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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Alessandro Tassoni, L'Oceano, 1622

concordanze di «che»

nautoretestoannoconcordanza
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quella gamba per quello che sono, e forse delle
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corpo, come si narra che già al tempo antico
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e corrente; e credo che l’uso continuo gliel
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in margine. Ma, quello che più importa, Vostra Signoria
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più nei concetti inutili che ne le cose essenziali
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la via degli altri che trattano questa benedetta materia
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materia del Mondo Nuovo, che non son pochi percioché
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oltre il cavalier Stigliani, che n’ha di già
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canti, e il Villifranchi, che avea ridotto a buon
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io so tre altri che trattano anch’essi eroicamente
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inganno, devrebbe esser quella che servisse di faro a
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il mondo si sa che i popoli dell’India
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alcuna di lui; e che andavano tutti nudi, oltre
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andavano tutti nudi, oltre che l’essere di natura
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Cannibali, i quali, ben che andassero ignudi anch’essi
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con punte avvelenate. A che, dunque, voler formare un
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Non vede Vostra Signoria che questo è un confondere
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e introdurre un Achille che divenga glorioso col far
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Vostra Signoria mi risponderà che i Suoi Indiani li
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percioché ognun sa certo che non avevano armi e
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non avevano armi e che non erano tali; onde
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fantasmi diversi da quel che sono (ragione che intese
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quel che sono (ragione che intese anche, ma non
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la disse, Aristotele). Oltre che parimenti sa ognuno che
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che parimenti sa ognuno che il Colombo fu più
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più tosto gran prudente che gran guerriero. ¶ Essendo adunque
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a me non pare che si possa far combattere
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combattere il Colombo eccetto che co’ Cannibali, i quali
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Cannibali, i quali, ben che andassero anch’essi nudi
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tanto fieri e gagliardi che, combattendo con archi grandi
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essendo una cosa ordinaria che i pochi armati e
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con così pochi compagni che a que’ compagni ed
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amori, ognuno sa parimente che le donne ritrovate dal
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da quella del Colombo che combatta con lui è
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è il maggior errore che si possa fare, venendosi
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sua vera azione eroica, che fu d’essere stato
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e rebellioni de’suoi, che furono in parte cose
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Indiane innamorate de’ nostri che i nostri di loro
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E quanto all’invenzione che hanno trovata alcuni di
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e tanto maggiormente sapendosi che ʼl Colombo a fatica
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a fatica ritrovò uomini che ʼl seguitassero in quel
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abbozzamento del primo canto, che contiene quello che occorse
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canto, che contiene quello che occorse al Colombo allo
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ella disegna di fare, che gli ne mando qui
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ch’ei viva eterno, ¶ ché tuo nome immortal fuor
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Era ne la stagion che l’Alba apriva ¶ cinta
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compagni, è il punto ¶ che ʼl nostro sole a
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s’incomincia l’ora ¶ che fuor de la vulgar
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del mondo fuora, ¶ acciò che fuor de la comune
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di trovar tale avventura, ¶ che ne potrà saziare ogni
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saziare ogni sua voglia. ¶ Che la via che facciam
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voglia. ¶ Che la via che facciam non sia secura
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voi dubbio vi toglia; ¶ ché pazzo è chi desia
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suoi nel mar immenso, ¶ che nel lito african da
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regni ¶ non giunga mai che l’oceano asconde, ¶ io
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rai lucenti ¶ e pareva che ʼl sole a quell
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oscure ¶ e i venti, che dormian sovra l’arene
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in un momento, ¶ fuor che ʼl trinchetto, e piglia
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tutto ei s’era, ¶ che riversò la maledetta gesta
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altro lume ai naviganti ¶ che quel ch’uscìa dai
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cader folto e spesso, ¶ che giù nel mar un
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suoi ¶ forte a temer che l’ocean l’ingoi
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ocean l’ingoi. ¶ Ciò che saggio nocchier, ch’antiveduto
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E disse: «Ecco, Signor, che vinto cede ¶ a la
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non è tuo voler che la tua fede ¶ portata
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perdona a questi almen, che non han colpa, ¶ e
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la tartarea corte, ¶ tu che d’Egitto a l
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guardo in Urriel girando, ¶ che de l’ispano regno
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a le fiammelle sparte ¶ che giù cadesse il sole
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parte. ¶ Qual digiuno falcon, che d’alto vede ¶ di
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d’altri augei schiera che passa, ¶ piomba dal cielo
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terge. ¶ Fra i nembi che fuggian da’ suoi sembianti
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ecco un guerrier celeste ¶ che combatte per noi là
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memorando? ¶ Ecco il ciel che s’allegra e si
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azzurro, e ʼl mar che placa il gonfio seno
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credea ¶ l’antica età che de le genti estinte
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la cheta onda turbar che dentro giace. ¶ Quivi Colombo
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drappel di ninfe erranti ¶ che gìan danzando in fra
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avesse l’ale. ¶ Poi che sparita fu la bella
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loco. ¶ Stimando al fin che de la donna altera
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e daini e lepri ¶ che scherzavan fra i mirti
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cari e più graditi, ¶ che divennero poscia amari lutti
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per l’arciera crudel che ʼl percotea, ¶ né di
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in varie guise ornate, ¶ che pareano al sembiante arder
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amante. ¶ Una di lor, che sotto un verde alloro
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grand’arpa d’oro ¶ che fra le mani avea
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ciel sovra i mortali, ¶ che da prima correan tutti
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un volere eguali, ¶ fin che ʼl desio di maggior
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del mondo unica terra, ¶ che serba ancor de le
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amore, aura gentile ¶ par che spirando ai dolci scherzi
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state i caldi fiati, ¶ ché più gradita fia vostra
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gioventù cupida e sciolta, ¶ che per le selve andar
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la prima volta, ¶ però che suole ogni principio sempre
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tempre. ¶ Ma il capitan, che ʼl suo periglio intese
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intese ¶ e vide ciò che ne potea seguire, ¶ di
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prese ¶ e fe’ intimar che si volea partire; ¶ ma
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minacce e l’ire, ¶ ché non credeva alcun, né
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né gli era aviso ¶ che fosse in altra parte
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rimaner, per la paura ¶ che non partisser gli altri
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de gli amori, ¶ mostra che qui non giunga mai
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mai la morte ¶ o che si viva almen con
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ragion l’antica etate, ¶ che ʼl tutto seppe, in
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de l’anime beate, ¶ che ʼl pregio di natura
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è piano o colle ¶ che di frutti non sia
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incauta gioventù commosse tanto, ¶ che già la maggior parte
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Colombo a quell’impresa, ¶ che de la gloria sua
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di lor seguirla tanto ¶ che ne portasse il desiato
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fanciul d’età crescente ¶ che già sprezzando il mar
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le navi. ¶ Egli poi che mandò messi iterati ¶ attorno
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è ristretta ¶ quella felicità che noi cerchiamo. ¶ Tutto ciò
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noi cerchiamo. ¶ Tutto ciò che più gusta e più
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arrestano qui vani diletti, ¶ che diranno i re vostri
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temendo ancor il resto ¶ che vacillando seco era rimaso
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in alto suono: ¶ «Poi che m’abbandonate, i’ v
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i’ v’abbandono». ¶ Ma che farà con così poca
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isola apparte. ¶ Qual tortore che i figli abbia guidati
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non secura parte, ¶ poi che s’accorge o de
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quando vede al fin che nulla vale, ¶ s’allontana
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pur, sì l’attraversa ¶ che va girando e tardo
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e vanno ¶ cercando aura che spiri, e nulla giova
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opra e così lunga, ¶ che troppo ci vorrà pria
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troppo ci vorrà pria che si giunga. ¶ Il capitano
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disse: «Alto signor, tu che m’hai tolto ¶ a
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avversario e mio, ¶ tu che rompesti dianzi il nembo
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e ʼl messaggier divin, che stava intento ¶ al rio
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luminosa veste, ¶ e ritrovò che gli angioli dannati ¶ ne
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spiriti perversi avean creduto ¶ che sen gisse il Colombo
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a l’Occidente ¶ e che più non tornasse a
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misera gente; ¶ ma poi che ritornar l’ebber veduto
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diserrare il tenebroso cinto ¶ che chiuso il vento in
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suoi compagni mesti, ¶ tosto che di lontan videro i
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da que’ dirupi indegni, ¶ che di prati fioriti e
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mare aperto. ¶ Ma poi che tempo e spazio ebbe
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in paradiso. ¶ Ma poi che il sol ne l
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e d’orror cinta, ¶ che s’agguagliasse a quella
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per te n’avanza; ¶ ché se tu ti scordavi
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strana, ¶ trova il terren che non produce umori, ¶ ma