Camillo Boito, Il maestro di setticlavio, 1891

insisteva timidamente: ¶ "Eppure, maestro, mi scusi. In fondo è

che diceva: Amor perché mi pizzichi, mi pizzichi, mi

Amor perché mi pizzichi, mi pizzichi, mi pizzichi perché

mi pizzichi, mi pizzichi, mi pizzichi perché? e continuava

e continuava: Amor perché mi stuzzichi, mi stuzzichi, mi

Amor perché mi stuzzichi, mi stuzzichi, mi stuzzichi perché

mi stuzzichi, mi stuzzichi, mi stuzzichi perché? Il basso

Do". ¶ "Bene. E il Mi che cosa è?". ¶ "La

senti, dal Do al Mi che salto si fa

Dunque quando dici Do Mi dici e canti una

dici Si Do come Mi Fa dici e canti

di Re, il Do Mi che cosa diventa?". ¶ "Una

terza minore". ¶ "E il Mi Fa o il Si

Do la tonica, sempre Mi la terza, sempre Si

tuonando: ¶ "Do Re, Do Mi, Do Fa, Do Sol

era ancora a letto. ¶ "Mi occorrono quattrini". ¶ "Non ne

Isacco figlio di Abramo, mi abbisognano dugento lire, altrimenti

spirito di te, e mi caccierà dritto in prigione

canti una melodia in Mi minore per impietosirti? Poi

della gola (perché non mi lascierebbero forse solfeggiare dalla

Isacco, sai che non mi piacciono gli scherzi, massime

pazienza. In fondo, chi mi spinse a chiedere danaro

una entrata; la lavandaia mi serve gratis; il sarto

regolati nelle spese, non mi rovinare, se no avrai

maestro, se ella non mi soccorre!". ¶ Allora il vecchio

Ecco... ma prima ella mi deve promettere di non

impaccio sulla tastiera?". ¶ "Maestro, mi corbella? Con queste mani

e poi Mirate, che mi ha accompagnato sin qua

la mia scuola gratuita, mi sono tutti contrari: la

tutti contrari: la 'Lira' mi bistratta, la 'Gazzetta' mi

mi bistratta, la 'Gazzetta' mi stritola, il 'Sior Antonio

il 'Sior Antonio Rioba' mi canzona. Domani sarebbe già

rivolse al vecchio: "Maestro, mi scordavo un incarico ricevuto

di un'altra: non mi ha detto di chi

so che, in fondo, mi vuoi bene. Leggi la

di svanziche". ¶ "E non mi hai svergognato in faccia

stipendio? Paga con quello". ¶ "Mi canzoni? Lo stipendio era

della mia povera scuola?". ¶ "Mi avevi parlato, tempo fa

Mancano ancora cinque mesi". ¶ "Mi tempestano di lettere, aspettano

ti domando soltanto questo. Mi fido di te". ¶ "Troverò

di Do?". ¶ "Il Do". ¶ "Mi canti una terza maggiore

una terza maggiore". ¶ "Do Mi". ¶ "Una minore". ¶ "Re Fa

Signor no". ¶ "Ella stesso mi diceva dianzi ch'è

di Re". ¶ "E Do Mi?". ¶ "Nella chiave di Re

solfeggiando: Do Re, Do Mi, Do Fa, Do Sol

bislacca dello Zen non mi lasciano quieto". ¶ Si alzò

vedesse!". ¶ "Chi vuoi che mi veda a quest'ora

se chiamasse". ¶ "Insomma non mi vuoi condurre. Temi forse

ieri, allorché venni qui, mi rispondeste che non era

informarsi dove vuole, ché mi pare di avere ciarlato

malata, Dio piacendo". ¶ "Pure mi sembrava stamane..". ¶ "Le sembrava

sembrava stamane..". ¶ "Le sembrava?". ¶ "Mi sembrava così pallida, ella

colpa fu mia, che mi fidai di te e

No, maestro; ella stesso mi approverà, non ne dubito

me" mormorava "anche lei mi abbandona. Non mi resta

lei mi abbandona. Non mi resta più nulla, nulla

Il sensale continuò: ¶ "Non mi faccia lo scemo adesso

ore: Do Re, Do Mi, Do Fa, Do Sol

la mia buona Menica mi fa arrabbiare tutte le

occhi ne' miei, e mi chiama: "Carlo!" mi fa

e mi chiama: "Carlo!" mi fa ribollire nelle vene

e lo meriti; e mi rincrescerebbe che, quando sarò

altro a ruote dentate. Mi raccontava Giovanni (sai? devo

cura di me e mi conduceva alla scuola) Giovanni

conduceva alla scuola) Giovanni mi raccontava, ed io tremavo

È una cosa che mi salvò quasi la vita

Brescia e di Milano mi avevano spacciato. Una maledetta

alle tre della notte mi alzavo, camminavo fino alle

dall'alba al tramonto mi piantavo immobile nell'acqua

spesso non voleva mostrarsi. Mi scordavo di mangiare. Bevevo

affranto, sfinito. La Menica mi dava brodi, petti di

un tristissimo sorriso, che mi correva sulle labbra e

amata chitarra, la quale mi stava accanto sul sofà

un tratto, una sera, mi sento esinanire. La Menica

il curato e, sottovoce, mi chiese s'io voleva

era buia, silenziosa, sepolcrale. Mi confessai a spizzico, quasi

mia buona infermiera, che mi ringraziò con effusione angelica

con effusione angelica e mi baciò sulla fronte. ¶ Mi

mi baciò sulla fronte. ¶ Mi sentivo sollevato. Il prete

ed increspando la fronte, mi tornò alla memoria il

tanto felice ardore, che mi pareva di esser il

Ma la saggia Menica mi fece smettere per forza

resuscitato. ¶ Il dì seguente mi svegliai con un rabbioso

e, passata una settimana, mi arrampicavo sui monti e

da fanciullo, e che mi è sempre stato una

fastidii della vecchiaia. Tu mi hai sentito suonare. Sono

alla mia fidanzata, che mi scoccava dalle imposte socchiuse

occhiate assassine. ¶ Adesso ancora mi diverto a cercare nelle

e la valle, e mi metto a sedere sui

sale dal la al mi, due ottave e mezzo

cagione della memoria, che mi serve benissimo nelle cose

e si pensa - non mi rammento bene, ma qualcosa

rammento bene, ma qualcosa mi resta nella memoria di

e zoppa, la quale mi dava il vino bianco

barba nera, un vecchietto mi venne incontro e, togliendosi

e sorridendo con malizia, mi fece segno di seguirlo

e alzando il braccio mi mostra coll'indice una

Le diedi qualche soldo: mi ringraziò tremolando. ¶ Il sole

come passare il tempo, mi posi a sedere sul

lastre scure del pavimento, mi parve di vedere il

scritto in latino, non mi entrava nel cervello. Stavo

ribrezzo che la vecchia mi metteva addosso, le chiesi

il mistero dell'epigrafe. ¶ Mi pigliò per il braccio

pareva un artiglio, e mi trascinò sul piazzale, nel

di perle! Che bellezza!..". ¶ Mi sentii serrare il braccio

gli strumenti del vizio'". ¶ Mi sembrò che i pochi

bella, sana, ricca, empia. Mi scaldavo le mani alla

infastidita dalla mia insistenza, mi chiese con ira: ¶ "Chi

questo grado di parentela. ¶ Mi guardò nel volto con

segno della croce, e mi baciava il lembo della

la poca vita che mi resta per trovare un

tre o quattro mesi, mi portava tanto oro, ch

balli, in orgie. Angelo mi regalava i gioielli rapiti

alle dame. Una volta mi portò una chitarra, una

di Milano. Io, che mi divertivo a suonare quello

gliela diedi. L'infame mi tradì poco dopo". ¶ Da

di bruciarmi le vesti, mi scagliai sulle fiamme e

fu appiccato in Brescia. Mi ammalai: restai povera e

Il nome del Moro mi rammentava i raccapricci d

ad ogni venti passi: ¶ "Mi nacque a poco a

Tornai a casa correndo. Mi prese una febbre, che

guardasse. Il cadavere, certo, mi malediva". ¶ La vecchia riprese

un quarto d'ora mi fece segno di accostarmele

brillava appena. La vecchia mi porse lo strumento con

pensare, nipote mio, se mi sentissi lieto. Mi guidarono

se mi sentissi lieto. Mi guidarono le punte dei

suo ingresso trionfale. Appena mi ha visto è sceso

voluto per forza che mi appoggiassi al suo braccio

persona studiosa e gentile. Mi ha detto: ¶ "So ch

con lei e che mi chiami suo amico". ¶ Il

gli bado. Alle dieci mi alzo, e mormoro nell

c'è nessuno che mi dia con affetto la

notte, e la mattina mi vesto nella camera vuota

fatale. La ragazza, che mi serve da pochi mesi

serve da pochi mesi, mi guarda con occhio indifferente

fede si ravviva. Ieri mi diceva: "Signor Carlo, si

certo stringimento di cuore mi dice forse che c

Antonio, smorto, severo, minaccioso, mi sembra ch'egli apra

Antonio, che sono vivi, mi scrutano dentro nelle viscere

scrutano dentro nelle viscere, mi strappano fuori un non

fatto. Il buon prete mi consiglia di distruggere quella

gioia mondana, che oggi mi è occasione di rimorsi

Apollo sorrideva. Il demonio mi tentò e toccai le

lo sguardo del Santo mi seguisse ancora tenace, torvo

ai suoi figliuoli; e mi dolgo che siate troppo

il mio buon Curato. Mi confesserà e mi darà

Curato. Mi confesserà e mi darà l'olio santo

vicino a tre spanne, mi sembrava distante come un

tonfo nell'acqua. Non mi raccapezzavo in mezzo a

dirito a la riconoscenza. Mi a quel sior ghe

e a bevar da mi; ma dei soldi de

l'epistola col dire: "Mi fermerò qui pochi giorni

la barca di salvamento mi veniva dietro, e i

ne tornarono indietro, e mi lasciarono solo. Nell'acqua

una corrente fresca, e mi scorreva sulla pelle un

Bagni era diventato piccino. Mi pareva di entrare nell

con la testa, quando mi mancava tutta l'aria

stanco, facevo il morto. Mi coricavo sul mare come

gambe unite. Il mare mi dondolava placidamente, cantandomi la

e al di sotto. Mi pareva di stare appoggiato

ondetta, passandomi sul fronte, mi richiamava alla realtà; e

realtà; e allora io mi gustavo di nuovo la

fresco. E di botto mi rivoltavo, e coi remi

e svaniva. ¶ L'appetito mi faceva parere squisite le

e la salsedine, che mi restava in bocca, dava

e questi e quello mi riempivano l'anima di

della medesima stoffa; e mi ricordo che il tono

il marito? Questo problema mi torturò il cervello per

a poco a poco mi sfuggivano dallo sguardo. Già

non si discernevano più. Mi rincrebbe. In ogni veduta

La luce della Piazza mi abbagliò. I musaici della