Enzo Siciliano, Il Risorgimento scritto con rabbia, 1967

Un uomo vecchio, amareggiato: più

che amareggiato roso da un sentimento di negatività che

credevamo di Anna Banti. Un uomo sconfitto, ipocondriaco: per

le sfata, le annulla. Un uomo ferocemente senza pietà

una scudisciata in faccia. Un uomo che, dal suo

amarla è stato per un inganno, un tranello della

stato per un inganno, un tranello della gioventù. La

sciocca, una fastidiosa malattia, un vezzo orribile. Basta che

in definitiva il ragazzo, “un sognatore”, si aspetta che

illusione di muoverti in un tutto pieno: credi alla

di non aver agito. ¶ Un eroe. Per sua moglie

Per sua moglie è un’emozione chiedergli di raccontare

passi dal sonno a un dormiveglia incosciente: che, insomma

corpo. ¶ Ci troviamo davanti un rivoluzionario calabrese del Risorgimento

rivoluzionario calabrese del Risorgimento. Un democratico innamorato di Garibaldi

Reggio. Di nuovo delusioni, un matrimonio, i figli, il

lo colora – potresti dirlo un volume di memorie scritto

non è dovuto a un indiscriminato rifiuto di tutto

quanto indirizzato a disingannare un passato accettato una volta

ragione. ¶ Noi credevamo è un libro che stimola senza

Lopresti che soffre come un cane: siano Mastro Don

ridotti alle proporzioni di un palcoscenico mal servito, che

questo libro è raccontata un’idea del destino scandita

focalizzare alla mente di un medio lettore, il primo

all’immaginazione comune, di un garibaldino lealmente democratico? ¶ Su

a vivere. Non è un caso che Domenico dica

è malato e fiaccato: «un romanzo». Il romanzo è

da Domenico è allora un romanzo, un romanzo la

è allora un romanzo, un romanzo la sua fede

romanzo la sua fede, un romanzo gli ideali che

hanno accomunato a tanti: un romanzo, una futilità. ¶ È

questa la quintessenza di un rimorso metafisico affatto borghese