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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «Mora»

nautoretestoannoconcordanza
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servitore alla cascina della Mora nella grassa piana oltre
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ragazzo, al cancello della Mora mi appoggiavo al badile
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nei primi tempi della Mora, a me che venivo
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prima, ai tempi della Mora, del lavoro in cascina
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per essere rispettato alla Mora; poi la sera veniva
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cui si raccontava alla Mora, cene d’altri paesi
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rientrare nella cucina della Mora, di rivedere le donne
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dare un’occhiata alla Mora? ¶ Difatti. Non c’ero
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queste cose? Perché alla Mora mi dicevano anguilla? Perché
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la chitarra? ¶ Dissi: – Alla Mora stavo troppo bene. Credevo
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mondo fosse come la Mora. ¶ – No, – disse Nuto, – qui
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una cascina come la Mora era stata per noi
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stata per noi. – La Mora era come il mondo
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già accorto che della Mora non parlava volentieri. Con
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tentazione di passare dalla Mora, ma poi faceva caldo
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in quella vigna della Mora, sotto la vendemmia, e
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Matteo col cestino. La Mora era dietro quegli alberi
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di nuovo «quello del Mora». Volevano sapere che affari
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che ai tempi della Mora avevo fatto tante volte
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il Nido, vidi la Mora coi tigli che toccavano
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il Nido, passai la Mora. Alla casa del Salto
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il cortile basso della Mora, quelle campagne – tutto impiccolito
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sono passato sotto la Mora, – dissi. – Non c’è
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anche avessi ritrovato la Mora come l’avevo conosciuta
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veder morire, ritrovare la Mora com’era adesso. Tra
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mandato a giornata alla Mora. Avevo tredici anni ma
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primi freddi, entrai alla Mora. L’ultima volta che
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Chi mi accolse alla Mora fu Cirino il servitore
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mi disse che alla Mora ce n’era per
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non ero niente, alla Mora imparai un mestiere. Qui
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perché le terre della Mora andavano dalla piana del
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tornava. Cose vecchie – la Mora a quei tempi non
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le canne. ¶ XVI. ¶ Dalla Mora si scende piú facilmente
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fino ai coltivi della Mora. Certi giorni di quelle
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lividi da mostrare alla Mora. Poi c’erano le
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che mi vide alla Mora – ammazzavano il maiale e
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di un anno alla Mora e c’eravamo visti
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ritrovarmi nel cortile della Mora, quel pomeriggio d’agosto
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il prim’anno della Mora e non osavo rivoltarmi
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di Canelli. ¶ Quando la Mora tornò a popolarsi, io
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a casa sua, alla Mora, nei cortili. Arrivava con
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quand’ero entrato alla Mora. Io facevo l’attendente
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i platani – e della Mora, di loro due, della
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voglia di andarsene dalla Mora, di entrare in quel
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rimasto io solo alla Mora. Ci fu un mese
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anno che stetti alla Mora io prendevo cinquanta lire
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che il biroccio della Mora era pronto. ¶ S’aprí
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mai di venire alla Mora, mandava a volte un
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lei la guardava. ¶ Alla Mora un giorno era ricomparso
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i cuscini. Né alla Mora né a Crevalcuore quel
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vendemmia fu per la Mora l’ultima allegria dell
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Di tutto quanto, della Mora, di quella vita di
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non parla volentieri della Mora, ma mi chiese diverse
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dei capitalisti… Qui alla Mora era niente, ma quand
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Alba, e perfino alla Mora cominciavamo a dire che
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Ripresero a venire alla Mora a trovarle i giovanotti
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nuovo pazza. Ricomparvero alla Mora l’Arturo e il
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il ragioniere veniva alla Mora in bicicletta, era un
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sa dove, lontano dalla Mora e dai bricchi. Silvia
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tutti l’aspettavamo alla Mora. Tornarono, ma stavolta Silvia
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e la vita alla Mora sembrava riprendere un po
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che le ragazze della Mora erano state puttane. Lui
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importava piú molto della Mora. Arturo tornò e cominciò
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la dote – metà della Mora – era già liquidata, e
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parte restava adesso la Mora. ¶ Poi Irene mi chiese
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era nero come una mora, e quando lui ebbe
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quando sei partito dalla Mora. ¶ Allora mi sedetti sul
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madre… stavano ancora alla Mora… ¶ Si voltò e disse
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ne dice tante. Alla Mora ci stava già Nicoletto
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venne in bicicletta alla Mora e di là al
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ne poteva piú. Alla Mora non poteva tornare perché