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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Carlo Goldoni, Gl'innamorati, 1759

concordanze di «a»

nautoretestoannoconcordanza
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1759
mi avesse preventivamente determinato a prendere il più disastroso
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va talvolta al Teatro a vederle rappresentare, e parla
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una maniera che vale a colmarmi di onore e
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e starete un pezzo a vederlo. ¶ Eugenia. Ed io
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è ch’egli vada a spasso con lei, e
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questa donna vi prego a non ne parlare. ¶ Eugenia
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farete bene. Ma torno a dire, io dubito che
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non forse in collera, a quest’ora forse sarebbe
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Quasi, quasi, gli manderei a dir qualche cosa. ¶ Flamminia
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Sentite, come mi scrive. (a Flamminia) ¶ Flamminia. È sdegnato
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Eugenia. Ma ci verrà. (a Flamminia) Vi amo teneramente
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io non posso vedere a penar nessuno. ¶ Eugenia. Con
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ci metto assai tempo a scrivere; voi scrivete meglio
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ch’io voglio scrivere a modo mio. ¶ Eugenia. Sì
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ora vengo colla risposta. (a Tognino) ¶ Tognino. Dove vuole
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Eugenia e Tognino. ¶ Eugenia. A che ora è venuto
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che ora è venuto a casa ieri sera il
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poco geloso; è andato a Genova per affari, l
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mangiano insieme. ¶ Eugenia. Ridono a tavola? (placidamente) ¶ Tognino. Qualche
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volta. ¶ Eugenia. E vanno a spasso la sera. ¶ Tognino
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che li hanno veduti a spasso anche ieri sera
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bene il baggiano). E a che ora sono tornati
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che ora sono tornati a casa? ¶ Tognino. A tre
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tornati a casa? ¶ Tognino. A tre ore in circa
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me. ¶ Flamminia. (Pazza). Venite a consolare la vostra cara
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che non abbia scritto a dovere? ¶ Eugenia. Ottimamente. Date
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La voglio consegnar io a Tognino, acciò possa dire
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la risposta in voce. (a Tognino) ¶ Tognino. Come comanda
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non gli dite niente. (a Tognino) ¶ Tognino. Perdoni. La
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obbliganti. Un testone vale a Milano quarantacinque soldi di
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signor Fulgenzio d’andare a casa! ¶ Flamminia. È andato
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Niente. ¶ Flamminia. Non istate a credere sì facilmente... ¶ Eugenia
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io già non credo a nessuno. ¶ Flamminia. A Fulgenzio
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credo a nessuno. ¶ Flamminia. A Fulgenzio potete credere. ¶ Eugenia
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Eugenia. Peggio. ¶ Flamminia. E a me? ¶ Eugenia. Peggio. ¶ Flamminia
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Già chi non dice a vostro modo, ha il
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rispetto) ¶ Flamminia. Signore, attribuisco a mia singolar fortuna l
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cavaliere di tanta stima. (a Roberto) ¶ Roberto. Posso io
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zitella la signora Eugenia? (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Sì signore
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l’ho voluta dare a nessuno. Ho delle idee
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un pezzo questo signore? (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Quest’è
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Fabrizio. È stato diretto a me da un amico
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Conte, non possono fare a meno di non intendersi
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nipoti, conducete questo cavaliere a vedere la mia miserabile
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Conte, tesori. ¶ Roberto. Voi, a quel che sento, avete
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sapremo distinguere come voi... (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Che serve
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Fulgenzio...) ¶ Eugenia. (Che importa a me, che mi trovi
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è bella! Va egli a spasso con sua cognata
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la bontà di restare a mangiar una cattiva zuppa
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colle carrozze, coi tiri a sei, colle trombette. Mi
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Fabrizio. Non mi star a fare lo scimunito, che
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da dar da pranzo a un’Eccellenza. ¶ Succianespole. Ci
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cosa daremo da pranzo a Sua Eccellenza? (ridente, con
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dire. ¶ Fabrizio. Bisogna pensare a trovar danari. ¶ Succianespole. Gnor
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Gnor no. ¶ Fabrizio. Andremo a spendere, quando torni. ¶ Succianespole
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oramai ho dato fine a tutto. Ma non importa
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padrone. ¶ Lisetta. Dica pure a quale di esse ho
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poi non l’abbiamo a cercare nè voi, nè
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di pensarvi, di star a vedere, di non precipitare
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carità, che io venissi a disimpegnarlo. ¶ Lisetta. Non ci
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ho detto? ¶ Ridolfo. Verrà a cercare di me. ¶ Lisetta
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Lisetta. Eh sì, verrà a cercare di voi! ¶ SCENA
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detti. ¶ Fulgenzio. (Una parola). (a Ridolfo, chiamandolo a parte
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parola). (a Ridolfo, chiamandolo a parte, con ansietà) ¶ Ridolfo
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ancora potuta vedere). (piano a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. (Non le
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e Ridolfo. ¶ Ridolfo. Amico, a rivederci. ¶ Fulgenzio. Andate via
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vostro, disponete l’animo a sofferir qualche cosa. Tutti
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trasporti, e vi avvilisca a tal segno. (parte) ¶ SCENA
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dissimulasse. Orsù, non principiamo a sofisticare. ¶ Eugenia. Serva umilissima
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amiche, che sono venute a favorirmi. Anzi mi hanno
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questa sera, per condurmi a spasso con loro. ¶ Fulgenzio
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condotta voi una sera a spasso? ¶ Fulgenzio. Non vi
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un poco dopo cena a giocare una partita con
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cosa c’è sotto a questo vostro ragionamento? ¶ Eugenia
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Faccio per non andare a letto si presto. Voi
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importanti, ed io starò a divertirmi con mia sorella
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mia sorella, o anderò a spasso colle mie amiche
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più. ¶ Eugenia. Che importa a me, che ci venga
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Fulgenzio. Se sono andato a far quattro passi con
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vostra cognata? che importa a me di vostra cognata
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parliate così. Vi torno a dire, non m’importa
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si batte il capo a due mani) ¶ Eugenia. Animo
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pazzo, son pazzo? (seguita a battersi) ¶ Eugenia. Non la
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crudele! ¶ Eugenia. Bell’amore! a ogni menoma cosa subito
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ne voglio. ¶ Fulgenzio. Andrete a spasso questa sera? (ridente
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Eugenia. Mi voglio mettere a non dir più una
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Possibile che abbiano sempre a far questa vita? Si
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di buon core, portata a far del bene a
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a far del bene a tutti, se posso. Specialmente
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camera, si è messa a piangere dirottamente, e non
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mia sorella ha promesso a me che sarà più
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lo saluta) ¶ Flamminia. Ditelo a Lisetta, signore. Ella è
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Gnor sì. ¶ Flamminia. Andate a mutarvi. (a Fabrizio) ¶ Succianespole
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Flamminia. Andate a mutarvi. (a Fabrizio) ¶ Succianespole. Ch’io
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Succianespole. Ch’io vada? (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Aspetta. ¶ Succianespole
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Succianespole. Con questo peso... (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Aspetta. Lasciami
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è un balsamo. Resti a mangiarne un pezzetto con
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il signor Ridolfo resterà a favorire con noi. ¶ Ridolfo
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no. ¶ Succianespole. Una parola. (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Cosa vuoi
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E le posate?) (piano a Fabrizio) ¶ Fabrizio. (È vero
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vero. Non importa; darai a me una posata di
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va in cucina, va a lavorare. ¶ Succianespole. Gnor sì
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parte) ¶ Flamminia. Signor zio, a quel ch’io vedo
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io vedo, vogliamo andar a tavola molto tardi. ¶ Fabrizio
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1759
Flamminia. E non andate a mutarvi? ¶ Fabrizio. Sì, c
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Conte dov’è? ¶ Flamminia. A guardare i quadri. ¶ Fabrizio
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si può saziare. Andatelo a chiamare il signor Conte
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tremare. Ma via, chiamatelo. (a Flamminia) ¶ Flamminia. Senza che
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di virtù. Resterete maravigliato. (a Ridolfo) ¶ SCENA III. ¶ Roberto
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1759
è Eugenia? Presto, chiamatela. (a Flamminia) ¶ Flamminia. Voglio far
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1759
signor Ridolfo le abbia a dir qualche cosa per
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1759
Flamminia. (Andate, signor Ridolfo, a ritrovare il signor Fulgenzio
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vi ho detto). (piano a Ridolfo) ¶ Ridolfo. (Sì, se
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fuori di lui. Faccia a mio modo, si metta
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1759
mani. Signor Ridolfo, vada a casa del signor Conte
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1759
se sta per accomodarsi... (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Non vi
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che si fa tardi). (a Ridolfo) ¶ Ridolfo. Con vostra
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per ritornare tra poco. (a Fabrizio, e parte) ¶ SCENA
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1759
chiamerà contento di lui. (a Roberto) ¶ Roberto. (Dica quello
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Voglio andare in cucina a lavorar per il mio
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Fabrizio. State qui, state a far compagnia a questo
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1759
state a far compagnia a questo cavaliere. ¶ Eugenia. Non
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padrone, (porta una sedia a Roberto) Ecco due sedie
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divertano, ch’io anderò a lavorare; anderò a far
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anderò a lavorare; anderò a far il cuoco. Chi
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Flamminia, Eugenia, Roberto, tutti a sedere. ¶ Roberto. èè sempre
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che mi par melanconica? (a Flamminia) ¶ Flamminia. Non saprei
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sono sì poco avvezzo a sperimentarla, che sempre più
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signora Eugenia mi obbliga a riverirla e ad amarla
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lo più sono forzate a retrocedere, a diminuire. Caso
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sono forzate a retrocedere, a diminuire. Caso mai che
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così, perch’è innamorata. (a Roberto) ¶ Roberto. Siatelo, che
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la signora Eugenia). (piano a Flamminia) ¶ Flamminia. (Credo sia
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venuto l’amico). (piano a Roberto) ¶ Eugenia. (Flamminia). (con
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questo momento. È vero? (a Roberto) È un amico
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di Milano. È vero? (a Roberto) ¶ Roberto. Sì signora
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Fulgenzio. Son servitor umilissimo a quel signor forastiere, e
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quel signor forastiere, e a lor signore ancora. (con
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affettando indifferenza) ¶ Flamminia. Accomodatevi. (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Ben volentieri
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e la porta presso a Flamminia) ¶ Eugenia. Poni qui
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Favorisca presso di me. (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Grazie. Sto
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una cosa. (con allegria a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Non mancherà
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Ridolfo. Bravo; è venuto a favorirci, ho piacere, vuol
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ho piacere, vuol restare a pranzo con noi? ¶ Fulgenzio
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contenta che si inviti a pranzo con noi questo
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signor Conte in Milano? (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Oh, ci
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bugie non si dicono a caso). ¶ Fabrizio. Signor Conte
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non potrò essere continuamente a servirla. Ecco chi la
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la mia piccola galleria? (a Roberto) ¶ Roberto. Sì signor
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qui il signor Conte? (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Sì certo
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Sì certo, è venuto a favorirmi per tempo. ¶ Fulgenzio
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perchè lo vogliamo obbligare? (a Fabrizio) ¶ Fulgenzio. (Costui non
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abbia piacere di restar a pranzo con me. Ci
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vi preme di andare a casa, per non lasciar
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zio. Non l’obbligate a dar un dispiacere a
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a dar un dispiacere a quella povera signorina. ¶ Fulgenzio
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qualcheduno s’inganna, resterò a godere le vostre grazie
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supplica, che subito andiate a casa, che prendiate la
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1759
che la conduciate qui a pranzo con noi. ¶ Fulgenzio
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propria incomodar una signora a quest’ora? ¶ Fabrizio. È
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Vi mancano due ore a mezzo giorno. Ha tempo
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Ha tempo quanto vuole, a vestirsi, a conciarsi, e
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1759
quanto vuole, a vestirsi, a conciarsi, e a venire
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vestirsi, a conciarsi, e a venire a bell’agio
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1759
conciarsi, e a venire a bell’agio. ¶ Flamminia. (Pare
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c’entri il diavolo a bella posta). ¶ Eugenia. Basta
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1759
Lo prego io dunque. (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Dispensatemi. Son
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vedere). ¶ Fabrizio. Proviamo, andate a dirglielo in nome mio
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E volete che stia a mangiar sola? Non è
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piuttosto andrà con lei, a servirla di compagnia; lasciatelo
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che farò. Anderò io a invitarla). Succianespole. ¶ SCENA X
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garbo, non dirà niente a nessuno. Farò bene?) ¶ Succianespole
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Gnor sì). ¶ Fabrizio. (Va a lavorare). ¶ Succianespole. (Gnor sì
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1759
par mio. Starei bene a una Corte, maggiordomo, primo
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signor Fulgenzio. ¶ Fulgenzio. E a me dispiace, che ogni
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sdegno, ma di dolcezze. (a Fulgenzio e ad Eugenia
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non istiano sempre ingrugnati. (a Roberto) ¶ Fulgenzio. Sarei più
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lui, mi rinunzia solennemente. (a Roberto) ¶ Fulgenzio. Ella interpreta
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interpreta i miei sentimenti a misura delle sue inclinazioni
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1759
piena di meraviglie. ¶ Flamminia. A noi non importa di
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1759
Fulgenzio. Mi dicono che a Roma ci sono delle
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1759
Flamminia. Questa poi, compatitemi... (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. A Roma
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1759
compatitemi... (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. A Roma, signore, degli uomini
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incivili ve ne sono? (a Roberto) ¶ Roberto. Via, via
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dalla collera. ¶ Fulgenzio. Andrei a Roma pur volentieri. ¶ Eugenia
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giusto, lasciamoli in libertà). (a Flamminia) Signora Eugenia, si
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1759
le credete. Lo dice a posta. (a Fulgenzio) ¶ Flamminia
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Lo dice a posta. (a Fulgenzio) ¶ Flamminia. A che
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1759
posta. (a Fulgenzio) ¶ Flamminia. A che servono ora codeste
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carità, signor Fulgenzio). (piano a Fulgenzio) Ah poveri innamorati
191
1759
Fulgenzio) Ah poveri innamorati! (a tutti due, e parte
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al collo, e andarmi a gettar nel Naviglio). (Ja
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1759
Son pur pazzo io a perdere il mio tempo
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1759
il mio tempo, e a perdere la salute ed
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1759
mi tratta così, guai a me se fosse mio
196
1759
Eugenia. Perchè non va a dire alla signora cognata
197
1759
signora cognata, che resta a pranzo fuori di casa
198
1759
Maladetta!) (si va sdegnando a poco a poco) ¶ Eugenia
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1759
va sdegnando a poco a poco) ¶ Eugenia. Perchè non
200
1759
Perchè non le va a chieder licenza di restar
201
1759
una pazza. ¶ Fulgenzio. (Segue a stracciare il fazzoletto.) ¶ Eugenia
202
1759
conversazione, unicamente per compiacere a mio zio? M’imputate
203
1759
mio zio? M’imputate a delitto l’avergli palesato
204
1759
mia sincera dichiarazione tende a disingannare chi per avventura
205
1759
per carità, (s’inginocchia a’ piedi di Eugenia, e
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1759
par di sì, domandatelo a lui. ¶ Fabrizio. Vi è
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1759
venuto qualche male, signore? (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Sì, certo
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1759
guarir del tutto. Vado a prendere un maraviglioso, stupendo
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1759
Eugenia, se son venuta a recarvi incomodo. Il signor
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1759
incomodo. Il signor Fabrizio, a forza di buone grazie
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1759
casa il signor Fulgenzio? (a Clorinda) ¶ Clorinda. Sì, qualche
212
1759
di queste scene?) (piano a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Perchè, perchè
213
1759
casa? Anche qui venite a fare ci ci? Questo
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1759
vuol dire questo discorso? (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Eh, sia
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1759
usi una menoma attenzione a qual si sia persona
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1759
insinuare delle massime poco a lei favorevoli. Sa di
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1759
per solito ambiziosette. Abbiamo a sdegno quelle che sono
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1759
nè sospettosa, nè sofistica a questo segno. La vanità
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1759
dall’amore; che importerebbe a lei che il signor
220
1759
che debba essere qui a momenti. Una lettera venuta
221
1759
delle parole di sdegno. (a Tognino, scostandosi dalla porta
222
1759
il buco della chiave. (a Tognino) (Dubito che non
223
1759
la signora Clorinda? (corre a vedere alla porta) ¶ Tognino
224
1759
Lisetta. (Certo, se durano a far questa vita, io
225
1759
è balzata in piedi. (a Llsella) ¶ Lisetta. Lasciate vedere
226
1759
Eugenia. Che fate lì a quella porta? ¶ Lisetta. Niente
227
1759
III. ¶ Eugenia sola. ¶ (Ponendosi a sedere con isdegno) No
228
1759
Ho risolto; voglio andarmi a chiudere in un ritiro
229
1759
altra amante; si mariterà. (a poco a poco si
230
1759
si mariterà. (a poco a poco si dispone a
231
1759
a poco si dispone a piangere) ¶ SCENA IV. ¶ Flamminia
232
1759
amore. ¶ Eugenia. Che importa a me del suo amore
233
1759
so io? È venuta a tavola colle lagrime agli
234
1759
lei, che stia seco a pranzo, a farle fresco
235
1759
stia seco a pranzo, a farle fresco su la
236
1759
suo marito, non seguiteranno a convivere insieme? (alterata) ¶ Flamminia
237
1759
Si move per venirmi a vedere? Sa staccarsi un
238
1759
all’eccesso, è arrivato a farmi perdere la ragione
239
1759
fatto. Bisogna rendere soddisfazione a questa illustre signora. Volete
240
1759
Volete che vada io a domandarle scusa per voi
241
1759
la di lei modestia a rimproverare l’amico, e
242
1759
da troppa gente avrebbe a guardarsi, se tutti coloro
243
1759
la conoscono ed anelano a pubblicar le sue lodi
244
1759
e dà sempre più a conoscere, che la Mercatura
245
1759
impiegare al pubblico bene, a contribuire alla pubblica felicità
246
1759
e queste voci sono a Dio più vicine, e
247
1759
pare. ¶ Fulgenzio. Ridete pure a vostro talento. La vostra
248
1759
non e’entrate, signora. (a Flamminia) ¶ Flamminia. Meritereste che
249
1759
Il cielo non assiste a chi ha massime come
250
1759
non mi ha sforzato a insultar mia cognata; sono
251
1759
via di rendermi consolata? (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Sì, cara
252
1759
compiacervi. ¶ Fulgenzio. Mi avete a permettere, ch’io possa
253
1759
poi subito tornate qui. (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. No, no
254
1759
che non s’incomodi a ritornare. ¶ Fulgenzio. La sentite
255
1759
irragionevole, di una ingrata. (a Ridolfo) ¶ Ridolfo. Perdonatemi, signora
256
1759
perchè non va egli a servirla? È un’ora
257
1759
fate il vostro dovere. (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. Più che
258
1759
più mi recate noia. (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Andiamo. (a
259
1759
a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Andiamo. (a Ridolfo, sdegnoso contro Eugenia
260
1759
Ogni onestà lo richiede. (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Sì, andiamo
261
1759
lo dice ella stessa. (a Fulgenzio, accennando Eugenia) ¶ Fulgenzio
262
1759
così sciocca di andarmi a chiudere in un ritiro
263
1759
di un ingrato? Darò a lui questa soddisfazione, acciò
264
1759
non la mortificate cosi. (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. La vede
265
1759
vorrei che mi tirasse a cimento). ¶ Roberto. Ma voi
266
1759
un portento: fa invidia a tutte le donne, è
267
1759
Signore, disponete di me. (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Oh bocca
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al Conte) ¶ Roberto. Tocca a voi a terminare di
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Roberto. Tocca a voi a terminare di consolarmi. (a
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a terminare di consolarmi. (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Per me
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esigono qualche dote. (piano a Fabrizio) ¶ Fabrizio. (Dote!) (a
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a Fabrizio) ¶ Fabrizio. (Dote!) (a Roberto, con maraviglia) ¶ Roberto
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Un cavalier così ricco? (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Ricco! ricco
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Roberto. Fareste meglio, signore, a esaltar meno le persone
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persone non conosciute, e a risparmiare gì’insulti ai
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ha acconsentito. Penserò io a farmi render giustizia. (parte
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viverò poco, che già a quest’ora mi principia
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quest’ora mi principia a rodere il verme di
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per isdegno. Farò forza a me stessa, cercherò che
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disumano... Oh cieli! eccolo. A che viene a tormentarmi
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eccolo. A che viene a tormentarmi l’indegno? Non
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indegno? Non posso reggere a quella vista. Sarà meglio
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è venuto egli stesso a vederla, ad abbracciarla. Fa
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camera ritirata, e parte a momenti accompagnata dal caro
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volete essere col fratello a discorrere degli affari vostri
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mia cognata? Non fate a lei, non fate a
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a lei, non fate a me un sì gran
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mia parola. ¶ Fulgenzio. E a chi? (tremante) ¶ Eugenia. Al
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e queste opere sono a Dio le più care
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e so, come dissi a principio, che non isdegna
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perchè indotto mi sono a dedicargliene una umilmente, supplicandola
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Carlo Goldoni. ¶ L'AUTORE ¶ A CHI LEGGE. ¶ POCHE sono
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il Mondo, e arriva a far impazzire chi a
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a far impazzire chi a tempo non sa guardarsene
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fate che si abbia a rider di voi. ¶ PERSONAGGI
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dote; che nostro zio a forza di spendere in
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ha da esser vostra? (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Perchè ad
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parola al conte Roberto? (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Ah sì
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Non è sì pazzo a volersi nutrire una serpe
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vero? (alzandosi con tenerezza a Flamminia) ¶ Flamminia. Così è
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Via, non parlate altro. (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. Lasciatelo dir
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dir, che ha ragione. (a Flamminia, con tenerezza) ¶ Fulgenzio
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Flamminia. Ma via, dico. (a Fulgenzio) ¶ Eugenia. Sì, insultatemi
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dote. ¶ Fabrizio. Senza dote? (a Flamminia) ¶ Flamminia. Sì, signore
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prendete voi senza dote? (a Fulgenzio) ¶ Fulgenzio. Non ci
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le porga la destra. (a Fabrizio) ¶ Fabrizio. Sì, generoso