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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Matilde Serao, Il romanzo della fanciulla, 1886

concordanze di «che»

nautoretestoannoconcordanza
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1886
trasmissioni, di colpi forti che l’elettricità dell’aria
2
1886
osavano chiamarla e chiederle che era accaduto lassù. Un
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una misura così grave, che si prende rarissimamente: ma
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E attorno alla direttrice, che veniva dal cimitero, le
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aggruppate, rimpiangevano Maria Vitale che era morta. ¶ PER MONACA
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di smorfiette carine, secondo che il contenuto del cestino
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Benissimo, non si era che sferrata, ieri l’altro
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mio. ¶ — Chissà! ¶ — Non vedi che vince sempre? È bella
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io non cedo. ¶ — E che puoi fare? ¶ — Aspettare. ¶ E
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forza, la volontà indomabile che si raccoglie nell’aspettazione
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la cesta del lavoro che era più grande delle
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un tessuto duro duro che le sue dita di
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1886
zia da Vienna? Pareva che nella cassa vi fossero
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sette meraviglie! Proprio! Ma che si burlano di noi
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abbiamo occhi, gusto, intelligenza, che ci mandano dei vestiti
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un po’ enigmatico. — Pare che sia il pappagallo della
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a questa splendida creatura, che intanto ne spendeva in
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ogni tanto nello specchio che aveva dirimpetto: e la
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in terra il pezzo che superava dal piccolo materasso
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1886
superava dal piccolo materasso che trapuntiva. Le due sorelline
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l’aria infantile, malgrado che avessero quindici anni. E
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subito alle due bambolette che si guardavano, soddisfatte della
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deità olimpica: a Eva che le corse incontro degnò
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i capi di biancheria che le sue amiche le
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affettata di spirito superiore che si piega per bontà
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tanta dignità di gesto, che pareva sempre considerasse la
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felicità di quei bimbi, che nella loro infanzia potevano
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1886
del Re, a Palermo, che possedeva in famiglia due
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capelli bruni e ricciuti che nessun pettine arrivava a
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vestito troppo corto innanzi che lasciava vedere i piedini
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1886
dei suoi capelli arruffati che respingevano le forcinelle. Ella
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inflessione tenera di persona che desidera la felicità altrui
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Chiarina Althan. ¶ — Come è che si è deciso al
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trovato nè un amico che gli presti cinquecento franchi
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franchi, nè uno strozzino che gli creda, e ha
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amore di Olga Bariatine che è poi bellina, ricca
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malavoglia — riprese Elfrida Kapnist che orlava delle cuffiette, — stanotte
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tutta la razza slava. ¶ — Che orrore! — esclamò Eva, — non
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neppure per un uomo che adorassi. ¶ — Perciò non ne
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Tecla Brancaccio. ¶ Angiolina Cantelmo, che era entrata allora, abbozzò
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Diceva a Eva Muscettola che pel primo decembre si
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inaugurazione dell’ospizio: ma che intanto otto o dieci
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fanciullette da ricoverarsi, bisognava che si cresimassero. Bisognava trovar
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lezioncina, anche Elfrida Kapnist che molti accusavano di essere
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1886
abbracciando le sue amiche che l’avevano circondata avendo
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specialmente Eva, la buona, che le teneva un braccio
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suggerì Chiarina Althan. ¶ — Ma che, ma che! — gridò Anna
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Althan. ¶ — Ma che, ma che! — gridò Anna Doria, sempre
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di Catanzaro, una bestia che non sapeva trasmettere. Egli
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disfatte, la mano nervosa che forte stringeva il tasto
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e la voce velata che chiedeva, ogni tanto ¶ — Vi
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pioggia autunnale, la pioggia che bagna sempre il pietoso
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pietoso pellegrinaggio della gente che va al camposanto, il
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una monotonia di rumore che addormentava. Nell’anticamera della
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1886
mantelline bagnate, certi scialletti che la pioggia faceva stingere
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sopra una macchina Hughes che serviva per l’istruzione
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1886
un paio di vecchi, che conservavano nell’armadietto: ma
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difficile calzare nuovamente quelli che l’umidità aveva fatto
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1886
aveva fatto restringere. Da che erano venute le pioggie
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1886
la colazione di quelle che potevano spendere, non era
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1886
della granita di limone che si risolveva in un
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bevanda nerastra, pesante, caldissima, che bruciava la lingua e
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1886
tempia, diceva, lamentandosi dolcemente, che in quel cioccolatte vi
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le più pettegole dicevano che vi doveva essere errore
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1886
trenta lire, cinquanta lire, che esigeva a rate mensili
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1886
tanto era il terrore che la direttrice o il
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certo dominio su quelle che le dovevano dei denari
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loro del tu, di che esse arrossivano e si
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1886
telegramma di servizio, dicendo che per la pioggia non
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1886
immediatamente dopo, Massalubrense telegrafò che non vedeva più Capri
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1886
la linea delle isole che parte da Pozzuoli, tocca
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1886
continua, in quella umidità che impregnava l’aria, le
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1886
dal buongiorno del corrispondente che Napoli non sentiva, e
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1886
dal buongiorno di Napoli che il corrispondente non sentiva
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trenta elementi di più: che posso farvi? — rispondeva la
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1886
morbo capriccioso e strano che la prendeva a sbalzi
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la prendeva a sbalzi, che le dava tregua per
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1886
prostrava per una giornata, che la faceva balzare, subitamente
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mortale: il fluido possente che un po’ di rame
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1886
sviluppare, il fluido fortissimo che niuno ha ancora spiegato
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1886
soccorso: e nell’abbattimento che susseguiva questi impeti, il
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1886
un movimento così lieve che pareva un soffio. ¶ — Direttrice
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1886
udiva qualche sospiro profondo: ¶ — Che hai? — domandava la Caracciolo
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1886
hai? — domandava la Caracciolo che ci si divertiva ai
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corrisponde più con Benevento. ¶ — Che guasto vi è? ¶ — Corrente
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fili, per un uccello che vi si posava, per
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1886
in inverno, due linee che andavano nella stessa direzione
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1886
Alle quattro il capoturno, che aveva la faccia stanca
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1886
avevano notizie di Venezia che dava i suoi telegrammi
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1886
questo isolamento dalla Sicilia, che era il più importante
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1886
scariche elettriche dell’aria che colpivano la linea e
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1886
essere fulminata ¶ — Sono cose che si raccontano, vice-direttrice
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1886
quella bella Adelina Markò, che nel mese di luglio
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1886
elettriche e dalle cose che dicevano. La verità, sul
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1886
disgrazia, quella della Juliano, che colpiva tutta la sezione
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malessere latente. E pensare che ella era così brutta
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1886
Markò, forte. ¶ — Rispondetegli subito che va male il suo
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1886
male il suo orologio, che mancano dieci minuti alle
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1886
dieci minuti alle nove, che, per sua regola, non
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1886
la buona notte, e che l’aspetti da Napoli
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1886
desideravano più niente. Quelle che dovevano ritirarsi a casa
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1886
e di sdraiarsi: quelle che dovevan andare al teatro
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1886
guardavano, un po’ meravigliate, che avesse ancora voglia di
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dita molli e fiacche, che non giungevano a conficcare
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per ricondurle a casa. ¶ — Che è? — chiedeva la madre
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tutta incappucciata nella mantiglia che le aveva prestata Clemenza
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alla direttrice, diceva così: — che pel giorno di domenica
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1886
le elezioni di ballottaggio: che in quelle due settimane
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1886
importanti e non importanti: che quindi si rivolgeva allo
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1886
sette del servizio ordinario: che tutte quelle che volessero
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1886
ordinario: che tutte quelle che volessero dare questa prova
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1886
firmassero sotto quella carta; che si lasciava, per questo
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1886
impiegati di seconda classe, che avevano duecento lire il
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1886
Farsi un merito? Ma che, ma che! Chi le
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1886
merito? Ma che, ma che! Chi le avrebbe considerate
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1886
a casa tutte, senza che avessero diritto di lagnarsi
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1886
anzi, diceva il regolamento, che a quarant’anni il
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1886
Tutte quelle lagnanze sorde che correvano negli animi giovanili
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parole, in quelle frasi che venivano ripetute venti volte
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1886
fra le ribelli aggressive che consigliavano di non andarci
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1886
e le ribelli passive che intendevano solo prestare il
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1886
piena di gioielli, scrisse che avrebbe ogni giorno prestato
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1886
profumata di muschio, scrisse che avrebbe prestato servizio per
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1886
per sua sorella Serafina, che era inferma. Adelina Markò
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in offerta, sin a che l’ultima, Caterina Borrelli
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per la terza volta, che sentendosi meglio, avrebbe fatto
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1886
fare il suo dovere. ¶ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . …Che giornata fu quella di
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1886
un errore di cifra che avrebbe guastato il senso
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1886
ingombro tale di dispacci, che si contavano a serie
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1886
erano prese dalla febbre, che ogni ora saliva di
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1886
sono ancora? ¶ — Quarantatrè. ¶ — E che ritardo? ¶ — Due ore e
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1886
aveva la sezione femminile, che sin’allora non aveva
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1886
era stata messa quella che riceveva meglio, la Borrelli
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1886
scrivere il telegramma prima che il corrispondente finisse di
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1886
Peppina, ora il coltellino che riceveva la trasmissione di
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la trasmissione di Salerno, che ballava, ballava con un
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Si eccitavano, a vicenda: che tartaruga siete! — esclamava Peppina
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talmente la propria trasmissione, che non pareva possibile egli
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1886
pallida di Annina Pescara che sedeva da dieci ore
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1886
angelica di Clemenza Achard, che combatteva con sette piccoli
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uffici sulla sua linea, che tutti avevano telegrammi e
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tormento di Ida Torelli che si dannava alla linea
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1886
di Peppina De Notaris che arrivava a intuire, più
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arrivava a intuire, più che a leggere, la trasmissione
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cominciò a singhiozzare fortemente. ¶ — Che avete, Vitale? Perchè piangete
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dispetto bambinesco. ¶ — Fortunata te, che non hai altri motivi
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ammoniaca per guarire. ¶ — Ma che! è meglio una buona
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articolo intitolato: Il Monarcato, che cominciava con le parole
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dei coltellini, i corrispondenti che ripetevano tutti, a Napoli
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errori. Qualche voce domandò che ora fosse e fu
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scomodarci per così poco! ¶ — Che, scherzate? Chissà che vi
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poco! ¶ — Che, scherzate? Chissà che vi sarà in quell
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dicendo a Clemenza Achard che per rispondere presto, aveva
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bicchierino di rosolio e che ora tossiva come un
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gli rispondeva. Non sapendo che fare, battè un colpettino
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timido: e Cassino, visto che la conversazione non attecchiva
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l’innamorato di Peppina che vi restava tre o
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1886
coi conduttori dei trams, che aspettavano i passeggieri per
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1886
fuori trovava suo padre che l’aspettava, per ricondurla
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discorrendo piano di quello che era avvenuto il giorno
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1886
qui il direttore. ¶ Quelle che facevano l’uncinetto, lo
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pezzetto di giornale: quelle che leggevano, chiusero i libri
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di Parzanese alla direttrice, che glielo aveva prestato: ella
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bianco e guercio, — ora che viene il direttore, ditegli
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1886
viene il direttore, ditegli che mi faccia andar via
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1886
Caterina Borrelli: ¶ — Direttrice, ora che viene il direttore, ditegli
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viene il direttore, ditegli che vorrei andar via mezz
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prima rappresentazione della Marini. ¶ — Che si recita? ¶ — La Messalina
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senza lei. ¶ — Mi pare che ne vogliate troppo, Borrelli
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i permessi. Tutte quelle che li avevano chiesti, ora
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piemontese severo, talvolta duro, che comandava alle telegrafiste come
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alle spalle, non salutava che la direttrice e ronzando
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non ammettendo, per principio, che si discutesse con lui
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1886
quella voce cheta cheta che non voleva risposta, con
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1886
infallibilità; lo chiamavano mammone, che è lo spauracchio dei
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1886
sera non lo chiamavano che il direttore, e queste
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quattro sillabe, soffiate più che dette, facevano agghiacciare il
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guadagnare mezz’ora! ¶ — Vedrai che questa sera il direttore
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Annina Pescara. ¶ — Dove sarà, che non viene? ¶ — Festeggerà il
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direttrice. ¶ — Borrelli, sei maligna. ¶ — Che maligna? si sposano: non
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chi negava. ¶ — Vedrete, vedrete che si marita e resta
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e la moglie. ¶ — Ma che? la vice-direttrice è
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una lunghezza interminabile. Quelle che avevano chiesto il permesso
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dominazione tranquilla degli uomini che non subiscono la femminilità
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tavolini, con una lentezza che faceva fremere d’impazienza
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fremere d’impazienza quelle che volevano andar via prima
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suo controllo. Quei minuti che passavano, sembravano eterni. Ad
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forza e una intensità che trapelavano: ella ascoltava tutta
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sulla scrivania, l’altra che le reggeva la guancia
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la voce. Le ragazze che avevano chiesto il permesso
191
1886
loro salvazione. Ogni volta che la direttrice apriva la
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se fosse una obbiezione, che il direttore subito ribatteva
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1886
per dare la corda che pareva l’elsa a
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1886
la campanella di vetro che proteggeva il piccolo parafulmine
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1886
spilloni di pastiglia nera che Ida Torelli portava nei
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ricamare, le ragazze pensavano. ¶ — Che voleva poi, Napoli-Chiaia
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dopo? ¶ — Sì: ha detto che era Natale e che
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1886
che era Natale e che si seccava. ¶ — Spero che
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1886
che si seccava. ¶ — Spero che lo avrete messo al
200
1886
dalla Direzione, per avvisarlo che non ci ricadesse mai
201
1886
amoroso, aveva subito esclamato: ¶ — Che moccoletto si regge noi
202
1886
Pescara aveva risposto subito che non le dispiaceva di
203
1886
di reggere il moccolo, che l’amore era una
204
1886
il corrispondente aveva risposto che l’amore rende infelici
205
1886
sulla linea: Annina Pescara, che indovinava le parole del
206
1886
semplicissimo rumore del coltellino che fa i segni, non
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1886
la vite del tasto, che così non faceva più
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1886
le sue colleghe vedevano che ella parlava con Foggia
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1886
con quel corrispondente calabrese, che le aveva già scritto
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1886
la compiacenza dell’ingannuccio che commetteva. ¶ — Pescara? — chiamò la
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1886
far tacere il corrispondente. ¶ — Che, dormite? ¶ — No, direttrice. ¶ — Domandate
212
1886
Foggia. ¶ Ma Caterina Borrelli, che aveva sempre la malizia
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1886
sua compagna di scuola, che ora faceva la maestra
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1886
tempi del convitto, dicendole che era contenta del suo
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1886
ballonzolo famigliare. Ella stessa che non aveva più nessuno
216
1886
cambio a Serafina Casale che preferiva venir di mattina
217
1886
bruttina, gracile e timida, che poco sapeva lavorare e
218
1886
poco sapeva lavorare e che restava sempre in silenzio
219
1886
sedeva a una linea che andava male, in cambio
220
1886
cambio della compagna nervosa che non ne poteva più
221
1886
suo giorno di festa, che le toccava ogni due
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1886
due mesi, a qualcuna che ne la pregava; ella
223
1886
una naturalezza affettuosa tale che le compagne finivano per
224
1886
esserle più riconoscenti. Sapevano che bastava dire, per ottenere
225
1886
diventavano brutali con lei, che era molto educata. Infatti
226
1886
non aveva osato risponderle, che il Natale le importava
227
1886
le importava molto e che da un mese pensava
228
1886
accanto a Maria Vitale che aveva il naso rosso
229
1886
Natale. ¶ — Figurati, cara Achard, che ho avuto appena il
230
1886
dalla comare, donna Carmela, che è panettiera e ha
231
1886
dato il caffè: ma che caffè! mi pareva veleno
232
1886
stufato: poi un mostacciuolo, che la comare mi aveva
233
1886
madama Angot. Beati loro che si divertono! Alle nove
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1886
andranno a dormire, essi che hanno avuto la consolazione
235
1886
volontà, sono così stanca, che ho un solo desiderio
236
1886
quattrini, per sollevare papà che ha l’asma, dalla
237
1886
fatica, per confortare mammà che ha perso la salute
238
1886
Noi non sappiamo più che siano Pasqua, Natale, carnevale
239
1886
capivo l’aritmetica. ¶ — E che vuoi farci, allora? Pazienza
240
1886
poverino. È per lui che ti dispiace? ¶ Clemenza Achard
241
1886
uomo al dito mignolo, che Olimpia Faraone portava troppa
242
1886
direzione, — disse Caterina Borrelli, che era la miope più
243
1886
ancora in anticamera, visto che mancavano cinque minuti alle
244
1886
col grande velo azzurro che le avvolgeva il cappello
245
1886
bianca, grassa e grossa, che ondeggiava, camminando, come un
246
1886
cui tutti si burlavano, che era piena di scrupoli
247
1886
piena di scrupoli religiosi, che prima di trasmettere un
248
1886
una creola: impiegata svogliata, che nessun rimprovero e nessuna
249
1886
sogguardando verso la direttrice, che scriveva sempre, con la
250
1886
facce assonnate di quelle che avevano troppo poco dormito
251
1886
il coltellino d’acciaio che imprimeva i segni, chi
252
1886
inglese. ¶ — Direttrice, Salerno dice che vi è guasto sulla
253
1886
nella taciturnità delle macchine che pareva dormissero, in quel
254
1886
suo contegno di distrazione che le risparmiava il lavoro
255
1886
e scrivendo il telegramma che era per Napoli, sul
256
1886
piegò un giornaletto letterario che stava leggendo di nascosto
257
1886
striscia di carta, attentamente: ¶ — Che imbecille! — esclamò a un
258
1886
tratto. ¶ — Scusa, mi pare che non sia un imbecille
259
1886
familiare, dolendosi della solitudine che nulla veniva a confortare
260
1886
dalla persona amata, giurando che nulla lo avrebbe fatto
261
1886
letto da Maria Morra che era accorsa anche lei
262
1886
lei, da Peppina Sanna che passando, si era fermata
263
1886
e da Annina Pescara che riceveva sempre. ¶ — Quanta rettorica
264
1886
Questo è quel tale che si sdilinquisce sempre, — gridò
265
1886
suo posto; — aspetta aspetta, che voglio leggere anche io
266
1886
due o tre pretendenti che ella non poteva soffrire
267
1886
troppo vecchio per lei, che i suoi genitori non
268
1886
e dai capelli ricciuti, che navigava allora nelle acque
269
1886
acque del Giappone e che sarebbe ritornato solo fra
270
1886
cinque anni un impiegato che aspettava sempre un maggiore
271
1886
avanzamento per sposarla e che intanto si consolava, recitando
272
1886
legge di secondo anno, che ne doveva studiare altri
273
1886
quel giorno di festa, che dovevano passare in quello
274
1886
macchine, lontane dalla gente che amavano, lontane dai semplici
275
1886
capoturno della sezione maschile. ¶ — Che è questo attruppamento, signorine
276
1886
di copiare quel registro che vi ho dato? — De
277
1886
a lasciare il posto? Che smania di complottare! ¶ — Direttrice
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1886
con la sua improntitudine. ¶ — Che telegramma? ¶ E toltolo dinanzi
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lo lesse. Le ausiliarie che erano ritornate, tutte umiliate
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nella buca della porta, che divideva la sezione maschile
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serie, di impiegate solerti che dimentichino, in questo luogo
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di essermi ingannata, vedo che un nulla, una scempiaggine
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andranno male. Ricordatevi, signorine, che con giuramento avete promesso
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interessarvi punto a quello che i privati scrivono nei
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responsabilità e tremava continuamente che la sua sezione sfigurasse
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le parole del dispaccio. ¶ — Che ore sono? — domandò la
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di gas, ma visto che non vi era lavoro
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direttrice aveva dato ordine che si abbassassero: il direttore
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queste brutte parole. Oh che cattiva cosa è l
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bene a nessuno. È che Mimì è ammalato, io
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Oh poverello, poverello! speriamo che non sia niente, — mormorò
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sia niente, — mormorò Maria, che si contristava subito. ¶ Scendendo
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forte come Caterina Borrelli, che scriveva continuamente un romanzo
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Pasqualina Morra; ma capiva che l’amore è un
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cacciato Carolina, la serva che mi voleva bene e
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una terza, trama leggera che si stende sul mondo
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per mitigare lo spavento che produceva il suo occhio
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ricchezza strabocchevole di capelli, che le tiravano la testa
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si unì a loro. ¶ — Che freddo! — disse ella con
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i capelli biondissimi, ondulati, che il vento aveva scomposti
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o tre felici signorine, che lavoravano solo per farsi
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pareva una giovane duchessa che si degnasse visitare quella
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e benigna e umana, che si compiacesse passare una
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tre ausiliarie, entrando. ¶ — Ma che! è ancora a messa
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quel foglio di carta che circolava di mano in
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mano in mano e che le destinava, per quel
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il numero d’ordine che porta la linea, dirimpetto
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il nome dell’ausiliaria che doveva lavorarvi, in quel
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esclamazioni piovevano. ¶ — È vero che sono una scema e
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sono una scema e che non so ricevere ancora
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ore, è un gran che: imparerò presto, a questo
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i biglietti del lotto che i salernitani giuocano a
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l’emicrania, io: vedrai che lite, oggi fra me
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mummia di settant’anni, che non può soffrire la
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Markò con una voce che pareva un canto, — il
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pareva un canto, — il che non è divertente. La
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linea è così lunga che la pila non basta
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variabilissima: ora forte forte, che unisce e confonde tutti
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segni, ora tanto debole che i segni non arrivano
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minuti bene e respiri. Che! all’undecimo minuto la
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hughiste, le migliori ausiliarie che avevano imparato a lavorare
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a questa macchina complicata che pare un cembalo: e
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non univa mai due che fossero amiche, per impedire
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nei Nostri Buoni Villici che doveva recitare, da filodrammatica
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per guarire dall’anemia che la minava; e Annina
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l’inserviente, Gaetanina Galante, che le facesse questo favore
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per amore della Madonna, che mandasse per qualcuno la
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diceva di no, protestando che di codesti affari non
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si voleva più mischiare, che aveva avuti troppi dispiaceri
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aveva avuti troppi dispiaceri, che le ausiliarie erano tante
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ausiliarie erano tante sconoscenti, che lei, l’inserviente valeva
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molto meglio di tante che portavano superbia, perchè erano
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innanzi a quella serva che la torturava, con un
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nella morbidezza delle mani che pareva si dovessero congiungere
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guardava le ragazze, osservando che Ida Torelli non aveva
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il busto, al solito, che Peppina De Notaris portava
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con gli uomini, senza che tra essi e lei
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insuperabile: quelle testine bionde che a nulla dovrebbero pensare
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tutti, tutti i fantasmi che nella mia mente s
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quella potente virtù osservativa che le fanciulle hanno? I
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o voi, creature femminili che viveste meco, un’ora
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chitarre preganti. Ogni volta che io tento di costruire
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vivezza, con tanta intensità, che tutti i miei nervi
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i miei nervi tremano, che una commozione di tenerezza
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anima: tutte queste voci che vengono dal passato, tutte
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passato, tutte queste braccia che si stendono verso me
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così viva di cose che più non sono, o
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più non sono, o che non sono più tali
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so: dal primo giorno che ho scritto, io non
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voluto saputo esser altro che un fedele, umile cronista
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istinto, e non credo che mi abbia ingannata. Mi
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di aver sentito dire che nelle tragedie antiche il
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e di aver letto che nelle commedie di Aristofane
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prediligerle sopra tutto ciò che ho scritto. Ho fatto
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morte parlava. Poichè voi che la vita ha dolorosamente
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allegrezza antica; e voi che siete morte, mi sembravate
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sciallino di lana azzurra, che fingeva di essere un
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Pellegrini, dello Spirito Santo che sbucavano nella piazzetta, non
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chiamava: ¶ — Mariè? ¶ — Mammà? ¶ — Alzati, che è ora. ¶ Ella si
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fratellini, Carluccio e Gennarino, che dormivano nella stessa stanza
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cucina: invece del caffè, che non si usava in
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lira di multa. Accadeva che dalle novanta lire di
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mesata, tra le sei che se ne prendeva il
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altre due o tre che se ne pagavano per
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talvolta usciva troppo presto. ¶ — Che ora sarà? — pensava Maria
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Vitale, contristata dall’idea che fosse prestissimo. ¶ Nel vicolo
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incontrò il caffettiere ambulante, che portava in giro il
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infilate alle dita. ¶ — Galantò, che ora sarà? — domandò ella
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buon tempo di sonno che aveva perso: un dolore
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una colpa non sua. Che avrebbe fatto in quell
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i venditori di frutta che scendevano dai giardini alle
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i carri dello spazzamento che trabalzavano cupamente sul selciato
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a prender Assunta Capparelli che abitava ai Ventaglieri? Assunta
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a prendere Caterina Borrelli che abitava alla Pignasecca? Che
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che abitava alla Pignasecca? Che! Caterina Borrelli era una
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era una dormigliona impenitente, che si alzava alle sette
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di traverso, la treccia che si disfaceva, la cravatta
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dipinto, quello dei poveri che non hanno il soldo
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alla spalliera del banco che aveva innanzi. Ora pregava
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l’anima della nonna che era morta l’anno
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voluto pregare la Madonna che la lasciasse dormire, al
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alle nove: bella felicità, che non aveva mai goduta
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una sonnambula, senza parlare. ¶ — Che hai? — chiese Maria. ¶ — Niente
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di una voce giovanile che i singhiozzi hanno velato
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maritare le sorelle Cafaro, che erano della sua provincia
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ancora, aspettando le signorine che finivano le loro toilette
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fragorosamente col signor Canavacciuolo, che le lasciò entrare, nella
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un soffio tepido, carezzevole che pareva l’alito di
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lento movimento di gente che si avviava alla Villa
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fitti fitti di pedoni che, mollemente, in quella sera
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talvolta, più per grazia, che per ripararsi dal fresco
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retta, come i cavalieri che si vedono nei quadri
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accompagnatrici rassegnate e pazienti, che trascinavano il passo: ma
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del grande giardino pubblico che la gioventù napoletana adora
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gli esseri solitari, melanconici, che cercavano invano un’anima
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indulgenti, le coppie amorose che forse si sarebbero sposate
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si avviano le coppie che amano di camminare piano
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quelle brevi parole sommesse che equivalgono a un bacio
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ai puri esseri innocenti, che così poco rende felici
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o tre famiglie riunite che si dànno convegno da
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una domenica all’altra, che si ritrovano per via
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si ritrovano per via, che camminano per file, le
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rispondendosi, con le file che ogni tanto si arrestano
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lampioni, andavano tutti quelli che volevano essere veduti: le
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le ragazze più vanitose che sentimentali, più civettuole che
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che sentimentali, più civettuole che amorose, le quali preferiscono
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solo, le spose fresche che inalberano il loro primo
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tremolante; le vedove scaltre che vorrebbero riprendere marito e
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vanità femminile; gli uomini che vogliono attirar l’attenzione
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attenzione e i personaggi che si credono importanti. Solo
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bianche statue di marmo, che coronano le fontane e
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gentile di ombre femminili, che sono la nota predominante
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come al Parlamento, pareva che volontariamente i due grandi
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più antiche, molto eleganti, che già ricorrevano a qualche
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dalle mogli mal maritate che venivano a consolarsi nella
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Villa della crudeltà coniugale che le lascia senza villeggiatura
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estate; dalle vecchie civette che ancora si vestivano di
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sanguigne; dalle signore pretenziose che volevano tener circolo. ¶ Invece
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giovani e sinceramente belle, che ricorrevano a poche risorse
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poche risorse di toilette, che aspettavano il fidanzato, o
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nel destino; dalle signore che volevano ridere e scherzare
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alla buona; dagli studenti che andavano lì solo per
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al centro dei gruppi che appartenevano un po’ alla
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malvagio quando aveva udito che Margherita Falco e il
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così non si dirà che chiudo mia moglie in
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sua vanità di vecchio che aveva sposata una giovane
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obbligata a uscire, ella che si rifiutava, l’aveva
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tutto ricco di merletti che la rendeva seducentissima, le
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leggiere di un cappellino che era un amore. Ella
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fratello e Margherita Falco che giovani, belli, innamorati e
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fidanzato di Carolina Sanges. ¶ — Che fa! — disse Carolina, stringendosi
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un po’ male, egli che aveva cento lire al
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da quella verdezza ombrosa che è la Villa. La
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con una grazia fiera che incantava, esse attraversavano lo
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di un camerino proprio che le aspettava, non guardandosi
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antipatiche e superbiose Altifreda, che erano così ricche, così
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abbastanza pazzo da sposarle: che! non avevano dote, diceva
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per loro tutto quello che aveva, per farle figurare
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maritavano, diceva Caterina Borrelli che pretendeva sempre di fare
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sorse, il signor Canavacciuolo che non si alzava mai
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prima volta ¶ . . . . . . . . . ¶ Caterina Borrelli, che non capiva la musica
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l’hai scordato, ¶ Dici che un sogno fu.... ¶ divenne
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di legge di Cassino, che le aveva scritte centoventi
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di canzoni libere e che l’aveva piantata per
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sua amica Caterina Borrelli, che faceva la donna forte
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una malinconia indefinita, essa che non era mai stata
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martire dell’amore, quella che pigliava quotidianamente degli schiaffi
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pensava a un cugino che era andato lontano, che
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che era andato lontano, che l’aveva amata prima
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l’aveva amata prima che ella avesse quella disgrazia
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disgrazia della gamba e che anche lui l’aveva
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Tosti. Elena De Pasquale, che aveva ventotto anni e
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a male, aveva di che rattristarsi: e la sorella
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piangere, con una smorfia che le veniva dalla recitazione
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un gruppo di ragazze che se n’erano state
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due ragazzette gemelle, quindicenni, che da un anno cantavano
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particina dei due Ajaci, che vengono in iscena tenendosi
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arie di prime donne che guadagnino milioni, cantando a
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una signora incinta, cosa che l’affliggeva molto; Elisa
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affliggeva molto; Elisa Costa che studiava da dieci anni
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come ella diceva, e che non arrivava mai a
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mai a scritturarsi, malgrado che declamasse con una grossa
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Napoli. Era Gelsomina Santoro, che studiava il canto al
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il canto al Conservatorio, che appena sapeva leggere, che
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che appena sapeva leggere, che non sapeva scrivere affatto
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non sapeva scrivere affatto, che aveva solo un filo
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della grammatica musicale, ma che certo avrebbe fatto carriera
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La cantante finì, senza che nessuno l’applaudisse: stette
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in Terra di Lavoro, che passavano a Napoli cinque
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e poi delle eredità, che nessuno in paese, nè
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di chiederle. ¶ Correva voce che avessero pretensioni enormi, niuno
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zitelle un po’ emancipate, che amministravano la propria fortuna
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amministravano la propria fortuna, che avevano un certo fare
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un certo fare virile, che si accentuavano in certe
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in certe acconciature esagerate, che sfoggiavano brillanti, i fidanzati
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1886
ragazza senza un soldo, che si maritava a diciotto
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una bella donna borghese che era scappata con un
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un nobilotto spiantato e che vivucchiava maluccio, ma andava
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con tutti i giovanotti che conosceva e non conosceva
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1886
altra, rappattumava le coppie che si portavano il broncio
481
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una all’altra, pensando che realmente Eva fosse morta
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esser morta Giovannella Sersale, che non trovava più lagrime
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Filomarino, l’anima mistica, che era risalita dall’amore
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all’adorazione pel Creatore, che sentiva sempre più liberarsi
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1886
sempre, e i curiosi che si accavalcavano sulla via
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1886
cintura di seta rossa che gli reggeva i calzoni
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strada sino al corridoio, che conduceva ai camerini delle
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1886
busto di seta cruda che l’affogava e la
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stabilimento, il signorotto biondo che chiamava i numeri, si
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1886
cercando di consolarla, dicendo che Brown non era poi
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1886
cocciutaggine naturale dei vecchioni, che gli avrebbero spiegato.... ¶ — Tu
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1886
e bitorzolute pei geloni, che aveva voluto la moglie
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1886
moglie giovine e bella, che la copriva di stoffe
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1886
lo sapeva bene, quello che le toccava, tornando a
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voce interna del marinaio che gridava: chiamate, rivolto verso
496
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ancora giunto; sua madre, che era contraria a quest
497
1886
col pepe; Annina, sicura che avrebbe visto Vincenzino, conservava
498
1886
calma di fanciulla ostinata, che nulla vale a vincere
499
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era complice della sorella, che voleva aspettare. ¶ La sala
500
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filodrammatiche bionde e incipriate che raccoglievano applausi e allori