Vittorio Alfieri, Agamennone, 1783

figli miei. ¶ Egisto ¶ Potessi, ¶ deh, pure un dì nelle

eterna infamia il danna. ¶ Deh, potess'io saper, ch

altro sai di lui. Deh! perché sdegni ¶ udir quant

ten prego, io pur; deh! va'; non ostinarti ¶ in

contaminar d'Atride? Andiam, deh! madre; ¶ questi gli estremi

è il sangue mio: deh, pur felice io fossi

Clitennestra ¶ D'Oreste?... ¶ Elettra ¶ Deh! padre, vieni ad abbracciarlo

padre ¶ nomar da noi: «Deh, quando fia, deh quando

noi: «Deh, quando fia, deh quando, ¶ ch'io il

ad affrontar perigli. ¶ Agamennone ¶ Deh! più non dirmi: andianne

cor la pace? ¶ Elettra ¶ Deh! scaccia un tal pensiero

ascolta il cielo. ¶ Elettra ¶ Deh! non turbar con rimembranze

pria può mai? Padre, deh! scusa ¶ il suo attonito

dal tuo dolce aspetto. ¶ Deh! padre, il credi: in

o sposa, i Numi. ¶ Deh! fa, che rieda a

quell'Egisto istesso ¶ muovati, deh! — Fuor d'Argo, in

mio terribil fato. ¶ Elettra ¶ Deh, no. Che speri? e

Ch'altro puoi tu? deh! cessa: invan si affronta

né l'oso. — Egisto, ¶ deh! tu m'insegna, e

Egisto ¶ A mie parole, ¶ deh, non badare: amor fe

te stessa a convincerti, deh! vieni, ¶ che Cassandra in

tua, se il vuoi. ¶ Deh! vibra il colpo tu

Vil traditor, nol troverai. — Deh! vivi, ¶ Oreste, vivi: alla