Vittorio Alfieri, Don Garzia, 1789

più che d'ogni altro. Amistà finta, e lunga

un mare e l'altro. ¶ Che brami or più

io spieghi ¶ parer tutt'altro. Io, di Salviati al

suona delitto, io fremo. ¶ Altro Salviati a tradimento ardiva

al prence, a ogni altro in odio: ei cadde

apprendo omai. ¶ Diego ¶ Ch'altro manca più a Cosmo

amico; e di null'altro. Io parlo ¶ a voi

Garzìa l'osò: ch'altro vuol dir, fuor ch

un cenno ¶ esce dell'altro a provocarlo; oh cielo

nol so. ¶ Cosimo ¶ Ch'altro esser può codesto ¶ mentito

perduto ancora ¶ stima l'altro tuo figlio: a te

tuoi ¶ così pur farmi! altro non bramo al mondo

ogni opra mia, null'altro ¶ dovea trovare in me

nullo reo ne tengo. — ¶ Altro or dirotti. — Entro al

a sua virtù pospone: ¶ altro il direi, s'altro

altro il direi, s'altro il sapessi; e fosse

che non ho rimedio, altro che morte! ¶ Te supplicai

già pronto: ¶ tempo, non altro, io chieggio. Al fin

Eppur, che vuoi? ¶ ch'altro puoi far? tutto fia

che ricca ¶ preda porto; altro non so. Ma biechi

punto, ¶ per farsi innante. Altro non so: ma dianzi

ei forse, e l'altro ivi a momenti attende

in suo pensier quest'altro. — ¶ SCENA III ¶ GARZIA ¶ Garzia

dianzi ¶ la libertà d'altro innocente. Ah! dimmi; ¶ riposto

io recar lasci ad altro sposo in dote? ¶ A

non del mio nemico: ¶ altro non so; ma saprò