Vittorio Alfieri, Filippo, 1783

ad altri in braccio ¶ ben mille volte il dì

ogni re, il serbarla. ¶ Ben mi trafiggi, ma non

tu?... ¶ Isabella ¶ ... Signor... ¶ Filippo ¶ Ben già t´intendo. ¶ Se

ch´entro il tuo ben nato ¶ gran cor non

fremi?... Odilo, e fremi ¶ ben altramente poi. — Già più

schiatta: e a cor ben forza ¶ sarà il morir

offeso re mostrarmi. ¶ Isabella ¶ Ben tel credo. Ma ei

negli atti, in volto, ¶ ben ti si legge, che

biasmo non lieve. Omai, ben parmi, è tempo, ¶ di

che a scusare, a ben amar mio figlio. ¶ Isabella

mio cenno io peserò ben pria, ¶ che di te

Opra tremenda è questa; ¶ ben libratela, o giudici: da

più che minaccevol volto, ¶ ben ti si legge che

dir: m´odi, e ben altro ¶ ardir vedrai. — Supposto

omai nol sa? — Dirò ben io, che il prence

ei reo non è, ben infelice è molto. — ¶ Ma

Perché appellarci? Solo ¶ tu ben puoi romper senza noi

tu, ch´ella è ben tua; ma mio ¶ egli

tu, né il dai. ¶ Ben reo sarei, se a

a forza? ¶ Filippo ¶ Tu ben vedesti; è desso. ¶ Isabella

Filippo ¶ E n´hai ben donde. — ¶ Il tuo tremar

Di vano pianto, e ben celato, io posso ¶ onorar

né più indugiar potea. ¶ Ben venga il dì, ben

Ben venga il dì, ben venga, ov´io far

bramo. ¶ E il sai ben tu, da cui null

Ch´io ceda? ¶ Or, ben mi avveggo; hai di

ottimo resta; ¶ Perez, cui ben conosci: ei pianger teco

ardi d´orribil foco: ¶ ben mel dicesti; assai, troppo

virtù, né gli anni, ¶ ben io il farò: sì