Giacomo Leopardi, Canti, 1837

L'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh

eternamente ¶ Dall'uno all'altro polo. ¶ Deh foss'io

il funereo dì sott'altro suolo, ¶ Ma non sorgea

che tutto è vano altro che il duolo. ¶ O

pianto ¶ A te, non altro, preparava il cielo. ¶ Oh

Pari all'italo nome, altro ch'un solo, ¶ Solo

suolo. Altri anni ed altro seggio ¶ Conviene agli alti

poi che Febo instiga, altro che gioco ¶ Son l

fosse; ¶ La voce, ch'altro il cielo, ahi, mi

la muta stanza, ¶ Ch'altro sarà, dicea, che il

per cui ¶ Vano ogni altro desir creduto avea. ¶ Deh

amor mi tolse un altro amore? ¶ Deh quanto, in

cui, se non celeste, altro diletto ¶ Giammai non ebbi

e gioco ¶ Indugio in altro tempo: e intanto il

la speme; e d'altro ¶ Non brillin gli occhi

E rifugio non resta altro che il ferro. ¶ Talor

a questi occhi ¶ Non altro convenia che il pianger

queste piagge, ove non altro ¶ Che lieti colli e

fior dell'età; nell'altro, assai ¶ Fortunato mi tengo

al duolo, ¶ Or d'altro a lei non cal

giungesse, il volto ¶ Scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi

in su la sera: ¶ Altro mai non ispera. ¶ Dimmi

L'uno e l'altro il sostiene, e via

consolarlo dell'umano stato: ¶ Altro ufficio più grato ¶ Non

face, ¶ E tutto l'altro tace, ¶ Odi il martel

Stagion lieta è cotesta. ¶ Altro dirti non vo'; ma

non cede? ¶ Anzi qual altro affetto ¶ Se non quell

di regno, ¶ Che sono altro che voglie ¶ Al paragon

a tanto patir senz'altro frutto; ¶ Solo per cui

io mai, che spero ¶ Altro che gli occhi tuoi

tuoi veder più vago? ¶ Altro più dolce aver che

infausta vita, ¶ Né per altro signore ¶ Come per questo

L'uno o l'altro di voi conceda il

Gittar da me; null'altro in alcun tempo ¶ Sperar

e noia ¶ La vita, altro mai nulla; e fango

l'uno estinto, ¶ L'altro in vita serbar? Come

mortal? Ma da natura ¶ Altro negli atti suoi ¶ Che

di cannella o d'altro aroma ¶ Fatal cagione, o

mense, ¶ Letti, ed ogni altro arnese, adorneranno ¶ Di lor

preservar se stesso ed altro ¶ Dal gioco reo, la

nome il ver, non altro in somma ¶ Fuor che

difforme ¶ Fia quel dell'altro appresso, il sentir nostro

Vesevo, ¶ La qual null'altro allegra arbor né fiore

più gravi ¶ D'ogni altro danno, accresce ¶ Alle miserie

pellegrina, e tutto l'altro ignoro. ¶ Vo dove ogni

serene! ¶ Dilettevol quaggiù null'altro dura, ¶ Né si ferma

i monti, e l'altro il mar toccava. ¶ Già