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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «che»

nautoretestoannoconcordanza
1
1950
mendicare. ¶ Cosí era inutile che andassi a Cossano a
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1950
ferrata, per la strada che ai tempi della Mora
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1950
la Mora coi tigli che toccavano il tetto, il
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1950
stavamo noialtri. Sentii voci che non conoscevo, tirai via
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1950
per un lungo viale che ai miei tempi non
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1950
era là. Si capiva che i soldi correvano sempre
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1950
mondo. ¶ M’accorsi allora che tutto era cambiato. Canelli
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1950
colline e le rive che ci sbucavano. Mi piaceva
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1950
fare tutti gli spumanti che volevano, impiantare uffici, macchine
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1950
depositi era un lavoro che facevo anch’io – di
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1950
qui partiva la strada che passava per Genova e
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1950
e con questo? Nuto, che non se n’era
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1950
nella luna. Ma io, che non credevo nella luna
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1950
credevo nella luna, sapevo che tutto sommato soltanto le
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1950
le stagioni sono quelle che ti hanno fatto le
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1950
hanno fatto le ossa, che hai mangiato quand’eri
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1950
trovai Nuto in grembiale, che piallava e fischiettava, scuro
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1950
c’è? ¶ C’era che uno, scassando un incolto
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1950
ma dopo tre anni che cosa si poteva riconoscere
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1950
li mandavano in Germania. ¶ – Che c’è da pigliarsela
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1950
avevo passato una notte che ogni volta che cammino
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1950
notte che ogni volta che cammino lungo la ferrata
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1950
mente. Fiutavo già quello che poi successe – la guerra
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1950
messicani non avrebbero saputo che farsene, e venne la
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1950
altr’anno. ¶ Fatto sta che lo sapevo che non
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1950
sta che lo sapevo che non sarebbe durata, e
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1950
di vedere qualcos’altro che non fossero la valle
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1950
solite facce. Sapevo già che finita la guerra avrei
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1950
forza, e la vita che facevo era brutta e
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1950
ero piú quel giovanotto che con la squadra ferrovieri
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1950
sabbia spinosa e monticelli che non erano colline, e
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1950
giorno non avevo incrociato che due macchine: andavano alla
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1950
fino all’indomani. Fortuna che avevo qualche coperta per
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1950
colore bruciato dal treno, che hanno in tutto il
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1950
di quella pianura sapevo che correvano lucertole velenose e
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1950
ma mi fecero pensare che mi trovavo in fondo
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1950
la pianura – una voce che rompeva l’aria come
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1950
freddo e disgusto. Fortuna che m’ero portata la
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1950
in mente tante cose che si raccontano, storie di
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1950
raccontano, storie di gente che s’era messa su
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1950
Qui era facile capacitarsi che ci fosse stata un
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1950
era tutto il lavoro che ci avevano messo. Lasciare
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1950
la paura, mi ricordai che verso sera avevo superato
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1950
da un mulo, carico che sporgeva, di fagotti, di
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1950
Doveva essere una famiglia che andava a fare la
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1950
tirava. Passandoli avevo pensato che quei tapini avrebbero fatto
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1950
e facevano una vita che non gli lasciava pace
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1950
dietro al mulo. Fortunati che avevano un mulo. Ce
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1950
di fame. ¶ Io dissi che Cinto avrebbe dovuto imparare
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1950
Nuto. ¶ Allora gli dissi che Cinto era sveglio e
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1950
Cinto era sveglio e che per lui ci sarebbe
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1950
ragazze… Vuoi mettere quel che vuol dire conoscere delle
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1950
M’ero già accorto che della Mora non parlava
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1950
parlava volentieri. Con tanto che mi aveva raccontato degli
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1950
o la vampa o che gli umori si svegliassero
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1950
si svegliassero, fatto sta che tutti i coltivi dove
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1950
attaccano. ¶ Allora gli dissi che nel mondo ne avevo
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1950
erano queste. Era inutile che trovasse tanto da dire
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1950
nonna. E fu allora che Nuto calmo calmo mi
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1950
calmo calmo mi disse che superstizione è soltanto quella
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1950
superstizione è soltanto quella che fa del male, e
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1950
e mentre andavo rimuginavo che non c’è niente
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1950
fisico sano, un corpo che vive, che ha il
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1950
un corpo che vive, che ha il suo respiro
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1950
di siti là intorno – che sono inutili e non
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1950
Soltanto, m’ero accorto, che non sapevo piú di
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1950
passati, e le volte che avevo creduto di essermi
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1950
figlio in paese. Voglio che crescano laggiú come me
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1950
la moglie non parliamone – che cos’è questa valle
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1950
valle per una famiglia che venga dal mare, che
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1950
che venga dal mare, che non sappia niente della
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1950
parlarne, e tutto quello che per tanti anni ti
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1950
minestra, a una voce che senti sulla piazza di
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1950
notte. ¶ Il fatto è che Cinto – come me da
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1950
se non forse qualcuno che se n’era andato
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1950
a Nuto, si capisce, che cercava lui di capir
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1950
del Mora». Volevano sapere che affari facevo, se compravo
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1950
mi presentarono al parroco, che parlò di una cappelletta
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1950
rovina; al segretario comunale, che mi prese in disparte
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1950
disparte e mi disse che in municipio doveva esserci
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1950
era sempre il Cavaliere, che sapeva tutto sull’antica
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1950
Potevo spiegare a qualcuno che quel che cercavo era
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1950
a qualcuno che quel che cercavo era soltanto di
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1950
soltanto di vedere qualcosa che avevo già visto? Vedere
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1950
cose e i discorsi che mi toccavano eran gli
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1950
aia. ¶ Qui Nuto diceva che avevo torto, che dovevo
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1950
diceva che avevo torto, che dovevo ribellarmi che su
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1950
torto, che dovevo ribellarmi che su quelle colline si
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1950
una vita bestiale, inumana, che la guerra non fosse
90
1950
fosse servita a niente, che tutto fosse come prima
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1950
Valino e della cognata. Che il Valino adesso dormisse
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1950
cognata era il meno – che cosa poteva fare? – ma
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1950
nere: Nuto mi disse che dalla piana del Belbo
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1950
del Cola, quel tale che voleva vendermi la casa
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1950
dopo – con due fratelli che stavano alla Madonna della
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1950
piú nessuno in casa che gli desse da mangiare
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1950
l’ombrellino. Ed ecco che adesso succedeva. La mattina
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1950
figlio del vecchio Cavaliere, che ai miei tempi era
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1950
cintato e piante strane che nessuno sapeva il loro
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1950
un piccolo avvocato calvo che non faceva l’avvocato
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1950
me, ma erano cose che non quadravano con la
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1950
quadravano con la vita che faceva adesso – bastava lasciarlo
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1950
dire e si capiva che il Vecchio era morto
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1950
questo vecchio, questo tapino che dormiva in un tinello
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1950
il gruppo di sfaccendati che prendevano il caffè, lo
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1950
su quei suoi mezzadri, che erano i padroni di
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1950
Ma lui, convinto, rispondeva che sapevano loro, i mezzadri
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1950
loro, i mezzadri, di che cosa ha bisogno una
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1950
bisogno una vigna e che del resto c’era
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1950
era stato un tempo che i signori, i padroni
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1950
Tutti ridevano all’idea che il Cavaliere andasse a
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1950
e qualcuno gli disse che avrebbe fatto meglio a
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1950
cambiò, ma si vede che il Vecchio non era
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1950
a vedere, mi dissi, che anche questo vuol vendere
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1950
vuol vendere. Gli risposi che non ero in paese
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1950
delle case, mi raccontò che per molte ragioni non
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1950
era l’ultima terra che portasse il suo nome
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1950
mi disse, – non sa che cos’è vivere senza
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1950
suoi morti? ¶ Gli dissi che non lo sapevo. Tacque
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1950
umano averne, un morto che ci si rassegna, che
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1950
che ci si rassegna, che ci si pensa con
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1950
un pino. – Ho voluto che qui in cima alla
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1950
quel piacere. Ma sapevo che avrebbe dovuto sturarmi una
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1950
ero atteso in paese, che a quell’ora non
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1950
questa storia le volte che passavo per la strada
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1950
macchie – sempre gli stessi – che somigliavano a quello del
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1950
Adesso, senza decidermi, rimuginavo che doveva esserci qualcosa lassú
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1950
le ultime cascine sperdute. Che cosa poteva esserci? Lassú
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1950
vede. Il Piola dice che una volta ci bruciavano
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1950
dissi, – i vecchi dicevano che fa piovere… Tuo padre
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1950
il falò. ¶ – Si vede che fa bene alle campagne
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1950
Ma allora com’è che lo si accende sempre
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1950
mi disse, quel giorno che ne parlavo, – è come
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1950
è come la sirena che suonavano a Canelli quando
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1950
ancora in braccio… ¶ – Giuro che mi ricordo. ¶ Nuto, quando
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1950
quando gli dissi quel che raccontavo al ragazzo, sporse
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1950
sarà sempre un disgraziato… ¶ – Che almeno sappia quel che
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1950
Che almeno sappia quel che perde. ¶ – Cosa vuoi che
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1950
che perde. ¶ – Cosa vuoi che se ne faccia. Quand
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1950
faccia. Quand’abbia visto che nel mondo c’è
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1950
e chi sta peggio, che cosa gli frutta? Se
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1950
capace di capirlo, basta che guardi suo padre. Basta
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1950
guardi suo padre. Basta che vada in piazza la
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1950
c’è sempre uno che chiede, zoppo come lui
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1950
Un tedesco, – mi disse. – Che l’avevano sepolto i
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1950
ridere e gli dissi che facevo anch’io questo
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1950
vedevo solamente le cose che volevo e quando poi
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1950
denti contento e disse che facevano cosí anche i
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1950
della donna dall’aia, che chiamava Cinto, voleva Cinto
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1950
volta portava dell’acqua, che d’estate faceva pozza
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1950
cappello inzaccherati, quasi celesti, che si mettono per dare
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1950
c’era il camino che non tirava piú – l
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1950
Il Valino mi disse che in casa stavano le
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1950
foglioline delle albere. Disse che la campagna era come
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1950
sarebbero volute delle braccia che non c’erano piú
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1950
alzò le spalle. Disse che allora stava all’Orto
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1950
sarebbe stato un guadagno. Che facce, che gente – tanta
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1950
un guadagno. Che facce, che gente – tanta gente forestiera
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1950
era una volta. Nuto che aveva visto tanti paesi
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1950
ha molto quest’idea che una cosa che deve
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1950
idea che una cosa che deve succedere interessa a
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1950
interessa a tutti quanti, che il mondo è mal
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1950
giocare con Cinto, e che il vecchio avesse menato
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1950
fronte al nostro prato, che sosteneva la vigna del
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1950
già rosse come quello che c’era ai miei
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1950
di mele, di pesche, che d’estate hanno foglie
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1950
in mano a uno che teneva banco in piazza
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1950
piazza, e mi disse che aveva a casa un
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1950
un re di cuori che qualcuno aveva perduto sullo
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1950
servire. Io gli dissi che c’era di quelli
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1950
c’era di quelli che giocavano per vivere e
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1950
casa, e sono questi che si chiamano i bastardi
173
1950
sempre la povera gente che raccoglie i bastardi. Si
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1950
i bastardi. Si vede che il Maurino aveva bisogno
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1950
Cinto. ¶ – Non devi dirglielo. Che colpa hai tu se
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1950
ti dà via? Basta che hai voglia di lavorare
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1950
Ho conosciuto dei bastardi che hanno comprato delle cascine
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1950
il Belbo. Era qui che uscivamo a giocare, dopo
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1950
uscivamo a giocare, dopo che la capra ci aveva
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1950
dissi. ¶ Cinto mi disse che ci andava. Allora m
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1950
passavo sovente e capitava che Cinto mi aspettava sul
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1950
trovai come un sindaco che guarda il paese dal
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1950
destino cosí, dice Nuto – che in confronto con me
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1950
un caprone, senza sapere che cosa succede di là
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1950
Ma anche a lui che non si è mosso
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1950
destino – quella sua idea che le cose bisogna capirle
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1950
cose bisogna capirle, aggiustarle, che il mondo è mal
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1950
è mal fatto e che a tutti interessa cambiarlo
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1950
tutti interessa cambiarlo. ¶ Capivo che da ragazzo, anche quando
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1950
una casa, a sperare che di là dalle colline
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1950
di aver sempre saputo che un signore, un uomo
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1950
tavolo lucido, una lettera che andava in città, andava
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1950
guerra – non gli restava che un ragazzo e delle
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1950
ragazzo e delle donne. Che altro faceva in questo
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1950
fermai sul sentiero pensando che, se vent’anni prima
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1950
labbra spaccate. Mi ricordai che mettevo gli zoccoli soltanto
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1950
ossuta, mi guardavano. Gridai che cercavo il Valino. Non
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1950
filo e lo tirò, che rantolava. Il ragazzo si
199
1950
me stesso. Al punto che diedi un’occhiata sotto
200
1950
VI. ¶ Allora io dissi che, se il Valino tornava
201
1950
lo aspettavo. Risposero insieme che delle volte tardava. ¶ Delle
202
1950
tardava. ¶ Delle due quella che aveva legato il cane
203
1950
Era la cognata, quella che adesso dormiva con lui
204
1950
il Pa. Allora dissi che non ce n’era
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1950
da me a lui, che si mise a ridere
206
1950
la magra cognata. Disse che il medico aveva guardato
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1950
Mentina era in letto che esclamava e il dottore
208
1950
dottore il giorno prima che morisse le aveva detto
209
1950
morisse le aveva detto che questo qui non aveva
210
1950
Mentina gli aveva risposto che gli altri figli ch
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1950
soldati erano sani, ma che questo era nato cosí
212
1950
cosí, lei lo sapeva che quel cane arrabbiato che
213
1950
che quel cane arrabbiato che voleva morderla le avrebbe
214
1950
aveva strapazzata, aveva detto che non era mica il
215
1950
E Mentina aveva detto che intanto gli altri erano
216
1950
muro, e mi accorsi che non era che ridesse
217
1950
accorsi che non era che ridesse – aveva le mascelle
218
1950
sotto l’occhio – sembrava che ridesse, e stava invece
219
1950
e costeggiai la vigna, che tra i filari adesso
220
1950
una meliga bassa, tanto che l’occhio ci spaziava
221
1950
faccia scura del Valino che lavorava lavorava e ancora
222
1950
incredulo, e mi disse che in fondo alla riva
223
1950
viti la donna nera che ci osservava dall’aia
224
1950
scalzo? Per convincere Cinto che un tempo ero stato
225
1950
come lui, non bastava che gli parlassi cosí di
226
1950
tutti gliene parlavano cosí. Che cosa avrei detto ai
227
1950
un momento l’illusione che a casa mi aspettassero
228
1950
e la capra e che a loro avrei raccontato
229
1950
dava importanza mi disse che la madama della Villa
230
1950
cani avevano, gli dissi che allora eravamo tutti ragazzi
231
1950
ascoltava e mi diceva che qualcuno ce n’era
232
1950
dei fringuelli sull’albero che spuntava ai nostri piedi
233
1950
il treno. ¶ Gli raccontai che ai miei tempi questa
234
1950
grande, c’era gente che la girava in carrozza
235
1950
il parasole. Gli raccontai che facevano delle feste – dei
236
1950
sulla collina di Canelli – che avevano delle stanze dove
237
1950
tant’acqua e galaverna che c’era, e una
238
1950
Gaminella scendevano i lupi che nei boschi non trovavano
239
1950
notte il lupo lamentarsi che aveva freddo nella riva
240
1950
Cinto. ¶ Mi fermai. Chiesi che morto. ¶ – Un tedesco, – mi
241
1950
denti sulla ringhiera. Sembrava che giocasse. A un tratto
242
1950
dei ragazzi, della gente che non è niente, non
243
1950
ma viene il giorno che anche loro… ¶ Sentivo che
244
1950
che anche loro… ¶ Sentivo che faceva fatica. Trangugiò la
245
1950
e tanto in gamba che c’insegnava a tutti
246
1950
dir la sua. Mai che mi ricordassi che adesso
247
1950
Mai che mi ricordassi che adesso l’avevo raggiunto
248
1950
l’avevo raggiunto e che avevamo la stessa esperienza
249
1950
tranquilla e sorniona. Aspettai che si facesse coraggio e
250
1950
peso. Ho sempre visto che la gente, a lasciarle
251
1950
madonna il parroco bisogna che li lasci sfogare. E
252
1950
per potersi sfogare bisogna che accendano i lumi alla
253
1950
il parroco. Chi è che paga l’illuminazione, i
254
1950
fanno mangiare. ¶ – Non dici che la spesa piú grossa
255
1950
storto e allegro. Lasciò che la banda si sfogasse
256
1950
lo chiamavano il Ghigna, che si dava del comunista
257
1950
gente fa piú male che bene. Ci vorrebbero dei
258
1950
dei comunisti non ignoranti, che non guastassero il nome
259
1950
quest’inverno. ¶ Gli dissi che aveva ragione ma dovevano
260
1950
manico… ¶ – Io non avevo che una pialla e uno
261
1950
non avevamo vent’anni – che c’erano morti, su
262
1950
maneggiato un fucile. Sapevo che quei boschi s’erano
263
1950
meglio di me quel che è giusto. ¶ – No, – disse
264
1950
strada incontrando due ragazzi che tormentavano una lucertola gli
265
1950
grillaia e di tufi che mi ero dimenticato. Qui
266
1950
Qui il caldo piú che scendere dal cielo esce
267
1950
fondo tra le viti che sembra si sia mangiato
268
1950
tralcio. È un caldo che mi piace, sa un
269
1950
sapori e tante voglie che non sapevo piú d
270
1950
alle ciance di quelli che mi vedono passare e
271
1950
comprar l’uva o che cosa. Qui nel paese
272
1950
piú nessuno tiene conto che sono stato servitore e
273
1950
servitore e bastardo. Sanno che a Genova ho dei
274
1950
sono stato, qualche donna che si annoia dietro le
275
1950
dietro le persiane chiuse, che pensa a me com
276
1950
di laggiú, del mondo, che guadagna, se la gode
277
1950
schiena, non tutti sanno che me ne intendo – mi
278
1950
di questi anni ma che adesso ci vorrebbe uno
279
1950
beni? ¶ – I concimi… ¶ Io che i concimi li ho
280
1950
un bicchiere. ¶ Il giorno che tornai al casotto di
281
1950
gli occhi da talpa, che mi guardò circospetto, e
282
1950
ridendo ch’ero uno che gli aveva mangiato del
283
1950
chiesi se era lui che aveva tagliato i noccioli
284
1950
faccia scura, disse soltanto che la terra della riva
285
1950
farti vedere quella tina che perde. ¶ Poi Nuto mi
286
1950
con la bilancia… Una che ha già due cascine
287
1950
e pensavo alla vita che poteva aver fatto il
288
1950
anni – sessanta? forse nemmeno – che lavorava da mezzadro. Da
289
1950
Chi può dire di che carne sono fatto? Ho
290
1950
casa pochi, e poi che tutto quello spreco e
291
1950
meschini. ¶ Poi mi disse che, delle due, preferiva la
292
1950
volte succedeva – le notti che rientravano tardi, e suonare
293
1950
donne e dai cani che rispondono da matti, suonare
294
1950
non è la musica che cerca. Cerca la sua
295
1950
mai conosciuto una ragazza che capisse cos’è suonare
296
1950
suonare… ¶ Nuto s’accorse che ridevo e disse subito
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1950
Avevo un musicante, Arboreto, che suonava il bombardino. Faceva
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bombardino. Faceva tante serenate che di lui dicevamo: Quei
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del Belbo, le albere che segnavano quel filo d
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detto, – dissi a Nuto, – che il Cola vuol vendere
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disse lui. – Stai attento che ti vende anche il
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c’ero andato. Sapevo che il vecchio, le figlie
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Nicoletto, quel nipote scemo che mi aveva gridato tante
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della gente come me, che per giunta mi guardava
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prigione, ero al punto che invidiavo i cinesi. Adesso
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ero fatto una ragazza che non mi piaceva piú
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a braccio e voleva che fermassimo una macchina per
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una di quelle notti che sentii raccontare di Nuto
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Nuto. Da un uomo che veniva da Bubbio. Lo
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dal passo, prima ancora che aprisse bocca. Portava un
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tutta la sera, fin che da fuori non sfiatarono
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whisky proibito. Mi raccontò che lui a casa aveva
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America. – Ma se sapevo che si beve questa roba
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chi era Nuto e che cosa faceva. Raccontò che
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che cosa faceva. Raccontò che quella stessa notte, per
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e suonavano cosí bene che dalle case le donne
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col clarino. ¶ Nora gridò che facessi smettere il clacson
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giardino e di pini, che quelle stelle non erano
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non erano le mie, che come Nora e gli
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fondo a un vicolo. Che anche loro, questa gente
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Non era un paese che uno potesse rassegnarsi, posare
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agli altri: «Per male che vada mi conoscete. Per
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mi conoscete. Per male che vada lasciatemi vivere». Era
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lasciatemi vivere». Era questo che faceva paura. Neanche tra
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capiva a ogni svolta che nessuno lí si era
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cattiva. Veniva il giorno che uno per toccare qualcosa
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se avesse saputo quel che pensavo. Ma queste cose
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Allora cominciai a pensare che potevo ripassare le montagne
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imboccare il clarino – dice che è come nel fumare
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sotto la luna. ¶ Nuto che di tutto vuol darsi
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ragione mi parlava di che cos’è questo mondo
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sapere da me quel che si fa e quel
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si fa e quel che si dice, ascoltava col
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il mondo. Uno crede che il mondo sia cosí
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stavo troppo bene. Credevo che tutto il mondo fosse
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far qualcosa, capire qualcosa che ti sarebbe toccato. ¶ – Proprio
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di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli
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di simile, o magari che il casotto fosse crollato
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fondo alla riva, convinto che il mondo finisse alla
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mi scoraggiò al punto che non chiamai, non entrai
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Capii lí per lí che cosa vuol dire non
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insieme ai vecchi, tanto che un cambiamento di colture
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disponibili, morti. ¶ Meno male che quella sera voltando le
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creste, coi grandi prati che sparivano sulle cime. E
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tutti quegli anni bastava che alzassi gli occhi dai
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del fischio del treno che sera e mattina correva
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creduto per molto tempo che fosse tutto il mondo
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tutto il mondo. Adesso che il mondo l’ho
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visto davvero e so che è fatto di tanti
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mio amico del Salto, che provvede di bigonce e
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valle fino a Camo. Che cosa vuol dire? Un
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ci vuole, non fosse che per il gusto di
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non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante
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è qualcosa di tuo, che anche quando non ci
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tranquillo. Da un anno che lo tengo d’occhio
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e l’esperienza. Possibile che a quarant’anni, e
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con tutto il mondo che ho visto, non sappia
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visto, non sappia ancora che cos’è il mio
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paese? ¶ C’è qualcosa che non mi capacita. Qui
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tutti hanno in mente che sono tornato per comprarmi
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le figlie. Per uno che è partito senza nemmeno
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Genova, mi piace sapere che il mondo è rotondo
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porta del mondo. Nuto che, in confronto con me
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allontanato dal Salto, dice che per farcela a vivere
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mai uscirne. Proprio lui che da giovanotto è arrivato
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quindici giorni e càpito che è la Madonna d
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una volta. I ragazzotti che correvano tra le gambe
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C’era di nuovo che una volta, coi quattro
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C’era di nuovo che adesso lo sapevo, e
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cominciavo a saperlo. Nuto che c’era rimasto, Nuto
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anno tutte le volte che faccio la scappata passo
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fiori e di trucioli che, nei primi tempi della
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della Mora, a me che venivo da un casotto
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Nuto mi ha detto che ha dovuto decidersi – o
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ero stato, lui disse che ne sapeva già qualcosa
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gente di Genova e che in paese ormai raccontavano
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in paese ormai raccontavano che prima di partire avevo
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c’è di bello che sono tutti bastardi. ¶ – Anche
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osa parlartene; ma quelli che non ce l’hanno
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e di serve ignoranti, che li riducono a vivere
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lavoro in cascina, lui che ha tre anni piú
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Coi colleghi di banda che istruiva lui sotto una
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erano sempre gli stessi. ¶ Che cosa mangiavano, bisognava sentire
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padre? ¶ E Nuto diceva che, prima cosa, suonando se
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nero, con una voce che i vetri tremavano, lo
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le mani, e capivo che tra me e i
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ne correva. Ancora adesso che da quasi vent’anni
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guardo le mani capisco che non sono un signore
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sono un signore e che tutti si possono accorgere
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tutti si possono accorgere che ho tenuto la zappa
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zappa. Ma ho imparato che le donne non ci
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aveva detto a Irene che suonava come un’artista
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come un’artista e che tutto il giorno lui
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difficili ma proprio belli, che riempivano la casa e
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Irene e le braccia che facevano sforzo, la testa
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vigne, le rive – capivo che quella musica non era
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non era la musica che suonano le bande, parlava
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c’era sempre qualcuno che sapeva con chi parlava
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chi andavano le lettere che Irene scriveva, chi le
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prima. E si diceva che la matrigna non voleva
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voleva sposarle, non voleva che andassero via portandosi le
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pensare. Ma un giorno che Irene era venuta a
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avevo trovato una ragazza che somigliava a Silvia, bruna
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furba, con gli anni che Irene e Silvia avevano
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attendente del mio colonnello che aveva una villetta sul
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canzonava per le parole che dicevo. Proprio per questo
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sempre intorno i sergenti che mi pigliassero in giro
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stavo attento a quel che diceva la gente, parlavo
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non avevo una ragazza che mi lavasse le camicie
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Genova. ¶ – E la ragazza? ¶ – Che cosa importa, – dissi, – ce
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lei mi chiedeva sempre che cosa volevo fare a
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nel letto. Oppure dirle che anche Genova non era
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Genova non era abbastanza, che a Genova c’era
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nessuno lo vuole. Bisogna che vada in un posto
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vada in un posto che il mio mestiere mi
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mestiere mi renda. Ma che sia lontano, che nessuno
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Ma che sia lontano, che nessuno del mio paese
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peli ricci… ¶ (L’Emilia, che mi aveva messo il
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di Anguilla, diceva sempre che dovevo essere figlio di
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era messo a gridare che nessuno nasce pelandrone né
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sono solamente gli altri che trattandoti male ti guastano
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Nuto, – sono gli ignoranti che gridandogli dietro lo fanno
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in America – mi accorsi che per me quella gente
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quasi sposato, e mai che capissi dove avessero padre
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non volle mai raccontarmi che vita avesse fatto sulla
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di testa. È vero che c’erano famiglie su
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terra allo stesso modo che in città gli spazzini
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dell’uva. ¶ Nei mesi che Rosanne fu la mia
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ch’era proprio bastarda, che le gambe che stendeva
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bastarda, che le gambe che stendeva sul letto erano
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tutta la sua forza, che poteva avere i suoi
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lí cogliere l’occasione che qualcuno la vedesse e
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voglia di sapere quel che succede e soltanto andando
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come un temporale. ¶ Adesso che avevo i primi soldi
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a quelli di Cossano che passavano sullo stradone, i
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a dirmi una volta che mi aspettavano, la Giulia
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erano adesso le ragazze. – Che ragazze, – mi disse quel
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a prendere il coltello che gli avevo promesso. Mi
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avevo promesso. Mi dissero che un ragazzotto mi aspettava
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zoccoletti, dietro a quattro che giocavano a carte. Suo
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disse, era in piazza che guardava una zappa. ¶ – Vuoi
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gli dissi, – è capace che te lo prende. Dove
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sbrígati –. Scelse un coltellino che fece gola anche a
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di no. Gli dissi che io una volta mi
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o in corriera. Piú che sul treno, mi rispose
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Morone gli aveva detto che col suo piede era
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piú guardare quei quattro che giocavano a tarocchi. ¶ Poi
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con quella gamba – adesso che sapevo tante cose e
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Non era mica compassione che provavo per lui, certi
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sapere anche i sogni che faceva la notte e
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notte e le cose che gli passavano in mente
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di donne e ragazzi, che andavano in festa, alla
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Era in quelle sere che una luce, un falò
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quel pomeriggio d’agosto che tutti erano andati in
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vicini, e a me, che avevo soltanto degli zoccoli
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gridavo bestemmie, tutte quelle che sapevo. ¶ Se avessi osato
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Silvia e mi dicevo che anche loro pisciavano. ¶ Un
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due ufficiali di Nizza che avevo già visto una
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dietro la griglia chiesi che cosa c’era attaccato
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di non avergli chiesto che cosa volevano dalle nostre
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e se credevano davvero che fossero come quelle di
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sapevo abbastanza sulla festa che potevo parlarne con Cirino
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cuccagna, e sentii Cirino che si alzava per andare
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pensai com’era bello che adesso ci fossimo tutti
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di quei tempi era che tutto si faceva a
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a girare le stalle, che sembrava fosse sempre domenica
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foglie e di meligacce che accendevamo e che fumavano
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meligacce che accendevamo e che fumavano nei campi e
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raccontava le sue storie. Che avevano inventato una macchina
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le pere sull’albero, che a Canelli di notte
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avevano rubato il pisciatoio, che un tale a Calosso
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storie di tutti. Sapeva che a Cassinasco c’era
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c’era un uomo che, venduta l’uva, stendeva
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un altro, ai Cumini, che aveva un’ernia come
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la storia dei due che avevano mangiato il caprone
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della piccionaia, una soffitta che ci si saliva per
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crine. Un finestrino rotondo, che guardava la collina del
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padre del sor Matteo che aveva studiato in Alba
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lui, – leggici dentro fin che puoi. Sarai sempre un
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me faceva sempre effetto che un mobile cosí grosso
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un uomo. È cosí che dev’essere, dicevo pensandoci
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essere, dicevo pensandoci; ma che tutte, anche le piú
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cosa dice il parroco, che fa peccato? ¶ – Fa peccato
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stava a sentire quel che dicevo di un fondo
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dava ragione. Fu lui che parlò al sor Matteo
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Matteo e gli disse che doveva aggiustarmi; se volevano
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volevano tenermi sui beni che stessi dietro al raccolto
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innestare, e l’albicocco che c’è ancora nel
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signora, e mi chiese che fine aveva fatta il
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per mio conto. ¶ Dissi che Padrino non l’avevo
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pensarci adesso, è chiaro che il sor Matteo l
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soltanto a una cosa che l’Emilia ci aveva
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Matteo, – e hai lasciato che il Padrino sprecasse la
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quel traino… ¶ – Ha detto che ci pensa il massaro
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nuovo e mi disse che io ero a giornata
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è venuto questo ragazzo che sembrava un passerotto? Adesso
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disse: – C’è nessuno che va a Canelli? ¶ – Diglielo
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Matteo alzandosi, – vieni qui che ti mangio. ¶ Mentre facevano
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dissi al sor Matteo, che faceva saltare la piccola
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Silvia gridava dalla ringhiera che l’aspettassero. Irene in