Alberto Moravia, Le scarpe, 1947

questi giorni vennero compresi che non potevo contare su

incontrato l’amico Cesare che sapevo assai bisognoso, arrischiai

a prenderle". ¶ Bisogna sapere che Cesare, impiegato statale e

sono già laureati. Non che non studiasse, anzi era

prendere il mio amico, che avevo già in precedenza

enormi pantofole di feltro, che lo facevano vagamente rassomigliare

amici e ho capito che si vergognava delle sue

riporterà le scarpe". ¶ Confesso che questa storia invece di

indigenza mi sdegna più che non mi ispiri compassione

aspettavano e saremmo giunti che erano già a tavola

già a tavola. "Possibile che tu non abbia un

e sformate: "Non ho che queste" disse "le scarpe

Cesare del figlio Giovanni che in quel momento stava

figlio qualche mestiere utile... che so io: falegname, elettricista

sorrise: "Ma è quello che voglio... che sia uno

è quello che voglio... che sia uno spostato". ¶ "O

invece, ammettendo un momento che potrebbe diventare un bravo

mai liberarsi dalla impressione che avrebbe potuto e dovuto

ci fosse stato quello che tu, elegantemente, chiami il

spostataggini, preferisco la prima". ¶ "Che stranezze vai dicendo?" esclamai

stanno lì a dimostrare che la società mantiene il

spostato, faccio il mestiere che so fare e tuttavia

vendico... La società vuole che mi pieghi alle sue

paradosso." ¶ "Può darsi... ma che altro rimane ad un