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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Matilde Serao, Cristina, 1908

concordanze di «a»

nautoretestoannoconcordanza
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1908
Mentre Cristina si chinava a cogliere un ramoscello di
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vestito di percallo bigiognolo a fiorellini azzurri, molto stretto
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che cingeva la persona: a un occhiello del vestito
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la casa dei Marcorelli, a una piccola finestra di
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1908
Si piegò sul parapetto a vedere se la maestrina
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vetri del suo balcone a correggere i còmpiti delle
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Peppino Fiorillo faceva cenno a lei, ritto innanzi alla
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cucina e si rimise a fare la calza. Per
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1908
collegio militare della Nunziatella, a Napoli, e il corredo
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finito. Non pensava più a Peppino Fiorillo, la tranquilla
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si era riccamente ammogliato a Pietramelara e lei, Cristina
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1908
lei, Cristina, restava sola, a diciott'anni, in casa
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di fumo, Carluccio! ¶ — Pare a te, Ciccina mia. ¶ — Altro
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fumato, birbante! Glielo dirò a papà, io, quando torna
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ti ha mandato anche a salutare! Ha detto così
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sorella sua lo accompagnerà a Napoli al collegio e
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di compassi... ¶ — E dirai a papà che mi compri
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nero? ¶ — Glielo dirò: subito, a lavarsi le mani e
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soldatino. Non si viene a pranzo, così, come un
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più tempo di pensare a Peppino Fiorillo: Maddalena, la
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fratello Ferdinando che stava a Pietramelara, per la cognata
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moglie giuocavano la partita a scopone in quattro, con
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non ci pensò più, a Peppino Fiorillo: appena andata
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Peppino Fiorillo: appena andata a letto, ella si addormentò
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Uscendo, passò rapidamente innanzi a lui, senza guardarlo, rabbuiata
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che dà tanti dispiaceri a sua madre? Figlia mia
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madre? Figlia mia, pensa a quel che fai: i
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dell'umidità, Irene disse a Cristina: ¶ — Totonno mio è
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quella parte. Pappino, appoggiato a un'acacia, col cappello
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Mariella Nespoli lo disse a Clemenza La Corte e
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non vuol saperne. ¶ — Domandate a Irene. ¶ — Irene dice che
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vero che vuoi bene a Cristina Demartino? — gli domandò
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terrazza di Cristina, e a passeggiare. Appena ella usciva
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passeggiare. Appena ella usciva a prendere una boccata d
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declamato un grande discorso a don Ciccio Cannavale, sull
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il denaro: sarebbe andato a Napoli a studiare legge
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sarebbe andato a Napoli a studiare legge, avrebbe conosciuto
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1908
di portar lettere amorose a Irene, alla maestrina Ottilia
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cosidette romantiche, la consigliavano a confortare di amore quel
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madre andasse in giornata a stirare, per comprarsi le
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i cristalli sul viso a Peppino Fiorillo; dovunque lo
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l'Alcione, che usciva a Sarno, ogni domenica, dove
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si fecero frequenti, sicchè a gennaio, per una settimana
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Cristina leggeva il Pungolo a suo padre, trovò nella
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Aldo Fiorello, non venne a far Pasqua con sua
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povera donna fu invitata a pranzo da don Ciccio
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di Aldo Fiorello, dedicata a una fanciulla sciocca. In
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anni dopo, un giorno, a tavola, don Cosimo Demartino
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don Cosimo Demartino chiese a sua figlia Cristina: ¶ — Cristinella
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discorso cadde, essi continuarono a pranzare silenziosamente. Erano soli
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1908
soli, soli, ora, ridotti a due: povera zia Rosina
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aveva lasciato diecimila lire a Cristinella, e Carluccio aveva
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aveva intonato il rosario a cui le donne di
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1908
seggiolone e tratta innanzi a sè una sedia, posò
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finito, le serve scomparvero a una a una, e
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serve scomparvero a una a una, e padre e
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1908
Cristinella. ¶ — Lo ha detto a voi, papà? ¶ — Sì. ¶ — E
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ora, tu? ¶ — Ventuno, compiti a maggio. ¶ — Va bene, mi
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papà. ¶ — Ho fatto bene a dire di sì a
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a dire di sì a Giovannino Sticco? ¶ — Hai fatto
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sette ore, di andare a messa ogni domenica, a
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a messa ogni domenica, a confessione ogni mese, in
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1908
ella scriveva ogni settimana a Ferdinando, due volte la
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due volte la settimana a Carluccio. Aveva bisogno che
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1908
egli venne la sera, a prendere il suo posto
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Ho ordinato un medaglione, a Napoli, con la lettera
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spesso. ¶ — Fate bene: nemmeno a me piacciono molto. ¶ Parlavano
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è uva fragola. ¶ — Anche a me: è singolare! ¶ Poi
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1908
era morta, di tifo, a Napoli, una volta che
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volta che era andata a vedere il figliuolo che
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che non tornava più a Santa Maria. Ella trasalì
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punto? Come avrebbe fatto a liberarsene, di questo Peppino
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1908
mal di capo. ¶ — Va a letto, ti farà bene
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riappariva come un fantasma, a guastarle la vita. Non
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e non sono vere. A che scopo ritornare, per
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per affliggerla di nuovo? A che serviva torturarla? Invano
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perchè non sei rimasta a letto? ¶ — In casa vi
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Rispondimi di no". ¶ Rispondere, a quel pazzo? Che rispondere
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forse abbandonato la casa a Santa Maria per ritornarsene
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Santa Maria per ritornarsene a Napoli. Sollevata da questo
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avrebbe chiesto il modello a Clemenza La Corte che
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tremante di emozione — riportalo a chi l'ha scritto
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chi l'ha scritto, a quel pezzente vizioso, e
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Poi la cuciniera venne a cercarle la roba per
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ne levò un fascetto, a occhio. Mentre si alzava
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La rivoltella era accanto a lui: egli era bianco
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lampada che ardeva dinanzi a una immagine dell'Assunzione
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riprese lui, come parlasse a se stesso. ¶ Ella non
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non andate un po' a letto? ¶ — No — disse Cristina
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lentamente e la fissavano a lungo, con una intensità
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tre volte il padre, a chiedere notizie; ella aveva
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gli dette la mano. A poco a poco il
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la mano. A poco a poco il calore di
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sentiva presa, irrimediabilmente, avvinta a quel moribondo, arrivando a
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1908
a quel moribondo, arrivando a respirare lieve lieve, come
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gagliarda; egli delirava ora a voce alta, chiamando Cristina
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un senso di vita a quella faccia che aveva
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incolore, tutte le intenzioni a cui mancò la volontà
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volontà, tutti i pensieri a cui mancò l'azione
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sbagliate. ¶ Quando s'innamorò, a trent'otto anni, giuocava
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le donne, per imparare a vincere gli uomini: le
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aveva quell'intimità irresistibile a cui le anime si
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sue sconfitte, non arrivando a riscaldarsi, guardando imperterrito la
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pericoloso giuoco d'altalena a quella povera anima femminile
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1908
fatta di espressione, insieme a un carattere singolare; una
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nervosità tutta giovanile, insieme a un sapore d'arte
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avvinghiamento disperato di colui a cui tutto è sfuggito
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conquista dell'amore, come a una battaglia, tremando dell
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tremando dell'ultima sconfitta. A questo urto così forte
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l'amore tranquillo, nascosto, a termine fisso, senza compromissioni
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stesso si mostrava indifferente a tanta abnegazione. Lei camminava
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il proprio dolore superiore a quanti umanamente possano esistere
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penombra triste che conveniva a Guido: non vi erano
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il pianoforte era chiuso a chiave. Visite non ne
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averlo salutato, si rimetteva a leggere con una attenzione
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o non pensò neppure a chiedergli che cosa avesse
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lui, rabbiosamente. — Non permetto a nessuno di dire che
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metteva le date, accennava a tutte le più piccole
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liscio granito. Lui narrò a lungo, a lungo: suonavano
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Lui narrò a lungo, a lungo: suonavano le ore
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E trasalendo, impallidendo, piangendo a riprese, coi singhiozzi che
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tragica e disperata, simile a una greca eroina di
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fu necessario all'altro. A vicenda si imponevano il
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Guido sembrava si dirigesse a un pubblico invisibile, cercando
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aspettando, lei trabalzava, nervosa, a dire, a dire, a
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trabalzava, nervosa, a dire, a dire, a dire. Prima
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a dire, a dire, a dire. Prima cercava di
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le lagrime di Teresa. A lei, immobile, di sotto
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la storia dell'altro a mente, poteva dirla coi
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e sfioramenti infantili. Diceva a Teresa delle cose gravi
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di sonnambula in faccia a Guido, sorridendogli, crollando la
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senso di vanità, mentendo a se stessi l'uno
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parole e dei baci. A volte, presi dalla stanchezza
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lontani, in quel silenzio. ¶ — A che pensi? — domandava Guido
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che pensi? — domandava Guido. ¶ — A nulla — diceva lei glacialmente
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riuniti dal caso, destinati a rimanere estranei. Ma ora
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amore, una gelosia volgare, a capricci, a dispetti, a
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gelosia volgare, a capricci, a dispetti, a piccole ferocie
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a capricci, a dispetti, a piccole ferocie. ¶ — Tu ami
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per la loro tortura. ¶ — A lei tu scrivevi ogni
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scrivevi ogni giorno ed a me, mai — diceva Teresa
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me, mai — diceva Teresa. ¶ — A lui tu hai dato
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dei tuoi capelli e a me nulla — diceva Guido
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follia della distruzione. Fino a che, una sera, egli