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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Giuseppe Marotta, L'oro di Napoli, 1947

concordanze di «col»

nautoretestoannoconcordanza
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D’inverno bisogna rompere col temperino il ghiaccio nei
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legati nello stesso fazzoletto col quale si fece vento
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improvvisato commercio dei lupini col noleggio di un pianino
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La donna lo seguiva col bambino al petto; le
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e fiaccando i portatori col peso dei loro gioielli
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a Napoli da Avellino, col ricavato della vendita di
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da un vecchio medico col quale aveva frequentato il
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siringhe e preparava infusi; col soverchiante odore dei medicinali
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illuminazione e di riscaldamento col gas» si intitolavano i
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avevo perfino sorbito, condendolo col sale in un piatto
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Non pensavo a lei col solito lungo e superficiale
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don Ferdinando si dileguò col suo pianino e col
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col suo pianino e col suo quadrumane, mai più
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sopravvivono come gli anelli col brillante e qualcuno le
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Freccia. Lo ritenemmo sorto col preciso scopo di eliminarci
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capivano niente, lo portai col carretto qui, all’ospedale
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che si potevano fare col giallo del tufo, col
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col giallo del tufo, col verde dei vigneti, col
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col verde dei vigneti, col turchino dell’acqua, col
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col turchino dell’acqua, col rosso delle nubi qui
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indumento per indumento finisce col sacrificargli tutto, determinando un
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aria verso di lui, col pergolato che ondeggia come
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della ditta» gli promise col tono di un solenne
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fosse stata allestita esclusivamente col proprio denaro e col
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col proprio denaro e col proprio lavoro, don Saverio
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aspetta, sarebbe il tramonto col suo bastone d’oro
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igiene; se ne andò col solo bambino. La casa
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giuoco di far luce col buio e viceversa: i
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seta; la bocca tagliata col rasoio, nitida, esatta e
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poemetto, l’angelo castigato col digiuno: e sono io
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come alla banca. Irretitelo col sentimento, il diavolo delle
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mese riuscì a trasferirsi col padre in un “basso
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Antonio si divertiva probabilmente col padrone di casa. ¶ Costui
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prese con Dio e col diavolo ma dovette alla
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durante i successivi scontri col dissennato coniuge, ogni residuo
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come se egli costeggiasse col passo dei sonnambuli quel
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Ersilio vi batteva imperiosamente col tacco per ottenere che
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di chiocciole» propose condannando col tono di voce elegiaco
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spiovesse. Tacere o parlare col “professore” era la stessa
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mentre la sera discende col paracadute in fiamme sulla
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a chi rivolgersi trattò col parroco, il quale non
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armadio, tentò di sventrarsi col trincetto, provò a strangolarsi
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quello ufficiale, e spesso col vantaggio di una lunga
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di Giosafat, i napoletani col loro corpo sul braccio
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mi suggeriscono un pensiero col quale più sto e
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sciagura la mangiamo così, col pane. ¶ Oppure, in giugno
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le accennò di sì col capo, si volse dall
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la sudditanza dell’avversario col rito della genuflessione e
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delle nozze e dirigersi col suo passo sentenzioso verso
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attimo fissava i concorrenti. Col suo torace enorme, le
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quadretto sacro, si sedeva col fiasco in grembo sulla
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sulla coperta del letto; col disappunto di chi non
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meglio, lacerò l’aria col fior fiore dei suoi
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cui si era esiliato: col rosario fra le dita
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fra le dita e col pensiero, è possibile, ai
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bottiglia della lozione, tamburellò col dito sugli specchi polverosi
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il brulicante contenuto come col coltello si aprono e
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sangue, di paesaggio che col sangue circola in noi
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soleva dire don Ciro, col tono di chi segnala
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due comodini spaiati, ma col loro contenuto in regola
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agnello di Pasqua, sempre col numero novanta. Ora come
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accalcavano intorno a lui col respiro sospeso; la strada
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e poi la tentai col piede e mi misi
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vi si fu allogata col suo regale corruccio, egli
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e sfarzose come cattedrali: col filo di perle che
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per arrivare in vetta col primo sole. Sulle rampe
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gioco delle tre carte», col quale, come gestore, ci
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uno specchietto. Ciò coincise col definitivo alito di don
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giorni di novembre, forse col primo sbattere di un
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prosciutto spalancati al sole. Col filo di respiro che
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di melagrane di arance, col suo podio di meloni
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d’India di ananas, col suo pulvinare di mandarini
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può essere un tempio, col suo altare maggiore di
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sicurissime e interminabili risse col bisogno, con la sfortuna
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l’attimo in cui col cucchiaio di legno bisogna
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pensa; bisogna soltanto rimuovere col cucchiaio i suoi pensieri
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e all’olio. Chiunque, col cappello in testa e
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cappello in testa e col soprabito sul braccio, miope
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verdura, “cime” di rape col pane: anch’io talora
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piatto di bilancia scende col suo mazzo di spaghetti
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refettorio, pieno di creature col piatto in grembo sulle
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forze; gli avventori mangiavano col piatto bollente in una
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suppone di divertirsi otturando col palmo della mano una
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che non si strozzasse col tovagliuolo, un lembo del