parolescritte
interroga:  scripta  ·  bsu  ·  civita

il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Giovanni Crisostomo Trombelli, Fedro tradotto da Gio: Grisostomo Trobelli, 1797

concordanze di «che»

nautoretestoannoconcordanza
1
1797
litteratorum. Cristio s’immaginò, che non vi fosse mai
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1797
mi rechi a biasmo che le piante, ¶ Non che
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che le piante, ¶ Non che le fiere, abbia a
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abbia a parlare indotto; ¶ Che son finti racconti gli
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Bevea l’Agnello; allor che ingorda fame ¶ Punse il
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poss’io ¶ L’onda, che dal tuo labbro al
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affè, riprende il Lupo, ¶ Che villania il padre tuo
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per coloro è scritta, ¶ Che con falsi pretesti i
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FAVOLA II. ¶ Le Rane, che chiedono un re. ¶ Retta
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giuste leggi Atene: ¶ Allor che troppo libera licenza, ¶ Sconvolse
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tolse, ¶ Nè guari andò, che le fazion s’uniro
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lor destina. ¶ Lo strepito che fa ne l’improvviso
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Giove, tal sovran chiedendo, ¶ Che con la forza i
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manda Giove un Idro, che a lo stagno ¶ Giunto
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Mercurio commetton di nascosto ¶ Che chiegga pietà a Giove
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altrui, ¶ De i ben’ che ’l ciel ci diede
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co’ rostri ¶ L’inseguon, che mal concia, e in
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a sdegno aver ciò che ti diè natura. ¶ Così
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potrebbe or la ripulsa, ¶ Che schernita ti rende, ed
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FAVOLA IV. ¶ Il Cane che porta la carne per
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fiume. ¶ BEn è ragion, che ’l suo perda colui
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l suo perda colui, ¶ Che l’altrui di rapire
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Cane. La fallace immago, ¶ Che forman l’acque, a
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a credere l’induce, ¶ Che altro Can v’è
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Capra, ed una Pecora, ¶ (Che più ch’altro animal
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osa la quarta, ¶ Fia che sciagura incontri. In cotal
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sete noi meschine uccide; ¶ Che fia se figli da
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fitto ¶ Un osso sì, che dal dolor forzato, ¶ Alto
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il Lupo: ingrata, ¶ Da che fuor di mia gola
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suo mal conforto: ¶ Tu che sicuro, dice, mi schernivi
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è Giudice ¶ La Scimmia, che le parti entrambe udite
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aver perduto ¶ Lupo, ciò che richiedi, e avrai rapito
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Asino e il Leone, che vanno a caccia. ¶ Chi
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fronda il copre, e che con voce strana ¶ Le
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di mia voce or che ti sembra? ¶ Tanto, il
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Tanto, il Leon soggiugne, che se ignota ¶ Erami la
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alla fonte. ¶ SPesso addivien, che cosa avuta a vile
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vile ¶ Util più sia che la tenuta in pregio
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me infelice, è fama che dicesse ¶ Allor morendo: veggio
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fin qual danno ¶ Ciò che lodai m’apporti, e
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cui finta lode alletta, ¶ Che ria vergogna suo mal
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al finto medico, ¶ Vuol che la beva. Esso al
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1797
timor di morte, ¶ Palesa, che non arte, o il
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volgo ¶ Null’altro cangia, che del Prence il nome
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del Prence il nome; ¶ Che ciò sia ver, brieve
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risponde il Vecchio. E che m’importa, ¶ Di aver
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il Cervo chiese. ¶ Essa che inganno teme: suole il
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Lupo in testimonio, attesta ¶ Che diece, non che un
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attesta ¶ Che diece, non che un solo, a lui
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testimonio astretta, ¶ Paga ciò che non dee. Dì pochi
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dee. Dì pochi andaro, ¶ Che vide il Lupo ne
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Cagna, un’altra pregò, che le lasciasse ¶ Depor nel
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l’impetrò: ma poscia ¶ Che se ne andasse instando
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gonfj pria creparo, anzi che il cuojo ¶ Ad assaggiar
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antica dignità decade ¶ Allor che più l’insegue avversa
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vendetta. ¶ Poco ne va, che il Toro, del nemico
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1797
e squarcia. ¶ L’Asin che scorge impuni irne le
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Esso morendo, infin, disse, che i forti ¶ M’insultaro
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poichè a goder ciò che godrian essi, ¶ Tue cure
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1797
don m’astrigne, ¶ Tal che del mio tacer tu
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1797
la grandezza avanzi. ¶ Rispondono, che no. Ella più gonfiasi
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1797
tal forza si gonfia, ¶ Che rottasi la pelle, estinta
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1797
saggi a’ rei consigli. ¶ * Che bean correndo sitibondi i
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la favoletta insegna. ¶ * Dicesi, che la Volpe invitò a
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1797
novella, ¶ E ad un, che nato in umil fortuna
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desio ¶ L’ingombra sì, che cibo alcun non cura
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1797
Ben giusto è, dice, che tu giaccia estinto; ¶ Poichè
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1797
non cura. ¶ La Volpe, che sue preci ir vede
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1797
Se in altro par che a te non rassomigli
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FAVOLA XXX. ¶ Le Rane che temono i combattimenti de
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1797
in gran periglio allora, ¶ Che vengono a tenzon fra
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1797
abbiamo, ¶ Risponde; ma colui che rimane vinto, ¶ I boschi
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1797
dì menate? ¶ Meglio fora, che fatta lega insieme, ¶ Il
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1797
in man si danno, ¶ Che fatto lor Signore, or
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1797
Una di quelle allor che eran rimase: ¶ Tale il
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1797
diletto, variando, apporti, ¶ Vo’ che il lettor in buona
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1797
svelgono a vicenda. Ei che si crede, ¶ Che il
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1797
Ei che si crede, ¶ Che il pulisca lor cura
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1797
ne la ferita intinto, ¶ Che remedio opportuno essere udìo
80
1797
Gatta i pargoletti suoi, ¶ Che cotal camerata a caso
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1797
sovrasta! ¶ Col continuo scavar che fa la Scrofa ¶ La
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1797
razza evvi in Roma, ¶ Che nulla fa, e in
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1797
E degno è ben che orecchio gli si appresti
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1797
si appresti. ¶ * Nel viaggio, che fe’ Tiberio a Napoi
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1797
Villa di Miseno giunto, ¶ Che in erto colle fabbricò
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1797
tal raggruppa e strigne, ¶ Che dal suo nodo sien
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1797
Padron si mostri ufficioso, ¶ Che per verzure amene iva
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1797
si proponga; ¶ Ma vuol, che speme lo lusinghi indarno
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1797
attende la guanciata amica, ¶ Che libertade apporti. Sorridendo ¶ Così
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1797
in alto una Testuggine, ¶ Che tutta ascosa entro la
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1797
dura scorza ¶ Non lascia che l’augel le faccia
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1797
preda: pur m’avveggio, ¶ Che se ciò che far
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avveggio, ¶ Che se ciò che far dei, non ti
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1797
difesa da natura, ¶ Tal che una darle morte unqua
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1797
Cervo, ¶ Da fiero cacciator che a morte il cerca
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1797
s’accingea. ¶ Bramiam bensì, che salvo al bosco rieda
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1797
periglio: il dice appena, ¶ Che ritorna il Padron da
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1797
Pose, perchè si veggia, che Virtude, ¶ Non chiarezza di
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1797
livor, emulazion mi spinse. ¶ Che se il Lazio mie
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1797
rubi. ¶ Dunque fia me’, che ciò tua man non
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1797
tua man non tocchi, ¶ Che ad occupate orecchie mal
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1797
rieda. ¶ Fia dunque allor che tu a mie baje
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1797
a’ liminari aspiri. ¶ Io che pur nacqui su l
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1797
Mi veggio ammesso. E che avverrà a colui, ¶ Che
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1797
che avverrà a colui, ¶ Che purchè a l’oro
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1797
dirò. Per iscoprire ¶ Ciò che in palese un servo
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1797
parte scegliere mi piacque, ¶ Che sembrommi più acconcia a
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1797
mi direi ¶ Dal mal che soffro, giustamente oppresso, ¶ Nè
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1797
conforto in cerca andrei. ¶ Che se taluno il suo
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1797
Ma costui pur vo’ che mia scusa ascolti. ¶ Nessun
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1797
ingegno loro ¶ Acquistaro; io che nacqui a’dotti Greci
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1797
Greci ¶ Più vicin, lascerò che neghittoso ¶ Sonno a’miei
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1797
quanto pote, attratta, ¶ O che soave odor! gli dice
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1797
Notte si fa, ciascun che si lusinga ¶ Di morta
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1797
morti arreca. ¶ Allor quei che a la fiera dier
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1797
non temete: ¶ Di quei che m’oltraggiar’, nemica io
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1797
Esopo, e il Villano. ¶ CHe più d’un indovin
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1797
Cotesto mal però fia che allontani. ¶ In somma in
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1797
tu, dice, Villan, ciò, che s’addita, ¶ Da te
120
1797
Arguto egli è anzi che vero il motto: ¶ Spesso
121
1797
avventa; ¶ Cui egli: O che bel colpo! E a
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1797
dice, tu pigra! ¶ Vuoi che il collo col mio
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1797
apprezzo: ¶ Bensì temo colui, che in scanno assiso, ¶ Le
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1797
tu puoi di quei, che privi ¶ D’ugual valor
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1797
Nel cammin s’accorge, ¶ Che roso il Can da
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1797
padre e l’accusa che maneggi ¶ (Benchè nato uomo
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1797
credere egualmente è periglioso, ¶ Che il non creder: gli
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1797
il tutto indaghi, ¶ Anzi che la sentenza s’avventuri
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1797
perchè non si dica, che con vecchj ¶ Esempj favolosi
130
1797
Portava un uomo; allor che da un liberto, ¶ Cui
131
1797
Ciò ch’altamente sa che il cuor gli pugne
132
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chi in là, ei che non pote ¶ Rattener il
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1797
certi crini ¶ S’accorge, che v’è un uom
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1797
e il ferro, di che armollo ¶ Stolta credulitade, in
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1797
quella difende, non consente ¶ Che per sospizion si tragga
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1797
Paghi (dice) il Liberto, che n’è autore, ¶ La
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1797
Donna, e non gastigo. ¶ Che se i neri delitti
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1797
Forse reo sarà tal, che tu nol pensi; ¶ E
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1797
meno accorti avvertir pote, ¶ Che non l’altrui opinion
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1797
a quel tu credi, ¶ Che conosca tu stesso. Poichè
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1797
trovato ti avesse un che ti apprezza, ¶ Già l
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1797
ne avresti. ¶ A me che non le gioje, il
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1797
il cibo estimo, ¶ A che val, che ti sia
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1797
estimo, ¶ A che val, che ti sia tu qui
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1797
dirige il mio racconto ¶ Che non apprende de’miei
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1797
Giudice siede ¶ La Vespa, che ben sa l’indol
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sapor, da la forma, che somigli ¶ Quel che recaste
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1797
forma, che somigli ¶ Quel che recaste, fia l’autor
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1797
Fuchi. ¶ FAVOLA XIV ¶ Esopo che giuoca. ¶ VIsto, che in
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1797
Esopo che giuoca. ¶ VIsto, che in mezzo de’ fanciulli
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avvide il buon vecchio, che potea ¶ Anzi che esser
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1797
vecchio, che potea ¶ Anzi che esser deriso, altri deridere
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1797
a la via posto, ¶ Che cosa disse ho fatto
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1797
van s’affanna. ¶ Tal che confessa al fin, che
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1797
che confessa al fin, che nol comprende. ¶ Esopo vincitor
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1797
se il rallenti, fia che forza acquisti. ¶ * Così la
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1797
Agnello. ¶ A un Agnel che belava infra le capre
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1797
gli dimostra. ¶ Non quella, che a talento concepisce, ¶ E
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1797
cerco. ¶ Io colei cerco, che sue poppe appresta. ¶ E
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1797
in generar si lascia, ¶ Che l’altra, che ver
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1797
lascia, ¶ Che l’altra, che ver me giacente, e
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bontade i Genitor’ ravviso. ¶ * Che l’uom riman da
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1797
la Civetta. ¶ SOvente avvien, che lo scortese il fio
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lo scortese il fio, ¶ Che sua alterezza meritogli incontri
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1797
canto a una Civetta, ¶ Che sol di notte va
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1797
dolce armonioso canto, ¶ Tal che di Febo udirmi sembra
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1797
il nettare vo’ bere, ¶ Che testè diemmi Palla. Se
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1797
è a grado, ¶ Vieni che il beveremo. La Cicala
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lodi ¶ Di sue voci, che ratta a lei sen
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Cicala insiegue, e uccide, ¶ Che morta quello diè, che
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Che morta quello diè, che negò viva. ¶ FAVOLA XVII
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il Pioppo. ¶ Stupì Minerva, che infeconde piante ¶ A lor
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perchè alcun non creda, ¶ Che l’ossequio col lor
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onde ciascun t’onora. ¶ Che se ciò facciamo, util
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1797
non have, ¶ L’onor che ne ridonda, è folle
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1797
Vuol la novella mia che non s’imprenda. ¶ FAVOLA
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1797
MAl soffrendo il Pavon che a se negato, ¶ Concesso
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1797
Con Giunon si lagnò, che dove ammira ¶ Di quel
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1797
fuori appena ¶ La manda, che dispregio, e beffe incontra
180
1797
n’è pago. ¶ * Ciò che ti vien negato, nol
181
1797
Esopo, ¶ Cui s’impone, che pria del consueto ¶ La
182
1797
dice, ora col lume, ¶ Che il pianeta maggiore è
183
1797
costui (disser) sua speme, ¶ Che morto fora da percosse
184
1797
folle cura, ¶ Se allor che son da gravi studj
185
1797
aspetto: ¶ Sicchè rado addivien, che quando avvolse ¶ Ne le
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1797
in luogo oscuro giacque, ¶ Che parea morta. Un Topo
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1797
fin ne vien un che forbito, e lacci, ¶ E
188
1797
e fossi, dice, ¶ Tu che giacente entro farina io
189
1797
favola è per tal, che con parole, ¶ Ciò ch
190
1797
torti ¶ Anzi a soffrir, che darsi ad altri in
191
1797
FAVOLA IV. ¶ Il Poeta. ¶ CHe sovente in un sol
192
1797
sol più senno alberghi, ¶ Che in molti insieme, il
193
1797
racconto insegna. ¶ * Morì tal, che di se lascio tre
194
1797
lor divida, ¶ Sì però, che di quel d’onde
195
1797
il popol le applaude, che il desio ¶ Sa de
196
1797
vivesse, al padre ¶ Scorgere, che di tutti gli Ateniesi
197
1797
vin serbato ottenga ¶ Colei, che solo campi, e lane
198
1797
Nessun fia di lor, che patir possa ¶ Cose al
199
1797
orti ameni. ¶ Sì fia che il lor retaggio a
200
1797
giove; ¶ E da ciò che vendero, avrà la madre
201
1797
la madre ¶ Il denar, che lasciolle il vecchio astuto
202
1797
astuto. ¶ * Ed ecco ciò, che pria fu a molti
203
1797
e delle Donnole. ¶ ALlor che vinti i Topi da
204
1797
la morte; ¶ I Duci, che per dar un manifesto
205
1797
VI. ¶ Il Poeta. ¶ TU che nasuto i miei scritti
206
1797
Sangue lordò le figlie. Che ti sembra, ¶ Lettor, di
207
1797
falso: ognun pur sa, ¶ Che molto innanzi con possente
208
1797
è alcun sì stolto) ¶ Che tutto ha a schifo
209
1797
cercando, ¶ Una lima afferrò, che contumace: ¶ Pensi, a lei
210
1797
o stolta, farmi offesa, ¶ Che rodere ogni ferro ho
211
1797
è dolce essa cotanto, ¶ Che saziar non puossi il
212
1797
FAVOLA X. ¶ Il Ladro che spoglia l’Altare. ¶ UN
213
1797
ria gente è ciò che involi, ¶ Sicchè l’odio
214
1797
con la vita, ¶ Allor che giunga il destinato giorno
215
1797
il destinato giorno, ¶ Vo’ che ne paghi il fio
216
1797
Ella dunque ne avverte, che non rado ¶ Nutre fiero
217
1797
fiero nemico nostra mensa. ¶ Che non per ira il
218
1797
GIusto è l’odio, che ha il forte a
219
1797
forte a le ricchezze; ¶ Che ricco erario a vera
220
1797
tal cagione al Padre, che il richiede, ¶ N’adduce
221
1797
N’adduce: Odio colui che a' tristi è amico
222
1797
veggiam non di rado, ¶ Che sincero parlar ruina apporta
223
1797
il rimanente, intorno e che vedi ciò che in
224
1797
e che vedi ciò che in fine si nota
225
1797
cui testè parlai: ¶ E che il loro impastò, d
226
1797
onde l’uom costa, ¶ Che se in fortuna avviensi
227
1797
il nettare gli piacque, ¶ Che in piè non ben
228
1797
casa giunse: ed ei, che vuol pur compiere ¶ L
229
1797
vino ¶ Sì l’ingombra, che i membri non discerne
230
1797
Cui Giove: deh lasciate, che cotesta ¶ Godan ombra di
231
1797
novelluzza insegna ¶ Se alcun, che di valor lasciamo addietro
232
1797
fosco, e mesto, allor che il cangia in lieto
233
1797
Tal timor li sorprese, che la reggia ¶ Tutta lordar
234
1797
fallir palesa; ¶ Sicchè temendo, che un’ugual sciagura ¶ Non
235
1797
dal ventre. ¶ Grida ognun, che si dee punir tal
236
1797
tal’onta: ¶ Ma pria che Giove a lor gastigo
237
1797
n’andrete, e vo’ che fame insegnivi ¶ Por freno
238
1797
ventre. A que’ poi che inviaro ¶ Si goffi Ambasciator
239
1797
il perchè. ¶ I Can’, che i primi Ambasciatori, e
240
1797
preso ¶ Fu da tal, che crudele in ver se
241
1797
seno: si riebbe appena, ¶ Che l’uccise: il perchè
242
1797
alquante buche avea; ¶ Allor che giunse ove tesori un
243
1797
guardava. Il vide appena, ¶ Che, di grazia, gli dice
244
1797
vita trasse. ¶ * Tu adunque, che n’andrai ove andar
245
1797
di te innanzi; a che t’affanni ¶ Sordido, cieco
246
1797
tristezza, e angoscia arreca, ¶ Che ti privi di cibo
247
1797
FAVOLA XX. ¶ Fedro. ¶ QUel che livor fra se raggira
248
1797
Ciò ne’ miei libri, che di fama è degno
249
1797
abbia a vile, ¶ Vorrà che ad ogni patto a
250
1797
Ma si prosegua ciò che a dire impresi. ¶ FAVOLA
251
1797
guisa, al patrio suolo ¶ (Che in Geo nascesse il
252
1797
grave peso, e ciò che pur rimane, ¶ Tolto lor
253
1797
de le Muse amico, che in gran pregio, ¶ Ed
254
1797
cose rapite a voi che resta? ¶ FAVOLA XXII. ¶ Il
255
1797
meco a tenzone? Allor che s’offre ¶ Vittima a
256
1797
ben mi ricorda, allor che il grano ¶ Per il
257
1797
però se’ giunta appena, ¶ Che ti discaccian tosto: non
258
1797
bisogno il chieggia; ¶ Ciò che vuolsi celar, commendi altera
259
1797
il verno taci, ¶ Allor che il freddo intirizzita a
260
1797
Segna il racconto quei che finte lodi ¶ S’arrogan
261
1797
vero. ¶ FAVOLA XXIV. ¶ Simonide che gli Dei preservano da
262
1797
due ¶ Figli di Leda, che cangiarsi in stelle, ¶ Frappose
263
1797
Quando repente due, più che d’umano ¶ Sembiante, di
264
1797
Impongono ad un servo, che il Poeta ¶ Faccia sì
265
1797
il Poeta ¶ Faccia sì, che a lor venga incontinente
266
1797
Sì turbato gliel dice, che Simonide ¶ In fretta parte
267
1797
piede ha fuori appena, ¶ Che cadendo la volta tutti
268
1797
riseppe, ognun s’avvide ¶ Che gli Dei fur que
269
1797
Dei fur que’ due, che per mercede ¶ De’ loro
270
1797
la materia in guisa, ¶ Che mancar questa anzi che
271
1797
Che mancar questa anzi che possa a noi, ¶ Mancar
272
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ne imprenda. ¶ Quel premio, che a la nostra brevitade
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io richieggo, e quel che in voce ¶ Voler darmi
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il tuo soccorso appresta. ¶ Che pro, se mi sovvenga
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se mi sovvenga, allor che morte ¶ Imminente il comun
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in altri. ¶ Risolvi ciò che fe, che il giusto
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Risolvi ciò che fe, che il giusto ammette ¶ E
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dilungo. ¶ È pur difficil, che colui, cui nota ¶ È
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rattener si possa, ¶ Allor che petulante astio ’insegue! ¶ Tu
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non leggier pensiero, ¶ Ciò che impresi a seguir, vie
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antica. ¶ Se tu sovente, che sei meco erede, ¶ Le
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puote imitarlo, atro livore. ¶ Che tu, ch’altri a
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Miron. Mordace invidia, ¶ Anzi che un buon presente, i
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punga; ¶ A la man, che gli aggrava, imprimon baci
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è ignoto al Duce, ¶ Che n’avea lette, ed
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è quel bagascion, dice, che ardisce ¶ Farmisi innanzi? È
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vede l’altro appena, ¶ Che accorre, e spada impugna
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via gittata ¶ La Penola, che il braccio rattenea, ¶ Ove
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conobbe ingannar puoi: ¶ Io che vidi qual forza a
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favola mia colui ravviso, ¶ Che se prospera sorte arride
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vuol per lieve offesa, ¶ Che fia teco, che danno
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offesa, ¶ Che fia teco, che danno e beffe incontri
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malvagio, di vil razza, ¶ Che in succhiar sangue uman
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prendi, ¶ Spegner vo’, come che più danno io n
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ch’avvertita offesa, ¶ Quella che il caso fe’, punir
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offrìo; ¶ E l’orzo, che restovvi, a l’Asin
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tal timor m’incusse, ¶ Che i perigliosi lucri ebbe
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altri agogna. ¶ A color che periro attendi; salvi ¶ Pochi
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mortali tal furore ingombra, ¶ Che al preso inganno appigliansi
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Voce di Porco tal, che tutti induce ¶ A pensare
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tutti induce ¶ A pensare, che verro in seno asconda
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e il dì vegnente, ¶ Che molto meglio egli è
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primo il giuoco; ¶ Tal che al Villan per far
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col manto ¶ Un porcelletto, che di fatti avea, ¶ A
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dolenti, ed alte grida. ¶ Che il Giullar molto meglio
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imita il verre, ¶ E che l’altro si scacci
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le arguzie. ¶ Per il che, coerede dabbenissimo, ¶ Nome, che
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che, coerede dabbenissimo, ¶ Nome, che vita avrà, finchè alcun
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lo estolle; ¶ Agevol fia che beffe e scherno incontri
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lo attende al ballo, ¶ Che dal suon di lui
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lui prendea vigore. ¶ Tal, che ampli giochi celebrar desia
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giochi celebrar desia, ¶ Sa, che Principe è presso a
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Avean gli’Iddii; allor che il noto canto ¶ Al
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il Prence: Voce ¶ Risuona, che il teatro empie di
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con gran risa impone, che s’intuoni ¶ Di nuovo
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piacevole festa i Cavalieri: ¶ Che chiegga la corona il
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e bianco il piede; ¶ Che presolo pe’ crin’, lo
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capo, e corpo ignudo, ¶ Che se una volta preso
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una volta preso avvien che sfugga, ¶ Nè pur se
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un Toro. ¶ Un Vitel, che s’inchini lo consiglia
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Taci, ei risponde; anzi che tu nascessi ¶ Io già
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a quello è adatto, ¶ Che un più saggio di
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animo, il valor: ciò che già fui, ¶ Commendi, e
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Nibbio, ¶ Prega la madre, che a camparlo, imprenda ¶ Lunghi
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orsù (disser) fia meglio, ¶ Che tronchi morte alfin giorni
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fortuna sì leggiadro manto, ¶ Che una malvagia e ria
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Dei, ¶ N’arrossì Giove, che dal regio trono, ¶ E
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la fossa inciampa. ¶ Tosto che preso si conosce ¶ Alza
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cotai motti ¶ E’ fama, che parlò: giusto è lo