Massimo Carlotto, Le irregolari, 1998

ridiventò un’immagine sfocata. Ci fermammo nuovamente. Questa volta

Girò la chiave e ci dirigemmo in calle Cabildo

anche a me e ci sedemmo uno di fronte

che non mi sembra ci siano in vista svolte

notizie al comando militare. Ci dissero che non sapevano

discorso sensato. Ma non ci riuscii. Il breve tempo

parte della strada. «Gardel ci faceva la spesa, per

sguardo un po’ assente; ci scambiammo solo un lievissimo

piccole dalla facciata scrostata. Ci fermammo davanti alla saracinesca

angolo incontravamo uomini che ci fissavano in silenzio. ¶ Il

ti riconosceranno». Ma lei ci teneva, era muy coqueta

poveri. ¶ Una voce anonima ci informò che Laurita stava

del riscatto di Guido. Ci chiese centocinquanta milioni di

po’ più di cibo. Ci mandava a dire di

pagato il riscatto, quindi ci aspettavamo che Laurita venisse

che il nostro nipotino ci fosse affidato in breve

di pesos, ma quando ci rendemmo conto che non

a un poliziotto che ci notificò un ordine di

accavallate nella mia mente: ci avevano chiamati per informarci

avevano ammazzata. ¶ Il commissario ci ricevette freddamente, ci mostrò

commissario ci ricevette freddamente, ci mostrò la carta d

identità di Laura e ci domandò se si trattava

quaranta di questa mattina» ci informò in tono piatto

al furgone. Più tardi ci affiancò un ometto di

mi dice il nome, ci occuperemo di restituirlo alla

di battaglia era Rita» ci informò una ragazza. «Era

Brasile. Ma i militari ci chiesero altri soldi per

mia figlia e Jorge ci contattarono, dandoci appuntamento in

la signora Falcone e ci avvicinammo alla capitale con

nostra attenzione: «Siamo circondati» ci sussurrò, «a quel tavolo

in attesa che noi ci allontanassimo per sequestrare i

le nostre due nipotine ci troviamo circondati da agenti

centro per proteggerle se ci avessero sparato. L’automobile

Ford Falcon dei militari ci precedevano e ci seguivano

militari ci precedevano e ci seguivano, in attesa di

stati costretti a pagare, ci erano rimasti la fabbrica

pensavo che la democrazia ci rendesse giustizia, ci restituisse

democrazia ci rendesse giustizia, ci restituisse almeno i bambini

anche se la dittatura ci perseguitava ed eravamo costrette

poteva insospettire i vicini. Ci convocavamo per lettera o

una nuova arrivata che ci raccontava disperata la sua

i suoi cari desaparecidos. Ci trovavamo di fronte donne

e i loro complici ci disprezzavano, ci chiamavano pazze

loro complici ci disprezzavano, ci chiamavano pazze e ci

ci chiamavano pazze e ci bastonavano appena possibile. La

di noi perché non ci comportavamo come tutte le

assassinati. ¶ “In fondo” come ci disse un giorno monsignor

l’esperienza dei ritrovamenti ci ha sempre dato ragione

per effettuare i riconoscimenti. Ci travestivamo con parrucche e

e occhiali finti... E ci infiltravamo. Più di una

e spesso i giudici ci erano ostili e non

sfondò con il corpo. Ci fu un’esplosione di

porta scrostata sul retro. Ci aprì un vecchio cameriere

sorrise a Santiago e ci fece strada fino alle

e io e Santiago ci ritrovammo a cincischiare nei

e il consolato non ci riconosce la cittadinanza italiana

che afferma che non ci sono prove sufficienti per

ne ha ancora parlato... Ci siamo appena conosciuti...». ¶ «In

già stata una condanna. Ci aspettiamo che anche Italia

di cambiare discorso. ¶ Non ci riuscii. Alba Rosa aveva

sede di calle Riobamba. ¶ Ci sarei andato più tardi

impensabile... da un lato ci sono le Madri di

con vida”, che significa: ci avete sequestrato i figli

era la dittatura, nessuno ci ha aiutato perché i

zia per avere spiegazioni» Ci fu un’altra risata

del futuro. Il presente ci piaceva poco. Rimasi colpito

e dall’abbigliamento giovanile ci passò di fianco per

sorte dei desaparecidos. Quando ci rendemmo conto che il

nostro parente ammiraglio non ci avrebbe mai aiutato, mia

farsi sentire. Dall’estero ci dissero che l’unica

l’unica persona che ci poteva aiutare era il

alla presenza di Wojtyla: ci illudevamo che almeno in

almeno in quell’occasione ci avrebbe dato ascolto. L

Con quattromila dollari (che ci avevano donato i benedettini

Con nostra grande sorpresa, ci confessarono di aver paura

non sentirsela di aiutarci. ¶ Ci rivolgemmo allora a Raniero

sua moglie Cettina che ci indirizzò a una parrocchia

di persone meravigliose che ci aiutarono in tutti i

ambiente della politica ufficiale ci trattò sempre con una

i golpisti all’ONU: ci boicottava in tutti i

militanti e parlamentari comunisti ci appoggiarono e lo stesso

delle poche speranze che ci rimangono. Siamo consapevoli che

che speravamo, ma almeno ci renderebbe meno amaro incontrare

capellone quarantenne. L’autista ci presentò. Il tizio si

è arrivato il golpe ci siamo guardati in faccia

a scuola come sempre. Ci hanno preso tutti nel

moto» spiegò Santiago mentre ci allontanavamo dalla zona, «e

di psicanalisti. Qualche motivo ci sarà...». ¶ La facciata grigia

a scopi politici. Non ci riuscì perché la sua

le altre associazioni umanitarie, ci avrebbe pensato la repressione

che tra i militari ci fossero rivalità, pensavo fosse

la lingua con gusto. «Ci voleva» commentò. Poi guardò

nipote di Estela Carlotto». ¶ Ci fu un attimo di

governo. ¶ «La prima volta ci presentammo in quattordici; era

come facciamo oggi - ma ci sedevamo sulle panchine. Il

una sessantina, la polizia ci fece alzare a manganellate

di andarcene, di camminare. Ci stringemmo tra noi, prendendoci

mai smesso. ¶ «Perché non ci fossero dubbi su chi

il giovedì successivo noi ci presentammo nuovamente in Plaza

in Plaza de Mayo ci aizzavano contro i cani

contro i cani che ci mordevano le mani e

e le gambe. Noi ci difendevamo con un giornale

non li capivamo quando ci parlavano di politica. Io

né perdoniamo e non ci interessa coltivare la cultura

nostra linea è chiara. Ci hanno chiamate in tutti

modi: pazze, terroriste, comuniste. Ci odiano perché abbiamo condiviso

e dalle disillusioni. E ci odiano soprattutto perché non

moda. Una via traversa ci condusse al retro di

al Tortoni, un cameriere ci aprì sorridendo e ci

ci aprì sorridendo e ci condusse attraverso un magazzino

Catturato El Torito. Non ci potevo credere. Avevo sempre

un reticolo di stradine. Ci trovavamo in Argentina ma

sorpresa, amigo» esclamò, «che ci fai qui?». ¶ «Sono venuto

avere compagnia... Ehm, però ci sarebbe un problemino... Ho

grandi occasioni». ¶ «E come ci sei riuscito?». ¶ «C’era

Ho aspettato che non ci fosse nessuno e l

Quando due anni dopo ci riuscì, cominciò a pisciare

durante i primi giorni ci sarà una sentinella». ¶ Scosse

all’ora di pranzo. Ci fermammo al Club Social

autentico stile coloniale dove ci servirono un bollito ricco

nella precordigliera. D’estate ci sono un po’ di

sicuro?». ¶ «Sicurissimo. E se ci fossero problemi c’è

un elmetto da minatore ci bloccò agitando una paletta

alternato... Ogni sei ore» ci informò guardando l’orologio

zona emanassero energie positive. Ci sedevamo vicino al camino

gli hippy come se ci fosse ancora Edmundo. Nessuno

occultamento di cadavere. Non ci sono spiegazioni da dare

e funzioni funebri. Non ci sono processi, né imputati

le armi. «Eppure qualcuno ci riprova ancora» dissi, «in

lo Stato. In Colombia ci sono compagni alla macchia

in pochi, scontenti, e ci siamo ritrovati a vivere

era sempre libera. ¶ «Non ci tornerò più» fu la

domanda del portiere. ¶ «Non ci tornerò più» risposi ancora

e in casa non ci fu pace fino a

non terminò. Poi, finalmente, ci sedemmo a tavola. Parlammo

scritto. “Speriamo che adesso ci aiuti”. ¶ Non sempre il

nuovamente. Di solito scriveva “Ci rivedremo in Italia, quando

Canto Grande, ma non ci è mai arrivato». ¶ «Che

Torito». ¶ CAPITOLO VENTISEIESIMO ¶ Roque ¶ Ci incontrammo nel ristorante di

in un salotto dove ci attendeva la moglie, appena

mio amico. I genitori ci presentarono e poi gli

un ristorante e invece ci sedemmo al tavolo di

Entrambi eravamo tesi e ci scaricammo discutendo animatamente di

fino a Pisco Elqui. «Ci sono altri ragazzi che

sorridente di Estela che ci stava cercando con lo

cercando con lo sguardo. Ci abbracciammo sotto la pioggia

una via a Laura. ¶ «Ci vediamo al processo» mi

capitano» spiegò Gianco. «Non ci è piaciuta l’intervista

per la Esma...». Poi ci guardò uno alla volta

delle patotas». Peccato non ci fosse il vecchio Inocencio