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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Carlo Sgorlon, La conchiglia di Anataj, 1983

concordanze di «avevo»

nautoretestoannoconcordanza
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1983
monti Urali. A Ekaterinburg avevo lavorato per qualche anno
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tempi prima di ammalarmi avevo lavorato per il nuovo
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più intensi, ed io avevo gli occhi per guardarli
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lavoro al più presto. Avevo il sentimento pieno e
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ciò che possedevo l’avevo con me, come un
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ospedale. Ebbene, che importava? Avevo con me tutto ciò
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per lavorare. In gola avevo la voce, con cui
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raccontargli ciò che volevo. Avevo i piedi, che non
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montagne dolci e arrotondate. Avevo la sensazione viva degli
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mi aveva lasciato appena avevo cominciato a dare segni
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Una cosa era certa, avevo conservato diligentemente la moneta
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tutte le mie migrazioni. Avevo lavorato a Kovno, a
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lavorasse una cosa che avevo sempre considerato uno dei
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segno che non vi avevo del tutto rinunciato. Mi
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anche quando non lo avevo invitato. Si era già
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dai rumori. Eppure non avevo altra fonte d’informazione
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ieri il giorno che avevo conosciuto Irina, lungo la
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Prima di incontrare Irina avevo udito vagamente dentro di
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mie spalle ciò che avevo tessuto per fermarmi e
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tempo troppo breve li avevo visti muoversi e vivere
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come in quel momento avevo avvertito sopra di me
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degli anni, che non avevo mai perso tempo a
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baracca». Ma io non avevo nulla. Tutto ciò che
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L’unica cosa che avevo veramente in più, rispetto
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quello che era successo, avevo ancora tutto ciò che
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che serve alla vita. Avevo le braccia e le
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attraversare le mie giornate. Avevo il sentimento pieno e
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aveva perduto tutto, io avevo ancora ogni cosa, tranne
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i pochi libri che avevo con me. Ogni tanto
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una guerra. ¶ Io invece avevo sempre dentro un’altra
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dentro di me. L’avevo sempre seguita da notizie
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Ude. Allora, perché l’avevo scelto? Perché non invece
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sempre più eccezionale. Ormai avevo perso del tutto la
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geografia approssimativa e non avevo idea di dove fossimo
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cadenza a quelle che avevo sentito da pescatori o
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i giorni di treno avevo imparato mille particolari, eppure
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tal forest, come Bastiano. Avevo visto girandolare per i
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i baffi, e io avevo imparato da tempo che
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da soldati a cavallo. Avevo già avuto sentore, alla
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Europa che in Russia avevo lavorato con gente di
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i monti Sajan, ne avevo sentito parlare… ¶ Marco era
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uccelli su cui non avevo nessuna informazione? Sì, non
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il grande spazio che avevo messo fra me e
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di ghiaccio, io l’avevo già percorso, senza riconoscerlo
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chiare come non le avevo mai viste. Ero meravigliato
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ero io, soprattutto, che avevo insistito per venire quaggiù
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la stessa sensazione che avevo io di trovarsi tal
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a vicenda. Appena ne avevo, subito interveniva qualcosa per
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che importava? Io non avevo né mogli, né figli
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mi aspettava, e non avevo altri che me stesso
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russi del Baltico, che avevo conosciuto bene nel periodo
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nel periodo in cui avevo lavorato a Kovno. Involontariamente
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capisse. ¶ «Famiglia? Ce l’avevo. Ma ormai… Sono anni
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gli descrissi quello che avevo visto, i grandi vagoni
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soltanto dopo che l’avevo vissuto. Quel disegno era
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risorta la sensazione che avevo già avuto arrivando a
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in là col pensiero. Avevo deciso che quello doveva
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del Bajkal, che io avevo attraversato in una notte
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di soddisfazione ce l’avevo, ossia il fatto che
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soprattutto era già avvenuto. Avevo progettato di riuscire a
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dedicarmi soltanto ai compagni. Avevo deciso che ciò che
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la stessa sirena che avevo sentito anch’io, più
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nelle ore di sole. Avevo la sensazione diffusa di
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mia, è vero, non avevo più nessuno. I miei
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la gente, di cui avevo goduto tanti anni prima
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grande come un mare. Avevo l’idea che lui
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per pura generosità. L’avevo osservato lungamente, nei lunghi
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nostro primo incontro gli avevo chiesto cosa dovessi dargli
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nella sua isba non avevo più voglia di uscirne
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di Irina, di cui avevo occupato la camera, e
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per un secondo quando avevo visto i deportati fermi
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nella stazioncina e li avevo sentiti cantare. Ricaddi nella
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tutto per me, come avevo cercato di fare con
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private, le donne che avevo conosciute e perdute, la
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era vietato dall’inverno, avevo più tempo di parlare
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il motivo per cui avevo la mente sempre piena
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genere. Sempre più spesso avevo la percezione del mio
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fanale a petrolio. Non avevo la minima idea verso
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sorpresa e di imprevisto. Avevo una sconfinata fiducia in
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di modo che io avevo perduto quasi del tutto
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Siberia? Quanti non ne avevo visti io stesso, durante
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innaturale, come lui, perché avevo letto troppi libri, e
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Come mai non ci avevo pensato, io che avevo
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avevo pensato, io che avevo già sentito ululare il
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fronte a lui, perché avevo gli occhi buoni. Vedere
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soprattutto compito mio, perché avevo un po’ anche la
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quale però finora non avevo fatto attenzione, ossia che
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così anche nella realtà. Avevo sentito parlare a esempio
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o di salmone, e avevo obbedito a un richiamo
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non lo sapevo perché avevo assai meno certezze del
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vero luogo non l’avevo ancora trovato, e dopo
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anche a me. Non avevo mai visto nulla di
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lavoro. Lavorando alla ferrovia avevo capito un punto importante
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c’era ancora segno. Avevo paura che cominciassero a
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che bisognava tamponare. Io avevo sempre stupidamente pensato che
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conoscere declini o decadenze. Avevo ritenuto che il progetto
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essi tutto ciò che avevo sentito dire da Anataj
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momento in cui l’avevo appreso mi era parso
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una condizione di cui avevo spesso sentito parlare a
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nei suoi confronti. Stupidamente avevo sempre dato ascolto alla
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sua enigmatica attrazione, ma avevo volutamente ignorato la sua
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dal venire con noi. Avevo ceduto ai suoi allettamenti
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perduti. Capii che ormai avevo varcato tutti i cancelli
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figlio, e che io avevo trascinato in quel guaio
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fin dentro la tomba. Avevo cominciato a essere visitato
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da nessuna parte. Non avevo neppure scorto la fine
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le strade infide che avevo attraversate. Eppure mi restava
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passate vicine, e non avevo neppure avuto la forza
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del lasciarmi andare. Forse avevo desiderato che in me
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destino stava per concludersi. Avevo visto ormai una larga
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costata la vita, non avevo visto né vagoni, né
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definitiva di un’epoca. Avevo ritegno a guardarlo troppo
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diverso da quello che avevo conosciuto appena arrivato al
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volpino, però non lo avevo mai visto effondersi e
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possibile figlio che non avevo avuto, o avevo perduto
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non avevo avuto, o avevo perduto appena venuto al
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quello al quale non avevo nemmeno fatto in tempo
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da quando ero nato, avevo sentito qualcuno parlare con
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Perché? Non lo sapevo, avevo sempre meno conoscenze o
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che da tanto tempo avevo cominciato a intrecciare attorno
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e di panico che avevo provato poco prima che
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estate un giorno lo avevo sorpreso dietro l’isba
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ricordavo bene ciò che avevo letto in uno degli
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cupola. ¶ Pensai che non avevo mai conosciuto nessuno che
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mente una frase che avevo letta nella Bibbia, o
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nella Bibbia, o che avevo sentito pronunziare dai preti
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forma tartara. Ma io avevo conoscenza che c’era
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da ciò che gli avevo detto una volta, parlandogli
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compito stava per finire. Avevo portato il mio embrione
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inquieto come non l’avevo mai visto, sia al
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tutti. Che cosa vi avevo detto?» ¶ Cadde dentro la
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era che anch’io avevo sviluppato quella peste sinistra
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entrati, se io non avevo visto né sentito niente
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una cosa almeno l’avevo chiara, ossia che ero
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irresistibili, le stesse che avevo sempre avvertito attorno a
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teosofo, e che io avevo travasato in Falalej con
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degli altri. ¶ Una sera avevo la febbre alta, e
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che l’interesse che avevo per esse si era
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quegli anni siberiani io avevo sempre continuato a filare
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colpiti da febbri tifoidi. Avevo sentito parlare di esse
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partiti. Non ce l’avevo fatta. La sorte ci
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né Falalej, perché non avevo ancora parlato, trattenuto in
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meditare sulle mie cose. Avevo scelto bene? Avevo commesso
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cose. Avevo scelto bene? Avevo commesso una sciocchezza? Non
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vita più nulla mancava. Avevo anzi delle cose in
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alle mie spalle. Non avevo chiesto troppo a me
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a me stesso? Non avevo peccato di presunzione, pensando
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vagabondaggi erano finiti, che avevo cessato di rotolare per
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scoperta su me stesso. Avevo scoperto che appartenevo alla
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tornare mai più, che avevo sempre avvertita a monte
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non poteva esserci ritorno. ¶ Avevo ben presente che, ai