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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Giovanni Battista Casti, Poema tartaro, 1796

concordanze di «ch»

nautoretestoannoconcordanza
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1796
traviamenti dello spirto umano ¶ – ch’ora, in pensarvi, sembrano
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d’Alemagna, ¶ valenti cavalier ch’or io non nomo
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conte di Sciampagna, ¶ Tibaldo, ch’era un capo d
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egli n’avea taluni ¶ ch’erano affatto suoi particolari
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clamide. ¶ Sul giardino maggior ch’è lungo il fiume
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giardin contiguo riuscia ¶ e ch’ei solea portar sempre
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ed indicogli ¶ tutto ciò ch’ella fece e ch
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ch’ella fece e ch’ei far debbe ¶ acciò
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posto, ¶ essendo sommamente persuaso ¶ ch’egli alla grazia avria
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cristiano analogo ¶ pensò poi ch’ei faria contro il
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attraversate o rotte. ¶ Quel ch’io posso torrò; tu
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finalmente a un’osteria ¶ ch’era del babilonico domino
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persuaso ¶ fu di ciò ch’era infatti e fremé
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il Soldan contro quei ch’eran fuggiti, ¶ vuol che
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Chi sian costor pria ch’io vi faccia intendere
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al suo destin rubello: ¶ ch’è van lagnarsi e
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cui ¶ disse «Deh, tu ch’esser dei meglio al
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asiatico, ¶ schietto gli confessò ch’ei più di lui
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gonfiami i polmoni ¶ acciò ch’io dia più fiato
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a me le cose ¶ ch’io veggio esponi». E
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a lui sorride e ch’ei ¶ non appar men
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ti basti per or ch’io sol l’accenne
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governo mogol rendermi inteso, ¶ ch’io per anche qui
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adulazion, l’ossequio indegno, ¶ ch’ella è l’unica
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non fosse e valente. ¶ Ch’ella poi sia gentil
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Impero ¶ su i regni ch’egli ha rovesciato e
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e i grandi onor ch’egli ebbe ¶ e il
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e capo d’orda ¶ ch’esser ascritto infra di
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chi sbadiglia; ¶ e ciò ch’ei disse alfin di
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e forti e molte, ¶ ch’or io per brevità
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d’uso che vieta ch’uom s’impicchi o
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famosa vedova d’Ottai, ¶ ch’ella scarabocchiò di propria
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imprese. ¶ Vero è però ch’ivi non già di
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oggetto il valor di ch’esso è degno ¶ li
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sempre. ¶ Il sesso femminil, ch’io quivi apprezzo ¶ più
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le ritiene certa timidezza ¶ ch’esser pur suol di
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accordar debbe ¶ merto superior ch’ei mai non ebbe
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colà in quel cocchio ch’io ti noto. ¶ Forse
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e chi al passeggio, ¶ ch’era Catuna ritirata omai
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E seguì: «Lascia pur ch’io non rammenti ¶ cose
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attenzion costanti prove: ¶ ciò ch’io narrai tenetevi a
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chiede a me: so ch’ei può fare ¶ la
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colonnello; ¶ e t’assicuro ch’egli è un posto
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e più si confermò ch’egli era il caso
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in un bel camerin ch’era là presso ¶ seco
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ascolta i detti miei, ¶ ch’io ti farò la
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ghignetto ¶ le fe’ Turfana, ch’ella ben comprese; ¶ e
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A Toto giunse alfin, ch’essere istrutto ¶ volle di
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istrutto ¶ volle di ciò ch’erasi detto e fatto
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un poter sì estenso ¶ ch’ella omai non ardia
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interprete in lor vece, ¶ ch’essi né fogli conoscean
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quei mezzi ad impiegar ch’io più stimai ¶ pronti
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so né voglio ¶ soffrir ch’altra catena il cor
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e come. ¶ Chi dicea ch’era greco e chi
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cavalier errante, ¶ chi sostenea ch’egli era un pellegrino
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Tommaso insegnò loro, e ch’era ¶ in Francia e
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ossequiosa nobiltà mogolla. ¶ Siven, ch’era cogli altri ito
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della tartara tracolla, ¶ ordin ch’eroe distingue o personaggio
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oggetti e altri assai ch’or io non dico
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lusinghier barlume ¶ so ben ch’uom saggio insuperbir non
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femmina che può ciò ch’ella vuole ¶ di far
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e poi serrò. ¶ Trovò ch’ei sulla sedia ancor
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incognito passetto». ¶ Credé Tommaso, ch’era in casacchina, ¶ offender
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soggiungea: ¶ «Saria ben giusto ch’io prima intendessi ¶ color
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accesso». ¶ «Sai» Tommaso rispose «Ch’io mi pregio ¶ di
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l’umana nobiltade, e ch’esca od entre ¶ il
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o Can sol quei ch’ei volle; ¶ allor gli
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render procura ¶ l’oppression ch’ei soffre altrui più
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e tremante. ¶ Quindi è ch’ei può soffrir tranquillamente
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e la sincera brama ¶ ch’ebbi ognor di servirti
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sanità perfetta, ¶ a quel ch’io veggio, or grazia
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primi momenti, ¶ nel partir ch’egli fe’ gli occhi
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compagnia di lui ¶ o ch’io non fo sicuri
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qual era il cammin ch’io volea prendere ¶ e
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posso il mio. ¶ Soffri ch’io ’l dica: il
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deciso, Toto e Turachina, ¶ ch’erano due politici coi
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è molto». ¶ Credi allor ch’egli immerso abbia il
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perché Tiribara da Cutsai, ¶ ch’ei non ama, dipende
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con picciol stuol, lascia ch’io vada ¶ a dissipar
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anche io son quel ch’esser soglio, ¶ de’ tuoi
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fisso è nel ciel ch’io resti esangue, ¶ degno
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nel ballo ancor vuoi ch’io rientre, ¶ cercherò quel
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e congedossi. ¶ Ma o ch’ella cattivar con impostura
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ciascun diede di piglio ¶ ch’ebbe più pronta e
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fralle braccia il tenne, ¶ ch’ei, pertinace nel crudel
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corre contro a colei ch’egli uom pur crede
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In questo mentre Apua, ch’era in piè sorto
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non fur che quelle ¶ ch’età debil ritarda o
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mie, lo sguardo altrove, ¶ ch’io veggio ben che
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fatti a posta venir, ch’esperti e bravi ¶ si
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flotta in alto mare ¶ ch’Eolo scatenò li venti
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saper novella; ¶ e altre, ch’ebber le stelle meno
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son bisticci e giuochi, ¶ ch’esser buon vate il
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è gran danno inver ch’essendo ei greco ¶ che
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non sia iconoclasta: ¶ so ch’egli è un galantuom
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l’ale d’oro, ¶ ch’entro vasetti e scarabattolini
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a un guarnito ostel ch’ella assegnolli ¶ dal treno
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pubblico e antiquario. ¶ Piancarpin, ch’era un generoso frate
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a ritrovar Tommaso ¶ sapendo ch’era a suo favor
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l’oscena contemplar salma ch’empiste? ¶ Voi, salvatiche ignobili
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Caracora il giovine impudico ¶ ch’esercitò libertinaggio osceno; ¶ putte
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né men, fu questo: ¶ ch’essendosi l’augusta Turachina
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fluido dolciore aveavi sparto ¶ ch’è tutto umanità, tutto
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in lei si fidi, ¶ ch’ella a compor s
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Rispose il Papa allor ch’ei ben vorria ¶ con
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le fu da Federico ¶ ch’ei sua Gran Caneria
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modi ed il tuon ch’ei preso avea con
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diletto. ¶ Anzi, un dì ch’ella in non so
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ventiquattro paggi attorniato. ¶ Diresti ch’è una casa che
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ove per tutto ciò ch’ella più brame ¶ ha
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crudei tratti inumani, ¶ però ch’ella è di cuor
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entriam su questo punto, ¶ ch’or di seguir Catuna
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intanto e la cavalleria ¶ ch’ella inverso Potala avea
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filza delle lor corone, ¶ ch’essi tengono al braccio
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che dedur si dee ch’egli è mal fatto
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vidi il solitario cappuccino ¶ ch’entro una cava rupe
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di maestoso e augusto, ¶ ch’empie il cor di
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e forza è pur ch’ella l’invito accetti
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intuonavan festoso inno tibetico, ¶ ch’espressamente un cutuctù compose
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pago ¶ e ogni liquor ch’India e Catai dispensa
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stabilimenti ¶ non sorgan mai: ch’è troppo bel negozio
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lentamente scendean, fa cenno ch’entre ¶ in cameretta e
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poscia confermò l’effetto, ¶ ch’ei saggi e prove
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camerier «Provvedici» ¶ diss’ella «Ch’io più non me
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col camerier l’infante, ¶ ch’ei n’avrà cura
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romano e dal senato, ¶ ch’era gente di senno
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ma che il poter ch’ell’ha l’ha
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e la sonora fama ¶ ch’erasi sparsa in tutto
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Guardimi il ciel però ch’io contradica ¶ chi ripon
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fra i grandi eroi, ¶ ch’ei nell’avversa sorte
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sui, ¶ essendo internamente persuaso ¶ ch’ei non era colà
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anzi avete, ¶ fama era ch’egli avesse il grand
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assai chiaro ad evidenza ¶ ch’era Azzodin di lui
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s’appella ¶ entrambi fur, ch’era un morir di
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inviti ¶ cose non degne, ch’ei riguardi o apprezze
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l’auriga, il cuoco, ¶ ch’esser nemico esercito si
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pervenne ¶ a darsi autorità ch’ei pria non ebbe
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Anime valorose, o voi ch’empieste ¶ un dì l
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ciò motteggia e ride, ¶ ch’ei tosto increspa la
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noto era a ciascun ch’ei dipendea ¶ da quel
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E inoltre – per ragion ch’or io non dico
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ispirar agli arabi pastori, ¶ ch’empiendo lor di fanatismo
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né so se sai ch’ei volle ad ogni
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Calif non sia rimaso ¶ ch’io partissi di là
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vicende, ¶ e se ciò ch’egli vide e ch
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ch’egli vide e ch’ivi accade ¶ racconta poi
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e quel gli rispondea ¶ ch’egli è il solo
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padron del mondo intero, ¶ ch’ei sol depone i
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mio, tienmi le mane ¶ ch’io non svisi quell
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mosse a risa. ¶ Disse ch’egli sarebbe un caso
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la voce intanto, e ch’io ¶ renda alla tua
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che s’indovina ¶ par ch’ei non fosse della
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all’opra ha sì ch’altro non vede o
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suole ¶ sulla sua fè, ch’empir non può né
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domin sommesso; ¶ e spero ch’ei, per un ambasciatore
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di quel dì – soffri ch’il dica, ¶ soffril, Tommaso
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sol percote, e pare ¶ ch’arda il naviglio e
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gagliarda ¶ per donne almen ch’ivi sedean la trova
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è di suo gusto ¶ ch’eremitaggio esser vi debba
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ed enormi, ¶ alla divinità ch’ivi si cole ¶ tanto
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ragion direte, o donne, ¶ ch’io son troppo amator
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in Tartaria ¶ del poter ch’egli usurpa e sopra
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cui prima innalzollo e ch’or gli invidia; ¶ e
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or le fa sospettar ch’ei macchinasse ¶ col songo
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gelosia di regno, ¶ disse ch’era ei di Mengo
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mancava talun che sostenea ¶ ch’ella talor, per variar
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di novello amante, ¶ o ch’ella replicar sovente amasse
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escluso, ¶ dicendogli il portier ch’era occupata. ¶ All’improvvisa
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egli ebbe di ciò ch’era in effetto, ¶ tanto
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qual sei, non far ch’io deggia ¶ con quest
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dimora ¶ va di Bozzon, ch’ivi governa e regna
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mio. ¶ Vengan ordini pur, ch’io me ne rido
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la flemma ¶ e bestemmiar ch’era un piacer a
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tutto a rammentar ciò ch’egli ha fatto ¶ si
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avesse fatta qualche ciurmeria, ¶ ch’ei si lasciava governar
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poco altrui noto ¶ fan ch’io di forza o
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possibil mai non fu ch’ella ascoltasse ¶ i giusti
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non muore mai!» ¶ Color ch’erangli attorno e malcontento
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ambizion di regno, ¶ dicon ch’ei di rinchiuderla in
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più pungenti ¶ stimoli son ch’ella risenta al core
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cosa un mal diviene, ¶ ch’esser non ponno uomin
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passar se le presenta: ¶ ch’ella, se nuova incognita
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e assai fa fede ¶ ch’ella di Gengiscan sul
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naso, infin d’allora ¶ ch’ella regnato avria pronosticai
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opaco ¶ per non capir ch’ella ne aveva il
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il marito. ¶ Poco mancò ch’entro una rocca ascosa
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par deciso e stabilito ¶ ch’ella avesse ragione e
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bosco ¶ qualche parente suo ch’io non conosco. ¶ Ma
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si permise; ¶ chi dice ch’ei morisse avvelenato; ¶ chi
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in lui ravviso, ¶ o ch’io traveggio o il
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segno ¶ abbattuta gli avea ch’ei più non era
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godea la grazia, ¶ tosto ch’egli fu eletto imperatore
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baciò la bella man ch’ella gli offerse ¶ e
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potea, ¶ perciò Zelmira, atteso ch’ella ancora ¶ di cristianesimo
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il perché – non volle ch’io ¶ dicessi che da