Ugo Foscolo, Tieste, 1795

volgon cinqu'anni, ¶ che ad ogni istante a comparir

figlio di me, sposa ad Atreo? — Me lassa! — ¶ È

a' primi ardori, ¶ e ad altre colpe mi sospinge

tuoi tuo duol presenta ¶ ad angoscia maggior. Ma, e

suo cor. T'accerta, ad altro, ¶ che a nuovi

il diadema, e riporranlo ¶ ad altri in capo. — Pur

fondo, ATREO, IPPODAMIA. ¶ ATREO ¶ (ad Erope) ¶ A che mi

ragione ¶ intender io. ¶ IPPODAMIA ¶ (ad Atreo) ¶ Qual tu l

son del par madre ad Atreo. ¶ Ed osi proferir

di angosce; ¶ nè venirle ad accrescere: ten prego, ¶ non

non rileva: or vatti; ad altro ¶ che a tal

EROPE ¶ Nutri tua speme ad agio: ¶ ma a fin

guardie eseguiscono) ¶ E tu, ¶ (ad Erope) ¶ non sazia ancora

non fui tiranno. ¶ EROPE ¶ (ad Atreo) ¶ Ahi! di mio

tiranno sei vero. ¶ EROPE ¶ (ad Atreo) ¶ Al fin: qual

Or dove corri? ¶ IPPODAMIA ¶ Ad abbracciar morendo ¶ il figlio

fondo, ATREO, IPPODAMIA. ¶ TIESTE ¶ (ad Atreo) ¶ Al fin scegliesti

morir sol lascia. ¶ IPPODAMIA ¶ (ad Atreo) ¶ Così perdoni? ¶ ATREO

mal tu l'ascondi ¶ ad una madre; io veglierò

lagrime... ¶ placati... ¶ ATREO ¶ (sollevandola) ¶ Ad opra tu mi spingi

ove prometta ¶ perdono tu. ¶ (ad Atreo) ¶ ATREO ¶ Perdono? ¶ TIESTE

il vuoi, ¶ perdonami. ¶ ATREO ¶ Ad un tratto or se

col non svenarmi. ¶ IPPODAMIA ¶ (ad Atreo) ¶ Ancora ¶ tu non

madre! Erope! figlio! ¶ EROPE ¶ (ad Atreo) ¶ Il figliuol mio