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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «Poi»

nautoretestoannoconcordanza
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o degli anni, e poi quando si trasloca restano
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sulla spalletta del ponte. Poi, tutti quegli anni fino
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da ragazzo mi sbagliavo poi di molto. Uno gira
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fughe a Canelli, aveva poi per dieci anni suonato
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essere rispettato alla Mora; poi la sera veniva in
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festa leggeri e spediti; poi per due tre giorni
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il bicchiere la forchetta, poi di nuovo il clarino
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la cornetta, la tromba, poi un’altra mangiata, poi
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poi un’altra mangiata, poi un’altra bevuta e
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bevuta e l’assolo, poi la merenda, il cenone
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a casa pochi, e poi che tutto quello spreco
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paga, alla fine disgusta. – Poi c’è stata la
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come te, quanti meschini. ¶ Poi mi disse che, delle
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diventano sacco, – disse Nuto. Poi mi fa: – Sei già
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palmi di terra, e poi se li fanno mangiare
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la banda si sfogasse, poi sbirciandomi sempre borbottò: – Siamo
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in piazza. Beveva e poi gridava di notte. Questa
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niente. Hai ragione. ¶ – E poi, si comincia cosí, si
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quella tina che perde. ¶ Poi Nuto mi aveva detto
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cascine e il negozio. Poi dicono i villani ci
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caduto davanti all’uscio, poi gridò al ragazzo di
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da solo, trovarci uno. ¶ Poi chiesi: – E cos’ha
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ce n’era ancora. Poi gli chiesi se c
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li vedevamo passare e poi fino a notte, nelle
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che volevo e quando poi riaprivo gli occhi mi
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far su il fastello, poi cambiò idea. Rimase a
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tirava piú – l’avevano poi rotto quel muro? ¶ Il
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animò per un momento, poi disse: – Non hanno fruttato
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dei giocatori di pallone, poi di quelli di carte
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buone e se avesse poi trovato anche le altre
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notte, giocavano i marenghi, poi i boschi, poi i
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marenghi, poi i boschi, poi i prati, poi la
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boschi, poi i prati, poi la cascina, e il
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sturarmi una bottiglia e poi la bottiglia pagarla ai
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è un bambino, ma poi cresce. Ci saranno le
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discorsi dei preti se poi credeva a queste superstizioni
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passare dalla Mora, ma poi faceva caldo. Guardando verso
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fatto sette figli e poi s’era coricata con
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Fiutavo già quello che poi successe – la guerra, l
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per sapere dove andavo. Poi l’idea mi passò
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l’indomani. Mi toccò poi ricominciare a Genova l
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era brutta e provvisoria. ¶ Poi smisi anche di fare
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alle colline di Fresno. ¶ Poi venne il treno. Cominciò
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quel carretto dei messicani. Poi riempí tutta la pianura
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nella nuca senza processo. Poi passò la maestra – una
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amaro. – Lo sapevo, – disse poi, – ha già tentato un
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alla caserma dei militi. Poi uno dei due, che
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garzoni sotto la tettoia; poi si volta e mi
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o fatto crepare. E poi? com’era andata? Si
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nere. Tutti lo sanno. Poi un giorno è sparita
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il primo inverno, e poi l’estate, e poi
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poi l’estate, e poi di nuovo estate e
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piú bravo di Nuto». Poi pensavo al biroccio del
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che grandinò e che poi Padrino dovette vendere il
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nessuno ti cercava – e poi era vicino allo stradone
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le intravedevo qualche volta. Poi c’era Santina, la
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di non essere nessuno. ¶ Poi andò che s’intromise
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dormivo ancora sul fienile; poi mi avrebbe messo un
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dell’Angiolina, di Cossano. Poi l’Emilia la chiamarono
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ginocchia e stavo caldo. Poi col sole arrivavano la
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da mostrare alla Mora. Poi c’erano le volte
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Cinto scappava. La sera poi, quand’era l’ora
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tocca a tutte, – disse. ¶ Poi si fece alla proda
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che fa, – disse rabbioso. ¶ Poi tacemmo. Io pensavo alla
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regalargli qualche lira, ma poi mi trattenevo. Non l
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non glielo dico… ¶ Quando poi se ne fu andato
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fatto da raccontare. E poi, a me Nuto piaceva
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lasciai perdere le biglie. Poi girammo insieme e guardammo
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viaggiare, vedere il mondo. Poi ne parlammo e lui
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l’aveva studiata, e poi chi aveva i soldi
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bottiglia in cantina, e poi ce la portavamo sul
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un milione in banca. Poi l’Emilia cominciò a
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scatto e il cavatappi. ¶ Poi tornammo all’albergo e
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che giocavano a tarocchi. ¶ Poi mi disse: – Quest’oggi
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vigne sempre uguali. E poi la notte, tutta la
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la corsa nei sacchi; poi la partita al pallone
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mendicanti e gli storpi. Poi mi misi a tirar
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per fare il vino. Poi me ne andai sul
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rotta dall’aratro, ma poi, voltate quelle stoppie, era
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mangiato il caprone, e poi uno saltava e bramiva
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la sigaretta e accendevamo; poi diceva: – E andiamo a
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chiasso e cantava e poi smetteva malamente, era Silvia
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attimo, quasi rossa, ridendo. Poi Nuto entrò nella stanza
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toccando prima col piede. Poi gridando a Santina di
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una foto, da stampare poi su un giornale a
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degli italiani nelle strade. ¶ Poi una sera mi disse
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sor Matteo non erano poi le piú belle – forse
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i piedi sul tappeto. Poi capitava di sentirle chiamarsi
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cantare le ragazze. E poi tra noi, nella cucina
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gli prude, si grattino. ¶ Poi venne vendemmia e non
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a primavera sullo stradone. Poi i beni del Nido
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col figlio del Conte. Poi era diventata lei la
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donne, ci soffrivano. E poi loro, tutto il giorno
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treno di notte. ¶ XXIII. ¶ Poi veniva la stagione che
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senza toccare il predellino. Poi aiutò le due ragazze
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e si parlavano cosí. Poi i pomeriggi d’inverno
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una bambina per averci poi la servetta e comandarla
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dicevano le loro sciocchezze. Poi s’apriva la porta
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che vuol essere presentata –. Poi arrivava il sor Matteo
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favore, e a noialtri, poi, guardandoci mentre ci parlava
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guardò e tirò via. Poi ripassò, le dissi ch
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una corsa. Si seppe poi che al Buon Consiglio
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Silvia non voleva ma poi si rassegnò. Adesso correre
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qui lo conosci ancora? – Poi si godeva la faccia
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fine hanno fatto? È poi morta la cagna? ¶ Non
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e tutti gli altri. Poi Teresa s’era spaventata
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non l’ho lasciato… Poi ha dato fuoco alla
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era sceso a Belbo. Poi aveva sentito che il
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figlio sorvegliava i cesti. Poi avevano pesato le patate
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andato in paese. ¶ Ma poi la sera quand’era
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le mani sul collo. Poi aveva fatto un grido
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era di nuovo scappato. ¶ Poi aveva sentito che il
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l’aveva col prete. Poi aveva visto la fiamma
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ragionare per un’ora. Poi era corsa anche dal
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mangiavano le paste dolci, poi una sera erano andate
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per me – quello che poi fu per me Genova
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e il giorno dopo. ¶ Poi anche la storia di
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veleni, che rubavano testamenti. Poi arrivava un bell’uomo
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messo in prigione, ma poi un prete dai capelli
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a nessuno. Si seppe poi due giorni dopo dov
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era ancora morto. Quando poi uscí sul terrazzo sorretto
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mangiare un boccone e poi saltare in bicicletta. Nuto
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disse Silvia. Arrivavo prima. Poi gridò a Irene: – Non
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dicevano che non ascoltassi; poi tra loro indovinavano chi
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restava adesso la Mora. ¶ Poi Irene mi chiese se
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lei rise come Silvia. ¶ Poi si rimisero a parlare
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piú leggere di noialtri. ¶ Poi Nuto andò a suonare
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sulle spalle dei sacrestani. Poi uscirono i preti, i
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le sciarpe, il cestino. ¶ Poi ci fu la corsa
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si mise a bestemmiare, poi gridò evviva quando un
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muso come un sacco, poi di nuovo bestemmiò quando
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zuccate come le capre; poi la gente cominciò a
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ai suonatori. ¶ Mi trovò poi Silvia disteso nel prato
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chiaro dell’acetilene, e poi nel buio della strada
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Nuto, a guardar suonare. ¶ Poi poco alla volta Silvia
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banchi a morsa, e poi non poteva stargli dietro
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che si masticano e poi si mettono sulle scorticature
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gli occhi alle tendine. ¶ Poi con l’estate del
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suo capomanipolo a Alessandria. ¶ Poi era venuto settembre, tornati
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sí e dei no. ¶ Poi l’aveva riveduta al
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e parlava poco – era poi morto con quelli delle
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coprimmo fin che bastò. Poi ci versammo la benzina