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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «al»

nautoretestoannoconcordanza
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del piccolo ponte e al canneto. Vidi sul ciglione
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La novità mi scoraggiò al punto che non chiamai
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passerelle. Da quando, ragazzo, al cancello della Mora mi
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della Mora mi appoggiavo al badile e ascoltavo le
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sentito urlare, cantare, giocare al pallone; col buio, fuochi
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ero buttato nella festa, al tiro a segno, sull
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cenone, la veglia fino al mattino. C’erano feste
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uscii di prigione, ero al punto che invidiavo i
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una macchina per scendere al mare, per andare al
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al mare, per andare al cinema. Appena fuori della
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non capiva. Versai perfino al mio amico una tazza
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Versai un’altra tazza al mio amico e gli
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facevano paura. Le uova al lardo, le buone paghe
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Ero arrivato in capo al mondo, sull’ultima costa
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del paese – giovanotti venuti al mondo quando noi non
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Il giorno che tornai al casotto di Gaminella, conoscevo
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La meno vecchia gridò al cane e prese il
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come vedere me stesso. Al punto che diedi un
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all’uscio, poi gridò al ragazzo di guardare dalla
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beni, la riva fino al noce, e potevo girarli
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ragazzo ci ascoltava appoggiato al muro, e mi accorsi
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Ma le donne gridarono al ragazzo: – Muoviti. Va’ a
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in un momento fummo al noce. Mi parve impossibile
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la catena d’oro al gilè e le donne
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ombre degli invitati fino al mattino. ¶ Cinto ascoltava a
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passare nelle pozze scoperte, al sole, per sentire l
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tufo, quella di fronte al nostro prato, che sosteneva
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addosso dal canneto. ¶ VIII. ¶ Al casotto di Gaminella decisi
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dalle canne. Si appoggiava al muretto con la gamba
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alle colline in fondo al cielo. È un destino
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anche allora mi preparavo al mio destino, a vivere
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e mi fermavo davanti al cancello. ¶ Adesso il Vecchio
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comodità di esser vicino al paese ma neanche si
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aveva un morto recente al cimitero del paese. Da
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Quel ragazzo… ¶ Eravamo arrivati al gomito della strada, sotto
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con le mani strette al pomo del bastone. – Ho
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la strada di Gaminella, al canneto del ponte. Qui
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Cinto si trovava sovente al ponte, perché gli avevo
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dissi quel che raccontavo al ragazzo, sporse il labbro
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saperlo si sveglia adesso al tintinnío di una martinicca
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tintinnío di una martinicca, al colpo di coda di
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coda di un bue, al gusto di una minestra
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In piazza mi presentarono al parroco, che parlò di
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una cappelletta in rovina; al segretario comunale, che mi
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a cuocerlo una volta al mese, tant’erano fuorimano
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vender l’uva insieme al padre. Chi sa se
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strade statali, arrivai fino al deserto, fino a Yuma
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della ferrata. Pasticciai intorno al motore – niente da fare
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e venivano rotolando, dietro al mulo. Fortunati che avevano
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che pigliavano il vermut al bar, a parlare scandalizzati
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uno dei due aveva al collo, il pretore concluse
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le priore. Mi tenne al corrente il Cavaliere, perché
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parroco tirava l’acqua al suo mulino e non
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Basta, invece di portarli al comando, li prendono, li
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fatte, ch’io sappia. ¶ – Al vostro posto, – gli dissi
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rifiuta, lo smerdate davanti al paese. ¶ Nuto ghignò, senz
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l’occhio, gli borbottava al volo una paroletta. E
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casa dava il latte al bambino. Gli gridò dalla
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lo stradone, dal paese al Salto, avevo rimuginato queste
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sbandati, avevano fatto vedere al governo dei signori che
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è stato andare cosí al diavolo? Gente che aveva
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fatto? ¶ Nuto pensava ancora al suo prete e alle
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vegliare – passanti si soffermavano al cancello, donne ridevano, qualcuno
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di Nuto». Poi pensavo al biroccio del sor Matteo
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Matteo e delle figlie. Al terrazzo. Al pianoforte nel
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delle figlie. Al terrazzo. Al pianoforte nel salotto. Pensavo
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sentiva strillare. ¶ La sera, al casotto di Gaminella, raccontavo
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il biroccio verniciato nuovo. Al muro, tanti finimenti e
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Emilia mi disse guai al mondo se toccavo. La
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Belbo gelò – si stava al caldo in cucina o
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il cortile e davanti al cancello, si andava a
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signora, nera, col medaglione al collo e un lenzuolo
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pescavamo e giocavamo. Correvamo al sole sulla sabbia rovente
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salva nessuno. ¶ Quando fummo al casotto uscí fuori la
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che il Valino era al pozzo. Stavolta non si
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la cognata non rispose al mio gesto, disse invece
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andato a trovar Nuto al Salto? Ti piacerebbe. Ci
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un ragazzo che viene al mondo storpiato cosí… Che
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sfogliatura. Eravamo nel cortile al buio, una fila di
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suo padre; lo vedevo al banco ma senza grembiale
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tu, che cosa combini. Al reggimento ti levano i
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anche lui di mettersi al banco e cominciare a
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sopra la strada zappando al sole, e sentivo tra
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Fu lui che parlò al sor Matteo e gli
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beni che stessi dietro al raccolto e non scappassi
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quei semi a Canelli? Al Nido i garofani sono
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del municipio. ¶ Allora dissi al sor Matteo, che faceva
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ridevano sulla strada. Dissi al sor Matteo: – Una volta
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a Nuto, all’Emilia, al cavallo: il sor Matteo
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aveva promesso cinquanta lire al mese, tutte per me
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sprecai tutti alla festa, al tirasegno, in sciocchezze. Fu
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col fazzoletto legato intorno al pugno. E una volta
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accordo e abbaierebbero addosso al padrone. Dove pigliasse queste
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lo prende lo ammazzo. ¶ Al banco dei coltelli gli
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sacchi; poi la partita al pallone. ¶ Erano andati anche
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Un carrozzino si fermò al cancello. – C’è nessuno
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si alzava per andare al cancello, e parlare, sbatter
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li teneva un’ora al sole la mattina, perché
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coniglio. Ma quando entrava al mattino e mi trovava
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mi trovava nell’aia al sole, rompeva in due
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bianche, sollevandosi la gonna al ginocchio, era entrata nell
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quando andavo in licenza al paese mi portavo il
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Io non ci torno al paese, – dissi. – Voglio stare
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questa loro debolezza già al tempo di una delle
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tornata da quindici giorni al Nido con nuore e
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non lasciavano piú pace al sor Matteo. L’Emilia
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della Stazione, quello che al tirasegno faceva sempre centro
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alle carte dalla sera al mattino. Quel giorno venne
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farla saltare e riacchiapparla al volo. ¶ – Se non fosse
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volta. ¶ Che Irene parlasse al toscano non era possibile
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diceva che l’aspettava al paracarro per fare una
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capelli neri negli occhi, al cancello. Il sor Matteo
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giorni non la chiamavano al Nido, se ne stava
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quasi piú. Pare che al Nido non ci fossero
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sarebbe andato a suonare al Buon Consiglio dove facevano
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Si seppe poi che al Buon Consiglio Silvia voleva
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di letto due volte al giorno, lei straparlava, le
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parasole, la domenica vanno al cinema invece che in
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e, piú ancora che al danno materiale e ai
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parlare, diede uno strattone al braccio di Cinto, che
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e si parlava, lassú al fico. Già dal sentiero
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i piedi. ¶ Nuto, fermo al livello dell’aia, storse
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a prendere da bere al Morone; facemmo bere un
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Aveva dato fuoco anche al fienile, alla paglia, aveva
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ripetere tutta questa storia al maresciallo e gli fecero
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riprendere. Noi portammo Cinto al Morone, era quasi mattino
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testa, andarono coi morti al camposanto raccogliendo per strada
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incinta. Quelli che andavano al mercato in Alba dicevano
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una schioppettata, o davanti al caffè. Mai che li
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era andato a prenderle al treno, e si fermarono
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una sera erano andate al teatro con la zia
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la testa, lo aspettava al caffè dello Sport, giravano
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vecchia aveva lasciato tutto al vescovo e ai conventi
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lessi questi romanzi vicino al fuoco, per imparare. Dicevano
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quando Irene si metteva al piano, lei se ne
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accompagnava nel giardino e al cancello, e quasi non
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dire una parola né al prete né agli altri
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sugli occhi e stette al sole, senza parlare. Arturo
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serio serio, teneva compagnia al vecchio, faceva le commissioni
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figlia fosse tanto ingrata. Al matrimonio la piú bella
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nuova, si rimise intorno al padre e gli faceva
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bicicletta. Nuto era già al Buon Consiglio dal giorno
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a Irene: – Non vieni al Buon Consiglio anche tu
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indovinavano chi sarebbe venuto al Buon Consiglio. Quando attaccammo
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di vestiti, e arrivammo al Buon Consiglio, sotto gli
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La gente ch’era al Buon Consiglio veniva di
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Feci il mio giro al tirasegno e alle carte
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disteso nel prato, vicino al muso del cavallo. Stavo
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dicevano: – E noi? ¶ Partimmo al chiaro dell’acetilene, e
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Genova. Passai la mattinata al Salto, e Nuto mi
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Nuto si decise. Pigliò al volo la giacca e
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aveva fermato. ¶ – Come va al Salto? suoni sempre?… Oh
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Poi l’aveva riveduta al caffè dello Sport, lei
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Santa diceva queste cose al tavolino di marmo, guardando
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Mora e di là al Salto e parlò con
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due ragazzi a prendermi al Salto una sera, armati