Carlo Goldoni, Gl'innamorati, 1759

son maritata come il cielo ha voluto, e ho

cattivo, sorella cara. Il cielo vi castigherà. ¶ Eugenia. Io

Lisetta, per amor del cielo, non dite niente alla

Avete ragione. Ringraziamo il cielo, che è andata bene

dire. Eccola. Voglia il cielo ch’ella sia di

per l’amor del cielo. Eugenia mia, non mi

eterno; e se il cielo vuole, non passerà gran

supplico, per amor del cielo, insinuargli di ommettere ogni

Roberto. Siatelo, che il cielo vi benedica. Ma state

Eugenia. (Sia ringraziato il cielo. Ridolfo lo avrà placato

sopra) ¶ Roberto. Lode al cielo, vi vedo pure colla

prodigio). ¶ Flamminia. (Ma giusto cielo! che testa è quella

dico di core, il cielo mi fulmini. ¶ Fulgenzio. Ma

ammutolito? ¶ Fulgenzio. Niente, signora. (Cielo, aiutami). ¶ Eugenia. Fa così

lontano. ¶ Lisetta. Voglia il cielo che finiscano di penare

Per l’amor del cielo, signor Fulgenzio, non le

non mi abbandoni il cielo. ¶ Flamminia. Il cielo non

il cielo. ¶ Flamminia. Il cielo non assiste a chi

merito l’assistenza del cielo? ¶ Flamminia. L’ingratitudine è

calpestate i doni del cielo; e non arrossite di

un piacere. ¶ Fulgenzio. Oh cielo! comandatemi. ¶ Eugenia. Andate, finitela

sola. ¶ Sia ringraziato il cielo, sarà finita. È meglio

trema della giustizia del cielo. Ti lascio in preda

Ah no, vivete; il cielo mi vuol infelice. Pazienza

Fabrizio. Caro nipote, il cielo vi benedica. (l’abbraccia

Scusatemi, signor Conte. Il cielo ha voluto così. Mia