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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Paolo Cognetti, Il ragazzo selvatico, 2013

concordanze di «come»

nautoretestoannoconcordanza
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io fui sui monti ¶ come un irto fiore – ¶ e
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forze, sperduto e sfiduciato come quando un’impresa in
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che per me è come non dormire o non
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e poi molta naturalezza, come altri bambini imparano a
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mesi, con il gelo come unico padrone e i
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uno strato di polvere, come la cenere dimenticata nel
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inverno per loro vale come un istante? Pensai al
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a circolare nei muri come linfa in un albero
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un albero, il fuoco come sangue in un corpo
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piena di angoli segreti come sono le case in
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a curarsi dalla guerra come il Nick Adams di
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bambino era stata costruita come albergo nel 1855, ma durante
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Così di quel luogo, come scriveva Mario Rigoni Stern
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e umida, un’erba come bruciata. Uccellini dal ventre
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I suoni non sono come gli odori, c’è
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nella più piccola gola. Come ogni cosa, è un
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L’acqua sgorgava ovunque, come se l’intera montagna
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Scesi a balzi urlando come uno yeti. Non avevo
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le mani e bevessi come qualunque uomo di città
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da quelle parti, così come un animale selvatico: ho
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i fianchi della montagna come scie di valanghe. Erano
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abbandono: alcuni ne soffrono come della morte di una
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a cos’erano serviti, come mi capitava smuovendo una
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Ero io la popolazione. Come Robinson sull’isola deserta
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di lampi e tuoni, come d’estate, aveva riportato
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che avevo osservato, provando come un senso d’ingiustizia
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sentito uno schianto forte, come un tuono molto vicino
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sembrava di sentirlo rantolare come un animale in agonia
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le chiavi della baita, come non fosse nemmeno sua
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del legno in rilievo come quelle dei vecchi. Poi
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ero tutto contento di come stava venendo il mio
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allora perché coltivarla ancora, come pensarla migliore? ¶ La marmotta
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bosco che non è come uno lo immagina, niente
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era più richiesta. Allora, come una guardia che smonta
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di salsiccia da arrostire. Come pane avevo una piadina
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era il musicista misterioso? Come aveva fatto a portare
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le montagne all’orizzonte come se avessero bisogno di
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gettandosi nell’erba alta come su una tavola imbandita
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all’erta ma defilato, come al suo solito, da
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lavarci via dalla montagna come foglie secche, e sul
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quasi quasi mi assumeva come guardiano. ¶ Si chiamava Gabriele
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sera. ¶ Non valevo granché come eremita: ero andato lassù
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urbana. Parlava solo gridando, come se si trovasse lontanissimo
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uno usato da lui come cantina, un altro come
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come cantina, un altro come legnaia. La stanza all
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da bagno da usare come tinozza per sé, i
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aveva fatto ridere chiedendogli: come mai ti chiamano Rambo
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di tempo a capire come funzionava. La prima volta
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la prima volta, di come un incendio possa diventare
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montagne, cercando altri fuochi come il nostro. Ne contammo
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ottantenne, magrissima, infaticabile, ruvida come corteccia, io cittadino dalla
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vedere la montagna curata come un giardino: con i
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del disgelo erano bianchi come le nuvole di aprile
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cavallette, guardava la lattina come se non sapesse nemmeno
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invadeva una grande nostalgia, come un senso di abbandono
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le creste, e salirle come per gioco. Io adesso
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maestro: provavo a parlare come lui (poco), camminare come
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come lui (poco), camminare come lui (con leggerezza, quasi
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da altri maestri. Nessuno come Renzo aveva più avuto
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riuscirò mai a scrivere come prima. La frase mi
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su i muri prendendolo come manovale nei cantieri. Erano
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il disgusto. La passione, come la chiamano i cacciatori
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bosco, scegliendoli con cura come tutto il resto: ogni
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a regola d’arte, come un padre muratore aveva
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bastone e scarpe leggere come il vento. Dopo tre
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altro esitò a seguirlo come rimpiangendo quel gioco interrotto
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Loro non sono prudenti come i camosci, non vengono
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un verso di battaglia, come una F prolungata e
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corna uno schianto secco, come di pietre picchiate tra
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villette che si estendevano come periferie urbane. E poi
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Mi sarebbe piaciuto fare come i pastori di un
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liberarmi di un peso. Come sempre, il peso poteva
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una pasta grigiastra, vischiosa come malta fresca, che rendeva
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enormi zolle scaraventate intorno come da un’esplosione, appoggiate
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al mio passaggio. Era come se fossero migrati in
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itinerari che sembrava intuire come un selvaggio. D’estate
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per cui era fatto, come le marmotte di cui
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felicità silenziosa e contagiosa, come una luce che si
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tetto e pensando a come il tempo riusciva a
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incideva bordi e pieghe come il segno di un
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Così chinai la testa come un mulo, infilai i
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che ci chiedeva ridacchiando come ce l’eravamo passata
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e tornava giù, fugace come ogni apparizione di bellezza
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a ruota libera. Era come avere la radio accesa
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avrei conservato a lungo come un profumo di casa
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nuvole dall’alto, proprio come se il nostro mondo
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e saltare e arrampicarsi come se mani e piedi
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un barattolo per usarle come esche. Pescare, avevo pescato
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esserne un po’ turbati, come quando passi davanti a
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aveva cominciato a sentire come pericoloso, e nascondersi in
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ne poteva più. Ma come?, dissi io, convinto che
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cima che si chiamava come lui, mentre gli altri
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pietra usando lo zaino come schienale. Fu allora che
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i fianchi della montagna come piste d’alta quota
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In questo mi sentivo come al primo giorno. La
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cerchi sempre più stretti, come se stesse puntando una
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così mi spuntò davanti come succede a volte con
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una cassetta di verdura come risarcimento, ma lo ringraziai
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primavera, li sentivo familiari come un paesaggio d’infanzia
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dai vagabondaggi d’agosto come da una scorribanda notturna
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qualche amanita muscaria; era come se la montagna, dopo
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loro mi sentivo devoto come a santi protettori. Così
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per l’abete rosso, come per l’abitante di
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una pianta sempreverde è come un volto che non
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Ammiro il pino silvestre come un pioniere. È il
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tutti ricurvi e contorti come le ossa dei vecchi
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neve. ¶ Amo il larice come un fratello. Il larice
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giorni di vento ondeggiano come spighe. Il larice trascorre
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più bassi si seccano, come succede alle cose che
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Venero il pino cembro come un dio. Il bastone
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gli bastavano per dire come stava. ¶ Mi fermai. Camminavamo
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di sentimenti. Lo sai come si dice quando sei
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di nuove per dire come stava, e si era
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gli parlassero di sé. ¶ Come tutti lassù, aveva un
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con cui preferiva parlare: come un sasso che chiede
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erano villaggi o cime come sulle mappe ufficiali: la
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un pascolo. Lo sai come si chiama qui?, mi
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per le parole perdute, come per i ruderi che
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avrebbe più saputo dire come si chiamava il sasso
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Nei ruderi mi guidava come un archeologo. Ristrutturava case
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stanze che avrebbe avuto, come da un catalogo immaginario
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ricordavano che non eravamo come loro, non lo saremmo
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una persona a vedere come stavo. Non ci incontravamo
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Corriere di ieri, scompaginato come sono i giornali letti
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al ramo, che chissà come aveva cambiato direzione, cominciando
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di scappare lo prendeva come un gioco e mi
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filava lungo le cenge come un cucciolo di camoscio
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mucche in stalla, fedele come se niente al mondo
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all’uomo ed è come assente, mentre amava l
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Nessuno aveva idea di come ci fosse salito, ma
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sapevo immaginare. E poi, come avrei sopportato di esser
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e aprii il quaderno come ultimamente mi piaceva fare
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in un esodo precipitoso, come se fosse scoppiata una
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Lupo si allontanò offeso, come uno che aveva solo
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tutti quanti finse indifferenza, come se non gli cambiasse
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che le avevo teso: come poteva distinguere, la lepre
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di non farsi sentire, come se potessi non accorgermi
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e niente scuse, prendetelo come un regalo che fate
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Non sarà stata granché come concime, ma mi sembrò
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sembrò giusto farlo: era come prendere quel larice caduto
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posto era di nuovo come l’avevo trovato il
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mordeva le ruote anteriori, come faceva sempre, abbaiando e
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di traverso sulla strada, come a dire fermati, dove
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del buio. Poi fu come registrare un nastro da
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i barattoli delle conserve, come se qualcuno fosse appena
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notturno, avvizzite, scure, dolci come uva passa. ¶ La facevo