Alessandro Tassoni, L'Oceano, 1622

e franca la vena da poterli mutare in meglio

non estrae fantasmi diversi da quel che sono (ragione

gente d’Europa diversa da quella del Colombo che

nostro mondo aperse, ¶ e da barbaro culto e rito

difendessi ardito e forte ¶ da l’inimico oltraggio e

l’inimico oltraggio e da lo scherno, ¶ tu gradisci

mio canto e tu da morte ¶ privilegialo sì ch

e piano, ¶ e, invitata da un ciel puro e

seno. ¶ Un fesco venticel da terra usciva ¶ ch’invigorando

fuggir la riva ¶ e da tergo sonar l’onde

che nel lito african da nessun canto ¶ non appariva

riversò la maledetta gesta ¶ da la faccia del ciel

tua fede ¶ portata sia da un peccatore indegno ¶ dove

contrasti ¶ vengono a noi da la tartarea corte, ¶ tu

l’angel di Dio da l’alta sede ¶ sovra

i nembi che fuggian da’ suoi sembianti ¶ tralucevano i

ciel visibilmente ¶ veduto fu da la smarrita gente. ¶ Allor

Nella tempesta il mar da’ cavi sassi ¶ spumeggiando ritorna

i riguardanti ¶ più gradita da lor né più gioconda

una di loro ¶ e da l’arco aventò due

Era ancor primavera e da le viti ¶ pendean l

l’onda chiara ¶ notar da lunge le potea vedere

liete alternando e disciogliendo, ¶ da una rupe cantò, così

sovra i mortali, ¶ che da prima correan tutti a

stabilito ¶ di non partir da l’amoroso lito. ¶ Con

lui del suo consiglio ¶ da morte o rio destin

verso l’Occaso, ¶ gridando da la poppa in alto

nulla vale, ¶ s’allontana da lor spiegando l’ale

presti ¶ si lanciàr giù da que’ dirupi indegni, ¶ che

strane ¶ sentimmo i colpi da diversi lati, ¶ e le

pur ma di speranza ¶ da tutti gli elementi abbandonati

e gli distilla giù da le sue foglie. ¶ Quivi

piegando a l’Orse, ¶ da l’Atlantico mar le