Giovanni Verga, Nedda, 1874

dirmi che il fuoco del camino è quasi un

non comprendevo il linguaggio del cepperello che scoppietta dispettoso

misteri delle molle e del soffietto, mi innamorai con

trasporto della voluttuosa pigrizia del caminetto. Io lascio il

di far errare capricciosamente del pari i miei pensieri

miei pensieri. Cotesto spettacolo del proprio pensiero che svolazza

immenso focolare della fattoria del Pino, alle falde dell

che raccoglievano le ulive del podere facevano fumare le

lucerna appesa alla cappa del focolare non ardesse per

ad ogni diverso ululato del vento. Poi, nel tempo

tua madre? ¶ - Per trovar del lavoro. ¶ - Di dove sei

delle spiritose, la figlioccia del castaldo, che dovea sposare

che bestemmi la pioggia del buon Dio, non mangi

Dio, non mangi forse del pane anche tu! disse

benefico, e la moralità del padrone non è permalosa

lei le livide tinte del crepuscolo. La giornata era

cambierà. ¶ - Però quel birbo del fattore non ci pagherà

mangia! ¶ - La terra è del padrone to'! replicò Nedda

Nedda tristamente. ¶ La sera del sabato, quando fu l

settimana, dinanzi alla tavola del fattore, tutta carica di

che difende i soldi del padrone. Dopo che ti

grani. La colpa è del tempo che è stato

al fattore il figliuolo del padrone che assisteva alla

io! ¶ - Tutti i proprietari del vicinato farebbero la guerra

ragione! rispose il figliuolo del padrone, che era un

la più bella luna del mondo, si tornava a

Infilò allegramente la via del villaggio cantando a sguarciagola

mano, dentro la tasca del grembiule, i suoi quaranta

colle mani nelle tasche del vestito, canticchiando la solita

fu ai primi alberi del diritto viale che fa

son io, coi buoi del padrone. ¶ - Da dove vieni

domenica, venne la visita del medico, che concedeva ai

che preci. La campanella del sagrestano squillava acutamente in

per la viottola sassosa del cimitero; poi rassettò il

pettirosso, il freddoloso uccelletto del novembre, si mise a

gonfiarlesi il cuore. ¶ - E del lavoro ne hai? domandò

all'alba al giardino del Merlo, sull'angolo della

Valverde, al di là del castagneto ch'è sulla

che non avresti avuto del pane per la settimana

nero dalla profonda tasca del suo vestito, e posandolo

mamma. ¶ E le ragazze del villaggio sparlarono di lei

la vide sull'uscio del casolare che si cuciva

due giorni nel campo del curato, perché dicesse la

morta il primo lunedì del mese e la domenica

con civetteria dalla scarsella del farsetto, e che si

io dove c'è del pane. ¶ - O come? ¶ - Il

orticello al di là del muricciolo. I sassi umidicci

lasciavano cadere sul tettuccio del casolare i loro fiori

idea dei caldi sentimenti del giovane, gli lanciò, sorridente

Alla messa le ragazze del villaggio poterono vedere il

presso il primo cipresso del sacrato, colle spalle al

Fra tutte le miserie del povero c'è anche

c'è anche quella del sollievo che arrecano quelle

due) il passo pesante del giovanotto, e guardava sulla

tu domani! ¶ - A Bongiardo. ¶ - Del lavoro ne troverò; ma

a Bongiardo a cercar del lavoro. ¶ I passerotti, che

orizzonte, delle prime fiamme del giorno, e il venticello

Bongiardo c'era proprio del lavoro per chi ne

ne voleva. Il prezzo del vino era salito, e

bianche. Janu avea anche del vino, del buon vino

avea anche del vino, del buon vino di Mascali

Regnava il profondo silenzio del meriggio, le più piccole

derelitta. ¶ Adesso, quando cercava del lavoro, le ridevano in

la quale la morale del curato è ingiusta e

avea chiuso l'uscio del casolare e s'era

labbruzzi affamati il sangue del suo seno. Una sera