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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Paolo Cognetti, Il ragazzo selvatico, 2013

concordanze di «dei»

nautoretestoannoconcordanza
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donne, o di trovarsi dei compagni con cui salpare
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ancora in letargo, tinti dei colori bruni e ocra
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conosceva grazie ai racconti dei vecchi: era il luogo
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nomi delle cose e dei luoghi, ai lavori stagionali
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che sognavo il ritorno dei lupi e degli orsi
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che cosa ne fosse dei fiori, degli insetti e
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grande quantità nel fitto dei suoi aghi. Così un
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in rilievo come quelle dei vecchi. Poi mi sedetti
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di vedere il rosso dei pomodori, il giallo dei
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dei pomodori, il giallo dei fiori di zucchina. Ero
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sotto. E la libertà dei caprioli. E perfino la
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cima, forse a caccia dei cuccioli di camoscio e
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sul soffitto, il giallo dei semafori lampeggiare, il blu
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che agitava le cime dei larici. Il verso di
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al fuoco in cerca dei resti della mia cena
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loro, ignoravano i confini dei pascoli e andavano a
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loro gerarchia interna uno dei tre restava sempre al
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abeti, o gli odori dei selvatici che seguiva pigramente
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prese troppo con uno dei vitelli, continuò a morderlo
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pastore non era uno dei miei vicini, ma quello
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fare piano. Un dito dei suoi era grosso quanto
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era grosso quanto due dei miei, e tutto diventava
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cena mi parlava spesso dei tempi andati. Era un
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no, ma a nessuno dei due dispiaceva cenare in
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il falò nello stile dei montanari: ci versò sopra
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erba raggiunse l’altezza dei fianchi e cominciò a
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ci calavamo nel profondo dei crepacci per simulare operazioni
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una corda, l’affiatamento dei passi, più nessun bisogno
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ero finito lassù uno dei colpevoli era lui. ¶ Ora
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primo incontro, il giorno dei libri e della neve
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al nevaio. Finché uno dei due sentì il pericolo
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tra le rocce. Due dei giovani cominciarono a prendersi
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marcia, con le radici dei larici che sporgevano a
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riuscivano a tenerla insieme. Dei selvatici nessuna traccia: né
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olio, qualche bottiglia vuota, dei mozziconi di candela, una
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adesivo. Osservandola mi ricordai dei pastori bambini che da
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con la chimica scritta dei libri, convinto che lì
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a limarci la pelle dei polpastrelli su roccia mai
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vivere su un confine. ¶ Dei due custodi Andrea era
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facile perdere il conto dei giorni che passavano. Fuori
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Andrea imbracciavano, benché nessuno dei due la sapesse davvero
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croce. In cresta stanai dei camosci e deviai dal
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dai ghiacciai, acqua nera dei 2.700 metri, potevi pure passare
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in Sicilia. Mi raccontò dei viaggi che faceva in
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rara di cui nessuno dei due sentì il bisogno
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Nebbie. E il tonfo dei sassi ¶ dentro i canali
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tra le immense rocce ¶ dei monti. ¶ E forse ci
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del tetto, i profili dei lupi, degli orsi e
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lupi, degli orsi e dei gufi disegnati dai nodi
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casa sua. Gli alberi dei duemila metri sono solo
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ho ringraziato il folto dei suoi aghi e il
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contorti come le ossa dei vecchi montanari. Impossibile ricavarne
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liberarsene. Ma la fragilità dei rami garantisce la solidità
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larice sono i travi dei tetti delle case. Su
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crescono lassù, sul ciglio dei dirupi, sulle creste. A
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le guglie di roccia dei tremila metri illuminate dai
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di caffè. Nelle ombre dei larici che vedevo allungarsi
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sentivo avvolgere la montagna. Dei torrenti in secca, dell
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bruciata dal gelo notturno, dei profumi che ogni giorno
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i segni delle ruote dei trattori, il paletto a
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le mani. L’acqua dei laghi era plumbea, quasi
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mattina, e gli spari dei fucili cominciarono a rimbombare
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per brucare al margine dei pascoli, dove l’erba
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cervo né gli spari dei cacciatori. ¶ Di sera sono
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profilati sul cielo, fossero dei, fin dall’inizio”. ¶ A
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paese, la stava svuotando dei vecchi mobili per metterci
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alto, lungo le vie dei camosci. Superare le tane
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salutare la montagna. Scrivevo dei biglietti e li nascondevo