Paola Capriolo, Mi ricordo, 2015

Una formula usuale, di cui Sonja era solita sorridere

quella lunga, grigiorosea stagione cui si applica la definizione

dal primo istante in cui l’ho udita parlare

ma la bellezza, in cui lei è abituato a

ancora per Schiller, di cui è doverosamente conservata l

in sé, e con cui addirittura si identifica. Insomma

il gesto frettoloso con cui, dopo averla messa a

Ricorda quel romanzo di cui parlavamo? Ebbene, non so

ho lei, Maestro, con cui parlare di certe cose

dice nel senso in cui l’intendono qui, quando

splendidi, i «tu» femminili cui tante sue poesie sono

una soluzione provvisoria, di cui non posso accontentarmi: quei

con i caffè dalle cui porte spalancate per accogliere

e vagamente letargica, in cui respiro giorno dopo giorno

sfogliare i vecchi libri cui talvolta, da bambina, aveva

a un medico le cui mani tremavano troppo persino

altra, medesima cosa il cui nome è nostalgia, le

nome è nostalgia, le cui parole sono: «Mi ricordo

alla «brava gente» di cui le scrivevo in quella

uno sguardo fermo, in cui non scorgevo traccia dell

qualcos’altro… qualcosa di cui vorrei parlare innanzitutto con

per la situazione difficile cui io sarei andata incontro

per così dire, della cui canina devozione sorridevo allungandogli

maggiori, le stesse di cui ora Sonja, esaminando quello

Maestro, perdoni il nervosismo cui mi sono abbandonata nella

vaga e remota di cui sentivo parlare soltanto quando

dei doveri di Sonja, cui niente al mondo, neanche

una partita spagnola, di cui lei, specie da quando

raggiunto l’età in cui si comincia a pensare

sala d’attesa, sulle cui vetrate si allungavano dal

una scala cromatica di cui poteva indovinare senza difficoltà

e decadente individuo borghese cui eravamo abituati, e io

fondo, con ciò di cui andiamo discutendo, se nella

inizio il giorno in cui papà, raggiungendoci in salotto

quell’espressione scherzosa con cui si rivolge a noi

infine «l’argomento di cui devo parlarvi è tutt

le nostre, purtroppo, a cui pensare.» ¶ E così, Maestro

vero, il tempo in cui la mia vita poteva

nel regno spirituale di cui lei è sempre stato

Sonja, la figlia, il cui sguardo si fissava sull

un modo verbale con cui Sonja non era mai

emettere dai tempi in cui era cucciolo. Aprii gli

scena orrenda e incomprensibile cui le toccava assistere. Stavo

stato d’animo in cui si trovava, con quelle

o dello sguardo di cui non si indovinava il

quelle stesse ore in cui le vetrine crollavano in

stanza al momento in cui lo vedemmo ricomparire sulla

trama di compromessi in cui da tempo mi sembra

abisso del passato in cui la malattia l’aveva

sorridendo la fretta con cui un tempo, aggrappandosi da

linee del fronte di cui mio padre serba ancora

continuazione. Un poeta i cui versi, almeno per me

una rivista letteraria di cui non ho bisogno di

in quel linguaggio bizzarro cui la malattia l’aveva

giudicare dalla frequenza con cui il suo nome gli

in una misura di cui lei, per sua fortuna

le rare volte in cui aveva dovuto avventurarsi in

quel tetto spiovente dalle cui travi le pendevano incontro

mano adulta e protettiva cui aggrapparsi e che alla

e quasi risentito in cui la mamma l’aveva

nervose colori cupi, la cui gamma variava dal bruno

presenza dei ponti i cui nomi (Sankt Nikolaus, Nepomuk

rimasti nell’Est i cui nomi, ormai, sono stati

o dieci anni, i cui pensieri orbitavano ossessivamente intorno

edizione di lusso, sulla cui copertina color avorio risaltavano

nei rari momenti in cui ancora posso concedermi di

la tersa gerarchia su cui si fondava il gioco

l’unico mezzo di cui dispongo per evadere, almeno

da questa cittadella in cui mi trovo rinchiusa e

esperienze di guerra, da cui sembrava del tutto assorbito

proprio a noi, per cui i concetti di «vittoria

esercito tedesco e il cui animo sapevamo già fin

e appartato, con il cui gestore sono quasi in

miei capelli chiari, nel cui aspetto «ariano» continuo assurdamente

copertina color avorio, su cui risaltavano in caratteri neri

dedicata a qualcuno il cui nome cominciava per A

con angoscia ai pericoli cui va incontro laggiù, sul

questa bella camera da cui le scrivo, con la

venne il giorno in cui Sonja, rovistando la soffitta

le rare volte in cui si era affacciata nella

mano il foglio su cui stava scrivendo; e lei

sola persona al mondo cui posso ancora parlare. Vivo

in malattie polmonari, sulle cui ginocchia rammentavo di aver

separavano dalla sala in cui stavi tenendo la tua

poche righe asettiche, di cui il funzionario al quale

fermarsi le stazioni, le cui luci penetravano fra le

affidata alla notte, di cui mi pareva di non

era stata settimana in cui, sulle pagine culturali, non

tuo elzeviro o in cui tu non fossi chiamato

righe troppo largo, di cui volendo si poteva persino

tutte le relazioni di cui disponeva, senza però ottenere

bello, ma inespressivo, su cui le emozioni sembrano scivolare

è una cosa di cui sono certa è di

Anche con mio marito, cui pure devo gratitudine, mi

note, risapute, cose di cui si scrive e si

vergogna; fu qualcosa di cui, in un’altra vita

non hai niente di cui preoccuparti. Anzi, sei fortunata

in stile alpino in cui abitava il comandante con

di quella sera in cui, dopo la prima del

ricrescere i capelli di cui sul cranio rasato restava

sulla tua ignara Adela, cui già erano toccate le

lavoro «molto più bello» cui ero destinata, l’hai

sorriso di un corpo cui l’anima fosse stata

le immagini eterne di cui in parte ti ho

avvicinava quella liberazione in cui nessuna di noi aveva

spezzate; alla vasca in cui potevo immergermi due volte

accostarmi al pianoforte i cui tasti d’avorio scintillavano

né divani, fornelli su cui cucinare o rubinetti dai

la fauna mansueta di cui amavano circondarsi nei loro

del tango argentino, al cui ritmo alcuni perseveranti continuavano

la trasognata fissità in cui vivevo laggiù e il

davvero il giorno in cui sbarcai nella nostra stazione

nuovo, incredibile mondo in cui quelle lettere l’avevano

minute zeppe di cancellature cui la madre aveva affidato

ripensava alla forma in cui erano state scritte; perché

di cose già chiusa, cui lei si era accostata

fidato, l’unico su cui potevo contare sempre, giorno

bene il modo in cui camminava mia madre: quel

anni: tre anni in cui i muri non erano

sgranati, come un bambino cui sia appena stata narrata

era appena ieri?) in cui aveva trovato in soffitta

tempo: un momento in cui, socchiudendo la porta della

e grandi espedienti con cui gli uomini si illudono

vincere un disprezzo di cui non comprendeva la causa

nonostante l’agiatezza di cui senza dubbio godeva, se

dagli orecchini d’oro cui era stata risparmiata l

avuto una casa in cui accogliere da padrona l

fragili, effimeri conforti di cui poteva circondarsi. Sì, forse

quel riscaldamento globale di cui tanto parlavano i giornali

e dal punto in cui la mano della bambina

Venne il giorno in cui non fu più possibile

noti (l’unica di cui fosse a conoscenza era

goccia, a quello in cui il vecchio dormiva già

alla nebbia infantile in cui erano avvolti, sono capaci

avere più nessuno di cui occuparsi. Dopo aver sparecchiato

privo di significato la cui unica funzione era di

un sonno cieco, da cui a tratti riemergeva appena

con una chiarezza di cui ormai sarebbe stato incapace

l’ultima volta in cui aveva aperto l’album

Sino al punto in cui davvero i ruoli si

anno, il giorno in cui Sonja era nata: per

cugino o bisnipote di cui forse aveva persino dimenticato

medico sulle tradizioni cristiane cui era stato educato, e

fu una cerimonia sbrigativa, cui Sonja assisté da sola