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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Egisto Roggero, I racconti della quiete, 1896

concordanze di «che»

nautoretestoannoconcordanza
1
1896
tra le due roccie che vengon proprio a lambire
2
1896
a Morfeo, il dio che protegge il sonno della
3
1896
primo sospiro del flauto che già piacque a Syrene
4
1896
L’accompagna lo zefiretto che vien dal bosco: tremolano
5
1896
fantastica e silente. Ecco che la bianca dea sul
6
1896
neve toccan l’acqua che è tutta increspata adesso
7
1896
bel canto di Pane, che ora ha deposto il
8
1896
sorride al misterioso cantore che l’ha svegliata dal
9
1896
luce e di suono che tutta la iradiano. Il
10
1896
ella discende nell’acqua che si apre per riceverla
11
1896
di neve delle ninfee che le sbocciano intorno alle
12
1896
della loro dea, sì che al povero Pane altro
13
1896
Pane altro non resta che gemere e lamentarsi sulla
14
1896
uno sguardo alle acque che si van colorando di
15
1896
roseo: alle ninfèe sorelle che ripiegan le corolle e
16
1896
foglie e al Pane che non canta più sulla
17
1896
la sampogna sull’erba che non è più d
18
1896
a guardare la bella che si riaddormenta e che
19
1896
che si riaddormenta e che null’altri potrà ridargli
20
1896
È la Vita destata che è passata sulle cose
21
1896
passata sulle cose e che ha gelato il Sogno
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1896
sole e alla vita, che riempion i viali della
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1896
visita. ¶ Mentre il treno, che avea corso, agitato e
24
1896
ancora alla scena straziante che tante volte la mia
25
1896
bambino morente: sgomenti, agitati, che non sanno che fare
26
1896
agitati, che non sanno che fare. Il treno si
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1896
paesello, sconosciuto a tutti, che sta svegliandosi come un
28
1896
han preso il bambino che muore e delicatamente lo
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1896
finestrini del lungo treno, che freme sordamente, è un
30
1896
sonno della notte recente. – Che è? perchè si è
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1896
è fermato il treno? che cosa è stato? – Un
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1896
è stato? – Un bambino che muore; gli ha preso
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1896
riprender posto nel treno che parte. – Facciano presto, si
34
1896
triste quadretto di dolore che han vissuto per pochi
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1896
occhi sbarrati, senza luce. – Che cos’è mai stato
36
1896
mattino. ¶ * ¶ * * ¶ Questa la scena che tante volte la mia
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1896
sotto il sole gaio che ne baciava la piccola
38
1896
aveva promesso alla signora che si sarebbe preso la
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1896
la cura di sorvegliare che non mancassero mai, sulla
40
1896
percorrere la linea ferroviaria che passava pel paesello, la
41
1896
ritirare la piccola salma, che la signora voleva avere
42
1896
al lungo treno nero che ripartiva: io riviveva quel
43
1896
povera madre. Uscii fuori. Che pace, che quiete, quanto
44
1896
Uscii fuori. Che pace, che quiete, quanto verde e
45
1896
di contadina del paese che mi guardava con tanto
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1896
grigio, color della terra, che si mangia in campagna
47
1896
galline, zeppo di verdura, che io, fresco della grande
48
1896
fra bosco e campo, che va salendo, intorno alla
49
1896
fargli scorgere la commozione che mi si leggeva troppo
50
1896
Il dolce inganno. ¶ Poi che la pioggia la quale
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1896
fastidiosa e il vento, che faceva lamentare gli alberi
52
1896
nostro bel salottino, sì che Maria era stata vinta
53
1896
vicini alla fiamma gaia che scoppiettava – le raccontai, per
54
1896
buoni cani da caccia, chè in quanto a questo
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1896
di ritorno al castello che a tarda sera, pieno
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1896
ancella, altri non era che la bionda Giselda, la
57
1896
valso del tradizionale jus che gli spettava ne’ mariaggi
58
1896
Conte, tanto lo colpirono che poco tardò ch’ei
59
1896
dava la triste novella che la bella fanciulla era
60
1896
povera Giselda, più morta che viva, pallida come un
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1896
toglierla dall’abbattimento mortale che l’aveva colta appena
62
1896
conte Oldrado, per assicurarvi che nulla abbiate a temere
63
1896
sì nobile e leale che la contessina non potè
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1896
a terra pregando Iddio che la salvasse dal fiero
65
1896
poco entrava l’ancella che cercò di rassicurarla meglio
66
1896
cercò di rassicurarla meglio che potè: le parlò del
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1896
ardente ma rispettoso amore che le portava, le spiegò
68
1896
ascoltava i racconti avventurosi che il giovane scudiero improvvisava
69
1896
tutte stranamente malinconiche, sì che la fanciulla, dopo, le
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1896
bionde le sue castellane!) che dall’alto de’ loro
71
1896
nulla all’audace confessione che poteva pur costare la
72
1896
lampo: ed egli comprese che non poteva amarlo, solo
73
1896
abbattuto, annunciò alla damigella che il suo nobile padrone
74
1896
padrone era arrivato e che l’avrebbe quando ad
75
1896
ancella venne a pregarla che si degnasse seguirla, che
76
1896
che si degnasse seguirla, che il nobile Conte Oldrado
77
1896
Oldrado altri non era che il giovine e malinconico
78
1896
nel caminetto ma Maria, che non aveva più freddo
79
1896
un pochino la testa – chè moriva dal sonno, adesso
80
1896
Lo Stagno delle ninfèe che è proprio nel mezzo
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1896
praticello di erba novella, che, ora, sotto la diafana
82
1896
praticello de’ fili argentei, che la lievissima brezza notturna
83
1896
l’intrico dei rami che la luce lunare non
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1896
tutta la bianca luce che piove dal molle cielo
85
1896
circondato da piccole roccie che cadon nell’acqua dormente
86
1896
della luna. Le ninfèe che allo stagno danno il
87
1896
le loro grandi foglie che si dondolan dolcemente sull
88
1896
sull’acqua perlata, intanto che le piccole teste di
89
1896
bianchissimo corpo di marmo, che sorge luminoso dell’eterna
90
1896
delle ninfèe sue sorelle, che metton intorno alla piccola
91
1896
intorno alla piccola isola che serve da giaciglio alla
92
1896
non giunge il musco che fa da tappeto alle
93
1896
è il Poeta padrone che viene al solito ritrovo
94
1896
in mezzo al praticello che intorno a lui agita
95
1896
uno sguardo allo stagno che dorme. Poi i suoi
96
1896
al suo fido cantuccio, che è come una piccola
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1896
il fogliolino di carta che le porse sior Tonino
98
1896
della vostra piccola Nenè, che.... chi sa? se rivedrete
99
1896
era una sfumatura accorata che turbò fortemente sior Tonino
100
1896
nera macchia di velluto che facevano la Villa e
101
1896
piena campagna. Una stradella, che ben pochi sapevano, si
102
1896
seduto davanti alla porta che metteva nell’orto, sotto
103
1896
foltissima zucca in fiore che la incorniciava, con un
104
1896
sua buona vecchia serva che gli faceva i servizi
105
1896
dorati, caldi e croccanti, che si sgretolavano stringendoli alquanto
106
1896
liquido alle labbra!... Io che andava spesso a trovarlo
107
1896
un figlio, a Milano, che si era dato al
108
1896
amore. Giacchè bisogna dire che maestro Piero non era
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1896
luce lo dicevano ridendo che anche lui un giorno
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1896
signora con le ali che tutti i giovani hanno
111
1896
giovani hanno inseguito e che si chiama la signora
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1896
manto della bella signora che s’è detto! Poi
113
1896
fa sempre; la gioventù che tante cose fa parer
114
1896
bel bamboccione tutto vita che non voleva saperne affatto
115
1896
solo, abbandonato dalla sposa che se ne era volata
116
1896
aspettarlo e dal figliuolo che s’era dato all
117
1896
aveva dato al figliuolo chè ne andasse con esso
118
1896
Diceva una scritta appiccicatavi che su quella vecchia tastiera
119
1896
del buon maestro Piero, che aveva destinato la vecchia
120
1896
e certi altissimi malvoni che sembravano alberi, agitavano il
121
1896
de’ finocchi in fiore che aprivano il loro verde
122
1896
orti!... ¶ * ¶ * * ¶ La prima volta che, invitato da maestro Piero
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1896
ultimi anni di gloria – che se la rideva bonariamente
124
1896
dispetto del buon pittore che lo aveva dipinto, d
125
1896
Il mio buon angelo che non è più.... e
126
1896
e il mio marmocchio, che ora ha venticinque anni
127
1896
disse, la prima volta che vi posai sopra gli
128
1896
convinto. ¶ E mi parve che nella sua esclamazione vi
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1896
egli perdere bentosto!... ¶ * ¶ * * ¶ Avvenne che dovetti allontanarmi per qualche
130
1896
era stato l’orto che conosciamo era adesso un
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1896
sedile verde ed elegante, che leggeva un giornale.... maestro
132
1896
un giornale.... maestro Piero!... ¶ Che cosa dunque era avvenuto
133
1896
verde di maestro Piero che era stata presa dalla
134
1896
figlio e alla nuora che il luogo era troppo
135
1896
tanta altra brava gente che in un batter d
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1896
abito elegante e corretto che lo impacciava – e teneva
137
1896
mano un giornale; lui che da anni ed anni
138
1896
cactus viscidi e spinosi che parevan serpenti che gli
139
1896
spinosi che parevan serpenti che gli facesser le boccacce
140
1896
di vetro a specchio, che ci rifletteva entrambi a
141
1896
suono di un pianoforte che martellava un valzer di
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1896
volto. Era proprio lei che poc’anzi suonava il
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1896
il caffè! ¶ Compresi ciò che maestro Piero voleva dire
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1896
caffè, del «suo caffè» che il maestro Piero d
145
1896
lui, nella quiete immensa, che nulla turbava, dell’appartamento
146
1896
anch’io questo passato che ha turbato i miei
147
1896
volta, questo terribile passato che non mi ha abbandonato
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1896
il ricordo di ciò che fu ti assalirà doloroso
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1896
volto di tuo nonno, che vegliò solo, qui nel
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1896
imposte. Quindi, nel buio che s’era novamente fatto
151
1896
sotto. ¶ Il vecchio Max che nel frattempo s’era
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1896
per la povera anima che ancor vagolava sdegnata dentro
153
1896
loro saluto al giovane che se ne andava, per
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1896
con la mano, accennò che non era stanco e
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1896
s’era acquetato, esso che cantava così dolcemente! Così
156
1896
i grandi vecchi alberi che lo avevan veduto bambino
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1896
silenzio il vecchio Max che piangeva, lo baciò sul
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1896
far scorgere al Rico che lo aveva aspettato. Dopo
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1896
personcina appariva più tristanzuola che mai, nella commozione che
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1896
che mai, nella commozione che lo aveva invaso e
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1896
di nascondere il più che poteva, sotto il suo
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1896
nuova e del cavallo che non voleva star fermo
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1896
in mezzo al verde, che dava gli ultimi sbocci
164
1896
Tonino! Da quel giorno che il Conte lo aveva
165
1896
a non dimenticare ciò che aveva imparato in città
166
1896
quella sorta, una contessina, che veniva da Milano e
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1896
e dal Conservatorio! Non che gli mettessero paura gl
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1896
celesti pieni di biricchinerie, che costringevano inesorabilmente i suoi
169
1896
quella dolcezza di paesaggio che tante volte aveva ammirato
170
1896
l’ultima volta, questa, che faceva quella strada. Il
171
1896
sa? ai suoi adoratori – chè, certo, non le dovevano
172
1896
un mondo di cose che non ardiva confessare neppure
173
1896
un diavoleto di voci che empì di spavento il
174
1896
povero sior Tonino. Nientemeno che una mezza dozzina buona
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1896
quanto era loro possibile. Che diavolo era mai cotesto
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1896
figura avvezza a compatire – che gli si offrì di
177
1896
in quella cotal selva che sapete. ¶ Appena rimesso alquanto
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1896
professore del lieto avvenimento che rende caro questo giorno
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1896
uno dei giovani cacciatori che stavano in gruppo con
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1896
inchino e intanto pensò che quella doveva essere, quella
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1896
altra, la «bella sorpresa» che gli aveva accennato il
182
1896
della contessina. Avvenne però che la buona signora dovette
183
1896
vista la enorme confusione che lo vinse subito, appena
184
1896
sempre come in sogno – che a un certo punto
185
1896
due o tre volte, che il marchesino Magni gli
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1896
nè dopo molti anni che vi ripensò – se egli
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1896
no. Gli parve anche che qualcuno brindasse a lui
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1896
sua buona dama-cavaliere, che gli parlò a lungo
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1896
di benevola indulgenza: di che cosa però ella parlasse
190
1896
altro, di quel momento, che la visione dei grandi
191
1896
Era la contessina Nenè che, sorridendo, gli faceva cenno
192
1896
mi darete i versi che avete portato per me
193
1896
lontano, un ultimo fischio che gli parve un lamento
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1896
e le rughe minute che gli solcavano la fronte
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1896
l’insieme di colui che lo indossava. ¶ La stazioncina
196
1896
viaggiatore parve contrariato, più che dalla risposta dalla maravigliata
197
1896
viaggiatore il breve andito che recava dall’altra parte
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1896
altra parte e poi che fu fuori, sulla piazzetta
199
1896
brezza alpestre e mattutina che il viaggiatore aspirò intensamente
200
1896
scogliosa. Sotto, la valle che s’andava illuminando, s
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1896
macigni, sulla collina diruta, che gli si ergeva davanti
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1896
davanti nella valle quieta che dormiva, cercando di rievocare
203
1896
a trarre dalla mente che la sola rimembranza delle
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1896
del folle, misterioso terrore che s’era preso tutto
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1896
infantile. Egli non aveva che cinque anni.... E venticinque
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1896
collo del devoto servo che lo portava, anche lui
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1896
stessi d’allora: quelli che, quella notte, avevan guardato
208
1896
vivida del piccol parco che, al di sopra della
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1896
tutto lo strano paese che da ogni lato circondava
210
1896
circondava il solitario viaggiatore che saliva sempre. ¶ Il cielo
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1896
raccolta larghe chiazze luminose che si rincorrevano.... ¶ Davanti al
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1896
tranquilla dolcezza di pace che contrastava col grigiore del
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1896
fitto viluppo di verde che nascondeva la porta del
214
1896
del silenzioso fabbricato e che non un alito di
215
1896
catena rugginosa della campanella che pendeva al pilastro a
216
1896
viluppo misterioso delle rame che toccavano terra. Due volte
217
1896
cancello chi era colui che a quell’ora veniva
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1896
vista, chiese: ¶ — Chi siete? che volete? ¶ Il viaggiatore mormorò
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1896
aprì l’arruginito cancello che cigolò lamentosamente su cardini
220
1896
tanto piccino! Lo sai che sono passati quasi trent
221
1896
dire mai a nessuno che io sono venuto. In
222
1896
avevo mai veduta. ¶ — E che fece? ¶ — Voleva visitare il
223
1896
Sempre, col mio ragazzo.... che è divenuto più selvatico
224
1896
solo, nel grande silenzio che il solo frusciare degli
225
1896
momento di sua vita che tra poco stava per
226
1896
arretrare alquanto il visitatore, che però inoltrò subito e
227
1896
alto, ancor essa sbarrata, che però cedette, questa, quietamente
228
1896
venuto, nel chiarore scialbo che filtrava dai larghi finestroni
229
1896
oltre. Le tre sale che seguivano si aprirono una
230
1896
i piedi dei due che lo attraversavano, si mosse
231
1896
nel buio delle stanze che già eran state di
232
1896
posata rabbrividendo, quel passato che per tanto tempo aveva
233
1896
sapere, tutto. Ed ora che questo tutto gli era
234
1896
pochi giorni, svelato, ora che sapeva bene, egli era
235
1896
solo, con le cose che avevano veduto il dramma
236
1896
Lì, questo vecchio dramma che aveva gettato l’ombra
237
1896
ad aprire le imposte che da venticinque anni avean
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1896
biondi! Oh, le smorfie che le aveva fatto dalla
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1896
unico giusto. Non credere che in Lui, non sperare
240
1896
in Lui, non sperare che in Lui. Così ella
241
1896
dieci; ti dirò quello che penso io di quanto
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1896
quesiti, mi fece cenno che mi sedessi ai mio
243
1896
mio tormento. La finestra che dava sul terrazzino era
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1896
ombra, intravvidi il telescopio che guardava il cielo nero
245
1896
osservassi una bella nebulosa che egli stava studiando. Il
246
1896
nebulosa e intanto pensava che se Delfina, poco prima
247
1896
dolcezza, segno era evidente che tutto andava bene. Così
248
1896
tutto andava bene. Così che nel mio cuore io
249
1896
fraülein dell’inesorabile matematico che in un momento così
250
1896
per me non pensava che a straziarmi ancora con
251
1896
E la mia fantasia che andava a vapore – io
252
1896
tenue luminosa nebbia siderale che si specchiava nella vasta
253
1896
nastro scuro del fiume, che aveva qua e là
254
1896
mio, ascoltami bene. Quello che io ora sto per
255
1896
alla vecchia Agnese, vedi, che da trent’anni non
256
1896
è vero? Bene, sappi che io aveva appunto questa
257
1896
Toscana: tre lunghi anni, che sono i più dolci
258
1896
Sappi dunque, ragazzo mio, che io frequentava l’Università
259
1896
figuretta snella e bionda che vedeva tutte le mattine
260
1896
ti sembrerà dunque strano che io m’innamorassi sul
261
1896
del vostro inverno delizioso, che qui non ha riscontri
262
1896
doloroso lavorìo della malattia che doveva staccarla per sempre
263
1896
i progressi del male che l’allontanava lentamente da
264
1896
allontanava lentamente da me, che me la rapiva.... Essa
265
1896
casa. Perfino in me, che pur tanto l’amava
266
1896
gusti, altri sentimenti. Qualcosa che inesorabilmente ci separava. Passarono
267
1896
cinque anni: ed io che la vedeva infelice, scontenta
268
1896
spezzato l’ultimo filo che la teneva ancora avvinta
269
1896
la mia piccola Delfina, che somiglia tutta a sua
270
1896
sentiva le lacrime silenziose che gli scorrevano sul volto
271
1896
dimmi, ragazzo mio, vorresti che io, che non ho
272
1896
mio, vorresti che io, che non ho altro che
273
1896
che non ho altro che i miei numeri e
274
1896
taceva, non sentiva più che una grande sensazione di
275
1896
piccola bambina?... Tu sai che io non posso seguirti
276
1896
mio, tu già senti che questo è impossibile e
277
1896
vie della piccola città che mi aveva ospitato studente
278
1896
persino la buona Agnese, che ci seguiva carica del
279
1896
cose belle e care, che portavo nel cuore con
280
1896
frase del vostro paese – che la vostra dolce vocetta
281
1896
l’opposto di quello che il mio cuore anelerebbe
282
1896
stava formando il treno che doveva portarmi via. In
283
1896
quelle due liste ferrate che sparivano all’orizzonte v
284
1896
avanti.... Una cara visione che per un momento mi
285
1896
per trattenerla il più che mi fosse possibile. Riaprendoli
286
1896
e il buon Franz che piangeva. Il Professore mi
287
1896
non furon più altro che una lontana cara visione
288
1896
il lungo nero convoglio che tutta la notte lo
289
1896
abiti alla moda, irreprensibili, che nella rustica severità della
290
1896
disordinati, la vecchia fantesca che piangeva mi mormorò: ¶ — Stanotte
291
1896
anch’essa, un vecchio che a prima vista non
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il ritratto della madre che dalla tela sorrideva bionda
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Università – la famosa Università che divide con le belle
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a meno di meravigliarmi, chè io conosceva da molto
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di tutti gli studenti che con me dividevano quell
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de’ suoi sudditi fedeli. Che mai poteva in quel
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bene, mio caro Franz, che questo è semplicemente impossibile
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è mai dunque avvenuto? ¶ – Che io, che fraülein Delfina
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dunque avvenuto? ¶ – Che io, che fraülein Delfina, che Agnese
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io, che fraülein Delfina, che Agnese sappiamo, nulla. Nulla
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buffa aria di costernazione che addolorava in quel momento
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volo la piccola rampa che dalla strada innalzava i
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bella targhetta di ottone, che la buona Agnese ogni
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ingenua ed accorata costernazione che già aveva veduto dipinta
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da due giorni è che pare impazzito. Povero l
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dorme più: non fa che parlare da solo, poi
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io ho paura! ¶ — Di che temete, voi, mia buona
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ho paura, le dico, che il mio buon padrone
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Ella sapeva, la furba, che la fraülein era la
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fraülein era la cosa che m’interessava di più
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amicizia, dai primi giorni che avea preso a frequentare
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posso negare di riconoscere che dovea un pochino a
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presi la piccola mano. ¶ — Che ha vostro padre, Delfina
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gelosa cura del professore che non dava a nessuno
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anche l’altra manina che io strinsi al cuore
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quelle due manine bianche che seguitava a tenere prigioniere
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ritornai quietamente lo studente che attende il suo professore
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silenzio, mi fece cenno che andava a cambiarsi e
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andava a cambiarsi e che sarebbe ritornato subito, e
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passò la misteriosa bufera che aveva agitato in quei
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Però, quasi sempre, dopo che la minaccia buia e
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confidenza per noi intimi che lo circondavamo. Invece, dopo
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non fu più altro che un matematico, e, pur
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mio professore! Oh, con che accanimento egli si tuffava
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cammino, un miserabile errore che mi mandava a rotoli
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professore Ense von Nörten, che tra un polinomio e
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del resto di mondo che lo circondava. ¶ Egli sì
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lo circondava. ¶ Egli sì che doveva essere lo scolaro
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professore! Dato, s’intende, che il professore Ense von
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rive verdi del Meno che mi decisi al gran
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nostri colleghi della Burschenschaft che incontravamo ci salutavano, leggermente
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della bella figuretta bianca che tenevamo in mezzo, e
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fidanzati felici. È vero che in cuore lo eravamo
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Le buone mamme würzburghesi che ci passavano accanto con
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mancai di fargli sapere che «aveva molte ragioni» da
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piccola amica.... ¶ Il professore che alle mie prime parole
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informi figlie dell’aria, che dal mare, con secchie
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villa piena di memorie che vide nascere mia madre
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morte tragica e improvvisa, che empiè il mio cuore
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i vetri della carrozza che mi portava, smarrito e
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con un sordo fremito che scoteva i morti avanzi
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avanzi di quelli alberi, che davan l’imagine d
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non lo aveva veduto che una sola volta, tanti
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sempre la bizzarra impressione che lo strano parente m
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e dagli eleganti amici che frequentavano la nostra casa
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nostra casa! Mi ricordo che, allora, n’avea quasi
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a fugare le ombre che fosche e paurose scendevano
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E la mia cugina, che non conosceva ancora, apparì
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piccole lenti d’oro che si tolse per baciarmi
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Ma il vecchio parco che avea veduto mia madre
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fresco e luminoso mattino, che recava in sè giocondamente
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primavera. Balzai dal letto che il sole non era
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il balcone. Nella nebbia che lo velava d’una
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fila di cipressi neri che si profilavan sull’orizzonte
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Era la prima volta che io, giovinetto, subiva il
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Da tanti anni, da che viveva a Santa Galatea
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Vico, l’altro figliuolo, che viveva a Milano, era
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vita fastosa e spensierata che il padre e la
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naturale. Era là dentro che la sua strana magrezza
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i suoi «vecchi amici». ¶ Che cos’eran i suoi
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secolare sotto la polvere che ne proteggeva il riposo
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finiva – in quella quiete che vinceva ogni cosa – per
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dalle grandi bionde ali, che mi facea leggere le
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e di verde smeraldino che empievan di luce le
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legati, udii una parola che la ricordasse. ¶ Perchè? ¶ Feci
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una ben strana scoperta, che molto mi fece fantasticare
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tra due grandi scaffali che lasciavan come una nicchia
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nicchia, sotto una tenda che ben dissimulava il vano
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nè sollevava il velo che lo nascondeva, io non
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il solito malinconico pranzo che si svolgea silenzioso nella
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parco, i cipressi neri, che si profilavan sul cielo
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sul volto dello zio che ebbe un rapido sguardo
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voce dello zio, cupa, che m’interruppe: ¶ — Basta.... finisci
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avea una fiamma severa che mi spaurì. Mi si
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e sgomento della luce che nel mio animo giovanetto
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bianca e più diafana che mai. ¶ Ancor più raramente
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loro mistero, il mistero che agitava ormai il mio
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Agata. Mi fu detto che non si sentiva bene
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cugina ma mi dissero che si era aggravata e
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penosa per me, dopo che il giovane maestro prete
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più timido e spaurito che mai, ebbe terminato con
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soffio di tristezza dolorosa che avvolgeva tutta la villa
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nel terrore della morte che fremeva nel mio cuore
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nel mio cuore fanciullo, che già avea conosciuto quegli
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dal basso della stradella che va serpeggiando tra i
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grande croce di ferro che v’è piantata nel
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passavano vicino i contadini che salutavano il curato e
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guardavano curiosamente. Capivo bene che la mia presenza doveva
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paesello, tanto poco conosciuto, che riceveva, a dir molto
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diceva il curato – ma che vuole? si muore così
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mi disse del morticino che andavamo a visitare. Il
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guardiano, un bravo contadino che avendo ben poco da
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casolare non v’era che la moglie. Vedendo il
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la piccola lapide bianca che la mamma pietosa aveva
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sorridendo. – Vede? È lei che si è affezionata al
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e toglie le erbacce che sbucano tra le commessure
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di que’ angioletti custodi che ci descrivevano le nostre
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aveva trovato di meglio che affidare quest’opera pietosa
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affidato alle sue cure, che non ne la potevano
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uno di quegli angioletti che ho detto. ¶ Intanto la
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parve gli sussurrasse qualcosa. ¶ — Che cosa dice? – chiesi. ¶ — Oh
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alla sua povera mamma che lo lasci sempre a
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ancora uno sguardo intorno. Che pace, che calma, che
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sguardo intorno. Che pace, che calma, che sereno di
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Che pace, che calma, che sereno di cielo e
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sereno di cielo e che quiete di verde e
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in paese m’accorsi che s’era sparsa la