Edoardo Nesi, Storia della mia gente, 2010

loro la ragione per cui la ditta si chiama

in un luogo in cui tutti quelli che incontravo

venisse il giorno in cui sarei tornato a casa

tipo di studio in cui avrei dovuto fare proprio

ramo della famiglia, il cui nome sembra perfettamente congegnato

fare un’inquadratura in cui, in piedi, in maniche

orologi sulla puntualità con cui le fatture venivano pagate

rende quasi morale, per cui gli operai più capaci

aveva mille interessi di cui però si concedeva di

boccale di weissbier con cui avevo accompagnato la wienerschnitzel

nell’ultimo momento in cui era ancora possibile entusiasmarsi

benedetta da Dio in cui tutti sembravano muoversi alla

verso il giorno in cui mi sarei potuto concentrare

scritte sia ricevute, tra cui molte stizzose di Hemingway

quelli migliori, quelli di cui andiamo orgogliosi, quelli sacri

trenta, gli anni in cui fu distrutta da un

clinica psichiatrica svizzera in cui era finita: Scott, ti

in un mondo in cui tutti campassero solo di

un mondo meraviglioso in cui si potrebbe pagare il

guscio di cashmere in cui aveva sempre vissuto e

vecchio Ned Ludd, il cui nome è ormai simbolo

diressero alla casa in cui viveva in affitto Sergio

e cassa integrazione a cui assistiamo attoniti oggi. Quella

Erano i giorni in cui ero ancora arrabbiato, quelli

entusiastiche, perniciose teorie per cui è sempre e solo

veniva il momento in cui l’imprenditore disperato doveva

pezzo di Transilvania – per cui gli artigiani si ritrovavano

raccontavano di notti in cui non riuscivano a prender

badare al prezzo a cui se le aggiudicavano, senza

copia delle riviste su cui compaiono le réclame dei

la ragione principe per cui si decide se comprare

in una partita in cui giocava Ettore, il mio

ma le pagine in cui racconta la storia di

lo stesso giorno in cui le è arrivata. Ha

quaderno a quadretti in cui David Foster Wallace risponde

delle prime stesure in cui D.G. moriva, ma

conservo quattro foto in cui sono ritratto insieme a

teoria dei giochi di cui avevano ragionato i matematici

età dell’oro, in cui raccontavo la vita di

Era l’anno in cui lo Strega l’avrebbe

ottanta, il giorno in cui un notissimo stilista italiano

l’ozio sibarita di cui parlava sempre, senza mai

molti dei tessuti con cui erano confezionati i meravigliosi

di quei giorni in cui scrivere è impossibile, pericoloso

di quei giorni in cui la memoria mi presenta

fin dai tempi in cui veniva guardato con scherno

mai conosciuto nessuno a cui garbasse tanto la vita

piede dal giorno in cui abbiamo venduto. Mi sforzo

polvere d’oro di cui parla fosse solo la

della narrazione iniziale in cui si illustra un mondo

disperati, lowriani telegrammi in cui Welles indicava tutti i

uno spioncino aperto da cui si vede brillare un

serie di cubicoli in cui evidentemente questi ragazzi e

sfruttamento tra perdenti, in cui tutti i personaggi sono

casino senza regole in cui sei cresciuto – consegna al

quella scala sociale di cui gli hanno sempre parlato

stato un momento in cui le ruote dentate giravano

non ha nulla da cui riposarsi. Eppure è stanchissimo

solo guardare programmi in cui si parla dell’economia

ora, un giorno in cui si è raggiunto l

come il giorno in cui tutto ciò che era

un incubo distopico in cui le differenze tra le

una dorata utopia in cui tutti gli abitanti del

dire. Un mondo in cui se compri un libro

Italia; un mondo in cui la Coop di Prato

nell’humus prezioso in cui erano nate e prosperate

pagine di Machiavelli in cui si dice che un

tutte queste persone, la cui impresa e la cui

cui impresa e la cui vita sono state sconvolte

entrare: quella comunitaria, in cui si partecipa con gli