Vittorio Alfieri, Bruto secondo, 1789

AL POPOLO ITALIANO FUTURO ¶ Da

debellargli appien dal Nilo al Beti ¶ non trascorrea. Ma

Beti ¶ non trascorrea. Ma al fin, concesso viemmi, ¶ ciò

tempo è omai, che al Tebro ¶ ogni uom riabbia

Roma in nulla scemata: al sol suo nome, ¶ infra

ultima ignota ¶ boreale Albione; al sol suo nome, ¶ trema

Roma; ai Parti e al mondo ¶ mostrar, che là

ascolto) ¶ quell'unanime assenso, al cui rimbombo ¶ sperso fia

parla ¶ chi orgogliose stoltezze al vento spande; ¶ né alcun

ciò che Roma, entro al confin ristretta ¶ d'Italia

a sceglier resta. — ¶ Ma, al cospetto di Cesare, chi

conosce, che il farsi al bene inciampo, ¶ e ad

vero io parlo; e al canuto mio crine ¶ creder

un cittadin di Roma: al par voi tutti, ¶ deh

spariscon tutti, come nebbia al vento. ¶ Bruto ¶ Cimbro, Cassio

io te non odio, al fine, ¶ perché in nulla

sol dà fede; ¶ non al tuo consol servo, che

Questo popol tuo stesso, (al vivo or dianzi ¶ Cassio

giuoco, il regio serto al crine ¶ leggiadramente cingerti tentava

ma punte ¶ eran mortali al petto tuo, le voci

intera. — Assai ben scorgi, al modo ¶ con cui Bruto

udir, s'ei vuole. Al sol novello, ¶ lungi dal

indugiar, fia il meglio; al sol novello ¶ corre (ahi

più non ponendo egli al disegno iniquo, ¶ la baldanza

ultime grida ¶ scontar faranne al suo ritorno ei poscia

e del gran Tullio al senno, ¶ e all'implacabil

s'è d'uopo. — Al poter rio ¶ di quel

sbandisce. ¶ Non è più al Tebro Roma: armi, e

col sangue ripurgarli. ¶ Romano al certo era Catone; e

Bruto ¶ No. Cesare amico, ¶ al cor mio schietto or

senno ¶ del magnanimo Tullio, al mio disegno ¶ si apponga

oro ¶ non si tragge al ben far, come coll

altri a lui schiuda al ravvedersi strada. ¶ Io per

leggi: ¶ e, finché torni al prisco stato il tutto

tutto, ¶ dal disfar leggi al custodirle sia ¶ il suo

Parti anche te voglio ¶ al fianco mio. Giovarmi in

Cesare ¶ Terrore? ¶ Non che al mio cor, non è

parola questa, ¶ nota pure al mio orecchio. ¶ Bruto ¶ Ignota

Bruto ¶ Ignota ell'era ¶ al gran Cesare in campo

estimo: io vorrei solo al mondo ¶ esser Bruto, s

fors'anche. Ignota forza al core ¶ mi fan tuoi

a Roma, e possanza: al cessar mio, ¶ ammenderai di

quai senti ¶ moti entro al petto? ¶ Bruto ¶ Ah! mille

Cesare ¶ Ah! vieni, ¶ figlio, al mio seno... ¶ Bruto ¶ Esser

serve in tuo core al sol desio di regno

sdegni ¶ meco divider tutto; al dì novello, ¶ signor mi

sia: né mai contro al tuo padre ¶ volger ti

riportasti omai, che nulla al mondo ¶ Cesare può dal

pace. — ¶ Sì, generosi amici, al nobil vostro ¶ cospetto io

far securi in grembo al padre i figli, ¶ meco

il corpo giaccia; ¶ degna al fin, s'io non

cor le narro. ¶ Piange al mio pianger ella; ma

che arrender ti potresti al grido ¶ possente e sacro

rispondi. È presto ¶ Cesare, al dì novello, in pien

chi udirmi non merta. — Al signor tuo ¶ riedi tu

e certo son, che al nuovo ¶ sole in senato

ardo in mio core al paro ¶ di far riviver

infra gli uomini tutti al mondo stati, ¶ mai non

gioia ¶ Cesare ¶ Or basti. Al mio cospetto ¶ tu, come

e Cimbro, ¶ e Casca: al fianco mio Bruto starassi

Bruto ¶ — Non di Romano al certo, né di padre

noi tutti ¶ obbediam dunque al dittatore.Bruto snuda, e

Cimbro ¶ Ma, dei fuggenti al grido, accorre in folla

volta ¶ sta dell'acciaro al petto mio la punta

gioia aprite: è spento al fine, ¶ è spento là

corona a schivo ¶ fingendo, al crin pur cinger la

pur troppo!) ei disegnava al fine ¶ vero tiranno appalesarsi

piango. ¶ Sublimi doti, uniche al mondo; un'alma, ¶ cui

dunque, andiam noi ratti ¶ al Campidoglio; andiamo; il seggio