Carlo Sgorlon, La conchiglia di Anataj, 1983

della mia vita in cui mi sentii felice come

il nuovo ponte su cui passa la ferrovia che

avevo la voce, con cui mi potevo rivolgere a

un gioco vastissimo di cui non riuscivo a scorgere

La maniera stessa con cui Irina diceva “Siberia” pareva

e la persona con cui le veniva più naturale

lei alla stazione da cui partiva la ferrovia, che

notti di Ekaterinburg, in cui Irina diventava una forma

me quel Francesco, di cui il prete del paese

era un altro mezzo cui Irina ricorreva per distrarsi

e alti burocrati, il cui unico scopo era la

in più dei tanti cui era costretta. Che alla

era l’epoca in cui gli stagionali ritornavano, il

era l’epoca in cui era abituato a ricevere

investito dell’evento di cui eravamo in attesa, perché

quelle antiche, quelle di cui erano stati vittime i

nel momento stesso in cui le lavoravo. Incidendo le

o i laudesi, di cui il paese traboccava. ¶ Tutti

una campagna seminata su cui non pioveva da mesi

della mia corporeità, in cui tutto funzionava nel migliore

larghi di quello sulle cui rive ero nato, ed

scopo, qualcosa di preciso cui rivolgere la nostra passione

passione costruttiva, e con cui impastare le nostre giornate

villaggi, dispersi nella taiga, cui facevano capo altrettanti cantieri

piuttosto il periodo in cui era stato sotto la

ora molto tristi, per cui le voci si caricavano

le barche piatte di cui ogni fattoria disponeva. ¶ Le

pista di neve su cui gli zoccoli dei cavalli

in un mondo in cui non v’erano più

sorprese di quelli russi, cui ero abituato, benché anch

specie di uccelli su cui non avevo nessuna informazione

Il Bajkal azzurrissimo di cui parlava Irina, il lago

targa di legno, su cui era scritto il numero

gli occhi giallastri, in cui si condensava tutta la

altrettanto superfluo, sottano, uno cui nessuno badava perché non

maglia di lana con cui aveva dormito, e le

una ragione sconosciuta per cui, applicandoci a un lavoro

subito interveniva qualcosa per cui essi mi salutavano, facendomi

altri che me stesso cui dovessi provvedere. La condizione

di spezie. Certe strettoie cui il compratore era costretto

bene nel periodo in cui avevo lavorato a Kovno

cornacchie morte, tra le cui piume s’affacciava il

fantasmi del bosco, i cui nomi erano conosciuti dalla

soltanto i vecchi, la cui mente si aggirava sempre

zio Nasarka, la persona cui era stato maggiormente affezionato

po’ di sabbia con cui lucidare le stoviglie. «Quando

zona in ombra, di cui sui giornali non si

rimasto con Katja, con cui non aveva nessun legame

alla Tribù dispersa di cui aveva sentito raccontare la

quarto re mago di cui parlava una leggenda russa

essere una creatura il cui destino si realizzava completamente

il nostro finiva, in cui gli operai stavano trasportando

donne di casa, dei cui pensieri egli era sempre

superare le prove rituali cui erano sottoposti i giovani

sperduto e solitario, di cui soltanto cento verste lontano

lunghissime notti siberiane, in cui si sentiva l’ululato

il suo cavallo, di cui pure era molto geloso

a dargli la cosa cui teneva di più, ossia

fosse il luogo da cui si poteva dominare un

individuo da lontano, di cui nessuno aveva mai saputo

scuriva sempre più, in cui le ombre erano stranamente

disagio segreto. Infatti quella cui assistevamo restava sempre una

anche agli altri, le cui fisionomie avevamo ormai conquistate

con la gente, di cui avevo goduto tanti anni

era il giorno in cui ci sentivamo più soli

anche dai pescatori il cui pelo s’era fatto

un nemico invisibile, di cui lui solo sentiva la

il lago e le cui folate, sia pure smorzate

Era un mistero sopra cui gli scienziati si rompevano

invece tutto ciò di cui disponevo, per rifare le

perché nelle steppe da cui veniva e nelle jurte

ritagli di tempo in cui non aveva visitatori. Negli

da un tibetano, a cui l’aveva regalata un

una panna acida di cui tutti eravamo ghiotti. Eravamo

andare, una casa in cui c’era una donna

fratello di Irina, di cui avevo occupato la camera

Ghircik il tartaro, di cui si parlava ancora nei

case di pena, di cui avevano parlato gli scrittori

divenne una bassura in cui s’impaludava e stagnava

scoglio sottomarino, e di cui tentiamo invano di liberarci

un giovane corpo, di cui ormai si sapevano servire

stessa, all’epoca in cui Anataj l’aveva trovata

sostanza dell’impresa in cui diecine di migliaia di

ma un’altra, di cui eravamo in attesa e

certamente il ritorno, di cui vedevamo vagamente la figura

nebbia molto densa, in cui saremmo vissuti ancora per

si vedevano, ma di cui io sentivo la realtà

prime e supreme da cui il lavoro scaturiva e

di circostanze burocratiche per cui, alla fine di chissà

che ministri e generali cui aveva rivolto le sue

i fini generali per cui veniva costruita. Ma se

delle antiche sventure di cui il popolo sognava la

l’unica cosa di cui avessimo veramente abbondanza. Giocavamo

smisurato animale preistorico, le cui spoglie fossero disseminate dappertutto

per le tasse, i cui proventi prendevano la via

era il motivo per cui avevo la mente sempre

uomo della taiga, di cui conosceva tutti i segreti

favola dell’addormentata, in cui ogni animale e ogni

atteso da sempre, di cui aveva intravisto l’esistenza

quartieri d’inverno, in cui avevamo anche troppo tempo

freddo. L’amore di cui era ingorda non era

un funebre capriccio da cui i potenti, i re

ci sentissimo come gente cui era stata affidata una

tanto tempo, e da cui desiderava con tutte le

mai il giorno in cui cominciano a metterci mano

l’aveva presa, per cui si era svegliata dal

come all’epoca in cui Bastiano aveva fatto il

difficoltà da superare, in cui era necessario tenere duro

Gomorra o Babilonia, contro cui poteva rivolgersi l’ira

di carta catramata, di cui esistevano ingenti riserve nel

la signora della casa, cui bastava alzare una mano

In quei giorni, in cui il freddo si era

smorfiare la bocca, per cui dava l’impressione che

tutti gli animali di cui parlava. Sapeva fare anche

di un gioco di cui non conosceva la fine

e sul motivo per cui eravamo nella casa di

groppa del cavallo, da cui emanava un odore acuto

operai della ferrovia, di cui lei accettava i regali

una fatalità invincibile, per cui ognuno non poteva essere

nostalgia del mare da cui provenivano. Nelle storie anche

la patria sconosciuta di cui io andavo in cerca

e dalle contraddizioni, per cui egli era sempre tirato

animali da lavoro, alla cui vita bastava il vitto

bella d’Europa, la cui fotografia sul giornale aveva

suntuosi recitavano cose per cui la gente elegante andava

persona più altolocata con cui potevamo venire a contatto

di un incanto da cui non si sapeva difendere

v’erano giorni in cui temevo che i compagni

operai della ferrovia, di cui nessuno si accorgeva. Perciò

vagante, un fantasma in cui si davano convegno soltanto

unito al nostro, per cui tutta la fascia disboscata

L’unico strumento di cui disponevamo era l’orologio

che nel momento in cui l’avevo appreso mi

ossia una condizione di cui avevo spesso sentito parlare

un turbinio grigio, in cui la luce stentava ad

cercatore d’oro di cui nessuno era mai riuscito

Era la terra di cui mi ero sempre sentito

il luogo felice di cui ero alla ricerca era

congedarmi dall’esercito in cui militavo, dare finalmente le

avvicinava il momento in cui sarei venuto un’ultima

gruppo di predoni di cui era stato il capo

aggiunti agli antichi, per cui la vecchia banda, a

epoca, ormai lontanissima, in cui aveva fatto il fuorilegge

dimensione della vita in cui queste cose non erano

l’unico pensiero su cui riusciva a fermarsi era

cieco e lui, sulle cui pupille stava distendendosi la

o al sole, di cui sentiva i raggi sul

un innocuo animaletto, di cui dimenticava la presenza. Falalej

al processo lento con cui aveva capito il piacere

bere al fiume, le cui acque erano grandemente cresciute

un essere bizzarro a cui poteva succedere di tutto

vecchio alce cieco, di cui raccontava una delle storie

una vasta famiglia, di cui io venivo esplorando e

assegnare un nome con cui gli altri lo potessero

stavano sfilacciando e a cui lui diceva addio. ¶ Mi

esisteva la sventura, da cui lei cercava di fuggire

e siberiani, per i cui ponti lui aveva lavorato

maestosi e imperiali, di cui ognuno era più ricco

sonnolenta e potente, con cui la luce giocava al

roccia troppo dura, in cui fosse impossibile scavare delle

e nel momento in cui lo zio Eroska o

portavano, la realtà a cui si riferivano era certamente

grembo del futuro, in cui avremmo visto sbucare dal

o i giapponesi) di cui il popolo non sapeva

e puntare verso qualcosa, cui sempre tendiamo e che

di altri minerali per cui, appena finita, la ferrovia

casa dei miei, da cui si vedevano le grave

tutti i brillii di cui il nostro spirito era

di spavento panico, di cui non capiva la motivazione

mano di vecchio, in cui sotto la pelle s

Sarà una cosa di cui tutti si ricorderanno, nel

Usò tutte quelle di cui da tempo non si

venti della regione, a cui nessuno negava nel proprio

di quelle notti in cui il ghiaccio si spezzava

alla sua sorte, di cui aveva progettato di liberarsi

avessero visti, e a cui la sorte avesse concesso

e di leggende di cui era diventato un grande

a suo nipote, di cui spesso dimenticava persino l

loro possesso, e di cui lui solo sembrava avvedersi

a tutto ciò di cui aveva sentito parlare, che

quella del mestiere per cui sentiva di esser nato

dissesto di ventre per cui doveva appartarsi otto o

con zio Eroska, di cui qualcuno aveva visto i

cose e le persone cui era attaccata e avviticchiarsi

le finestrelle quadrate, di cui Irina mi aveva parlato

stato di debolezza in cui non si è in

con la naturalezza con cui un gatto si distende

e dal modo con cui riuscii a penetrare la

scomparsa di Anataj, il cui corpo non era mai

arrivato nel punto in cui il vecchio aveva deciso

anche il tempo in cui i compagni vennero a

mia convalescenza, e in cui collaudai le forze recuperate

ricerca del luogo da cui avrei potuto attingerla, perché

marchese di Carabas, di cui un gatto con gli

un grande arco, la cui struttura era imbottita di

mastini arruffati e feroci, cui era affidato il compito

degli eventi strani per cui lui, Marco, avrebbe dovuto

letto molti libri di cui loro non supponevano nemmeno

trasformazione in uno storpio, cui servivano le stampelle per

e del congedo in cui erano entrati, dopo che

posto di lavoro, in cui erano vissuti come i

era tutto ciò con cui la Siberia aveva riempito

avevano conosciuto, e con cui avevano mescolato la propria

mondo…» ¶ La mattina in cui partirono la passai a

triste del giorno in cui il treno avrebbe portato

La cosa strana di cui ero in attesa, la

dentro un sogno da cui non uscirò mai più