mi preparavo al mio destino
250
1950
c’ero mai stato – mi pareva di aver sempre
251
1950
correvo a scuola e mi fermavo davanti al cancello
252
1950
sapeva di dove venivo; mi chiese se ero stato
253
1950
era morto a tempo. Mi venne in mente ch
254
1950
tutto, perché quel tapino mi aveva capito. Quando mi
255
1950
mi aveva capito. Quando mi alzai mi pregò di
256
1950
capito. Quando mi alzai mi pregò di una parola
257
1950
gli occhi degli altri. Mi raccontò ch’era vecchio
258
1950
un momento… Di nuovo mi sbagliai: sta’ a vedere
259
1950
sbagliai: sta’ a vedere, mi dissi, che anche questo
260
1950
sui cortili delle case, mi raccontò che per molte
261
1950
tanto era solo… ¶ – Lei, – mi disse, – non sa che
262
1950
stupí, scosse il capo. ¶ – Mi rendo conto, – disse piano
263
1950
fatto molti stupidi errori, – mi disse, – se ne fanno
264
1950
Ma una cosa non mi perdono. Quel ragazzo… ¶ Eravamo
265
1950
l’erba sotto, rigogliosa, mi ricordavano la conca in
266
1950
da giovane lavoravo e mi accontentavo delle fiere e
267
1950
disse Cinto. – Le ingrassa. ¶ Mi sembrò di essere un
268
1950
vedere – e partiva. Non mi lasciava mai capire se
269
1950
sta in mare, lui mi ascoltava con gli occhi
270
1950
sirena dei bastimenti, – lui mi disse, quel giorno che
271
1950
in braccio… ¶ – Giuro che mi ricordo. ¶ Nuto, quando gli
272
1950
con forza. – Fai male, – mi disse. – Fai male. Cosa
273
1950
volentieri. Con tanto che mi aveva raccontato degli anni
274
1950
che Nuto calmo calmo mi disse che superstizione è
275
1950
coste bruciate, quasi bianche, mi misero voglia di essere
276
1950
via e questi paesi mi aspettano. Mi ricordai la
277
1950
questi paesi mi aspettano. Mi ricordai la delusione ch
278
1950
di saperla. ¶ X. ¶ Se mi mettevo a pensare a
279
1950
la finivo piú, perché mi tornavano in mente tanti
280
1950
L’avevo creduto, e mi ero anche detto «Se
281
1950
fare questi quattro soldi, mi sposo una donna e
282
1950
Qualcuno veniva a cercarmi, mi chiamavano di nuovo «quello
283
1950
la corriera. In piazza mi presentarono al parroco, che
284
1950
al segretario comunale, che mi prese in disparte e
285
1950
prese in disparte e mi disse che in municipio
286
1950
ma neanche qui non mi credevano. Potevo spiegare a
287
1950
zappa? Anche le facce mi piacevano cosí, come le
288
1950
e i discorsi che mi toccavano eran gli stessi
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la stessa esperienza. Nemmeno mi sembrava cambiato; era soltanto
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Cosa sei? comunista? ¶ Nuto mi guardò tra storto e
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Nuto, – se ci andavo, mi bruciavano la casa. ¶ Nella
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e di tufi che mi ero dimenticato. Qui il
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È un caldo che mi piace, sa un odore
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d’avere addosso. Cosí mi piace uscire dall’Angelo
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ciance di quelli che mi vedono passare e si
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che me ne intendo – mi dicono dei gran raccolti
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corto. Ma il discorso mi piace. E piú mi
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mi piace. E piú mi piace quando andiamo nei
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gli aveva chiesto se mi conosceva. Un uomo secco
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occhi da talpa, che mi guardò circospetto, e quando
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pezzo. Prima di andarsene mi guardò, guardò Nuto e
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che perde. ¶ Poi Nuto mi aveva detto: – Tu in
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mai uscito. Senza volerlo mi fermai sul sentiero pensando
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Era un gioco quello? Mi guardò sotto il sole
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per guadagnar tempo. ¶ Io mi fermai, lui continuava a
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la gamba. D’improvviso mi ricordai quante volte avevo
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ginocchia, le labbra spaccate. Mi ricordai che mettevo gli
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zoccoli soltanto d’inverno. Mi ricordai come la mamma
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piú giovane e ossuta, mi guardavano. Gridai che cercavo
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Calmato il cane, non mi dissero niente e mi
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mi dissero niente e mi guardavano. ¶ VI. ¶ Allora io
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di pelo sulla bocca – mi guardava con gli occhi
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passavo là sotto e mi era venuta voglia di
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hai? come ti chiami? ¶ Mi rispose la magra cognata
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appoggiato al muro, e mi accorsi che non era
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vedere anche tu. ¶ Cosí mi misi per il prato
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minuscola, un fazzoletto. Cinto mi zoppicava dietro e in
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momento fummo al noce. Mi parve impossibile di averci
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Piantato sul piede sano, mi guardò incredulo, e mi
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mi guardò incredulo, e mi disse che in fondo
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ci osservava dall’aia. Mi vergognai del mio vestito
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ai miei tempi se mi fosse comparso davanti un
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illusione che a casa mi aspettassero le ragazze e
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grande fatto. ¶ Adesso Cinto mi veniva dietro interessato. Lo
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cianciava, si dava importanza mi disse che la madama
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li avevamo già raccolti, – mi disse. ¶ Dov’eravamo, dietro
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eravamo tutti ragazzi. Lui mi ascoltava e mi diceva
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Lui mi ascoltava e mi diceva che qualcuno ce
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un morto, – disse Cinto. ¶ Mi fermai. Chiesi che morto
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che morto. ¶ – Un tedesco, – mi disse. – Che l’avevano
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negò di averlo fatto. Mi misi a ridere e
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poi riaprivo gli occhi mi divertivo a ritrovare le
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quel muro? ¶ Il Valino mi disse che in casa
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nei boschi. ¶ Il Valino mi guardò con la faccia
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rifarlo. ¶ Il Valino non mi disse se salivo con
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quando fu in cima. Mi parve d’essere un
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balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini
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di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in
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sul Belbo. Ma non mi ero aspettato di non
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tutto finito. La novità mi scoraggiò al punto che
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grano, ma intanto adesso mi faceva l’effetto di
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so se da ragazzo mi sbagliavo poi di molto
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ci scappo da Genova, mi sfugge di mano. Queste
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è qualcosa che non mi capacita. Qui tutti hanno
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comprarmi una casa, e mi chiamano l’Americano, mi
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mi chiamano l’Americano, mi fanno vedere le figlie
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dovrebbe piacermi, e infatti mi piace. Ma non basta
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piace. Ma non basta. Mi piace anche Genova, mi
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Mi piace anche Genova, mi piace sapere che il
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al cancello della Mora mi appoggiavo al badile e
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paese, dove piú nessuno mi conosceva, tanto sono grand
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asciutta d’estate. ¶ Nuto mi ha detto che ha
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mio padre. ¶ – Tuo padre, – mi disse, – sei tu. ¶ – In
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caccia di nidi. Lui mi diceva come fare per
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della cascina. ¶ E adesso mi raccontava della sua vita
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cosa mangiavano, bisognava sentire. Mi tornavano in mente le
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stessi, e a sentirli mi pareva di rientrare nella
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e far fuoco, e mi tornava in bocca quel
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guerra. ¶ – Però la musica mi piace, – continuò Nuto ripensandoci
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te, quanti meschini. ¶ Poi mi disse che, delle due
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sacco, – disse Nuto. Poi mi fa: – Sei già andato
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quel nipote scemo che mi aveva gridato tante volte
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trovai dei piemontesi e mi seccai: non valeva la
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me, che per giunta mi guardava di traverso. Piantai
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invidiavo i cinesi. Adesso mi chiedevo se valeva la
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una ragazza che non mi piaceva piú da quando
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adesso tutto il giorno mi guardava attraverso il banco
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uscivo fuori e lei mi raggiungeva correndo sull’asfalto
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sull’asfalto coi tacchetti, mi prendeva a braccio e
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pieno della benzina, lui mi chiese una birra. ¶ – Sarebbe
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risero gli occhi e mi guardò. Parlammo tutta la
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tazza di whisky proibito. Mi raccontò che lui a
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spalle, si chinò e mi disse sul banco facendo
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sanno mica suonare… ¶ E mi raccontò della gara di
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rovesciare sull’erba, non mi sarebbe bastato. I rospi
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Nora e gli avventori mi facevano paura. Le uova
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Per male che vada mi conoscete. Per male che
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una chiave inglese. ¶ Nora mi chiamò dalla strada, per
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come quella dei grilli. Mi scappò da ridere, all
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Un bel mattino non mi avrebbe piú visto, ecco
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tutto vuol darsi ragione mi parlava di che cos
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cose? Perché alla Mora mi dicevano anguilla? Perché un
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ci eravamo rivisti non mi ero ancora abituato a
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la sua. Mai che mi ricordassi che adesso l
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piú che il massaro mi menasse una cinghiata o
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una cinghiata o qualcuno mi dicesse bastardo. Ero conosciuto
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la musica sui balli mi metteva voglia di girare
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Bianchetta. Lui fumava e mi faceva fumare, mi diceva
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e mi faceva fumare, mi diceva se non ero
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inverno prima, l’Emilia mi aveva prestato qualcuno dei
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un altro castello. Io mi accorsi che quelle storie
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ballo. ¶ Dal terrazzo Silvia mi chiese dove andavo. Aveva
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tanto in tanto lei mi parlava cosí, con un
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e in quei momenti mi pareva di non essere
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non prendevo il biroccio? mi disse Silvia. Arrivavo prima
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e guarda il cavallo. ¶ Mi piacque poco ma dovetti
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e aprirono i parasoli. ¶ Mi ero lavato bene il
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la schiena, e Silvia mi stava vicino sotto il
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e qualche volta, guardandomi, mi dicevano che non ascoltassi
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lei le briglie. ¶ Andando mi chiedevano di chi era
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la Mora. ¶ Poi Irene mi chiese se proprio non
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fu allora che Silvia mi guardò dalla testa ai
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muso del cavallo, e mi fermai a guardare la
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il fazzoletto dal collo, mi disse «Bastardo che sei
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me, come ai suonatori. ¶ Mi trovò poi Silvia disteso
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criticava tutti e rideva. Mi chiesero se avevo anch
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e un bel momento mi posò la testa sulla
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la testa sulla spalla, mi fece un sorriso e
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fece un sorriso e mi disse se la lasciavo
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al Salto, e Nuto mi stava dietro e mi
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mi stava dietro e mi diceva: – Allora te ne
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lui. – Sei stato poco, – mi diceva, – non abbiamo neanche
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partito dalla Mora. ¶ Allora mi sedetti sul trave, ch
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in viale Corsica e mi accorgevo in quel momento
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i miei viaggi. ¶ Nuto mi aspettò sul ciglione e
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abbia fatto quella fine… ¶ Mi fermai a guardare in
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e non so perché, mi ricordai del Buon Consiglio
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tutti matti… adesso non mi ricordo nemmeno piú chi
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chi l’ha vinta. Mi ricordo soltanto quelle cascine
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uccello o un calabrone mi piombava addosso. ¶ C’era
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cosí, – diceva Santa, – tu mi credi. C’è della
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a Canelli. Se potessero mi darebbero fuoco… Non vogliono
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baciassi la mano che mi dà uno schiaffo. Ma
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mordo la mano che mi dà uno schiaffo… gentetta
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mamma, sai come sono… mi portavi in festa… Credi
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questi si difendono… Adesso mi tocca vivere e mangiare
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ho sempre fatto, nessuno mi ha mai mantenuta, ma
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disse, – ma non posso. Mi sparano appena mi vedono
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posso. Mi sparano appena mi vedono. Sono quella della
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Gaminella è cosí larga? – mi disse. ¶ Ci fermammo in
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l’ordine scritto. ¶ – Baracca mi tenne tre giorni quassú
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esser certo che non mi mettevo in mezzo. Un
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piú, anche se loro mi hanno preso e allevato
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il mio scudo; io mi vantavo con Giulia di
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a scuola gli altri mi dicevano bastardo, io credevo
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seduta su una sedia. Mi fissava con gli occhi
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sulla porta si voltò, mi guardò e fece una
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seduto sul muretto e mi guardò col suo occhio