parolescritte
interroga:  scripta  ·  bsu  ·  civita

il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Giovanni Crisostomo Trombelli, Le favole di Fedro liberto d'Augusto [traduzione da Fedro], 1735

concordanze di «che»

nautoretestoannoconcordanza
1
1735
mi rechi a biasmo che le piante, ¶ Non che
2
1735
che le piante, ¶ Non che le fiere, abbia a
3
1735
abbia a parlare indotto; ¶ Che son finti racconti gli
4
1735
Bevea l’Agnello; allor che ingorda fame ¶ Punse il
5
1735
poss’io ¶ L’onda, che dal tuo labbro al
6
1735
affè, riprende il Lupo, ¶ Che villania il padre tuo
7
1735
per coloro è scritta, ¶ Che con falsi pretesti i
8
1735
FAVOLA II. ¶ Le Rane, che chiedono un re. ¶ Retta
9
1735
giuste leggi Atene: ¶ Allor che troppo libera licenza, ¶ Sconvolse
10
1735
tolse, ¶ Nè guari andò, che le fazion s’uniro
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1735
lor destina. ¶ Lo strepito che fa ne l’improvviso
12
1735
Giove, tal sovran chiedendo, ¶ Che con la forza i
13
1735
manda Giove un Idro, che a lo stagno ¶ Giunto
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1735
Mercurio commetton di nascosto ¶ Che chiegga pietà a Giove
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1735
altrui, ¶ De i ben’ che ’l ciel ci diede
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1735
co’ rostri ¶ L’inseguon, che mal concia, e in
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1735
a sdegno aver ciò che ti diè natura. ¶ Così
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1735
potrebbe or la ripulsa, ¶ Che schernita ti rende, ed
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1735
FAVOLA IV. ¶ Il Cane che porta la carne per
20
1735
fiume. ¶ BEn è ragion, che ’l suo perda colui
21
1735
l suo perda colui, ¶ Che l’altrui di rapire
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1735
Cane. La fallace immago, ¶ Che forman l’acque, a
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1735
a credere l’induce, ¶ Che altro Can v’è
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1735
Capra, ed una Pecora, ¶ (Che più ch’altro animal
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1735
osa la quarta, ¶ Fia che sciagura incontri. In cotal
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1735
sete noi meschine uccide; ¶ Che fia se figli da
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1735
fitto ¶ Un osso sì, che dal dolor forzato, ¶ Alto
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1735
il Lupo: ingrata, ¶ Da che fuor di mia gola
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1735
suo mal conforto: ¶ Tu che sicuro, dice, mi schernivi
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1735
è Giudice ¶ La Scimmia, che le parti entrambe udite
31
1735
aver perduto ¶ Lupo, ciò che richiedi, e avrai rapito
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1735
Asino e il Leone, che vanno a caccia. ¶ Chi
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1735
fronda il copre, e che con voce strana ¶ Le
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1735
di mia voce or che ti sembra? ¶ Tanto, il
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1735
Tanto, il Leon soggiugne, che se ignota ¶ Erami la
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1735
alla fonte. ¶ SPesso addivien, che cosa avuta a vile
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1735
vile ¶ Util più sia che la tenuta in pregio
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1735
me infelice, è fama che dicesse ¶ Allor morendo: veggio
39
1735
fin qual danno ¶ Ciò che lodai m’apporti, e
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1735
cui finta lode alletta, ¶ Che ria vergogna suo mal
41
1735
al finto medico, ¶ Vuol che la beva. Esso al
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1735
timor di morte, ¶ Palesa, che non arte, o il
43
1735
volgo ¶ Null’altro cangia, che del Prence il nome
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1735
del Prence il nome; ¶ Che ciò sia ver, brieve
45
1735
risponde il Vecchio. E che m’importa, ¶ Di aver
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1735
il Cervo chiese. ¶ Essa che inganno teme: suole il
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1735
Lupo in testimonio, attesta ¶ Che diece, non che un
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1735
attesta ¶ Che diece, non che un solo, a lui
49
1735
testimonio astretta, ¶ Paga ciò che non dee. Dì pochi
50
1735
dee. Dì pochi andaro, ¶ Che vide il Lupo ne
51
1735
Cagna, un’altra pregò, che le lasciasse ¶ Depor nel
52
1735
l’impetrò: ma poscia ¶ Che se ne andasse instando
53
1735
gonfj pria creparo, anzi che il cuojo ¶ Ad assaggiar
54
1735
antica dignità decade ¶ Allor che più l’insegue avversa
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1735
vendetta. ¶ Poco ne va, che il Toro, del nemico
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1735
e squarcia. ¶ L’Asin che scorge impuni irne le
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1735
Esso morendo, infin, disse, che i forti ¶ M’insultaro
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1735
poichè a goder ciò che godrian essi, ¶ Tue cure
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1735
don m’astrigne, ¶ Tal che del mio tacer tu
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1735
la grandezza avanzi. ¶ Rispondono, che no. Ella più gonfiasi
61
1735
tal forza si gonfia, ¶ Che rottasi la pelle, estinta
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1735
saggi a’ rei consigli. ¶ * Che bean correndo sitibondi i
63
1735
la favoletta insegna. ¶ * Dicesi, che la Volpe invitò a
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1735
novella, ¶ E ad un, che nato in umil fortuna
65
1735
desio ¶ L’ingombra sì, che cibo alcun non cura
66
1735
Ben giusto è, dice, che tu giaccia estinto; ¶ Poichè
67
1735
non cura. ¶ La Volpe, che sue preci ir vede
68
1735
Se in altro par che a te non rassomigli
69
1735
FAVOLA XXX. ¶ Le Rane che temono i combattimenti de
70
1735
in gran periglio allora, ¶ Che vengono a tenzon fra
71
1735
abbiamo, ¶ Risponde; ma colui che rimane vinto, ¶ I boschi
72
1735
dì menate? ¶ Meglio fora, che fatta lega insieme, ¶ Il
73
1735
in man si danno, ¶ Che fatto lor Signore, or
74
1735
Una di quelle allor che eran rimase: ¶ Tale il
75
1735
diletto, variando, apporti, ¶ Vo’ che il lettor in buona
76
1735
svelgono a vicenda. Ei che si crede, ¶ Che il
77
1735
Ei che si crede, ¶ Che il pulisca lor cura
78
1735
ne la ferita intinto, ¶ Che remedio opportuno essere udìo
79
1735
Gatta i pargoletti suoi, ¶ Che cotal camerata a caso
80
1735
sovrasta! ¶ Col continuo scavar che fa la Scrofa ¶ La
81
1735
razza evvi in Roma, ¶ Che nulla fa, e in
82
1735
E degno è ben che orecchio gli si appresti
83
1735
si appresti. ¶ * Nel viaggio, che fe’ Tiberio a Napoi
84
1735
Villa di Miseno giunto, ¶ Che in erto colle fabbricò
85
1735
tal raggruppa e strigne, ¶ Che dal suo nodo sien
86
1735
Padron si mostri ufficioso, ¶ Che per verzure amene iva
87
1735
si proponga; ¶ Ma vuol, che speme lo lusinghi indarno
88
1735
attende la guanciata amica, ¶ Che libertade apporti. Sorridendo ¶ Così
89
1735
in alto una Testuggine, ¶ Che tutta ascosa entro la
90
1735
dura scorza ¶ Non lascia che l’augel le faccia
91
1735
preda: pur m’avveggio, ¶ Che se ciò che far
92
1735
avveggio, ¶ Che se ciò che far dei, non ti
93
1735
difesa da natura, ¶ Tal che una darle morte unqua
94
1735
Cervo, ¶ Da fiero cacciator che a morte il cerca
95
1735
s’accingea. ¶ Bramiam bensì, che salvo al bosco rieda
96
1735
periglio: il dice appena, ¶ Che ritorna il Padron da
97
1735
Pose, perchè si veggia, che Virtude, ¶ Non chiarezza di
98
1735
livor, emulazion mi spinse. ¶ Che se il Lazio mie
99
1735
rubi. ¶ Dunque fia me’, che ciò tua man non
100
1735
tua man non tocchi, ¶ Che ad occupate orecchie mal
101
1735
rieda. ¶ Fia dunque allor che tu a mie baje
102
1735
a’ liminari aspiri. ¶ Io che pur nacqui su l
103
1735
Mi veggio ammesso. E che avverrà a colui, ¶ Che
104
1735
che avverrà a colui, ¶ Che purchè a l’oro
105
1735
dirò. Per iscoprire ¶ Ciò che in palese un servo
106
1735
parte scegliere mi piacque, ¶ Che sembrommi più acconcia a
107
1735
mi direi ¶ Dal mal che soffro, giustamente oppresso, ¶ Nè
108
1735
conforto in cerca andrei. ¶ Che se taluno il suo
109
1735
Ma costui pur vo’ che mia scusa ascolti. ¶ Nessun
110
1735
ingegno loro ¶ Acquistaro; io che nacqui a’dotti Greci
111
1735
Greci ¶ Più vicin, lascerò che neghittoso ¶ Sonno a’miei
112
1735
quanto pote, attratta, ¶ O che soave odor! gli dice
113
1735
Notte si fa, ciascun che si lusinga ¶ Di morta
114
1735
morti arreca. ¶ Allor quei che a la fiera dier
115
1735
non temete: ¶ Di quei che m’oltraggiar’, nemica io
116
1735
Esopo, e il Villano. ¶ CHe più d’un indovin
117
1735
Cotesto mal però fia che allontani. ¶ In somma in
118
1735
tu, dice, Villan, ciò, che s’addita, ¶ Da te
119
1735
Arguto egli è anzi che vero il motto: ¶ Spesso
120
1735
avventa; ¶ Cui egli: O che bel colpo! E a
121
1735
dice, tu pigra! ¶ Vuoi che il collo col mio
122
1735
apprezzo: ¶ Bensì temo colui, che in scanno assiso, ¶ Le
123
1735
tu puoi di quei, che privi ¶ D’ugual valor
124
1735
Nel cammin s’accorge, ¶ Che roso il Can da
125
1735
padre e l’accusa che maneggi ¶ (Benchè nato uomo
126
1735
credere egualmente è periglioso, ¶ Che il non creder: gli
127
1735
il tutto indaghi, ¶ Anzi che la sentenza s’avventuri
128
1735
perchè non si dica, che con vecchj ¶ Esempj favolosi
129
1735
Portava un uomo; allor che da un liberto, ¶ Cui
130
1735
Ciò ch’altamente sa che il cuor gli pugne
131
1735
chi in là, ei che non pote ¶ Rattener il
132
1735
certi crini ¶ S’accorge, che v’è un uom
133
1735
e il ferro, di che armollo ¶ Stolta credulitade, in
134
1735
quella difende, non consente ¶ Che per sospizion si tragga
135
1735
Paghi (dice) il Liberto, che n’è autore, ¶ La
136
1735
Donna, e non gastigo. ¶ Che se i neri delitti
137
1735
Forse reo sarà tal, che tu nol pensi; ¶ E
138
1735
meno accorti avvertir pote, ¶ Che non l’altrui opinion
139
1735
a quel tu credi, ¶ Che conosca tu stesso. Poichè
140
1735
trovato ti avesse un che ti apprezza, ¶ Già l
141
1735
ne avresti. ¶ A me che non le gioje, il
142
1735
il cibo estimo, ¶ A che val, che ti sia
143
1735
estimo, ¶ A che val, che ti sia tu qui
144
1735
dirige il mio racconto ¶ Che non apprende de’miei
145
1735
Giudice siede ¶ La Vespa, che ben sa l’indol
146
1735
sapor, da la forma, che somigli ¶ Quel che recaste
147
1735
forma, che somigli ¶ Quel che recaste, fia l’autor
148
1735
Fuchi. ¶ FAVOLA XIV ¶ Esopo che giuoca. ¶ VIsto, che in
149
1735
Esopo che giuoca. ¶ VIsto, che in mezzo de’ fanciulli
150
1735
avvide il buon vecchio, che potea ¶ Anzi che esser
151
1735
vecchio, che potea ¶ Anzi che esser deriso, altri deridere
152
1735
a la via posto, ¶ Che cosa disse ho fatto
153
1735
van s’affanna. ¶ Tal che confessa al fin, che
154
1735
che confessa al fin, che nol comprende. ¶ Esopo vincitor
155
1735
se il rallenti, fia che forza acquisti. ¶ * Così la
156
1735
Agnello. ¶ A un Agnel che belava infra le capre
157
1735
gli dimostra. ¶ Non quella, che a talento concepisce, ¶ E
158
1735
cerco. ¶ Io colei cerco, che sue poppe appresta. ¶ E
159
1735
in generar si lascia, ¶ Che l’altra, che ver
160
1735
lascia, ¶ Che l’altra, che ver me giacente, e
161
1735
bontade i Genitor’ ravviso. ¶ * Che l’uom riman da
162
1735
la Civetta. ¶ SOvente avvien, che lo scortese il fio
163
1735
lo scortese il fio, ¶ Che sua alterezza meritogli incontri
164
1735
canto a una Civetta, ¶ Che sol di notte va
165
1735
dolce armonioso canto, ¶ Tal che di Febo udirmi sembra
166
1735
il nettare vo’ bere, ¶ Che testè diemmi Palla. Se
167
1735
è a grado, ¶ Vieni che il beveremo. La Cicala
168
1735
lodi ¶ Di sue voci, che ratta a lei sen
169
1735
Cicala insiegue, e uccide, ¶ Che morta quello diè, che
170
1735
Che morta quello diè, che negò viva. ¶ FAVOLA XVII
171
1735
il Pioppo. ¶ Stupì Minerva, che infeconde piante ¶ A lor
172
1735
perchè alcun non creda, ¶ Che l’ossequio col lor
173
1735
onde ciascun t’onora. ¶ Che se ciò facciamo, util
174
1735
non have, ¶ L’onor che ne ridonda, è folle
175
1735
Vuol la novella mia che non s’imprenda. ¶ FAVOLA
176
1735
MAl soffrendo il Pavon che a se negato, ¶ Concesso
177
1735
Con Giunon si lagnò, che dove ammira ¶ Di quel
178
1735
fuori appena ¶ La manda, che dispregio, e beffe incontra
179
1735
n’è pago. ¶ * Ciò che ti vien negato, nol
180
1735
Esopo, ¶ Cui s’impone, che pria del consueto ¶ La
181
1735
dice, ora col lume, ¶ Che il pianeta maggiore è
182
1735
costui (disser) sua speme, ¶ Che morto fora da percosse
183
1735
folle cura, ¶ Se allor che son da gravi studj
184
1735
aspetto: ¶ Sicchè rado addivien, che quando avvolse ¶ Ne le
185
1735
in luogo oscuro giacque, ¶ Che parea morta. Un Topo
186
1735
fin ne vien un che forbito, e lacci, ¶ E
187
1735
e fossi, dice, ¶ Tu che giacente entro farina io
188
1735
favola è per tal, che con parole, ¶ Ciò ch
189
1735
torti ¶ Anzi a soffrir, che darsi ad altri in
190
1735
FAVOLA IV. ¶ Il Poeta. ¶ CHe sovente in un sol
191
1735
sol più senno alberghi, ¶ Che in molti insieme, il
192
1735
racconto insegna. ¶ * Morì tal, che di se lascio tre
193
1735
lor divida, ¶ Sì però, che di quel d’onde
194
1735
il popol le applaude, che il desio ¶ Sa de
195
1735
vivesse, al padre ¶ Scorgere, che di tutti gli Ateniesi
196
1735
vin serbato ottenga ¶ Colei, che solo campi, e lane
197
1735
Nessun fia di lor, che patir possa ¶ Cose al
198
1735
orti ameni. ¶ Sì fia che il lor retaggio a
199
1735
giove; ¶ E da ciò che vendero, avrà la madre
200
1735
la madre ¶ Il denar, che lasciolle il vecchio astuto
201
1735
astuto. ¶ * Ed ecco ciò, che pria fu a molti
202
1735
e delle Donnole. ¶ ALlor che vinti i Topi da
203
1735
la morte; ¶ I Duci, che per dar un manifesto
204
1735
VI. ¶ Il Poeta. ¶ TU che nasuto i miei scritti
205
1735
Sangue lordò le figlie. Che ti sembra, ¶ Lettor, di
206
1735
falso: ognun pur sa, ¶ Che molto innanzi con possente
207
1735
è alcun sì stolto) ¶ Che tutto ha a schifo
208
1735
cercando, ¶ Una lima afferrò, che contumace: ¶ Pensi, a lei
209
1735
o stolta, farmi offesa, ¶ Che rodere ogni ferro ho
210
1735
è dolce essa cotanto, ¶ Che saziar non puossi il
211
1735
FAVOLA X. ¶ Il Ladro che spoglia l’Altare. ¶ UN
212
1735
ria gente è ciò che involi, ¶ Sicchè l’odio
213
1735
con la vita, ¶ Allor che giunga il destinato giorno
214
1735
il destinato giorno, ¶ Vo’ che ne paghi il fio
215
1735
Ella dunque ne avverte, che non rado ¶ Nutre fiero
216
1735
fiero nemico nostra mensa. ¶ Che non per ira il
217
1735
GIusto è l’odio, che ha il forte a
218
1735
forte a le ricchezze; ¶ Che ricco erario a vera
219
1735
tal cagione al Padre, che il richiede, ¶ N’adduce
220
1735
N’adduce: Odio colui che a' tristi è amico
221
1735
veggiam non di rado, ¶ Che sincero parlar ruina apporta
222
1735
il rimanente, intorno e che vedi ciò che in
223
1735
e che vedi ciò che in fine si nota
224
1735
cui testè parlai: ¶ E che il loro impastò, d
225
1735
onde l’uom costa, ¶ Che se in fortuna avviensi
226
1735
il nettare gli piacque, ¶ Che in piè non ben
227
1735
casa giunse: ed ei, che vuol pur compiere ¶ L
228
1735
vino ¶ Sì l’ingombra, che i membri non discerne
229
1735
Cui Giove: deh lasciate, che cotesta ¶ Godan ombra di
230
1735
novelluzza insegna ¶ Se alcun, che di valor lasciamo addietro
231
1735
fosco, e mesto, allor che il cangia in lieto
232
1735
Tal timor li sorprese, che la reggia ¶ Tutta lordar
233
1735
fallir palesa; ¶ Sicchè temendo, che un’ugual sciagura ¶ Non
234
1735
dal ventre. ¶ Grida ognun, che si dee punir tal
235
1735
tal’onta: ¶ Ma pria che Giove a lor gastigo
236
1735
n’andrete, e vo’ che fame insegnivi ¶ Por freno
237
1735
ventre. A que’ poi che inviaro ¶ Si goffi Ambasciator
238
1735
il perchè. ¶ I Can’, che i primi Ambasciatori, e
239
1735
preso ¶ Fu da tal, che crudele in ver se
240
1735
seno: si riebbe appena, ¶ Che l’uccise: il perchè
241
1735
alquante buche avea; ¶ Allor che giunse ove tesori un
242
1735
guardava. Il vide appena, ¶ Che, di grazia, gli dice
243
1735
vita trasse. ¶ * Tu adunque, che n’andrai ove andar
244
1735
di te innanzi; a che t’affanni ¶ Sordido, cieco
245
1735
tristezza, e angoscia arreca, ¶ Che ti privi di cibo
246
1735
FAVOLA XX. ¶ Fedro. ¶ QUel che livor fra se raggira
247
1735
Ciò ne’ miei libri, che di fama è degno
248
1735
abbia a vile, ¶ Vorrà che ad ogni patto a
249
1735
Ma si prosegua ciò che a dire impresi. ¶ FAVOLA
250
1735
guisa, al patrio suolo ¶ (Che in Geo nascesse il
251
1735
grave peso, e ciò che pur rimane, ¶ Tolto lor
252
1735
de le Muse amico, che in gran pregio, ¶ Ed
253
1735
cose rapite a voi che resta? ¶ FAVOLA XXII. ¶ Il
254
1735
meco a tenzone? Allor che s’offre ¶ Vittima a
255
1735
ben mi ricorda, allor che il grano ¶ Per il
256
1735
però se’ giunta appena, ¶ Che ti discaccian tosto: non
257
1735
bisogno il chieggia; ¶ Ciò che vuolsi celar, commendi altera
258
1735
il verno taci, ¶ Allor che il freddo intirizzita a
259
1735
Segna il racconto quei che finte lodi ¶ S’arrogan
260
1735
vero. ¶ FAVOLA XXIV. ¶ Simonide che gli Dei preservano da
261
1735
due ¶ Figli di Leda, che cangiarsi in stelle, ¶ Frappose
262
1735
Quando repente due, più che d’umano ¶ Sembiante, di
263
1735
Impongono ad un servo, che il Poeta ¶ Faccia sì
264
1735
il Poeta ¶ Faccia sì, che a lor venga incontinente
265
1735
Sì turbato gliel dice, che Simonide ¶ In fretta parte
266
1735
piede ha fuori appena, ¶ Che cadendo la volta tutti
267
1735
riseppe, ognun s’avvide ¶ Che gli Dei fur que
268
1735
Dei fur que’ due, che per mercede ¶ De’ loro
269
1735
la materia in guisa, ¶ Che mancar questa anzi che
270
1735
Che mancar questa anzi che possa a noi, ¶ Mancar
271
1735
ne imprenda. ¶ Quel premio, che a la nostra brevitade
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io richieggo, e quel che in voce ¶ Voler darmi
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il tuo soccorso appresta. ¶ Che pro, se mi sovvenga
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se mi sovvenga, allor che morte ¶ Imminente il comun
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in altri. ¶ Risolvi ciò che fe, che il giusto
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Risolvi ciò che fe, che il giusto ammette ¶ E
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dilungo. ¶ È pur difficil, che colui, cui nota ¶ È
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rattener si possa, ¶ Allor che petulante astio l’insegue
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non leggier pensiero, ¶ Ciò che impresi a seguir, vie
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antica. ¶ Se tu sovente, che sei meco erede, ¶ Le
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puote imitarlo, atro livore. ¶ Che tu, ch’altri a
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Miron. Mordace invidia, ¶ Anzi che un buon presente, i
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punga; ¶ A la man, che gli aggrava, imprimon baci
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è ignoto al Duce, ¶ Che n’avea lette, ed
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è quel bagascion, dice, che ardisce ¶ Farmisi innanzi? È
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vede l’altro appena, ¶ Che accorre, e spada impugna
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via gittata ¶ La Penola, che il braccio rattenea, ¶ Ove
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conobbe ingannar puoi: ¶ Io che vidi qual forza a
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favola mia colui ravviso, ¶ Che se prospera sorte arride
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vuol per lieve offesa, ¶ Che fia teco, che danno
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offesa, ¶ Che fia teco, che danno e beffe incontri
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malvagio, di vil razza, ¶ Che in succhiar sangue uman
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prendi, ¶ Spegner vo’, come che più danno io n
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ch’avvertita offesa, ¶ Quella che il caso fe’, punir
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offrìo; ¶ E l’orzo, che restovvi, a l’Asin
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tal timor m’incusse, ¶ Che i perigliosi lucri ebbe
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altri agogna. ¶ A color che periro attendi; salvi ¶ Pochi
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mortali tal furore ingombra, ¶ Che al preso inganno appigliansi
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Voce di Porco tal, che tutti induce ¶ A pensare
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tutti induce ¶ A pensare, che verro in seno asconda
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e il dì vegnente, ¶ Che molto meglio egli è
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primo il giuoco; ¶ Tal che al Villan per far
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col manto ¶ Un porcelletto, che di fatti avea, ¶ A
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dolenti, ed alte grida. ¶ Che il Giullar molto meglio
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imita il verre, ¶ E che l’altro si scacci
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le arguzie. ¶ Per il che, coerede dabbenissimo, ¶ Nome, che
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che, coerede dabbenissimo, ¶ Nome, che vita avrà, finchè alcun
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lo estolle; ¶ Agevol fia che beffe e scherno incontri
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lo attende al ballo, ¶ Che dal suon di lui
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lui prendea vigore. ¶ Tal, che ampli giochi celebrar desia
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giochi celebrar desia, ¶ Sa, che Principe è presso a
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Avean gli’Iddii; allor che il noto canto ¶ Al
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il Prence: Voce ¶ Risuona, che il teatro empie di
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con gran risa impone, che s’intuoni ¶ Di nuovo
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piacevole festa i Cavalieri: ¶ Che chiegga la corona il
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e bianco il piede; ¶ Che presolo pe’ crin’, lo
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capo, e corpo ignudo, ¶ Che se una volta preso
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una volta preso avvien che sfugga, ¶ Nè pur se
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un Toro. ¶ Un Vitel, che s’inchini lo consiglia
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Taci, ei risponde; anzi che tu nascessi ¶ Io già
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a quello è adatto, ¶ Che un più saggio di
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animo, il valor: ciò che già fui, ¶ Commendi, e
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Nibbio, ¶ Prega la madre, che a camparlo, imprenda ¶ Lunghi
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orsù (disser) fia meglio, ¶ Che tronchi morte alfin giorni
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fortuna sì leggiadro manto, ¶ Che una malvagia e ria
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Dei, ¶ N’arrossì Giove, che dal regio trono, ¶ E
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la fossa inciampa. ¶ Tosto che preso si conosce ¶ Alza
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cotai motti ¶ E’ fama, che parlò: giusto è lo