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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Federigo Tozzi, Tre croci, 1920

concordanze di «al»

nautoretestoannoconcordanza
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si fa a rimandare al giorno dopo gli affari
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cosa sarebbe mandarli tutti al macero! ¶ — Ma lei è
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più alla moglie fino al giorno dopo; mentre le
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di volpe. Giulio domandò al fratello: ¶ — Quando è che
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cento. ¶ Niccolò fremeva: ¶ — Digli al prete che se lo
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ma io so tenervi al posto! Perché mi avete
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rido! ¶ Giulio fece cenno al Corsali che se ne
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di lui. Per me, al mondo non c'è
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collineto lunghissimo e avvignato. Al Madonnino Scapato, si scopre
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e non dette tempo al libraio di rispondere. Egli
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denaro dentro due mesi! ¶ Al Nicchioli questa risposta dispiacque
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M'hanno detto che al mercato c'è una
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con disinvoltura: ¶ — Tu stai al tuo posto. Queste domande
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perché lo avrebbe ridetto al marito. ¶ Enrico era con
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passare da debole dinanzi al fratello, rispose: ¶ — Con me
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E bisogna metterla subito al posto. ¶ — Io non le
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discorso. Ierisera parlammo sottovoce, al buio. Può darsi che
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della scuola; in cima al quale s'attacca una
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le finestre anguste, fino al Cimitero della Misericordia. Ma
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a pendio, che arrivavano al tetto. Aveva la facciata
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porteremo noi. ¶ Modesta ripensava al contrasto del giorno avanti
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Santa Caterina, in proda al tetto di tegole smosse
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come un giovanotto, impiegato al Demanio, era riescito a
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le chiese: ¶ — Mi accompagni al pianoforte? ¶ — No, no! Non
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Perciò vieni con me al pianoforte! ¶ — Mi farebbe peggio
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prima. ¶ — No: voglio stare al buio, con la finestra
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Siccome è un impiegato al Demanio, tu che conosci
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so a chi. ¶ — Parli al mio fratello! ¶ E, abbottonatasi
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impiegato da un anno al Demanio di Siena. ¶ Giulio
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inventariare tutto senza pensare al nostro mestiere! Ci hanno
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Me ne congratulo, quantunque... al mio bambino sia venuta
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me. ¶ Giulio, allora, chiese al fratello: ¶ — Ti sei addormentato
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scoprirono che aveva rubato al cugino l'eredità; che
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Ecco la contessa, che al servizio non vuol tenere
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mi metterei un pietrone al collo e m'affogherei
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dire le stesse cose al padrone della bettola; che
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e si appoggiò, invece, al muro; vicino alla porta
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caduto di bocca, disse al fratello: ¶ — Io vorrei soffrire
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e due. ¶ Niccolò disse al Nisard: ¶ — Mi faccia la
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si tolse il cappello al sensale; e se la
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e basta. ¶ Enrico tornò al tavolino dove i suoi
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Rimise subito il libro al posto, e chiese: ¶ — Non
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non si trattenne come al solito. ¶ Niccolò si alzò
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disse: ¶ — Vendiamo la libreria al primo che capita, e
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Il meglio è dirlo al cavaliere, dunque! ¶ — Potremo andare
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le cose, come stanno, al direttore della banca? Ci
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gli occhi su attorno al soffitto. ¶ — Niccolò, che hai
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ha niente da pensare. Al macero! ¶ E, messosi a
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Dio mi ha messo al mondo. Non ho mai
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persuaso che a chiedere al Nicchioli un'altra firma
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E perché? ¶ — Siamo restati al secco. ¶ Il cavaliere trasecolava
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agito bene. ¶ — Sono venuto al mondo stamattina? ¶ — Lo so
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in mente di spiegarlo al Gambi; disposto magari, in
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confessarsi ripreso in mezzo al disordine delle sue preoccupazioni
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voluto accenderlo, si mise al vetro della porta, fissando
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San Vigilio, si trovarono al Palazzo Piccolomini: uno dei
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attenderli, Modesta si avventò al collo del marito e
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con i gomiti appuntellati al davanzale della finestra, sbadigliando
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chiuso che arriva fino al tetto, una striscia d
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il Nisard lo mettesse al punto di parlare di
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le impediva di credere al suo sogno; e avrebbe
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una realtà convenzionale. ¶ Ma al Nisard questo parlare non
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spense la luce. E, al buio, senza rendersi conto
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del cimitero, Niccolò chiese al fratello: ¶ — Tu passi per
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a tavola, Niccolò disse al fratello: ¶ — Io mi son
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barellando come un ubriaco. ¶ Al processo, come se si
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di Giulio che, appeso al soffitto, scalciava per dare
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arzigogolare il tempo, andò al cimitero. Ma il guardiano
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Avevano addossato le lapidi al muro di cinta; e
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ch'era venuto, fischiò al becchino; e disse a
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passano soltanto per andare al cimitero. Egli s'era
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croci eguali; per metterle al Laterino.